Il podcast "Testimoni della Storia" ha ottenuto il patrocinio dello Stato Maggiore della Difesa, con l'autorizzazione all'utilizzo del logo.
I partecipanti all'iniziativa esprimono il loro ringraziamento a SMD per aver compreso lo spirito di questo progetto.
Testimoni della Storia 1943. Il Finanziere Bachisio Mastinu. Al servizio della Resistenza
Bachisio Mastinu nacque a Bolotana (Sassari) il 13 ottobre del 1909. Arruolatosi nella Regia Guardia di Finanza, il 1° novembre del 1928 iniziò la carriera nel Corpo, assegnato alla Brigata di frontiera di Prabello, lungo il confine con la Svizzera. Poi prestò servizio in altre delicate località di frontiera. Nel febbraio del 1943 lo troviamo, invece, in servizio presso la Brigata “volante” di Borgomanero, in provincia di Novara. E fu lì che Bachisio Mastinu fu chiamato ad operare una scelta, allorquando, dopo l'8 settembre 1943, anche la provincia di Novara fu occupata dai nazi-fascisti. Pur mettendo a rischio la sicurezza sua e della sua famiglia, Bachisio scelse la via più difficile: quella di offrirsi di imbracciare le armi al fianco dei tanti patrioti che avevano dato vita alle numerose Bande partigiane operanti nella zona. Bachisio entrò così a far parte, pur non dandosi inizialmente alla macchia, del gruppo di patrioti capeggiato dal Tenente di Fanteria Alfredo Di Dio, operante in Val d’Ossola, del quale divenne fiancheggiatore, fornendo preziose notizie, armi ed equipaggiamenti militari.
Nei mesi che seguirono – siamo tra il febbraio-marzo del ’44 – il partigiano con le Fiamme Gialle fu notato da “Giorgio”, nome di battaglia di Aminta Migliari, un giovane patriota di Gozzano (Novara) che proprio in quei giorni stava organizzando, nella stessa Gozzano, il cosiddetto S.I.P. (“Servizio Informazioni Patrioti”), inizialmente costituito come rete informativa locale per l’organizzazione partigiana di Alfredo Di Dio.
Nel marzo del 1945 il S.I.P. cambiò denominazione, assumendo quella di S.I.M.N.I. (“Servizio Informazioni Militari Nord Italia”), che di fatto, con i suoi 354 agenti effettivi, sarà la rete spionistica ed informativa più consistente della Resistenza, direttamente dipendente dal Corpo Volontari della Libertà del C.L.N. (Comitato di Liberazione Nazionale). Il S.I.M.N.I., che era in rapporto diretto con la “Missione Chrysler” del servizio segreto americano OSS (“Office of Strategic Service”), metterà a segno, sino all’epilogo dell’aprile 1945, numerose ed importanti missioni di guerra.
Il Mastinu dovette operare veramente tanto, e bene, se è vero, come è vero, che nell’aprile del 1945 lo troviamo citato in un documento ufficiale del S.I.M.N.I. con il grado di Appuntato di Finanza e, soprattutto, con quello di “Agente Capo” del medesimo Servizio. Ebbene, l’agente Mastinu verrà trattenuto presso il Comando Centrale del S.I.M.N.I. anche dopo la Liberazione, come emerge in una lettera che il Comandante “Giorgio” indirizzò al Comando del Circolo della Regia Guardia di Finanza di Novara il 14 di maggio.
Ripreso il servizio in Finanza, fu da questa posto in congedo il 5 novembre del 1958. Si spense a Piedimulera, in provincia di Verbania l’8 marzo del 1989, a pochi mesi dal suo ottantesimo compleanno.
Testo e voce a cura di Gerardo Severino. Coordinamento editoriale, editing, sound design e produzione di Flavio Carbone. Alla prossima puntata. “Testimoni della Storia” è una iniziativa che vede la partnership di giornidistoria.net e storiadeicarabinieri – il podcast (qui tutti i contatti), insieme ad alcuni volontari che hanno aderito al progetto. La Società Italiana di Storia Militare – SISM e l’Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, dall’Internamento e dalla Guerra di Liberazione– ANRP hanno concesso il proprio patrocinio.
Credits per la musica: The Descent di Kevin MacLeod (CC BY 4.0) e Price of freedom di Daddy_s_Music from Pixabay.
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Testimoni della Storia 1943. I Carabinieri della Stazione Napoli Porto
Napoli accolse la comunicazione dell’armistizio con grande sorpresa. Fino a quel momento non era trapelata alcuna notizia circa la possibilità di interventi esterni, da parte potenze straniere che potessero sostenere la situazione italiana. Per cui, la comunicazione di quanto si stava prospettando entusiasmò i Napoletani, al punto che tutta la popolazione si riversò esultante per le strade uscendo festante dai rifugi dove era stata costretta a vivere negli ultimi mesi.
Il comando tedesco vedeva i Carabinieri con una certa diffidenza, tanto che furono predisposti attacchi improvvisi alle caserme dell’Arma. Fu attaccato anche il Palazzo dei Telefoni, assegnato alla vigilanza dei carabinieri della Stazione di Napoli-Porto. Inizialmente fu presidiato da un reparto del 40° Fanteria, una centinaia di soldati e alcuni ufficiali, rinforzato da trenta carabinieri, «tra i quali vi sono anche quelli della stazione di Napoli-Porto».
Verso le ore 14,00 dell’11 settembre i tedeschi tentarono l'occupazione del Palazzo dei Telefoni. Con diversi autocarri ed una camionetta fu tentato l’assalto di sorpresa all’edificio. Sventata tempestivamente la manovra, i militari a protezione del palazzo reagirono. Dopo 45 minuti i tedeschi si dettero alla fuga.
Rimasero sul posto, fino a sera, quattro carabinieri della stazione Porto in servizio di vigilanza. A tarda sera anche questi furono ritirati e i tedeschi occuparono l’edificio.
Il 12 settembre, giunse a Napoli la divisione corazzata “Hermann Goring” sistemandosi nei pressi dell’Università. I nuovi giunti saccheggiarono le abitazioni e incendiarono l’Università. Gli abitanti del rione dovettero assistere di un marinaio della Regia Marina davanti al cancello dell’Ateneo. Intanto un gruppo di soldati tedeschi attaccò la caserma dei carabinieri Porto. I militari dell’Arma, nonostante la superiorità nemica, reagirono con bombe a mano e con i mitra, furono costretti ad arrendersi esaurite le munizioni. Così i tedeschi irruppero nei locali della stazione catturando i presenti. Erano in tredici e, mentre scendevano le scale della caserma, si imbatterono nell’appuntato Emilio Ammaturo che si accingeva a prendere servizio. Tutti i 14 carabinieri furono condotti davanti al palazzo dell’Università. Da qui su un autocarro raggiunsero Aversa, dove era stato approntato un campo di concentramento. Nella notte, i carabinieri ed altri prigionieri furono trasportati in località “Madama Vincenza”, nei pressi di Teverola, frazione di Fertilia, in provincia di Caserta.
Verso le 15 del giorno dopo, condotti in un vallone, i 14 carabinieri e 2 civili furono travolti dalla scarica della mitragliatrice che per ben due volte sventagliò i proiettili contro i malcapitati, i quali, impassibili e senza alcun gesto di ribellione sfidarono la morte.
Fu poi conferita a quei Carabinieri la Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Testo e voce a cura di Vincenzo Longobardi. Coordinamento editoriale, editing, sound design e produzione di Flavio Carbone. Alla prossima puntata. “Testimoni della Storia” è una iniziativa che vede la partnership di giornidistoria.net e storiadeicarabinieri – il podcast (qui tutti i contatti), insieme ad alcuni volontari che hanno aderito al progetto. La Società Italiana di Storia Militare – SISM e l’Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, dall’Internamento e dalla Guerra di Liberazione– ANRP hanno concesso il proprio patrocinio.
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Testimoni della Storia 1943. Italo Piccagli e Radio CORA
Un altro ufficiale della Regia Aeronautica decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria durante la Guerra di Liberazione fu il Capitano Italo Piccagli. Fiorentino, si era arruolato come pilota, ma nel 1938 fu costretto a transitare al ruolo servizi a causa di una grave malattia al polmone sinistro, conseguenza di una missione di soccorso in mare. Divenne così insegnante di navigazione aerea, meteorologia e cartografia presso la Scuola di Applicazione della Regia Aeronautica a Firenze, dove si trovava al momento dell’Armistizio. Dopo aver aderito alla Resistenza, fu tra gli artefici dell’emittente clandestina Radio CORA, acronimo di COmmissione Radio. Dal gennaio al giugno 1944 Radio CORA mantenne un fondamentale collegamento tra la Resistenza toscana e i comandi alleati fornendo preziose informazioni sui trasferimenti di truppe, sui concentramenti di mezzi militari e sugli apprestamenti difensivi della Linea Gotica. Informazioni che agevolarono la liberazione di Roma e l’avanzata degli alleati. Il 7 giugno 1944, però, i nazifascisti fecero irruzione nella sede dell’emittente, un appartamento a Piazza D’Azeglio, a Firenze. Invano Piccagli si consegnò ai tedeschi per salvare i suoi collaboratori arrestati. Come si legge nella motivazione della Medaglia al Valore, «durante l’interrogatorio, malgrado le sevizie esercitate su di lui e sulla moglie, dichiarò apertamente a fronte alta di essere il Capo e il solo responsabile, di essersi mantenuto fedele al proprio giuramento ed al proprio dovere di soldato e di esserne fiero». Nascose alla moglie, che fu internata in Germania, di essere stato condannato a morte. Sentenza che fu eseguita il 12 giugno 1944 a Cercina, una frazione di Sesto Fiorentino.
Testo e voce a cura di Stefano Cosci. Coordinamento editoriale, editing, sound design e produzione di Flavio Carbone. Alla prossima puntata.
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Testimoni della Storia 1943. Il Reggimento San Marco, Anselmo Marchi, Alfonso Casati e Adriano Foscari
Dal 9 aprile al 19 maggio 1944 il Reggimento San Marco della Marina partecipò con il battaglione Bafile alla Campagna di Cassino alle dipendenze del Corpo Italiano di Liberazione (C.I.L.). Il 15 luglio giunse anche il battaglione Grado.
I due battaglioni risalirono la penisola lungo la dorsale collinare adriatica. Furono liberate, in successione, anche con duri combattimenti, Iesi, Ostra Vetere, Belvedere Ostrense, Corinaldo, Cagli, Acqualagna, Urbino.
Il 21 luglio 1944, nel combattimento d Belvedere Ostrense, cadde il tenente di vascello Anselmo Marchi, comandante la compagnia d’assalto del battaglione Grado falciato da una raffica di mitraglia mentre alla testa dei suoi uomini attaccava un agguerrito nucleo nemico attestato in un munito caposaldo. Fu decorato di Medaglia d’Oro al Valore Militare alla memoria.
Nella tradizione del Reggimento San Marco, che impiegava anche ufficiali dell’Esercito, ai combattimenti di Belvedere Ostrense e Corinaldo prese parte, nel battaglione Bafile, il sottotenente dei granatieri Alfonso Casati, figlio del ministro della Guerra, che il 6 agosto trovava eroica morte nel sanguinoso combattimento che portò alla conquista di Corinaldo. Anche lui fu decorato di Medaglia d’Oro al Valore Militare alla Memoria.
Il 1° ottobre 1944 il Reggimento San Marco passò agli ordini del capitano di vascello già MOVM Adriano Foscari. Con la forza di tre battaglioni, comprendendo anche il Caorle, costituì, assieme ai paracadutisti della Nembo, il Gruppo di combattimento Folgore. Dal 3 marzo 1945 fu impiegato tra i fiumi Senio e Santerno; il reggimento si distinse a Monte del Re, conquistato con un attacco alla baionetta.
Per la campagna 1944-1945 gli fu conferita la Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare d’Italia.
Per le azioni di quei giorni il Reggimento San Marco fu decorato con la Medaglia di Bronzo al Valore Militare.
Nell’intera campagna 1944-1945, il reggimento San Marco ebbe 125 caduti e 320 feriti.
Testo e voce a cura di Leonardo Merlini. Coordinamento editoriale, editing, sound design e produzione di Flavio Carbone. Alla prossima puntata.
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Testimoni della Storia 1943. Attilio Martinetto, il Finanziere che si immolò poche ore prima della Liberazione
Attilio Martinetto nacque a Castell’Alfero di Asti il 1° febbraio del 1922. Compiuti con profitto gli studi superiori, il 14 dicembre 1940 si arruolò volontariamente nella Regia Guardia di Finanza. Dopo il corso di formazione fu mobilitato e, quindi, destinato al X battaglione R.G.F. operante in Slovenia, ove giunse il 10 maggio 1941 e dove avrebbe operato sino all’armistizio. Raggiunta miracolosamente l’Italia, il Finanziere Martinetto si recò al suo paese d’origine, ove, di lì a qualche giorno avrebbe aderito, quale cofondatore, al nascente Comitato di Liberazione Nazionale.
Col precipitare degli eventi, a seguito dell’occupazione tedesca del Nord Italia, il Finanziere Martinetto decise di passare in clandestinità, entrando così a far parte della 6^ Divisione partigiana “Alpi”, operante nel Monferrato. Nel novembre seguente si portò, poi, nelle valli del cuneese, ove si sarebbe ben presto distinto in coraggiose azioni di guerra. Alcuni giorni dopo, incappato in un posto di blocco delle Brigate Nere, dovette fingere di aderire all’ideologia fascista, chiedendo, quindi, di entrare a far parte delle Forze Armate delle R.S.I. Avuta salva la vita, fu messo in libertà in attesa dell’incorporazione nella Polizia Fascista. Arruolato in questa avrebbe iniziato a fare il “doppio gioco” col solo interesse di aiutare il Movimento Resistenziale piemontese. La sua vicenda è davvero incredibile così come le azioni patriottiche delle quali si rese protagonista nei mesi seguenti.
L’epilogo di questa storia porta la data del 25 novembre 1944, allorquando un documento sequestrato presso il recapito del partigiano Ettore Garelli, rese edotti i fascisti della vera attività svolta dal Finanziere.
Furono entrambi imprigionati nelle carceri politiche di Cuneo.
Dopo alterne vicende il Patriota astigiano riuscì a fuggire, prendendo posto su di un treno diretto a Briga, assieme alla giovane moglie. Ma entrambi furono scoperti. Vista arrestare la consorte, si fece avanti consegnandosi al nemico. Attilio Martinetto, dopo aver subito mesi di torture e angherie varie fu fucilato a 23 anni sul retro del cimitero di Cuneo, assieme ad altri partigiani, alle 8 del 25 aprile 1945, quando la Resistenza e gli anglo-americani stavano per vincere la durissima battaglia contro il nazifascismo.
Molti anni dopo, alla sua memoria è stata concessa la Medaglia d’Oro al Valore della Guardia di Finanza. Testo e voce a cura di Gerardo Severino. Coordinamento editoriale, editing, sound design e produzione di Flavio Carbone. Alla prossima puntata. “Testimoni della Storia” è una iniziativa che vede la partnership di giornidistoria.net e storiadeicarabinieri – il podcast (qui tutti i contatti), insieme ad alcuni volontari che hanno aderito al progetto. La Società Italiana di Storia Militare – SISM e l’Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, dall’Internamento e dalla Guerra di Liberazione– ANRP hanno concesso il proprio patrocinio.
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Testimoni della Storia 1943. Angelo Ioppi, un eroe di ferro
L’8 marzo 1944, nel piazzale Flaminio a seguito di delazione la polizia tedesca riuscì a catturare il brigadiere dei Carabinieri Reali Angelo Ioppi mentre stava per prendere un tram in compagnia della figlia diciassettenne.
Come mai? Ioppi è un sottufficiale dell’Arma che aderisce sin dall’inizio della lotta di Resistenza alla Banda Caruso a quel Fronte Clandestino di Resistenza dei Carabinieri che ci coagula attorno alla figura del generale Filippo Caruso. Egli è protagonista di numerosi azioni da sabotatore. Ad esempio, il 14 gennaio 1944, lancia in via Tasso due bombe a mano nel cortile del terribile carcere. Il 7 marzo successivo riesce a sottrarsi alla cattura della polizia italiana repubblichina che lo cerca da fedele esecutrice degli ordini tedeschi. Qualche giorno dopo, in via Tomacelli, attacca una colonna fascista che ritorna dal cinema Adriano, in piazza Cavour. Tuttavia, le spie italiane e i collaborazionisti sono dappertutto, e anche per Ioppi c’è un prezzo.
Rinchiuso immediatamente nelle tristemente famose carceri di via Tasso, subì 28 violentissimi interrogatori, alcuni dei quali condotti personalmente da Herbert Kappler, il comandante di quel luogo di tortura.
Liberato il 4 giugno 1944, gli fu conferita la Medaglia d'Oro al Valor Militare, con la seguente motivazione: «Sottufficiale dei carabinieri reali, caposquadra del fronte militare di resistenza della Capitale (Banda Carabinieri Reali Caruso), audace fino alla temerarietà, sempre primo in ogni ardua contingenza e in ogni iniziativa rischiosa sfidando impavido le insidie della polizia nazi-fascista che lo ricercava attivamente, eseguì personalmente diversi ed importanti atti di sabotaggio e di distruzione contro il nemico. Arrestato una prima volta, riuscì a fuggire dalle mani della polizia fascista seguitando imperturbabile la sua intensa attività di organizzatore. Arrestato successivamente e richiuso nelle tetre prigioni di via Tasso, vi giacque per circa 90 giorni, subendo 28 martorianti interrogatori e le più atroci, massacranti, immense torture, per estorcergli rivelazione sull’organizzazioni del fronte militare di resistenza. Sopportò con adamantina eroica fermezza i più strazianti feroci supplizi, che resero il suo corpo permanentemente invalido, per nascondere severamente il segreto. Luminoso, sublime esempio di alte virtù militari, di assoluto sprezzo del pericolo, di completa ppassionata dedizione alla causa della Patria. – Fronte militare di resistenza, settembre 1943-giugno 1944.»
Ioppi morirà nel 1984 a Roma, invalido permanente per le violenze subite. Nel 1991, la Stazione Carabinieri di Bomarzo è stata intitolata alla sua memoria.
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Testimoni della Storia 1943.040. Il generale partigiano, Sabato Martelli Castaldi
«Quando il tuo corpo non sarà più, il tuo spirito sarà ancora più vivo nel ricordo di chi resta. Fa che possa essere sempre di esempio». Queste le parole che il Generale Sabato Martelli Castaldi affidò alla parete della cella del carcere di Via Tasso, a Roma, prima di essere condotto e trucidato alle Fosse Ardeatine.
La sua storia è «una parabola tragica ed allo stesso tempo eroica» apparentemente inspiegabile, perché quella di Martelli Castaldi era stata una carriera militare fulminea, che in brevissimo tempo lo aveva visto promuovere al grado di Generale di Brigata Aerea.
Poi l’improvvisa caduta in disgrazia, probabilmente per l’eccessiva franchezza nel presentare il reale stato della Forza Armata.
Ad attendere quello che era stato il più giovane generale d’Italia il congedo forzato e difficili anni fatti di lavoro precario e di controlli da parte della polizia segreta fascista.
Quindi, dopo l’8 settembre 1943, la decisione di aderire alla Resistenza, condivisa con gli appartenenti alle Forze Armate che alimentarono il Fronte Militare Clandestino e il collega Roberto Lordi.
Direttore tecnico di un polverificio alle porte della Capitale, Martelli Castaldi si prodigò nel procurare armi ed esplosivi per i partigiani operanti nel Lazio e in Abruzzo, svolgendo attività informativa a favore delle forze alleate, assicurando assistenza ai militari sbandati senza disdegnare le azioni sul campo.
L’attività clandestina del partigiano “Tevere”, questo il suo nome di battaglia, si interruppe quando Martelli Castaldi, con l’amico Lordi, scelse di presentarsi spontaneamente al comando tedesco per scagionare il titolare del polverificio che, totalmente all’oscuro dei fatti, era stato nel frattempo arrestato dai nazisti.
Imprigionato, subì continue sevizie e torture senza mai rivelare nomi e notizie che potessero compromettere l’organizzazione della Resistenza romana. Così per sessantasette giorni prima di incontrare la morte insieme ai suoi compagni di prigionia.
Al Generale partigiano, come fu ricordato, «esempio nobilissimo di completa e disinteressata dedizione alla causa della libertà del proprio Paese», fu tributata la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria.
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Testimoni della Storia 1943. La Spezia, la VAS 234 e Federico Martinengo
Nelle primissime fasi immediatamente successive alla dichiarazione di armistizio, le azioni di resistenza agli attacchi dei tedeschi furono condotte in base alla interpretazione soggettiva delle poche direttive avute, spesso reagendo solo agli attacchi e mantenendosi su un piano conciliante e di non irritazione dei tedeschi.
Va inoltre ricordato che i combattenti italiani si trovarono in una difficile posizione, poiché non coperti giuridicamente, in quanto, di fatto, esisteva la rottura di una alleanza, ma non una dichiarazione di guerra, per cui le forze armate agivano solo sulla base del diritto di autodifesa.
Tale situazione consentì ai tedeschi una libera interpretazione delle leggi internazionali, considerando i militari italiani come “civili armati”. Ciò condusse a gravi episodi di vero e proprio assassinio senza processo.
Per quanto riguarda le navi dislocate nell’Alto Tirreno furono illustrati i lineamenti di una operazione che avrebbe dovuto portare tali navi nei più sicuri porti centrali e meridionali e per tal ragione fu deciso l’invio da Roma alla Spezia dell’ammiraglio di divisione Amedeo Nomis di Pollone - per assumere il diretto comando delle unità siluranti presenti nell’alto Tirreno - e del contrammiraglio Federico Martinengo, comandante superiore delle Forze antisommergibili.
Quest’ultimo, imbarcato sulla VAS 234, con la sezionaria VAS 235 prese il mare con rotta sud il mattino del 9 settembre 1943.
Poco prima delle 1400 le due vedette furono attaccate da motosiluranti tedesche presso la Gorgona. Il combattimento durò circa un’ora con danni da entrambe le parti fino a che le VAS esaurite le munizioni si rindossarono a Cala Scirocco.
Qui la VAS 234 fu nuovamente impegnata ed affondata portandosi sul fondo anche l’ammiraglio Martinengo che, già mortalmente colpito da una raffica di mitraglia nemica, continuò strenuamente ad essere al timone dell’unità che portava la sua insegna.
Alla sua memoria fu decretata la Medaglia d’Oro al Valore Militare.
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Testimoni della Storia 1943. Ettore Rosso un eroe caduto nell'oblio
Ettore Rosso (Montechino di Gropparello – Piacenza - 29 giugno 1920 – Monterosi- Viterbo - 9 settembre 1943) è stato un militare italiano, sottotenente di complemento, Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.
Al momento dell'armistizio Ettore Rosso era inquadrato - al comando di un plotone di guastatori dell' 184º battaglione misto del Genio - nella Divisione corazzata "Ariete".
Il 9 settembre 1943, Rosso fu incaricato di predisporre sulla via Cassia uno sbarramento minato, per impedire l'avanzata sulla Capitale della 3ª Divisione tedesca "Panzergranadieren" che, dal Nord, puntava su Roma.
Rosso e i suoi uomini avevano appena cominciato a sistemare le mine quando sopraggiunsero i reparti nemici. All'intimazione di lasciare libero il passo entro 15 minuti, il sottotenente, anziché ritirarsi, con l'aiuto di quattro genieri (Pietro Colombo, Augusto Zaccani, Gino Obici e Gelindo Trombini tutti decorati di medaglia d’argento al valor militare alla memoria), che si erano offerti volontari, dispose gli autocarri carichi di mine attraverso la strada per bloccare il passaggio e, allorché i tedeschi cominciarono ad avvicinarsi, fece aprire il fuoco.
Quando si rese conto che non avrebbe potuto fermare la colonna avanzante, fece saltare gli automezzi carichi d'esplosivo, sacrificandosi con i suoi genieri.
La colonna tedesca subì perdite tanto gravi (pure il suo comandante morì), che fu costretta a ritirarsi, anche per l'intervento di altri reparti dell'"Ariete".
Sul luogo della morte dei cinque genieri, a Monterosi è stato eretto un Sacrario che ne ricorda il sacrificio per la difesa di Roma.
Nella motivazione della Medaglia d'oro al valor militare alla memoria concessa ad Ettore Rosso si sottolinea che l'8 settembre, "senza sbandamenti morali o crisi di coscienza, sapeva distinguere immediatamente quale fosse il suo dovere".
Testo e voce a cura di Franco Di Santo. Coordinamento editoriale, editing, sound design e produzione di Flavio Carbone. Alla prossima puntata. “Testimoni della Storia” è una iniziativa che vede la partnership di giornidistoria.net e storiadeicarabinieri – il podcast (qui tutti i contatti), insieme ad alcuni volontari che hanno aderito al progetto. La Società Italiana di Storia Militare – SISM e l’Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, dall’Internamento e dalla Guerra di Liberazione– ANRP hanno concesso il proprio patrocinio.
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Testimoni della Storia 1943. Brigadiere Mariano Buratti. Il Professore con le Fiamme Gialle
Mariano Buratti, una fra le più nobili delle Medaglie d’Oro al Valor Militare della Resistenza, nacque a Bassano Romano (Viterbo) il 15 gennaio del 1902. Uomo di grandi prospettive e amante dello studio e della cultura si diplomò giovanissimo.
Dopo aver prestato servizio di leva nel Regio Esercito, in qualità di sottotenente di Complemento presso il 26º Reggimento fanteria "Bergamo", nel 1924 si arruolò volontariamente nella Regia Guardia di Finanza, ammesso direttamente con il grado di Sotto Brigadiere, prestando così servizio presso vari reparti di frontiera.
Contemporaneamente egli proseguì gli studi universitari, desideroso di laurearsi in lettere. Congedatosi dal Corpo al termine della ferma triennale, si diede immediatamente alla sua vera vocazione: quella per l’insegnamento.
Dapprima Insegnante presso le scuole elementari, divenne, in seguito, Professore di storia e filosofia presso il Liceo “Umberto I” di Viterbo. In relazione ad alcune tragedie familiari (la morte della figlia Magda e, poco dopo, quelle della moglie Cristina e della bambina che questa aveva in grembo), il professor Buratti decise di arruolarsi, nel 1936, nella MVSN, partecipando così alla guerra “Italo-Etiopica”. Tornato in Patria riprese, quindi, la docenza.
In seguito, con l’entrata in guerra dell’Italia, il Professore viterbese fu più volte richiamato in servizio dalla Regia Guardia di Finanza, prestando servizio presso la Legione di Roma.
Rifattasi una famiglia, il Brigadiere Buratti non fu sordo alla chiamata antifascista. Grazie al Professore e filosofo liberale Guido De Ruggiero, a seguito della caduta del fascismo entrò anche lui nel Partito d'Azione.
Fu così che dopo l'8 settembre 1943, il Brigadiere delle Fiamme Gialle si diede alla clandestinità, dando così vita ad una propria banda partigiana, la “Banda Buratti”, destinata ad operare sui Monti Cimini, a Roma e nel Viterbese.
Il suo nobile contributo alla Resistenza ebbe purtroppo termine il 13 dicembre dello stesso ’43, data nella quale, sembra su delazione, l’eroico Finanziere fu catturato dalla polizia tedesca a Ponte Milvio. Il Brigadiere Buratti sarebbe stato uno dei tanti patrioti che subirono le indicibili torture di Via Tasso.
La sua esperienza terrena si sarebbe interrotta in una fredda mattina del 31 gennaio 1944, allorquando venne fucilato a Forte Bravetta, insieme ad altri otto patrioti e oppositori del nazifascismo. Alla Medaglia d’Oro Buratti è intitolata anche una classe di unità navali della Guardia di Finanza, oltre ovviamente a varie strade e lo stesso Liceo di Viterbo ove egli aveva insegnato prima della guerra. Testo e voce a cura di Gerardo Severino. Coordinamento editoriale, editing, sound design e produzione di Flavio Carbone. Alla prossima puntata. “Testimoni della Storia” è una iniziativa che vede la partnership di giornidistoria.net e storiadeicarabinieri – il podcast (qui tutti i contatti), insieme ad alcuni volontari che hanno aderito al progetto. La Società Italiana di Storia Militare – SISM e l’Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, dall’Internamento e dalla Guerra di Liberazione– ANRP hanno concesso il proprio patrocinio.
Credits per la musica: The Descent di Kevin MacLeod (CC BY 4.0) e Price of freedom di Daddy_s_Music from Pixabay.
Il podcast "Testimoni della Storia" ha ottenuto il patrocinio dello Stato Maggiore della Difesa, con l'autorizzazione all'utilizzo del logo.
I partecipanti all'iniziativa esprimono il loro ringraziamento a SMD per aver compreso lo spirito di questo progetto.
Testimoni della Storia 1943. 035 Il contributo dei Carabinieri alla Resistenza e alla Liberazione
La motivazione della medaglia d’oro al valor militare concessa alla bandiera dell’Arma dei Carabinieri per il contributo dei Carabinieri alla Resistenza e alla Liberazione del nostro Paese ben attesta il sacrificio dei Carabinieri.
Sin dalle prime ore dalla dichiarazione armistiziale i Carabinieri dovettero fronteggiare la soverchia prepotenza tedesca a cui si aggiunse nelle settimane successive quella fascista, incapace di accettare la fine di un regime scellerato.
I Carabinieri furono divisi dal fronte, a cui si aggiunsero altre divisioni. Al Nord, i tedeschi instaurarono lo stato fantoccio conosciuto come repubblica sociale italiana i cui fascisti e militanti di quella fazione i "repubblichini", che talvolta insieme ai tedeschi, talaltra da soli esercitarono una violenza al di fuori di ogni norma.
I Carabinieri al Nord soffrirono l’odio e l’avversione spietata da parte dei fascisti repubblichini e il sospetto di appoggiare i partigiani da parte tedesca. Dopo il primo rastrellamento del 7 ottobre 1943 che colpì durissimamente i Carabinieri nella capitale, a cuì seguì quello del 16 ottobre 1943 al ghetto ebraico, ma ne seguirono altri.
Spesso privati dei collegamenti con i comandi superiori molti Carabinieri si regolarono come poterono aiutando la popolazione.
Nacquero in parallelo formazioni clandestine, in alcuni casi composte solamente da Carabinieri, in altri ove i Carabinieri vi presero parte e utilizzarono le stazioni come punti di appoggio, spesso con l’aiuto dei Carabinieri rimasti nominalmente in servizio per la RSI mentre passavano informazioni ed armi al movimento resistenziale.
Il Carabiniere che impersonifica il sacrificio di tutti militari dell’Arma è il vicebrigadiere Salvo D’Acquisto che immolò la sua vita per salvare innocenti ostaggi dei tedeschi che rischiavano la fucilazione per rappresaglia. Egli
Il Paese gli attribuì la medaglia d’oro al valor militare, mentre la Chiesa lo ha consacrato “servo di Dio”.
Ma la lotta iniziò l’8 settembre, come dimostrarono armi in pugno i tanti Carabinieri a partire dal capitano Orlando De Tommaso che diedero la vita per la difesa del Paese.
I combattimenti alla Magliana, quelli di Napoli e in tante altre parti d’Italia si iscrivono a quel movimento di resistenza popolare del quale i Carabinieri erano autentici figli del popolo.
Tra i martiri delle Fosse Ardeatine fucilati ignobilmente dai tedeschi il 24 marzo 1944, dobbiamo ricordare 12 militari dell’Arma, di tutti i gradi. O ancora il dono della vita che 3 giovanissimi Carabinieri fecero il 12 agosto 1944 a Fiesole per salvare 10 ostaggi che sarebbero stati fucilati di lì a poco.
Resta l’impegno in tutti noi di onorare la memoria di chi ci ha preceduto difendendo i valori della Costituzione sorta e ottenuta propria grazie al sacrificio di tanti italiani che hanno donato la libertà e la democrazia.
Testo e voce a cura di Flavio Carbone. Coordinamento editoriale, editing, sound design e produzione di Flavio Carbone. Alla prossima puntata.
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Testimoni della Storia 1943. Roberto Lordi e i martiri aeronautici delle Fosse Ardeatine
Tra le salme identificate delle 335 vittime trucidate alle Fosse Ardeatine 39 erano di appartenenti alle formazioni clandestine della Resistenza militare. Tra loro anche il Colonnello Giuseppe Lanza Cordero di Montezemolo, Comandante del Fronte Militare Clandestino e i “martiri aeronautici” delle Ardeatine che in tutto furono 17.
Insieme ai Generali di Brigata Aerea Roberto Lordi e Sabato Martelli Castaldi, ufficiali, sottufficiali ed avieri più due impiegati civili presso lo Stabilimento Aeronautica di Roma. Uomini con storie personali e motivazioni diverse, ma accomunati dalla radicata aspirazione di costruire un’Italia profondamente rinnovata.
Quella del Generale di Brigata Aerea Roberto Lordi era stata una brillante carriera militare, iniziata durante la Prima guerra mondiale come ufficiale dell’artiglieria di montagna e proseguita nella Regia Aeronautica.
Comandante di bombardieri, era stato protagonista di voli da primato e nel 1933 era stato inviato in Cina a capo di una missione militare. Conquistata la fiducia del generale Chang-Kai-Schek, era divenuto capo di stato maggiore dell’aeronautica cinese ottenendo una serie di commesse per l’Italia.
Il modo in cui vennero gestite queste forniture fu aspramente criticato da Lordi che si attirò così l’avversione delle alte sfere militari e politiche. Avversione che in breve si trasformò in persecuzione. Richiamato in Italia con un pretesto, fu arrestato e rinchiuso in una clinica. Indagato per false irregolarità amministrative venne collocato a riposo, posto al confino e quindi allontanato dall’Aeronautica e privato del trattamento economico.
Sopravvisse grazie all’impiego presso il polverificio Stacchini di Roma, dove lavorava il suo collega e compagno di lotta Sabato Martelli Castaldi con cui condivise l’impegno nella Resistenza.
Il 17 gennaio 1944 i due generali si consegnarono spontaneamente ai tedeschi per scagionare il Conte Ernesto Stacchini, arrestato dalle SS. Per entrambi si aprirono così le porte del carcere di via Tasso dove Lordi fu a lungo torturato senza nulla rivelare circa i propri collaboratori.
Fucilato alle Fosse Ardeatine il 24 marzo, gli fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Nella motivazione si legge: «Dedicatosi senza alcuna ambizione personale e per purissimo amor di Patria all’attività partigiana, vi profondeva, durante quattro mesi di infaticabile e rischiosissima opera, tutte le sue eccezionali doti di coraggio, di intelligenza e di capacità organizzativa, alimentando di uomini e di rifornimenti le bande armate, sottraendo armi ed esplosivi destinati ai tedeschi, fornendo utili informazioni al Comando alleato, sempre con gravissimo rischio personale».
Testo e voce a cura di Stefano Cosci. Coordinamento editoriale, editing, sound design e produzione di Flavio Carbone. Alla prossima puntata.
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Testimoni della Storia 1943. Il cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi, Virginio Fasan e Alessandro Cavriani
I Cacciatorpediniere Vivaldi e Da Noli, giunti all’alba del 9 settembre 1943 davanti a Civitavecchia, ricevettero l’ordine di portarsi alla Maddalena per unirsi alle Forze Navali da Battaglia.
Alle 10:15, in seguito alla notizia dell’occupazione tedesca della Maddalena, alle due navi fu dato l’ordine di passare a ponente della Sardegna e di procedere per Bona.
Alle 14:50 ricevettero l’ordine di affondare tutti i mezzi navali tedeschi che le due navi avessero incontrato e così dalle 16:50 il Vivaldi aprì il fuoco su successivi gruppi di unità tedesche.
Alle 17:00 ricevette diversi colpi a bordo da parte delle batterie costiere tedesche della Corsica e da questo momento il fuoco terrestre si intensificò, provocando sempre maggiori danni sia all’armamento sia alla propulsione, con conseguente grave riduzione della velocità.
Nel frattempo, alle 17:50, il Da Noli urtò una mina, si spezzò e affondò in meno di un minuto.
Il Vivaldi, con incendio a bordo, continuò il suo strenuo combattimento subendo anche attacchi aerei che provocarono ulteriori danni.
Nonostante l’impegno e l’abnegazione dell’equipaggio la sorte del cacciatorpediniere era ormai segnata, e alle 05:40 del 10 settembre 1943 fu dato l’ordine di abbandonare la nave che alle 11:30, affondò.
All’ordine dell’abbandono nave, il capitano di corvetta Alessandro Cavriani e il sottufficiale Virginio Fasan rimanevano a bordo per effettuare le manovre per l’autoaffondamento.
Raggiunta successivamente una imbarcazione di naufraghi, constatando che la nave si stava inabissando con eccessiva lentezza, tornavano nuovamente a nuoto a bordo per accelerare i tempi dell’autoaffondamento, consci di rinunciare ad ogni possibilità di salvezza.
Ai naufraghi che seguivano l’inabissarsi del Vivaldi, Cavriani e Fasan riapparivano sul castello nell’imminenza dell’affondamento dritti nel saluto alla Bandiera cui offrivano l’olocausto di una nobile esistenza.
Alla memoria di entrambi venne conferita la Medaglia d’Oro al Valore Militare, e a Virginio Fasan vennero successivamente intitolate anche due unità navali della Marina Militare.
Testo e voce a cura di Leonardo Merlini. Coordinamento editoriale, editing, sound design e produzione di Flavio Carbone. Alla prossima puntata. “Testimoni della Storia” è una iniziativa che vede la partnership di giornidistoria.net e storiadeicarabinieri – il podcast (qui tutti i contatti), insieme ad alcuni volontari che hanno aderito al progetto. La Società Italiana di Storia Militare – SISM e l’Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, dall’Internamento e dalla Guerra di Liberazione– ANRP hanno concesso il proprio patrocinio.
Credits per la musica: The Descent di Kevin MacLeod (CC BY 4.0) e Price of freedom di Daddy_s_Music from Pixabay.
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Testimoni della Storia 1943. Attilio Corrubia, tenente della regia Guardia di Finanza “Il Partigiano che s’immolò per la libertà dei Greci”.
Il tenente Attilio Corrubia nacque ad Avellino il 30 gennaio 1918. Giovane di molte speranze e bravissimo negli studi, allo scoppio della 2^ guerra mondiale decise di interrompere l’intrapreso percorso universitario presso la facoltà di Giurisprudenza di Bari per entrare nell’Accademia Ufficiali della Regia Guardia di Finanza, presso la quale fu ammesso nell’ottobre dello stesso 1939. Promosso sottotenenente nel settembre del 1941 fu immediatamente mobilitato e, quindi, destinato al glorioso V Battaglione Regia G.d.F. operante nel Peloponneso, sul fronte della Grecia. Era stato da poco promosso Tenente, il 1º settembre del 1943, quando giunse anche in Grecia la notizia dell’avvenuta firma dell’armistizio con gli Anglo-Americani.
A seguito di ciò la violenta reazione da parte dei tedeschi portò al disarmo di gran parte dei reparti dell'11^ Armata del Generale Carlo Vecchiarelli. Fu a quel punto che il Tenente Corrubia decise di entrare a far parte della Resistenza locale, unendosi così agli agguerriti partigiani dell’Elas. Impiegato, con altri militari italiani, tra Marinai e Carabinieri, nel Battaglione partigiano greco operante nella zona di Kalavryta, ne seguì i destini. Sul finire del mese di dicembre 1943 l'unità si spostò nella zona di Arafarà –Abele. E fu proprio in questa località che l’eroe irpino fu catturato dai tedeschi, Il 19 gennaio 1944. Dopo quattro giorni di duri interrogatori, durante i quali si rifiutò di fornire notizie utili per la cattura degli altri partigiani del battaglione, il tenente Attilio Corrubia fu condannato a morte e, quindi, impiccato, nella pubblica piazza di Epidauro, unitamente ad altri quattro partigiani greci. Alla sua memoria fu poi concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Il suo ricordo è stato perpetuato anche grazie all’intitolazione di alcune Caserme del Corpo, di unità del Servizio Navale, oltre che da alcune strade in varie località del Paese.
Testo, voce a cura di Gerardo Severino. Coordinamento editoriale, editing, sound design e produzione di Flavio Carbone. Alla prossima puntata.
“Testimoni della Storia” è una iniziativa che vede la partnership di giornidistoria.net e storiadeicarabinieri – il podcast (qui tutti i contatti), insieme ad alcuni volontari che hanno aderito al progetto. La Società Italiana di Storia Militare – SISM e l’Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, dall’Internamento e dalla Guerra di Liberazione– ANRP hanno concesso il proprio patrocinio.
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I partecipanti all'iniziativa esprimono il loro ringraziamento a SMD per aver compreso lo spirito di questo progetto.
Testimoni della Storia 1943. Angelo Emilio il caporalmaggiore della Divisione Acqui
10 luglio 1944, al confine con la Lituania l'esercito russo avanza, quello nazista arretra. I tedeschi ripiegano verso la Polonia e con loro trasferiscono anche i prigionieri stipati a bordo di convogli sorvegliati dalla Wehrmacht.
Tra questi Angelo Emilio, reduce della Divisione Acqui, scampato all'eccidio di Cefalonia e Corfù.
In un momento di sosta del treno don Watctaw Zawadzki si avvicina ai finestrini e parla con il prigioniero italiano. Il giovane sacerdote polacco rischia la vita per il soldato, stanco e affamato. Lo fa per lui e per altri passando cibo dai finestrini sbarrati. Una spola che dura per tutta la mezza giornata di sosta lungo la strada ferrata. Angelo Emilio e gli altri italiani non lo dimenticheranno mai.
Testo, voce e sound design a cura di Vincenzo Grienti. Coordinamento editoriale, editing e produzione di Flavio Carbone. Alla prossima puntata.
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Testimoni della Storia 1943. Salvo D'Acquisto Vice Brigadiere dei Carabinieri
Nacque a Napoli, 15 ottobre 1920 in una famiglia di modeste origini. Arruolatosi volontario nell'Arma dei Carabinieri nel 1939, l’anno successivo venne mobilitato per Tripoli. Dopo l’esperienza africana fu aggregato alla Scuola Centrale Carabinieri di Firenze per frequentarvi il corso accelerato per la promozione a vice brigadiere, grado che conseguì il 15 dicembre 1942.
Una settimana dopo venne destinato alla stazione di Torrimpietra, una borgata a 30 km. da Roma.
Con la dichiarazione d'armistizio la situazione anche intorno a Roma si fece complessa. La sera del 22 settembre alcuni soldati tedeschi, rovistando in una cassa abbandonata all'interno di una caserma di un'altra forza dell'ordine, provocarono lo scoppio di una bomba a mano: uno dei militari rimase ucciso ed altri due furono gravemente feriti. Il fortuito episodio fu interpretato dai tedeschi come un attentato.
Solamente con il cosciente dono della sua vita al posto di quella delle 22 innocenti vittime, Salvo D'Acquisto onorò il suo dovere di Carabiniere a difesa della popolazione che aveva il dovere di salvaguardare.
Alla sua memoria fu concessa una Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione: Esempio luminoso d’altruismo, spinto fino alla suprema rinuncia della vita, sul luogo stesso del supplizio, dove, per barbara rappresaglia, era stato condotto dalle orde naziste insieme con 22 ostaggi civili del territorio della sua stazione, pure essi innocenti, non esitava a dichiararsi unico responsabile di un presunto attentato contro le forze armate tedesche. Affrontava così — da solo — impavido la morte, imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici e scrivendo una nuova pagina indelebile di purissimo eroismo nella storia gloriosa dell’Arma.Torre di Palidoro (Roma), 23 settembre 1943.
Il riconoscimento del suo cosciente atto di amore verso gli altri è stato ricordato in tutta Italia, intitolando alla sua memoria strade, vie, piazza o scuole, insieme a, mentre, non pochi comuni italiani hanno dedicato al suo nome strade o piazze, così come sono a lui intitolate numerose caserme dell'Arma nel cui culto era cresciuto Salvo D'Acquisto.
La singolare condotta del giovane ha portato a dichiarare Salvo D’Acquisto servo di Dio. Dal 1983 il Tribunale ecclesiastico è stato chiamato a decidere sulla sua causa di canonizzazione.
Testo e voce a cura di Vincenzo Longobardi. Produzione Flavio Carbone. La prossima puntata è dedicata alla Guardia di Finanza a cura di Gerardo Severino.
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Testimoni della Storia 1943. Regia Aeronautica e lotta clandestina.
La Regia Aeronautica cobelligerante rappresentò la continuità legale della Forza Armata, la premessa per la sua ricostruzione postbellica. Coinvolse però solo una parte dei militari di cui l’Aeronautica disponeva l’8 settembre 1943, il momento di crisi morale più profondo vissuto dalle nostre Forze Armate nella storia d’Italia.
Oltre a quelli deportati dai tedeschi e a quelli che sbandarono all’interno del Paese non pochi furono i militari che andarono a ingrossare le file delle nascenti bande partigiane. Altri ancora dettero vita a formazioni clandestine autonome che realizzarono forme diverse di resistenza attiva. Tra queste, a Roma, il Fronte Clandestino Aeronautico del Generale di Divisione Aerea Umberto Cappa. Non un insieme di sbandati, ma un’organizzazione formata da gruppi e “bande” di uomini che si riunirono intorno ai loro vecchi comandanti o a figure dal particolare carisma rivendicando con orgoglio, anche di fronte alla morte, la propria origine militare.
Il Fronte assicurò preziose attività: assistenza, anche finanziaria, al personale inquadrato, e ai loro familiari; controspionaggio; produzione di documenti contraffatti; raccolta e trasmissione di informazioni; collegamenti con le organizzazioni partigiane del Nord e con il Governo legittimo a Brindisi, fino alla partecipazione a vere e proprie azioni di sabotaggio e di guerriglia.
Le Fosse Ardeatine e una serie di arresti rallentarono, ma non interruppero l’azione del Fronte Clandestino Aeronautico che, al momento della liberazione di Roma, nel giugno 1944, poteva contare su una forza di circa 2.500 unità, parte dei quali inquadrati in reparti di pronto impiego. Tra questi la quasi totalità dei componenti della Banda “Cattapani”, di cui facevano parte gli arditi paracadutisti della Regia Aeronautica che, già all’indomani dell’8 settembre, avevano dato vita a duri scontri con i tedeschi.
Testo e voce a cura di Stefano Cosci. Produzione Flavio Carbone. La prossima puntata è dedicata a Salvo D'Acquisto a cura di Vincenzo Longobardi.
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Testimoni della Storia 1943. Lero, Igino Lega e Pietro Cavezzale
Nel 1943 le Isole dell’Egeo sotto controllo italiano comprendevano il Dodecaneso, le Cicladi e la parte orientale dell’Isola di Creta che, fino ad allora, erano state utilizzate come base di partenza per importanti azioni belliche.
All’indomani dell’8 settembre 1943 i tedeschi iniziarono diverse operazioni volte al totale controllo delle isole. Tali operazioni vennero contrastate sistematicamente dai marinai italiani che in alcune circostanze diedero prova di eroismo.
E’ il caso di Igino Lega, Tenente Cappellano di Marina che era stato inviato a Lero nel febbraio 1942 per dare assistenza spirituale al personale ivi destinato.
Durante il decisivo attacco dei tedeschi all’isola oltre a fornire l’assistenza religiosa e spirituale non esitò a partecipare ai combattimenti come servente di cannone sostenendo nella fede e nell’amor patrio i propri commilitoni. Caduta l’isola volle seguire la sorte dei marinai nelle loro tappe verso i campi di concentramento tedeschi.
Al rientro in patria, nel settembre 1945, si mise subito a disposizione presso il Centro di Raccolta del Comando Marina di Venezia. Fu posto in congedo il 6 febbraio 1946 e il 18 aprile 1947 gli venne conferita la Medaglia d’Oro al Valore Militare.
Sempre nella difesa di Lero, epica fu la lotta intorno alla batteria 127 di Monte Maraviglia, nella cui difesa si distinse il marinaio elettricista Pietro Cavezzale che non esitò a sacrificare la propria vita. Anche a lui fu concessa la Medaglia d’Oro al Valore Militare e l’onore dell’intitolazione di una unità navale che prestò servizio nella Marina Militare dal 1957 al 1993.
Testo e voce a cura di Leonardo Merlini. Produzione Flavio Carbone. La prossima puntata è dedicata all'Aeronautica Militare a cura di Stefano Cosci.
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Vittorio Premoli l’indomito
Vittorio Premoli, fante del 57° Reggimento Fanteria della Divisione “Piave”, è l’unico militare a cui venne concessa la Medaglia d’Oro al valor militare come vivente. Premoli si batté contro i tedeschi nella zona di Ponte Grillo, nei pressi di Monterotondo nella giornata del 9 Settembre 1943 contrastando gli agguerriti paracadutisti del Maggiore Gericke che, avevano lo scopo di catturare il Centro Marte, ovvero la sede di campagna dello Stato Maggiore del Regio Esercito. Rimase negli scontri gravemente ferito e al momento di essere dimesso dall’ospedale riuscì a fuggire, evitando così di essere deportato. Venne congedato nel 1946. Dopo la guerra Vittorio Premoli si trasferì in provincia di Latina, a Priverno, dove è poi deceduto. Nei giardini di piazzale Ungheria a Borgo Sant’Antonio è stata eretta dall’amministrazione comunale di Priverno una stele in memoria di Vittorio Premoli.
Recita la motivazione dell’alta motivazione:
Durante l’attacco su Monterotondo, porta munizioni di un gruppo mitragliatori, vistisi cadere attorno colpiti a morte da raffiche di mitra a bruciapelo il caposquadra, il portarme e un fornitore e per quanto ferito egli stesso ad una spalla, afferrato il mitragliatore di uno dei caduti, balzava dietro un riparo e faceva fuoco sui nemici, abbattendone diversi.
Rimasto solo, accerchiato, ferito due volte balzava nuovamente in piedi ed afferrata l’arma per la canna si faceva largo tra gli assalitori abbattendone altri. Approfittando di questo fatto e benché ferito per la quarta volta, riusciva a raggiungere la compagnia che nel frattempo era venuta avanti. Medicato sommariamente sul campo delle sue quattro ferite, di cui tre gravi, non emetteva un lamento. Ricoverato all’ospedale, rimessosi grazie alla sua eccezionale costituzione fisica, dopo più di due mesi di dolorosi interventi chirurgici che non riuscivano però a salvargli il libero uso del braccio, veniva preso dai tedeschi per essere trasportato al Nord.
Con forza d’animo veramente eccezionale, sebbene ancora con le ferite non rimarginate, si lanciava dall’autombulanza in corsa e si dava alla macchia». Monterotondo (Roma), 9-10 settembre 1943 – gennaio 1944.
Testo e voce a cura di Franco Di Santo. Produzione Flavio Carbone. Alla prossima puntata.
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Testimoni della Storia 1943. Salvatore Corrias, lo Schindler del Monte Bisbino Salvatore Corrias nacque a San Nicolò Gerrei (Cagliari) il 18 novembre 1909. Arruolatosi nella Regia Guardia di Finanza il 27 giugno 1929, prestò servizio presso vari reparti del Corpo, soprattutto presso delicate località di confine. Il 9 ottobre 1940, a seguito all’occupazione militare della Francia da parte dell’Italia, fu mobilitato nell’ambito della Compagnia Comando della Legione di Torino, e messo a disposizione della Commissione Italiana d'Armistizio con la Francia (C.I.A.F.), destinato ad operare a Marignane, in Provenza, come addetto alla vigilanza doganale presso il locale idroscalo. Il 27 giugno 1942 fu smobilitato e trasferito alla Compagnia di Domodossola, come addetto al servizio di frontiera. Con il precipitare della situazione bellica italiana, il 3 aprile 1943 nuovamente mobilitato ed assegnato al 3^ Compagnia del X Battaglione della Regia Guardia di Finanza, destinata ad operare a Ribnica (Lubiana).
Con la firma dell'armistizio dell'8 settembre 1943 il suo reparto si sottrasse alla cattura da parte dei tedeschi, lasciando Ribnica insieme ai fanti del 52º Reggimento Fanteria, raggiungendo così Trieste da dove, grazie all’aiuto del Comandante di quella Legione, Colonnello Persirio Marini, i superstiti raggiunsero il Centro di Mobilitazione di Milano. Il 15 settembre fu aggregato alla "Brigata Volante" di Uggiate, dipendente dalla Compagnia di Olgiate Comasco. Da quel momento il Finanziere Corrias aderì alla Resistenza, entrando così a far parte, dal 15 ottobre 1943, della formazione "Giustizia e Libertà", in seguito Brigata "Emanuele Artom". Continuò su tale strada anche dopo il trasferimento alla Brigata di Bugone di Moltrasio, sul Monte Bisbino, nel gennaio del 1944. Da quell’istante si sarebbe distinto nell’azione umanitaria a favore dei profughi ebrei, aiutati ad espatriare clandestinamente nella vicina Svizzera. Catturato dalle Brigate Nere della famigerata “banda Tucci” il 28 gennaio 1945, proprio mentre stava rientrando alla propria caserma, dopo aver portato in salvo in Svizzera un ex prigioniero inglese, l’eroe sardo fu immediatamente fucilato nel recinto della sua stessa caserma. Tuttora sepolto nel cimitero di Moltrasio, il Finanziere Corrias è stato decorato “alla Memoria” con la Medaglia d’Oro al Merito Civile (2006) e proclamato “Giusto tra le Nazioni” (2007). Alla sua memoria sono state dedicate varie strade e una moderna Caserma della Guardia di Finanza a Cagliari. Testo e voce a cura di Gerardo Severino. Produzione Flavio Carbone. Alla prossima puntata.
“Testimoni della Storia” è una iniziativa che vede la partnership di giornidistoria.net e storiadeicarabinieri – il podcast (qui tutti i contatti), insieme ad alcuni volontari che hanno aderito al progetto. La Società Italiana di Storia Militare – SISM e l’Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, dall’Internamento e dalla Guerra di Liberazione– ANRP hanno concesso il proprio patrocinio.
Credits per la musica: The Descent di Kevin MacLeod (CC BY 4.0) e Price of freedom di Daddy_s_Music from Pixabay.