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Frequenze Partigiane
Radio Frequenza Appennino
22 episodes
2 months ago
Per fare incontrare passato e presente pensiamo che si possa partire dal concreto di una via, una piazza, che ricorda una persona ed un fatto storico accaduto. Il racconto parte da qui e si dipana come un incontro, anche fisico con le testimonianze che quel determinato luogo richiama. Il progetto radiofonico è quindi una raccolta di luoghi e fatti che tiene insieme la cornice di fondo, ovvero la storia della Resistenza.
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Per fare incontrare passato e presente pensiamo che si possa partire dal concreto di una via, una piazza, che ricorda una persona ed un fatto storico accaduto. Il racconto parte da qui e si dipana come un incontro, anche fisico con le testimonianze che quel determinato luogo richiama. Il progetto radiofonico è quindi una raccolta di luoghi e fatti che tiene insieme la cornice di fondo, ovvero la storia della Resistenza.
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Episodes (20/22)
Frequenze Partigiane
Puntata 22: Live Spagna 1936





“Giurate su queste parole, fratelli, di morire piuttosto che accettare tiranni”



Questa frase, scritta su un treno di volontari in partenza per il fronte dell’Aragona rende il pensiero che guidò le azioni dei miliziani antifascisti nella Guerra di Spagna.



Ma questa breve e cruenta guerra, non fu solo una guerra civile. Da tutto il mondo accorsero volontari in difesa della Repubblica, Hitler e Mussolini sostenevano con armamenti di ogni genere e truppe i golpisti.



In Spagna in quegli anni si decideranno le sorti dell’imminente Seconda Guerra Mondiale.



   Nell’80° anniversario dello scoppio della Guerra Civile Spagnola incentriamo questa puntata  sulle biografie degli abitanti del comune di Valsamoggia che decisero di sostenere il fronte antifascista a vario titolo. Donne e uomini, nati o residenti a Bazzano, Castello di Serravalle, Crespellano, Monteveglio e Savigno che dalle località in cui erano in esilio o dalla Madrepatria abbandonarono tutto per accorrere in Spagna. Vi furono anche fiancheggiatori e sostenitori che dall’Italia sfidarono la repressione fascista, contribuendo a raccogliere fondi e fare propaganda contro il sostegno italiano a Francisco Franco. Tante piccole grandi storie di volontari delle Brigate Internazionali che hanno rischiato di cadere nell’oblio sono state riscoperte dal lavoro degli storici Luciano Casali, Daniel Degli Esposti e Vincenzo Sardone. Per l’occasione è stato prodotto un volumetto che raccoglie le loro biografie ed inquadra queste vicende; nel live abbiamo ricordato anche due di loro che caddero nei combattimenti contro le truppe franchiste.



   Luciano Casali nel suo intervento telefonico ha ricostruito la Guerra di Spagna dal un punto di vista militare e politico. L’attore Matteo Belli ha letto volantini di propaganda originali dell’epoca, stampati clandestinamente in Italia; ad accompagnare gli oratori storici, canti antifranchisti e moderne canzoni antifasciste. A completare l’atmosfera, purtroppo non rendibile per radio, alle spalle degli ospiti campeggiava la bandiera della Repubblica Spagnola: rossa, gialla e viola.



Un ulteriore intervento è stato quello di un parente di Cremonini Mario che ha ricordato la sua vita con aneddoti unici. In mostra era presente la camicia rossa originale di Mario con tanto di distintivo repubblicano.



Nel 2019 si è concluso questo ciclo di ricerche con la mostra “Oggi in Spagna domani in Valsamoggia” presso la Rocca di Bazzano che approfondiva le biografie degli antifascisti dei cinque  municipi degli anni ’30.



“Oggi in Spagna  domani in Italia”



ammoniva Rosselli, perché ieri come oggi “Non passeranno!”.
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3 years ago
1 hour 21 minutes 45 seconds

Frequenze Partigiane
Puntata 21: Sandro Pertini





“La comunicazione che mia madre ha presentato domanda di grazia in mio favore, mi umilia profondamente. Non mi associo, quindi, a simile domanda, perché sento che macchierei la mia fede politica, che più d’ogni cosa, della mia stessa vita, mi preme.” (Sandro Pertini, 1933)



Ci sono personaggi che oltrepassano le barriere della politica, delle istituzioni e diventano vere e proprie icone popolari. Sandro Pertini è l’esempio perfetto di icona popolare, un personaggio capace in maniera quasi istintiva di essere non solo “tra la gente” ma “con la gente”. Una connessione umana e sentimentale prima ancora che politica col popolo che ha rappresentato lungo tutta la sua vita politica. Sarebbe meglio parlare di “vite politiche”, perché Pertini ha vissuto appieno il suo secolo nelle alterne vicende della nostra democrazia.



Classe 1896, già nel 1918 lo vediamo iscritto al PSI (giovane avvocato appena laureato) e poi al fronte durante la prima guerra mondiale. Nel 1925 la prima condanna per propaganda antifascista, sarà la prima di una lunga serie che lo porterà poi alla clandestinità, tra Italia e Francia.



Nel 1929 viene arrestato e condannato a 11 anni di reclusione, rifiuterà anche la grazia richiesta da sua madre. Nell’agosto 1943, alla caduta del fascismo, tornerà in libertà e subito si adopererà per organizzare la Resistenza.



La nascita della Repubblica lo vedrà ovviamente tra i protagonisti, prima come padre costituente, poi come deputato, fino all’elezione al Quirinale del 1978. Rimarrà in carica fino al 1985 per poi rimanere senatore fino alla morte avvenuta nel 1990.



Dietro questa scarna biografia (troppo ci sarebbe da scrivere) ci sono i travagli di una vita vissuta intensamente e avventurosamente dalla parte del popolo. Può sembrare retorica, ma Pertini ha sempre concepito il proprio impegno politico come servizio per la collettività. Un uomo che ha avvicinato le istituzioni ai cittadini, senza astruse formulazioni ideologiche ma con gesti di portata straordinaria.



Fin dai tempi della presidenza della Camera ha sempre aperto le porte ai giovani per incontrare numerose delegazioni. Da Presidente della Repubblica impossibile non ricordare le immagini del Presidente festoso sugli spalti di Spagna ’82 o le sue parole di commozione ai funerali delle vittime della strage di Bologna del 1980. Come dimenticare le simpatiche vignette dedicate da Paz al grande “PERT“?









Un Presidente partigiano, per dirla come un titolo di una canzone popolare, ma soprattutto un Presidente di tutti gli italiani che in anni difficili (erano gli anni del terrorismo) ha ricordato a tutti le radici antifasciste della nostra democrazia.












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4 years ago

Frequenze Partigiane
Puntata 20: Guido Jurgens





“Se tutte le città d’Italia avessero fatto come Sarzana il fascismo non sarebbe passato” (Sandro Pertini)



Il nome di Guido Jurgens ai più non dice nulla. Anche chi si occupa di storia della Resistenza fatica a ricordare quel nome. Eppure quel nome è al centro di un episodio che merita di essere ricordato, passato alla storia come “i fatti di Sarzana“.



Jurgens era infatti l’ufficiale dei carabinieri posto al comando della Caserma di Sarzana nei drammatici giorni dell’estate del 1921 che videro l’assalto dei fascisti alla cittadina ligure. In un crescendo di violenze ormai in tutta Italia non si contavano più gli assalti alle camere del lavoro, alle cooperative ed a tutte le sedi del movimento operaio. In Lunigiana però i fascisti trovarono pane per i loro denti, gli Arditi del popolo in breve arriveranno a contare numerosi iscritti. Proprio la reazione inaspettata di contadini ed operai mise in difficoltà i fascisti che decisero quindi di alzare il tiro cominciando ad uccidere gli oppositori. Sarzana era rimasto uno dei pochi comuni rossi ed il sindaco socialista Arnaldo Terzi (alle elezioni del 1920) aveva avuto l’ardire di esporre la bandiera rossa dal balcone del comune. Per i fascisti questo fu un affronto incredibile.



Già il 12 giugno 1921 durante una spedizione dei fascisti di Carrara fu ucciso a Sarzana l’operaio Luigi Gastardelli. A luglio negli scontri seguiti all’assalto squadrista della cooperativa di Monzone furono uccisi due comunisti, Dino Rossi e Primo Garfagnini. Tutti questi episodi portavano la “firma” dei fascisti di Carrara, comandati da Renato Ricci.



Questi atti di squadrismo sempre più violenti ebbero l’effetto di coagulare il fronte antifascista di Sarzana: socialisti, anarchici, comunisti e repubblicani decisero di fare fronte comune in un comitato presieduto dal sindaco Terzi. Il 18 luglio fu proclamato lo sciopero generale, mobilitando anche gli operai e i ferrovieri della Spezia. Fu creata una fitta rete di staffette e di sorveglianza del territorio, incentrata sugli Arditi del Popolo che, nonostante fossero osteggiati a livello nazionale dai partiti di sinistra e considerati politicamente immaturi, controllarono, almeno in un primo tempo, il territorio del circondario con il sostegno della popolazione e delle forze politiche.



I carabinieri, anche pere evitare un crescendo di violenze, arrestarono il 18 luglio 11 fascisti tra i quali lo stesso Renato Ricci. Proprio per liberare Ricci i fascisti toscani decisero di dare l’assalto a Sarzana.



All’alba del 21 luglio 1921 una colonna di circa 500 fascisti, agli ordini di Amerigo Dumini è decisa ad entrare in città per liberare Ricci. Presso la piazza della stazione di Sarzana trovano lo sbarramento di una pattuglia di carabinieri guidati da Jurgens. L’ufficiale non cede alle richieste dei fascisti, la tensione è alle stelle quando all’improvviso qualcuno tra i fascisti esplode un colpo ed i carabinieri rispondono al fuoco. A sera si conteranno circa 14 fascisti caduti



I fascisti si disperdono fuggendo nelle campagne, dove alcuni furono uccisi dagli Arditi del popolo che presidiavano la zona.



E’ interessante notare come la reazione del Show more...
4 years ago
1 hour 5 minutes 14 seconds

Frequenze Partigiane
Puntata 19: Caduti di Cefalonia





“Per ordine del Comando supremo italiano e per volontà degli ufficiali e dei soldati, la divisione Acqui non cede le armi” (Generale Antonio Gandin, 14 Settembre 1943)



Cefalonia, oggi si presenta come una splendida isola dello Ionio, affacciata davanti allo stretto di Patrasso. Nulla fa immaginare quello che qui accadde nel settembre 1943. A seguito della campagna di Grecia l’isola era presidiata infatti da militari italiani. Assieme a loro anche un contingente tedesco.



Poi venne l’8 Settembre 1943, l’armistizio con gli alleati e quel proclama di Badoglio che getta nel caos l’intero esercito italiano:



“Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane.La richiesta è stata accolta.Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo.Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.”La guerra era finita! L’Italia si arrendeva agli alleati. Mentre Badoglio e casa reale riparavano a Brindisi l’intero esercito era lasciato privo di direttive al di là di quello scarno proclama affidato alla radio. Un comunicato colpevolmente ambiguo che non spiegava ai soldati come comportarsi con gli ex alleati tedeschi. I quali (tedeschi) erano presenti in forze in diverse parti del paese ed in poche ore avranno modo di occupare quasi tutta l’Italia.



Viene alla mente la memorabile scena di “Tutti a Casa”, film di Luigi Comencini (1960):









E a Cefalonia?



Come si diceva nel settembre 1943 l’isola greca era presidiata da circa 11.500 uomini della divisione Acqui, rinforzata con artiglierie costiere e contraeree e piccoli contingenti di marina e guardia di finanza. Inoltre circa 2.000 tedeschi.Nell’immediatezza dell’armistizio i tedeschi chiesero al generale italiano (Antonio Gandin) di arrendersi.



(…)La relativa lontananza dalla costa e la debolezza delle forze tedesche sull’isola permisero al generale Gandin, comandante della divisione Acqui, di prendere tempo, malgrado le pressanti richieste tedesche di resa e l’atteggiamento offensivo dei suoi uomini, fino al 14 settembre, quando ebbe dagli alti comandi di Brindisi chiari ordini di resistenza.Comunicò quindi che “per ordine del Comando supremo italiano e per volontà degli ufficiali e dei soldati, la divisione Acqui non cede le armi”. Il 15 iniziarono i combattimenti, prima con attacchi italiani stroncati dagli Stukas, poi il 21 – 22 con una offensiva tedesca che portò al crollo della resistenza italiana. Fin qui siamo nell’ambito di “normali” azioni di guerra, poi scattò la rappresaglia criminale secondo gli ordini di Hitler, i soldati italiani vennero trucidati a migliaia dopo la resa. Il 24 furono fucilati circa 200 ufficiali. Il totale dei caduti italiani ammonta a circa 6.500 sugli 11.500 presenti a Cefalonia, compresi quasi tutti i 525 ufficiali. (…)”.



Brano tratto da “Le guerre italiane: 1935-1943” di Giorgio Rochat (Einaudi 2005)



La storia dell’eccidio di Cefalonia è l’ennesima pagina dolente consegnataci dal ventennio fascista. Una guerra (quella greca) in cui Mussolini aveva maldestramente cercato di compiacere l’alleato nazista ma che poi si rivelò una sconfitta bruciante. Un’alleanza,
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4 years ago
1 hour 5 minutes 53 seconds

Frequenze Partigiane
Puntata 18: Guido Picelli





“Balbo t’è pasè l’Atlantic mo miga la Perma” (scritta sui muri di Parma)



Lo storico Eric Hobsbawm diceva che “l’utopia è probabilmente un dispositivo sociale necessario a generare sforzi sovrumani”. La storia di Guido Picelli ci porta a dare ragione allo storico anglosassone. Perché la vita di Guido Picelli è stata una vita sulle barricate, sempre e comunque, per difendere gli ideali in cui credeva.



Fin dall’infanzia, di umili origini, segnata dalla morte della madre, Picelli si è trovato a gettare il cuore oltre all’ostacolo. In giovinezza si racconta della sua passione per la lirica, il teatro e poi il cinema. In quegli anni si avvicina al Partito Socialista.



La prima guerra mondiale lo vede quindi fedelmente schierato sulle posizioni neutraliste sostenute dal partito, assegnato ad un reparto della croce rossa. In questo ruolo guadagnerà una medaglia di bronzo al valor militare per il coraggio dimostrato nel soccorrere i feriti. Inoltre, proprio in mezzo ai massacri delle trincee, matura in lui una nuova consapevolezza per cui deciderà di intraprendere la carriera militare. Uno spirito combattente come il suo non poteva sopportare di assistere impotente alla morte dei propri compagni.



Nel dopoguerra ritroviamo Picelli attivo nella costituzione dei gruppi in difesa del proletariato, attaccato dal nascente squadrismo fascista. La sua idea è quella di un “esercito popolare” al servizio dei socialisti per difendersi dagli squadristi. Dopo aver fondato la Guardia Rossa deciderà poi di aprire una sezione parmense degli “Arditi del Popolo”, associazione tra ex combattenti fondata a Roma da Argo Secondari.



In un clima di crescente tensione Picelli viene arrestato nel ’20, solo l’elezione a deputato nelle file socialiste consentirà la sua scarcerazione. Nel 1922 l’episodio chiave della vita di Picelli: nell’agosto del ’22 infatti Mussolini manda le sue squadracce agli ordini di Italo Balbo (oltre 10.000 uomini) provenienti da tutta la regione per stroncare la roccaforte parmense. Solo Parma infatti non era caduta davanti agli attacchi squadristi che avevano già sedato la resistenza nelle altre città emiliane.



Picelli da tempo organizzava la sua milizia popolare, gli arditi del popolo, in attesa dello scontro. Proprio attraverso la difesa popolare degli arditi e di tutta la popolazione cittadina di Parma gli antifascisti respingono Balbo. Da qui la scritta riportata in calce all’articolo, che voleva ricordare a Balbo (grande aviatore del regime fascista) che pur essendo riuscito nell’impresa della transvolata atlantica non era riuscito a passare la Parma, fiume della città.



Aldilà delle indubbie doti militari dietro la vittoria di Parma c’è la grande capacità organizzativa e politica di Picelli che ha saputo mobilitare socialisti, comunisti, anarchici e anche un gruppo del partito popolare. Lo stesso Balbo si dirà impressionato e Mussolini gli ordinerà di non riprovare l’impresa, vista la magra figura già rimediata.



Purtroppo però sia PSI che PCI non vedono di buon occhio la costituzione di un “esercito rosso” guidato dagli arditi e preferiscono impegnarsi nella lotta politica al fascismo.



Il fascismo ovviamente passerà in Italia ma Picelli, nonostante le violenze subite, continuerà il suo impegno politico. Nel ’24 compie un atto simbolico di aperta sfida al Fascismo ormai al potere: issa una bandiera rossa da Montecitorio il 1 maggio 1924,
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4 years ago
1 hour 2 minutes 43 seconds

Frequenze Partigiane
Puntata 17: La Repubblica di Montefiorino





Eravamo ragazzi cresciuti negli anni difficili della dittatura fascista e che nell’adolescenza dovemmo diventare uomini e scegliemmo la lotta e la vita dura che quella lotta imponeva. Non eravamo guerriglieri, ma la necessità del momento, ci dette la caparbia volontà di imparare e cieducammo a superare le debolezze. (Ermenegildo Bugni)



La Resistenza ha avuto il suo esercito, le brigate partigiane, i suoi comandanti e purtroppo anche i suoi caduti. Molti però non sanno che ha avuto anche le sue Repubbliche. Una di queste è la Repubblica partigiana di Montefiorino, sull’appennino modenese.



Proprio a Montefiorino i partigiani guidati da Armando Ricci riescono a liberare un intero comprensorio da soli. Il 18 giugno 1944 assediano la Rocca di Montefiorino arrivando a liberare una zona di 1000 metri quadrati con circa 50000 abitanti. I partigiani non si accontentano di questo, decidono infatti di dare vita ad un’amministrazione democratica. Dopo 20 anni di fascismo Montefiorino avrà un sindaco eletto dai membri della comunità.



L’esperimento di Montefiorino durerà poco perché già a fine luglio i nazisti (affiancati dai fascisti) torneranno in forze vincendo la resistenza dei partigiani. L’idea però di fondo della Repubblica però rimane nel sentire comune della gente di Montefiorino tanto è vero che diverse giunte designate dai cittadini continuano ad amministrare il territorio finché non arriva la Liberazione. Segno che la democrazia (e la partecipazione) sono semi fecondi che rimangono vivi nonostante tutto.



La storia di Montefiorino insegna che la sete di libertà ha spinto uomini e donne a fare cose incredibili. Ed incredibile è il fatto che perfino in quella situazione, in piena guerra, con la penuria di generi alimentari, il primo pensiero sia andato alla partecipazione democratica dei cittadini nelle scelte amministrative. Come avrebbe detto qualcuno vent’anni dopo:



“La libertà non è star sopra un albero. Libertà è partecipazione” (Giorgio Gaber)
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4 years ago
1 hour 3 minutes 54 seconds

Frequenze Partigiane
Puntata 16: Live strade partigiane, vie di libertà





Domenica 29 maggio a Calderino, presso gli “Ex-Moduli”, si è tenuto un incontro dedicato alla toponomastica nel Comune di Monte San Pietro.



L’importanza del nome delle vie dedicate a partigiani e antifascisti, è da sempre il punto di partenza delle nostre puntate. Questa volta non è stata una sola via ad essere presa in considerazione, bensì tutto il progetto che caratterizzò l’Amministrazione di Monte San Pietro sul finire degli anni Settanta.Un live per ribadire e riscoprire i giorni di gloria del nostro Paese, tramite nomi e figure della Resistenza locale, non per questo meno importanti. E’ stato un incontro a più voci, insieme al trio di Frequenze Partigiane, Claudio Contri e Gilberto Fava della sezione ANPI di Monte San Pietro, che hanno ideato un video per raccontare il contesto politico che portò l’Amministrazione comunale dell’epoca a fare questa scelta.



La ricerca storica per ricostruire il percorso che portò a questa scelta politica, è stata presentata dalla ricercatrice Simona Salustri, che ha realizzato il lavoro d’archivio.



Un ringraziamento all’associazione La Conserva per l’organizzazione dell’evento.




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4 years ago
1 hour 29 minutes 10 seconds

Frequenze Partigiane
Puntata 15: Enrico Mattei





“Noi crediamo nell’avvenire del nostro Paese; abbiamo fede nelle sue possibilità di miglioramento, nelle sue capacità di sviluppo e di progresso; sentiamo il dovere di lavorare, in tutta la misura delle nostre forze, per costruire giorno dopo giorno l’edificio della libertà e della giustizia in cui vogliamo vivere in pace e che soprattutto vogliamo preparare per le nuove generazioni, nella speranza che esse non debbono mai patire la dolorosa esperienza che noi abbiamo sofferto.” (Enrico Mattei)



La vita (e purtroppo anche la morte) di Enrico Mattei sono intrinsecamente legate con la storia del nostro paese. E’ incredibile come anche solo approfondendo superficialmente la vicenda umana di Mattei ci si imbatta in vicende di livello nazionale ed internazionale. Mattei il partigiano, Mattei il politico, Mattei l’economista, Mattei il petroliere.



Tante sono che lo cose che ci sarebbero da dire su Enrico Mattei e sicuramente un podcast di un’ora è fin troppo riduttivo per una vicenda complessa e importante come la sua.



Con gli occhi di oggi possiamo dire che Mattei è stato il volto della ricostruzione in Italia. Con una felice intuizione ebbe l’idea di non liquidare (come gli avevano ordinato) l’ente che era stato chiamato a guidare (la vecchia AGIP) e da qui partì per costruire l’Ente Nazionale Idrocarburi, l’ENI.



Ma come arrivò alla guida dell’ENI quel ragazzo della provincia italiana? Mattei nacque infatti ad Acqualagna (PS) nel 1906. Di umili origini, non terminerà mai la scuola tecnica a cui i genitori lo iscrissero. Fin dalla tenera età dimostro un carattere indisciplinato, nonostante dimostrasse una grande intelligenza. Cominciò quindi a lavorare presto (16 anni) ed in poco tempo fece carriera in una conceria a Roma, da garzone arrivò ad essere vicedirettore del laboratorio chimico. La crisi fece però chiudere lo stabilimento e Mattei partì per Milano, in cerca di fortuna. Qui nel 1931 pensò di costituire un laboratorio chimico per la produzione di olii e vernici. In breve ottenne un grande successo commerciale, lasciandosi alle spalle le difficoltà economiche del passato. A Milano incontrò numerosi esponenti del mondo politico cattolico (Giuseppe Spataro, Galileo Vercesi, Marcello Boldrini) che lo influenzarono molto nello sviluppo del suo pensiero politico. Nel 1943 infatti, decise di partecipare attivamente alla Resistenza. Nel 1944 la Democrazia Cristiana si ritrovò senza un rappresentante nel CLN e la scelta cadde su Mattei proprio per le sue indubbie doti organizzative. Al termine delle ostilità, il comandante delle armate americane operanti in Italia, generale M. W. Clark, attribuisce a Mattei la “Bronze Star”



All’indomani della Liberazione Mattei fu posto a capo del vecchio ente petrolifero istituito durante il fascismo, l’Azienda Generale Italiana Petroli. Il suo compito doveva essere molto semplice: prendere il vecchio ente e liquidarlo. Le offerte di acquisizione (anche milionarie) non mancarono ma Mattei ebbe l’intuizione: le risorse energetiche erano di primaria importanza se si voleva ricostruire un paese nuovo. Da qui partì per un progetto ancora più grande: costituire l’ENI.



Il progetto di Mattei non era solo quello di costruire un grande gruppo per gestire le risorse energetiche italiane ma anche quello di acquisire nuove risorse attivando nuovi rapporti con gli altri paesi. In particolare con i paesi in via di sviluppo. Su questo terreno trovò la grande opposizione delle 7 sorelle, ovvero le grandi corporation americane che insieme controllavano il mercato mondiale degli idrocarburi. Questa sfida costò parecchio a Mattei,
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4 years ago
1 hour 12 minutes 38 seconds

Frequenze Partigiane
Puntata 14: Live Viva la Costituzione!





“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (Articolo 3 della Costituzione della Repubblica italiana).



21 su 556. Questo il numero delle donne presenti all’Assemblea Costituente, ovvero l’assemblea che scrisse la nostra Costituzione. Per questo solitamente si parla di “Padri costituenti”, quando si parla dei membri dell’Assemblea. Ma in realtà c’erano anche loro, le 21 madri costituenti. E fecero la loro parte, nonostante il numero esiguo.



La storia delle 21 donne dell’assemblea costituente è una storia che merita di essere conosciuta. Erano donne figlie del loro tempo, molte venivano dalla Resistenza ma avevano e rappresentavano pensieri diversi: c’erano democristiane, socialiste, comuniste e qualunquiste (ovvero del Partito dell’Uomo Qualunque). Eppure, nonostante le differenze, forse proprio il fatto di essere una esigua pattuglia le fece collaborare per scrivere pezzi importanti della nostra carta fondamentale.



La parità di genere, il diritto di famiglia, il lavoro e la scuola sono solo alcuni dei temi di cui si occuparono le madri costituenti, impegnandosi nelle numerose commissioni dell’Assemblea.



Ma chi erano le 21 donne? Cosa fecero prima di partecipare all’assemblea? E cosa fecero dopo? Alcune erano impegnate in politica da tempo, avevano fatto la Resistenza ed anche dopo l’impegno nella Costituente ricoprirono incarichi di primo piano.



Basti pensare ad Angelina Merlin, socialista, classe 1887 professione insegnante. Fece la Resistenza e quando venne eletta in Parlamento portò avanti le istanze di emancipazione femminile in cui ha sempre creduto. Anche dopo la Costituente continuò il suo impegno, la legge che porta il suo nome è infatti la legge contro lo sfruttamento legalizzato della prostituzione che fu emanata nel 1958, dopo ben dieci anni di iter legislativo che la Merlin seguì passo passo.



Giusto ricordare tra le altre anche Angela Maria Guidi Cingolani, democristiana classe 1896. Di famiglia borghese e con solide tradizioni cattoliche fu esponente di spicco della DC. Nella costituente si occupò a lungo delle questioni sulla parità e sul lavoro. Sarà la prima donna al governo in Italia, nominata sottosegretario nel 1951.



Non tutte ebbero la stessa fortuna se si pensa a Ottavia Penna Buscemi, classe 1907 e unica rappresentante del partito dell’uomo qualunque. Di famiglia nobile, Ottavia non fece mai veramente gruppo con le altre 20 donne della Costituente. A seguito dalla Costituente entrò in rotta col capo e fondatore del Partito del Uomo Qualunque, Guglielmo Giannini, per cui uscirà dal partito. Aderirà poi al partito monarchico.



Infine la più giovane delle costituenti, Teresa Mattei, deputata comunista classe 1921. A lei si deve l’invenzione della mimosa come simbolo delle donne. Prima di diventare segretaria dell’ufficio di presidenza della Costituente, fu partigiana e proprio da questa esperienza maturò un carattere fiero e determinato. Nel suo intervento in aula a sostegno del famoso Art. 3 si riassume il suo impegno per le donne:



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4 years ago
1 hour 35 minutes 6 seconds

Frequenze Partigiane
Puntata 13: Irma Bandiera





“Quando Irma Bandiera venne alla luce, il suo babbo partiva per la guerra. E la mamma piangeva, perchè rimaneva sola, con due bambini piccoli, e l’ultima appena nata. Nel suo dolore si compiaceva, povera mamma, che Irma fosse una bambina. “Tu almeno non andrai in guerra” diceva, guardandola nella culla dove il padre soldato non l’aveva ancora vista.” (ricordo di Irma Bandiera, di Renata Viganò)



Irma, bella come la Resistenza, forte come solo una donna può esserlo e sfortunata come la sorte che se la portò via.



Strana davvero la sorte di Irma Bandiera, di famiglia “buona” come si sarebbe detto un tempo. Eppure tra la via buona degli agi familiari e quella dura della Resistenza lei scelse quest’ultima. Divenne una partigiana combattente (staffetta è riduttivo) della Settima Gap di Bologna e come tale fu arrestata il 7 agosto 1944.



La terribile banda di Tartarotti, denominata Compagnia Autonoma Speciale, la sottopose a incredibili torture per costringerla a fare i nomi dei suoi compagni ma lei non parlò. Anche questa volta Irma poteva scegliere la strada semplice, dire quel che i fascisti chiedevano e far finire quell’incubo immediatamente. E invece no!



Irma non parlò e così il suo corpo sfigurato dalle torture fu ritrovato dalle parti del Meloncello, i fascisti lo lasciarono per un’intera giornata in mezzo alla strada, come monito per chiunque volesse seguirne l’esempio.



La verità è che l’esempio di Irma era la dimostrazione del fallimento dei fascisti. Nonostante pensassero con la cattura della partigiana di avere la Settima Gap in pugno Irma non aveva parlato e Tartarotti si ritrovava con un nulla di fatto.
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4 years ago
58 minutes 20 seconds

Frequenze Partigiane
Puntata 12: Live per Pratello R’esiste





Esiste una via a Bologna…che RESISTE! Inutile provare a riassumere in due parole cosa sia il Pratello e cosa significhi per la città questo piccolo sobborgo addossato alle mura di Bologna.



Il Pratello è stato il quartiere delle lavandaie nell’Ottocento, soppiantate dalle prostitute nel Novecento, periodo nel quale il sobborgo prese la fama di zona di briganti, giocatori d’azzardo e loschi figuri.



Quello che interessa a noi è ovviamente il periodo del ’43-’45, anni in cui il Pratello diede rifugio a diversi partigiani che nei piccoli vicoli del Pratello sgattaiolavano nottetempo per le loro azioni di sabotaggio contro i nazifascisti.



I partigiani della leggendaria Settima GAP da qui passavano tra un’azione e l’altra, magari sfrecciando in sella ad una bicicletta. Per fermarli il comando tedesco arrivò perfino a mettere al bando le due ruote, nel vano tentativo di porre un freno alla Resistenza.



Il Pratello quindi fu un crocevia di storie resistenti, i cui semi sono arrivati fino ai giorni nostri, come testimoniato dalle celebrazioni in occasione del 25 Aprile di ogni anno, ovvero il Pratello R’esiste!




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4 years ago
1 hour 19 minutes 51 seconds

Frequenze Partigiane
Puntata 11: Giacomo Matteotti





“Voi volete ricacciarci indietro. Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità, domandando il rinvio delle elezioni inficiate dalla violenza alla Giunta delle elezioni.” Giacomo Matteotti, 3 Maggio 1924.



Nelle foto che si trovano online il volto di Matteotti appare gentile, una figura distinta, vestita elegante con il farfallino nero ben in mostra. Un’apparenza mite che però nasconde un temperamento intraprendente e appassionato. Le pagine di storia ci raccontano di un politico coerente al servizio delle proprie idee, anche quando queste lo mettevano seriamente a rischio. Basti pensare al discorso del 3 maggio 1924 in cui – in un’aula piena di fascisti e con Mussolini seduto nei banchi del governo – Matteotti compie una disamina puntuale di tutte le malefatte dei fascisti durante le ultime elezioni. In conclusione arriva a chiedere persino di annullare le votazioni. Scatenando le urla dei fascisti. In quel preciso istante, Matteotti firma la sua condanna a morte. Il 10 giugno infatti sarà rapito e assassinato da una banda di fascisti.



Ben prima del celebre ultimo discorso però Matteotti aveva già messo a rischio la propria vita. Durante la prima guerra mondiale sconta il confino per il suo attivo antimilitarismo. E successivamente, intuendo i pericoli del nascente fascismo, si impegna a documentare i crimini degli squadristi. La documentazione dei vari fatti e misfatti è una deformazione professionale frutto dei suoi studi in Giurisprudenza. L’impegno politico è dovuto in parte alle influenze del fratello maggiore che lo avvicina in età giovanile alle idee socialiste. Matteotti infatti viene eletto in parlamento già nel 1919 nelle fila del PSI. Nel 1922 viene espulso e aderirà al PSU (Partito Socialista Unitario).



Pur non avendo combattuto durante la Resistenza Matteotti sarà il nome con cui verranno ribattezzate tutte le brigate di ispirazione socialista, differenziandosi dalle Garibaldi (di ispirazione comunista). La cosa non deve sorprendere perché Matteotti è stato l’antesignano della lotta partigiana. E la sua morte è il primo segno tangibile del carattere autoritario e terribile del fascismo. Lo stesso Mussolini a proposito dell’assassinio del deputato socialista dirà: ” Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto.” (Benito Mussolini, discorso alla Camera, 3 gennaio 1925).
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4 years ago
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Frequenze Partigiane
Puntata 10: Renato Giorgi





“Io sottoscritto Parroco di questa parrocchia scomunico dalla Chiesa le seguenti persone: Giorgi Renato, Cheli Mario, Paselli Cecilia, Pellegrini Giorgio, Coralli Mario, Finocchi Franco, Mazzini Attilio, e la maledizione di Dio li accompagni per tutta la vita.” (Don Dario Zanini, 17 Febbraio 1963 tratto da Sasso Marconi – cronache di allora e di dopo, di R. Giorgi)



Non capita spesso che un sindaco e l’intera sua maggioranza comunale vengano scomunicati e maledetti dal parroco del paese. Ma a Sasso Marconi, nel clima di guerra fredda post 1945 è successo anche questo. Viene da chiedersi che tipo fosse questo “maledetto” Renato Giorgi. Un diavolo d’uomo, visto il trattamento riservatogli dal prete!



Per la verità si può dire che Renato Giorgi più che diavolo fu “Angelo”, non nel senso religioso del termine ma per il suo nome di battaglia, in qualità di partigiano. Renato detto “Angelo” fu infatti un partigiano e militò nelle brigate Giustizia e Libertà nella zona di Castel d’Aiano. Collaborò anche con Mario Ricci nella Repubblica di Montefiorino, nel modenese.



Dopo la guerra continuò il suo impegno politico nel PSI, diventando sindaco del Comune di Sasso Marconi nel 1956 e poi ancora nel 1960. Laureato in storia e filosofia, al suo impegno politico affiancò un’intensa attività letteraria pubblicando diverse opere sulla Resistenza e non solo. Sicuramente il più celebre è “Marzabotto parla”, prima opera dedicata all’eccidio di Monte Sole.



Un gesto che forse può servire ad inquadrare la personalità di Giorgi è il rifiuto (ben due volte) che oppose al ricevimento della medaglia d’oro al valor militare, accetterà poi solamente la medaglia d’argento perché ha sempre sostenuto che quella d’oro fosse da riservare solamente ai caduti. Niente male, per un diavolo d’uomo!



Alla sua memoria sono dedicate una sala comunale, una via ed un premio letterario.








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4 years ago
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Frequenze Partigiane
Puntata 9: Live Giorno della memoria 2016





Il giorno della memoria è un giorno particolare. Creare un evento per questa occasione in un luogo “storico” come può essere un rifugio antiaereo è ancora più particolare.



La prima puntata live di Frequenze Partigiane si è svolta nel rifugio antiaereo di Bazzano, un luogo storico che però pochi cittadini hanno avuto l’occasione di visitare.



Al suo interno abbiamo dato vita ad un viaggio nelle memoria. Anche se sarebbe più corretto parlare di memorie. Quelle legate al rifugio, quelle legate alla persecuzione degli ebrei a Bazzano e quelle legate ad alcuni cittadini bazzanesi che lottarono contro il fascismo.




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4 years ago
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Puntata 8: Carlos Collado Martinez





9813 sono i chilometri che separano Italia da Costarica. Se sono tanti ora direi che lo erano altrettanto negli anni ’40 del secolo scorso, anni in cui non tutti potevano fare viaggi così lunghi.



Eppure il giovane Carlos li affrontò quei chilometri, per studiare medicina in una delle più antiche università del mondo. Carlos Collado infatti si laurea nel 1944 presso l’ateneo bolognese. Dopo però, invece di fuggire dalla guerra, decide di rimanere per combattere contro i nazifascisti.



Così un giovane medico costaricense entra a far parte di una brigata partigiana (la Bolero) che era composta da italiani ma anche sovietici, viene da pensare a come riuscissero anche solo a capirsi, in quel guazzabuglio di lingue e provenienze! Evidentemente trovarono un modo perché la brigata ingrossò le sue file e diede filo da torcere ai nazifascisti. Ma la reazione non tardò ad arrivare..



Durante la battaglia di Rasiglio, una collina sopra Sasso Marconi, Collado ed altri furono catturati e poi barbaramente trucidati nel terribile episodio dell’eccidio del cavalcavia di Casalecchio di Reno.



La strada che porta il suo nome a Casalecchio è una piccola stradina pedonale stretta tra la Porrettana e il canale fluviale del Reno.




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4 years ago
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Frequenze Partigiane
Puntata 7: Hans e Sophie Scholl





“Credo di aver fatto la miglior cosa per il mio popolo e per tutti gli uomini. Non mi pento di nulla e mi assumo la pena!” Sophie Scholl, 22 febbraio 1943.



I fratelli Scholl sono il volto giovane e fiero della resistenza tedesca. Una resistenza magari meno conosciuta ed organizzata di quella italiana, ma comunque importante e capace di insediare seriamente il dominio nazista.



In una nazione tutt’altro che capitolata, dove non era avvenuto sicuramente qualcosa di lontanamente paragonabile al nostro 8 settembre, il nazismo era imperante ed ancora le notizie delle grandi disfatte oltre confine faticavano a farsi strada tra la gente.



Per questo l’esempio di Hans e Sophie Scholl è importantissimo per farci capire che c’era anche un’altra Germania! Una Germania che si opponeva ad Hitler e che sognava un paese libero.



I fratelli Scholl organizzarono il gruppo denominato “La rosa bianca” che fu un’organizzazione antinazista di ispirazione cattolica. L’esperienza di Hans e Sophie ci fa capire che la Resistenza a nazismo e fascismo è stata fatta anche da posizioni non così fortemente connotate ideologicamente e politicamente. Una resistenza diversa, che partiva dalla difesa dei valori cristiani fondamentali come pace e fratellanza.



Per approfondire la loro storia oltre al bel libro di Newborn e Dumbach, “Storia di Sophie Scholl e della Rosa Bianca” vi suggeriamo anche il film “La Rosa Bianca – Sophie Scholl” di Marc Rothemund.
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4 years ago
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Frequenze Partigiane
Puntata 6: Fratelli Cervi





“Dopo un raccolto ne viene un altro” Alcide Cervi, 25 Ottobre 1945.







Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore.



La storia dei Fratelli Cervi è patrimonio dell’intero movimento antifascista. Una famiglia, quella dei Cervi, che ha pagato un prezzo altissimo per il proprio impegno antifascista e che nonostante questo è andata avanti, testimoniando col proprio sacrificio prima la lotta contro il fascismo e dopo l’impegno per la memoria. Perché dopo la morte dei 7 fratelli è Alcide a dare un volto alla Resistenza, non solo reggiana.



Un volto scavato e sofferente come può esserlo quello di un padre costretto a seppellire i propri sette figli, ma comunque deciso ad andare avanti per custodire quella memoria. Perché consegnare all’oblio quella storia sarebbe come uccidere una seconda volta quei poveri ragazzi.



L’impegno di Alcide quindi è quello di rimanere a Campegine, in quella casa ormai vuota che però rappresenta l’ultimo ricordo di quei figli. Il ricordo dei mille patimenti subiti prima ma anche dopo, come quando nel 1944 i fascisti incendiarono la casa.



La forza di Alcide però è anche quel ricordo dei 7 fratelli che, il 25 luglio 1943, festeggiarono la caduta di Mussolini invitando i propri compaesani a mangiare la pastasciutta.



Ai fratelli Cervi, giustiziati al poligono di tiro di Reggio Emilia il 28 dicembre ’43 sono state dedicate canzoni, libri, film e rappresentazioni teatrali ma forse il brano che riassume meglio la loro storia è “la pianura dei sette fratelli” dei Gang:



“Sette uomini sette sette ferite e sette solchiCi disse la pianura i figli di Alcide non sono mai morti“








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4 years ago
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Frequenze Partigiane
Puntata 5: Brigata Bolero





“Viva l’Italia!”



Corrado Masetti, 30 ottobre 1944.



1.548, 242 e 69. I numeri della brigata Garibaldi Bolero: il primo riguarda il numero degli effettivi, il secondo i caduti ed il terzo i feriti. Dietro questi freddi numeri c’è la storia di chi si è sacrificato per la liberazione del nostro paese.



La brigata Bolero prende il nome dal suo comandante Corrado “Bolero” Masetti, operaio e organizzatore dei primi nuclei di antifascisti nel territorio di Casalecchio. In breve la brigata ingrossò le sue fila organizzando i disertori tedeschi ed ex prigionieri sovietici. Perfino uno studente del Costarica!



Il più grande insegnamento della Bolero forse è tutto qui. Quei giovani, provenienti da paesi diversi ci hanno dimostrato sul campo che la lotta di liberazione non ha nazionalità perché la libertà è un diritto fondamentale di ogni donna ed ogni uomo.








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4 years ago
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Puntata 4: Lorenzo Giusti





“Una sola cosa ho odiato e combattuto: l’ingiustizia”.



Lorenzo Giusti (Gennaio 1962)



La storia di Lorenzo Giusti parla di binari.



Perché Lorenzo Giusti è stato un ferroviere, ma soprattutto perché Lorenzo Giusti durante la sua vita si è trovato davanti a diversi crocevia. E quando ha dovuto scegliere ha scelto sempre la strada più dura, perché era convinto che valesse la pena combattere per le proprie idee, combattere contro l’ingiustizia.



La vita di Giusti sarebbe da film se si pensa a quante ne ha passate e dove è arrivato. Il ferroviere anarchico che entra nel primo sindacato dei ferrovieri (SFI) e con questo partecipa alle prime mobilitazioni dei lavoratori organizzati. Iniziative estreme ed eroiche come lo potevano essere quelle dei primi sindacati negli anni venti, in Italia.



L’agitatore anarchico che – perseguitato dal regime fascista – è costretto a prendere la strada dell’esilio.



L’esiliato che partecipa alla guerra di Spagna in quella battaglia campale che passerà alla storia come “la battaglia del Monte Pelato” assieme a figure storiche come quelle dei fratelli Rosselli o Camillo Berneri.



Il vecchio reduce che poi torna in patria per combattere il fascismo.



E poi l’anarchico che entra in consiglio comunale, diventando assessore nella prima giunta della città di Bologna, finalmente libera! Il Giusti assessore alla polizia municipale, impegnato nei problemi del traffico e del decoro urbano.



Morirà una mattina di gennaio del ’62 dentro una sezione socialista.



Stava scrivendo una lettera di commiato ai suoi compagni, una lettera che non è riuscito a terminare che conteneva  la frase di cui sopra, una dichiarazione d’intenti del vecchio combattente che suonava anche come un monito per i giovani compagni: L’ODIO PER L’INGIUSTIZIA.  
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Puntata 3: Mario Musolesi





Se passate da Marzabotto vi suggeriamo di fare un salto a Monte Sole. Un luogo dove la natura incontra la storia. Perché qui la storia è passata davvero, purtroppo lasciando cicatrici indelebili.



Se avete voglia, oltre che fermarvi al Poggiolo, col suo bel pratone (teatro di uno dei 25 Aprile più belli d’Italia) potreste anche salire fino a Caprara e da lì prendere un sentiero che vi porta dritto ad un cippo, in mezzo al bosco. Lì una grande stella rossa ricorda la brigata che combatté a Monte Sole: la brigata Stella Rossa. Nel cippo una scritta inneggia al comandante della brigata: Mario Musolesi detto Lupo.



Impossibile scindere il nome del comandante Lupo da quello della sua brigata, tant’è che la denominazione sarebbe appunto Stella Rossa – Lupo (poi Leone). Una figura quindi centrale della Resistenza bolognese, forse anche troppo ingombrante per alcuni, al punto che effettivamente nella memorialistica resistenziale non vi sono particolari tracce della sua storia.



Mario Musolesi fu un partigiano atipico, per così dire, legato profondamente alla sua terra ed alle sue genti (era originario di Monzuno) . Dopo l’8 Settembre 1943 come tanti si ritrovò a scegliere tra adesione alla RSI e lotta partigiana. Un episodio che spiega bene il temperamento del Lupo è rappresentato dalla proposta del (tristemente) famoso Renato Tartarotti, caporione fascista di Bologna, che nell’ottobre del ’43 offrì proprio al Lupo la reggenza del “rinato” fascio di Vado. Musolesi rifiutò con decisione. In realtà aveva già preso parte agli scontri di Porta San Paolo a Roma ed aveva già preso (in cuor suo) la decisione di lottare per la liberazione. Di lì a poco si costituì il primo nucleo della brigata Stella Rossa.



Una brigata legata in maniera indissolubile alla personalità del proprio comandante: determinato, fiero e forte. Altra peculiarità del Lupo era la totale avversione per i commissari politici. Un’avversione che in alcuni casi sfociò in aperta ostilità con commissari politici che furono costretti a tornare al CUMER perché il Lupo non li voleva. Il pragmatismo – da buon montanaro – della guerra non dava spazio a considerazioni ideali, “la politica la faremo dopo, prima bisogna liberarsi dei fascisti”.



LA sua intransigenza rispetto alle scelte strategiche fu anche causa di problemi, si pensi alla frattura tra Musolesi ed il gruppo di “Sugano” Melchiorri, oppure anche alla testardaggine con cui il Lupo decise di rimanere a Monte Sole anche quando sarebbe stato meglio abbandonare la zona per evitare di essere accerchiato dai nazifascisti cosa che poi avvenne.



La storia del Lupo quindi, è legata a doppio filo a Monte Sole e francamente non potrebbe essere altrimenti.
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4 years ago
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Frequenze Partigiane
Per fare incontrare passato e presente pensiamo che si possa partire dal concreto di una via, una piazza, che ricorda una persona ed un fatto storico accaduto. Il racconto parte da qui e si dipana come un incontro, anche fisico con le testimonianze che quel determinato luogo richiama. Il progetto radiofonico è quindi una raccolta di luoghi e fatti che tiene insieme la cornice di fondo, ovvero la storia della Resistenza.