Nella nuova puntata di “Duemila Secondi”, il podcast di ANTIMAFIADuemila, Jamil El Sadi e Luca Grossi affrontano due vicende simbolo del potere e della corruzione in Italia e all’estero: l’inchiesta su Salvatore Cuffaro e l’arresto in Libia del torturatore Ossama Almasri.Al centro dell’indagine della procura di Palermo c’è l’ex presidente della Regione Sicilia, già condannato per favoreggiamento a Cosa nostra. Secondo gli inquirenti, Cuffaro sarebbe stato “il regista di un’associazione a delinquere” capace di pilotare appalti e concorsi pubblici per tornare in politica e, forse, puntare di nuovo alla presidenza della Regione.“Non era lui a cercare le persone, ma le persone a cercare lui – spiegano i redattori –. È il simbolo di una politica che non muore mai, un catalizzatore di potere che continua a influenzare la scena siciliana”.Dopo la scarcerazione, Cuffaro ha fondato la Nuova Democrazia Cristiana, conquistando seggi in diversi comuni e sostenendo, insieme a Dell’Utri, la candidatura di Roberto La Galla a sindaco di Palermo. “È la prova – aggiungono El Sadi e Grossi – di una politica malata che si perpetua a discapito dei cittadini”.La puntata affronta poi l’arresto di Ossama Almasri, ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e rimpatriato dall’Italia a gennaio. Secondo l’avvocato Li Gotti, dovesse parlare Almasri, potrebbero emergere che ha avuto (forse) con il governo italiano. “Abbiamo un governo che si fa beffa del diritto – commentano i giornalisti –. È un insulto per un Paese che ospitò lo Statuto di Roma”.In chiusura, spazio alle audizioni del conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, dopo l’attentato subito il 16 ottobre: un’audizione “imbarazzante” in cui il giornalista, da testimone, è diventato inquisito.Un quadro che, secondo Duemila Secondi, mostra ancora una volta quanto la politica italiana fatichi a separare potere, giustizia e verità.
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Ospite al tavolo del podcast di ANTIMAFIADuemila è Mariangela Di Gangi, educatrice, Consigliera Comunale eletta come civica – da poco passata ai Dem – e componente della Commissione Bilancio del Comune di Palermo.Molti i temi affrontati insieme: dall’omicidio Taormina alla percezione di paura e insicurezza in città; dalle zone rosse all’assenza delle istituzioni; dalla richiesta – assurda – di schierare l’esercito per “dare sicurezza”, fino alla mancanza di prospettive da parte della Politica per i quartieri e di spazi di inclusione.Nel corso dell’intervista, Di Gangi ha raccontato di avere avuto due grandi maestri: Rita Borsellino e il quartiere Zen di Palermo, dove ha operato per oltre dieci anni come presidente del Laboratorio Zen Insieme.Due esperienze apparentemente lontane – l’antimafia e la politica – che in lei si sono intrecciate in un unico impegno civile e sociale: la difesa delle istanze dei quartieri, il diritto alla casa, al reddito e all’istruzione, e la promozione di politiche inclusive capaci di abbattere pregiudizi e stigma ai margini della città.
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Nuova puntata di “Duemila Secondi”. Sul tavolo del podcast diversi temi che hanno dominato le prime pagine dei quotidiani: dalla svolta nell’inchiesta sull’omicidio di Piersanti Mattarella, con l’arresto dell’ex funzionario della Squadra Mobile di Palermo Filippo Piritore, accusato di aver depistato le indagini, fino al vertice mancato di Budapest tra Donald Trump e Vladimir Putin.Partiamo da Palermo. La novità giudiziaria riapre un vecchio interrogativo: già nel 2018 la procura aveva individuato un elemento mancante nell’auto dei killer, un guanto di pelle marrone. Secondo le carte, Piritore ne sarebbe entrato in possesso. Il guanto, preziosissimo sotto il punto di vista investigativo, è poi sparito nel nulla. Un dettaglio tutt’altro che secondario: quel reperto, analizzato oggi con le moderne tecniche del DNA, avrebbe potuto rivelare l’identità di chi ha guidato l’auto usata dai sicari o di addirittura di chi ha sparato. L’inchiesta riguarda due esponenti mafiosi di primo piano, Nino Madonia e Giuseppe Lucchese, già coinvolti insieme ai due ex Nar Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini, poi assolti nel 1995.Lo stesso Giovanni Falcone, ascoltato in Commissione Antimafia, spiegò che si tratta di indagini complesse, perché occorre capire quanto la pista nera si intrecci con quella mafiosa — o viceversa.Sul fronte internazionale, intanto, “il partito della guerra” sembra aver vinto ancora. La Russia chiede una neutralità dell’Ucraina e una progressiva demilitarizzazione del Paese, sostenendo che uno Stato ai confini di Mosca non possa essere inondato di armi occidentali. Richieste incompatibili con il “cessate il fuoco senza condizioni” invocato da Zelensky e dall’Europa.Donald Trump, dopo aver invitato Zelensky a rivedere le sue posizioni massimaliste, ha cambiato rotta: ora chiede a Putin di fermarsi sulla linea attuale del fronte, la stessa posizione sostenuta da Kiev e dai Paesi “volenterosi”. Ne è seguita una telefonata tesa tra il segretario di Stato Marco Rubio e il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov.Trump appare come una pedina impazzita, stretto tra chi lo spinge alla guerra e chi cerca un compromesso. Molti nel suo entourage credono che Mosca possa essere “riportata alla ragione” solo con sanzioni e pressione militare. Il giorno dell’annuncio del vertice tra Trump e Putin, i titoli delle principali aziende belliche europee sono crollati, risalendo subito dopo l’annullamento dell’incontro.
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“È un attentato, anche se rudimentale, che ci riporta indietro di 30 anni. Ai tempi dell’autobomba a Maurizio Costanzo, e a quella di Daphne Caruana Galizia.” Così Jamil El Sadi, redattore di ANTIMAFIADuemila, commenta nel podcast “Duemila Secondi” l’esplosione avvenuta davanti casa di Sigfrido Ranucci, conduttore di Report. Un episodio che, sottolinea El Sadi, non è solo un fatto di cronaca nera, ma un chiaro segnale di minaccia all’indipendenza del giornalismo investigativo. “Non è solo l’albero, l’attentato. Dobbiamo guardare il bosco: è il clima. Un contesto di delegittimazione sistematica verso il giornalismo d’inchiesta, costruito negli ultimi anni da pezzi importanti della politica di governo.” Il riferimento è alle querele temerarie, gli attacchi personali, le campagne di discredito. “Quando non possono ucciderti fisicamente, provano a farlo con la delegittimazione”, continua. “Si colpisce l’inchiesta non nel merito, ma screditando chi la firma. È successo con Fanpage, è successo con Saviano, accade con chiunque provi a raccontare il potere con onestà.” Il giornalismo, conclude, “è un faro. E come diceva il Washington Post, la democrazia muore nell’oscurità. Oggi serve una legge vera contro le querele temerarie. E serve subito”. Mentre in Italia si accendono le sirene per la libertà di stampa, a Washington si gioca una partita altrettanto delicata: la prosecuzione - o la fine - della guerra in Ucraina. Al centro del vertice tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, i missili Tomahawk, armi a lungo raggio capaci di colpire fino a 2.500 km di distanza. Potenzialmente, Mosca inclusa. Del tema ne ha parlato Francesco Ciotti. Secondo il giornalista Ciotti, “i Tomahawk rappresentano un salto quantico nella guerra. L’Ucraina potrebbe colpire fino a 1950 siti militari russi. Sono missili dual use: possono portare testate convenzionali, ma anche nucleari.” Eppure, l’incontro non è andato come Zelensky sperava. Trump, reduce da una telefonata di due ore e mezza con Putin, ha mostrato poco entusiasmo per la cessione dei missili: “Non possiamo esaurire le nostre scorte”, ha dichiarato con la consueta ambiguità, mentre Zelensky, documento alla mano, sperava in un via libera che non è arrivato. “È l’ennesimo schiaffo diplomatico a Zelensky”, commenta Ciotti. “Un mese fa Trump gli diceva che avrebbe potuto riconquistare tutti i territori. Oggi lo rimette al suo posto, dicendogli, di fatto, che deve trattare con Putin.”
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La sinistra italiana "più fondamentalista di Hamas"; le parole contro Maurizio Landini, Francesca Albanese, Greta Thunberg e l'iniziativa della Flotilla per minimizzare quanto avvenuto le scorse settimane (con due milioni di italiani scesi in piazza contro il Genocidio dei Palestinesi). E' il volto arrogante dei nostri governanti che, a chiusura della campagna elettorale delle regionali in Toscana, non perde l'occasione per tessere le lodi del presidente Usa, Donald Trump. Ma cosa c'è dietro l'accordo raggiunto tra Israele ed Hamas? Può bastare il "cessate il fuoco" e lo scambio di ostaggi per parlare di "pace raggiunta"?Quale sarà ora il futuro della Palestina? In qualche modo tutto ciò potrà influire anche sul conflitto russo-ucraino? Ne abbiamo discusso in questa nuova puntata di "Duemila Secondi" con Aaron Pettinari, Luca Grossi e Francesco Ciotti. Nel corso della puntata si è parlato anche del caso Almasri, con la Camera ha votato contro la richiesta di autorizzazione a procedere avanzata dalla procura di Roma nei confronti dell sottosegretario Alfredo Mantovano e dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, e del voto imminente per la nuova legge sul conflitto di interessi per allontanare dalla Commissione parlamentare antimafia gli ex magistrati Roberto Scarpinato e Federico Cafiero de Raho.
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Torna "Duemila Secondi", il podcast che commenta la rassegna stampa di ANTIMAFIADuemila. Dopo il grande successo della prima stagione, si torna con un commento sulle manifestazioni e gli scioperi per la Palestina che in questi giorni hanno interessato l'Italia. Da Milano a Torino, da Genova a Venezia, da Roma a Napoli per poi arrivare a Palermo. Insomma, oltre 2milioni di persone che negli ultimi 2 giorni sono scesi in strada, senza considerare la manifestazione nazionale odierna alla Capitale che ha superato il milione e mezzo di persone.
Nel corso della puntata Aaron Pettinari, Jamil El Sadi e Francesco Ciotti hanno anche commentato le ultime dichiarazioni di Meloni e Tajani in merito alla Global Sumud Flotilla, intercettata in acque internazionali dall'esercito israeliano.
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Nuova puntata di “Duemila Secondi”. Al centro del podcast, il nuovo allarme sulla sicurezza dei testimoni di giustizia, ancora una volta esposti al rischio di ritorsioni da parte dei mafiosi denunciati. La denuncia, tra gli altri, è arrivata da Ignazio Cutrò e riguarda una nota del Servizio centrale di protezione: le amministrazioni presso cui lavorano decine di testimoni siciliani — trasferiti per motivi di sicurezza — dovranno comunicare alla Regione Sicilia dati personali, inclusa la residenza protetta, concessa proprio per garantirne l’incolumità.“Viene meno il ruolo del Servizio centrale di protezione nella gestione del rapporto di lavoro e nelle comunicazioni interne”, spiega Aaron Pettinari, caporedattore di ANTIMAFIADuemila. “Il rischio è che dati sensibili finiscano in mano a funzionari ordinari, esponendo i testimoni a possibili fughe di notizie. E questa situazione riguarda anche i collaboratori di giustizia”. Pettinari avverte: “Così si disincentiva la collaborazione con la giustizia. Avremo sempre meno testimoni, meno denunce, meno aiuto alle indagini. Il messaggio è devastante”.Nel podcast si parla anche del trasferimento nelle carceri sarde di 92 detenuti al 41-bis e del documento dell’ANM del 1994, in cui l’attuale ministro Carlo Nordio si dichiarava contrario alla separazione delle carriere. “Nordio dovrebbe fare pace con sé stesso”, commenta Pettinari, ricordando che proprio il Guardasigilli ha firmato la recente riforma approvata dal Senato.Spazio anche alla politica estera: Emmanuel Macron ha annunciato il riconoscimento della Palestina da parte della Francia. “Una decisione importante ma simbolica, è più uno specchietto per le allodole. Per aiutare davvero servirebbero azioni concrete, come l’invio massiccio di aiuti umanitari via mare a bordo di navi militari per rompere il blocco su Gaza”, dicono i redattori.Infine, i colloqui tra delegazioni russa e ucraina a Istanbul, limitati allo scambio di prigionieri e salme. “Non si parla più di pace, le posizioni sono inconciliabili”, dice Francesco Ciotti. “E intanto l’Europa si prepara alla guerra”. Sullo sfondo, Donald Trump, alle prese con il caso Epstein: “Tra affari e scandali, si comporta da buffone di corte, smentendo le promesse di pace fatte in campagna elettorale. E oggi il mondo è più infuocato che mai”. "Duemila Secondi" tornerà dopo la pausa estiva. Restate connessi e buone vacanze!
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La questione morale dopo l'inchiesta di Milano che colpisce il Comune di Milano, la memoria di via d'Amelio, la ricerca della verità sulle stragi di Stato, il Sistema di Potere che accompagna la storia della nostra Repubblica. Sono solo alcuni degli argomenti affrontati nella 23esima puntata del podcast di ANTIMAFIADuemila, "Duemila Secondi". Ospite speciale è l'ex magistrato ed ex sindaco di Napoli, Luigi de Magistris oggi impegnato come giurista, scrittore, docente, politico e attore di teatro civile. "Siamo nella fase in cui i poteri occulti stanno emergendo - dice de Magistris - Dalle fogne vanno verso la strada. Noi abbiamo un piano di rinascita come quello di Licio Gelli che fu definito come piano eversivo dell'ordine costituzionale. Se leggiamo oggi quei punti vengono discussi a Montecitorio, a palazzo Madama e a palazzo Chigi. Basta ricordare quali sono. Stiamo all'emersione e alla legittimazione di una certa criminalità istituzionale". De Magistris ha poi ripercorso la forte campagna di delegittimazione che ha subito e che di fatto lo ha costretto ad abbandonare il proprio ruolo in magistratura. "Il primo caso più eclatante di neutralizzazione di uno o più servitori della Repubblica non attraverso pistole, mitragliatrici e bombe, ma attraverso le carte bollate, proiettili istituzionali e legalità formale". L'ex sindaco di Napoli guarda comunque al futuro con ottimismo invitando i cittadini a prendere posizione in particolare per attirare i principi della Costituzione nel momento che "all'articolo tre secondo comma dice che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli. Dobbiamo rimuovere gli ostacoli in maniera pacifica, non violenta in maniera culturale e costituzionalmente orientata. Chi è la Repubblica? Siamo noi. Ricordiamolo sempre e rimuovere è un verbo di militanza, quindi è un inno contro l'indifferenza".
Le intimidazioni alla relatrice speciale ONU Francesca Albanese, il caso Almasri e poi ancora il respingimento di Piantedosi dalla Libia e la strage di Brescia. Insomma, tanti i temi sul tavolo del podcast "Duemila Secondi". Karim El Sadi, Luca Grossi e Jamil El Sadi hanno ricostruito alcune delle notizie principali della cronaca italiana e internazionale.
Nei giorni scorsi gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni a Francesca Albanese, Relatrice speciale delle Nazioni Unite sul Territorio palestinese occupato, accusandola di aver collaborato con la Corte penale internazionale nei procedimenti contro cittadini statunitensi e israeliani. Alla notizia Albanese ha replicato che non avrebbe fatto un passo indietro, accusando gli USA di porre in essere intimidazioni mafiose. Molte le organizzazioni, anche internazionali, che si sono espresse in sua difesa: dall'Onu ad Amnesty International, passando per l'Ue e alcuni governi. Non quello italiano, che invece è rimasto "incastrato" con la Libia.
Il Guardasigilli, Carlo Nordio, in questi giorni ha tentato il tutto per tutto per rimediare allo squarcio che si è aperto sul caso del rilascio del torturatore libico Osama Almasri. Il suo ministero, secondo le ricostruzioni giornalistiche, avrebbe agito con colpevole inerzia dopo il suo arresto, avvenuto a Torino il 19 gennaio su mandato della Corte penale internazionale, che lo accusa di gravi crimini come omicidio, tortura, stupro e altri pesanti reati contro l’umanità.
Come se non bastasse, all'esecutivo è arrivata poi la "grana" del respingimento del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, assieme all'omologo maltese, ByronCamilleri, e greco ThanosPlevris, insieme al commissario europeo MagnusBrunner, dalla Cirenaica, dichiarati “indesiderabili”. Un fatto dietro al quale vi sono molte interpretazioni ma che sicuramente denotano un possibile cambio di approccio tra Bengasi e Roma.
E infine, la strage di Brescia. Ultimo degli argomenti affrontati riguarda la bomba che il 28 maggio 1974 causo 8 vittime. Un processo ancora in corso, l'ultimo di una lunga serie, dal quale stanno emergendo nuovi scenari che legano 007 americani, Gladio e Ordine Nuovo.
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“L’agenda rossa è sicuramente in mano ai servizi segreti. È stata prelevata da loro. Bisognerebbe aprire un processo sulla sua sparizione”. Così Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo Borsellino, parla nel podcast Duemila Secondi di ANTIMAFIADuemila. “Quella agenda è la scatola nera della strage di via D’Amelio, e non solo di quella”, spiega, ricordando che Paolo vi annotava le sue indagini e gli appuntamenti più riservati. “Non se ne separava mai”.Secondo Salvatore, il processo sul furto dell’agenda potrebbe essere riaperto, poiché il carabiniere Arcangioli — filmato con la borsa subito dopo l’attentato — ha rinunciato alla prescrizione. “Il processo si potrebbe riaprire in qualsiasi momento”, ma non accade, accusa, “perché non si vuole far emergere la verità. Per questo l’agenda viene occultata”.Ricorda che Arcangioli fu assolto per furto in fase preliminare e il processo non ebbe mai un dibattimento.Nel corso dell’intervista condotta da Karim El Sadi e Aaron Pettinari, Borsellino ha anche criticato duramente l’esposizione della borsa del fratello in Parlamento, definendola “squallida”. Un gesto, sostiene, con cui il governo Meloni tenta di appropriarsi della memoria di Paolo. “La premier dice di ispirarsi a lui, ma sta facendo il contrario. Non basta sfilare davanti alla sua gigantografia per legittimare la propria azione politica”.Dure anche le parole contro Chiara Colosimo, presidente della Commissione antimafia, di cui “i familiari delle vittime di mafia e terrorismo avevano chiesto lo scioglimento prima ancora della nomina”, in seguito alla foto con il terrorista Cavallini. “Sta isolando via D’Amelio dalle altre stragi, indagando solo su quella, con una sentenza precostituita. Attribuisce l’accelerazione dell’attentato al dossier mafia-appalti, rilanciato anni dopo dal Ros”.Una tesi rivendicata per primo dall'ex generale dei carabinieri Mario Mori, vero "burattinaio" della Commissione, che ha dichiarato di voler vivere abbastanza “per vedere morire i miei nemici”. “Io sono sicuramente uno di questi, e glielo dichiaro a lettere maiuscole”, afferma Borsellino.
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Ospite dello speciale “Duemila Secondi”, la relatrice ONU per i territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, presenta a Palermo il suo libro “Quando il mondo dorme” (Rizzoli), che raccoglie la sua esperienza da giurista e osservatrice internazionale. “È una scatoletta con ago e filo - spiega - per comprendere ciò che si ignora sulla Palestina”.Al centro del colloquio, l’attuale situazione a Gaza: “Israele sta scrivendo una delle pagine più oscure del genocidio. I fatti parlano chiaro. Come sempre, il primo passo è la disumanizzazione: ridurre l’altro a una minaccia, privarlo dell’identità, colpevolizzare l’intero gruppo e isolarlo”. Un processo favorito - denuncia - anche dalla complicità dell’Occidente: “Giornali, politici e opinione pubblica hanno contribuito a normalizzare un linguaggio disumanizzante. Per anni le voci palestinesi sono state ignorate, a meno che non fossero validate da fonti esterne”.Secondo Albanese, Israele attua un colonialismo d’insediamento che sfocia nell’apartheid: “Per i popoli autoctoni, la terra è parte della propria identità. Lo sradicamento non si è mai fermato. I palestinesi sono vittime del sionismo, un’ideologia razzista. Ma anche gli israeliani ne subiscono le conseguenze: con la differenza che hanno libertà di scelta”.La relatrice ha appena consegnato all’ONU un rapporto sui legami tra occupazione e interessi economici: “Israele ha potuto mantenere l’occupazione grazie al sostegno di settori privati: industria militare, big tech, costruzioni, trasporti. Hanno tutti contribuito allo sfruttamento e allo sfollamento dei palestinesi”.Infine, un passaggio sull’Italia: “La posizione italiana riflette l’ambiguità dell’Occidente verso la Palestina”. E sulla soluzione: “Solo il diritto internazionale può fermare questo crimine. La legalità è l’antidoto. È una lezione universale che unisce Sicilia e Palestina. Continuerò finché il genocidio non sarà finito - conclude - e e poi assicurarmi che sia l’ultimo crimine che Israele commette contro i palestinesi".
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Nuova puntata speciale del podcast “Duemila Secondi”. In studio con i conduttori Karim El Sadi e Luca Grossi c’è Adham Darawsha, medico, ex assessore alla Cultura del Comune di Palermo e membro della comunità palestinese locale, rappresentata dall’associazione “Voci nel Silenzio”. Un dialogo intenso e carico di significato, che attraversa temi delicati e di stretta attualità: dal conflitto a Gaza, che Darawsha definisce senza esitazioni “un olocausto”, fino all'attacco israeliano contro l'Iran, passando per le dinamiche della lotta alla mafia in Sicilia, dove vive da 25 anni.
Durante l’intervista, Darawsha sottolinea la lunga ossessione del premier israeliano Benjamin Netanyahu per il nucleare iraniano: “Già nel 1992 parlava del pericolo rappresentato dall’Iran, quando il mondo guardava altrove, verso Saddam Hussein. All’epoca sembrava follia, oggi quelle idee sono diventate realtà di governo”. Secondo Darawsha, l’attacco israeliano all’Iran era già previsto nel momento stesso in cui è stato violato l’ultimo cessate il fuoco a Gaza. “Quando Gaza non si è piegata con le armi, Israele ha cambiato strategia: affamare la popolazione per ottenere lo stesso effetto, mentre preparava l’offensiva contro Teheran.”
Parole dure anche su Netanyahu, descritto come un leader che “ogni volta che fallisce, crea un nuovo disastro per distrarre e sopravvivere politicamente”, e su Israele, definito un Paese “bravissimo ad aprire guerre, ma che poi cerca sempre qualcun altro per chiuderle”. Darawsha evidenzia anche la resistenza dell’Iran, popolo con “quattromila anni di storia, cultura e dignità, che non accetterà mai di sottomettersi”.
Infine, forte critica alla posizione dell’Italia sul conflitto: “Il nostro governo non ha avuto il coraggio nemmeno di condannare ciò che accade a Gaza, mentre in altri Paesi sono stati proprio gli ebrei a levarsi contro questa violenza. Noi restiamo in silenzio. Eppure ciò che accade nel Mediterraneo ci riguarda direttamente: se l’Iran chiude lo stretto di Hormuz, salta il 28% del petrolio mondiale. Il prezzo lo pagheremo anche noi, in termini economici e politici. Le guerre volute da Netanyahu ci condurranno verso scenari ancora più pericolosi.”
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Nuova puntata di “Duemila Secondi”. Al centro del dibattito, la drammatica escalation militare tra Israele e Iran. L'attacco israeliano, mirato a impedire che Teheran completi lo sviluppo di un’arma nucleare, ha colpito installazioni strategiche, basi militari e aree civili, provocando quasi duecento vittime. In risposta, l’Iran ha lanciato un pesante contrattacco missilistico contro Tel Aviv e altre città israeliane: quattro i morti, oltre ottanta i feriti.“Netanyahu ha avuto un assaggio diretto delle capacità militari iraniane”, ha commentato il giornalista Francesco Ciotti. “Teheran possiede missili ipersonici che l’Occidente non ha, capaci di penetrare le difese israeliane. Gli attacchi della scorsa notte hanno mostrato tutta la vulnerabilità di Israele”.Ciotti ha poi ripercorso l’origine dell’escalation: “Siamo di fronte a un fatto di gravità inaudita. Ancora una volta la diplomazia è crollata, soprattutto in Occidente, dove un sistema dominato dal sionismo internazionale paralizza ogni tentativo di dialogo. In tutto questo, Trump appare come un burattino, ostaggio delle dinamiche israeliane”.Il giornalista ha ricordato che prima dell’operazione “Rising Lions”, l’ex presidente americano stava cercando un accordo sul nucleare con Teheran. “Le basi c’erano, i negoziati erano avviati. Ma Trump ha dimostrato di non essere in grado di gestire la situazione”, ha concluso.Secondo Ciotti, l’offensiva militare israeliana è arrivata in un momento critico per Netanyahu, alle prese con una crisi politica interna legata alla legge sulla coscrizione degli ultraortodossi. “Una guerra che di fatto gli ha salvato il governo”, ha sottolineato.Nel corso della puntata si è parlato anche dei nuovi sviluppi nelle indagini sugli omicidi politico-mafiosi di Michele Reina, Piersanti Mattarella e Antonino Scopelliti. A illustrarli è stato Luca Grossi, che ha evidenziato come l’impiego di tecnologie investigative all’avanguardia stia aprendo scenari inediti su quei delitti.
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Nuova puntata di “Duemila Secondi”. Sul tavolo del podcast, diversi temi rilevanti, a partire dal ritorno in libertà del pentito di mafia Giovanni Brusca. Per “’U verru” (il maiale), condannato per almeno un centinaio di omicidi — tra cui quello del piccolo Giuseppe Di Matteo — e per la strage di Capaci, sono scaduti i quattro anni di libertà vigilata concessi dopo la scarcerazione avvenuta nel 2021.
Una notizia che ha ferito e indignato i familiari delle vittime di mafia. “La loro rabbia è comprensibile – afferma Aaron Pettinari –. È una cosa impattante, difficile da accettare. Però bisogna guardare ai fatti. E i fatti sono che esiste una legge sui collaboratori di giustizia, voluta fortemente da Giovanni Falcone, che proprio Brusca uccise azionando il telecomando a Capaci. Questa legge è fondamentale, perché senza i collaboratori oggi non sapremmo praticamente nulla”, spiega il caporedattore di Antimafia Duemila.
“Grazie al contributo di Brusca – continua Pettinari – sono stati arrestati e condannati numerosi mafiosi ed emerse verità sconcertanti sulla trattativa Stato-mafia, sul ‘papello’ di Totò Riina e sui contatti tra Cosa Nostra e Forza Italia”. Tuttavia, precisa, “è vero che non sono ancora stati rintracciati tutti i beni di Brusca, così come di altri appartenenti al clan dei Corleonesi, ed è altrettanto vero che ci sono ancora aspetti della sua collaborazione da chiarire”.
Nel podcast si è discusso anche del Decreto Sicurezza, trasformato in legge dal Senato con 109 voti favorevoli, e del referendum dell’8 e 9 giugno su lavoro e cittadinanza, che secondo Jamil El Sadi “sarà un campo di battaglia in vista delle prossime elezioni”. El Sadi ha ricordato il tentativo di boicottaggio da parte del governo e persino del presidente del Senato: “Questo referendum – aggiunge – non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza. L’Italia è cambiata, è un Paese diverso, con gravi problemi strutturali, specialmente sul fronte del lavoro e della cittadinanza”, conclude sottolineando l’importanza dei cinque quesiti referendari su cui gli italiani saranno chiamati a esprimersi.
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Nuova puntata di “Duemila Secondi”. Sul tavolo la questione del Dl Sicurezza approvato alla Camera. Ora Enrico Costa chiede di escludere o fortemente limitare la custodia cautelare per gli indagati incensurati, soprattutto in relazione al rischio di reiterazione del reato. Un ordine del giorno accolto dal governo, mentre in alcune versioni più recenti degli atti è stata persino eliminata l’eccezione per i reati violenti o di grave allarme sociale.Abbiamo affrontato il caso del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, condannato a 8 mesi per rivelazione di segreto d’ufficio sul caso dell’anarchico Alfredo Cospito. Nelle motivazioni della sentenza, i giudici hanno ritenuto che la divulgazione di tali notizie abbia posto un concreto pericolo per la tutela e l’efficacia della prevenzione e repressione della criminalità.Poi ancora la questione Ucraina, con il cancelliere tedesco Friedrich Merz, che ha sottoscritto un pericoloso accordo per la produzione congiunta di armi a lungo raggio tra Berlino e Kiev, eliminando le restrizioni per attacchi in profondità nel territorio russo. Un’iniziativa che potrebbe entrare in rotta di collisione con la nuova “dottrina nucleare russa”. Provocazioni che arrivano mentre, con fatica e reciproche accuse tra Russia e Ucraina, c’è attesa per i risultati dei prossimi negoziati di Istanbul del 2 giugno.
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Nuova puntata di “Duemila Secondi”. Sul tavolo del podcast la polemica scoppiata in occasione del 33° anniversario della Strage di Capaci. Ieri si è tenuto a Palermo il corteo realizzato da diverse sigle cittadine per chiedere verità e giustizia sull’attentato e per condannare le condotte del governo in tema di lotta alla mafia. Il corteo avrebbe dovuto raggiungere l’Albero Falcone, dove la Fondazione diretta dalla sorella del giudice indice la celebrazione ufficiale, in tempo per il minuto di silenzio. “E così è stato”, ha commentato Jamil El Sadi, che è anche volontario di Our Voice (una delle associazioni organizzatrici del corteo).Eppure, quest’anno, il minuto di silenzio è stato anticipato, probabilmente per permettere agli esponenti delle istituzioni invitati sul palco di dileguarsi prima che il fiume di gente potesse contestarli una volta raggiunto l’Albero Falcone. “Un episodio gravissimo”, ha commentato Jamil El Sadi. “Sono fuggiti per fuggire da una verità”. Ovvero che quegli esponenti che si trovavano lì non sono degni di ricordare il magistrato e che il loro “è un esercizio di memoria sterile”.Durante la puntata si è parlato anche della guerra in Ucraina e del colloquio telefonico avvenuto nei giorni scorsi tra Donald Trump e Vladimir Putin. “Mentre Trump parla con Putin e cerca di organizzare le trattative per trovare un accordo, l’Europa risponde con le sanzioni a Mosca”, ha affermato Francesco Ciotti. “La situazione è di stallo”, ha spiegato il redattore di ANTIMAFIADuemila. “Da un lato Kiev e Bruxelles vogliono un cessate il fuoco incondizionato, dall’altro Mosca vuole il cessate il fuoco condizionato dalla cessazione di forniture militari all’Ucraina. Il divario tra Zelensky e Putin è per questo più abissale che mai”.E nel frattempo le persone continuano a morire. Proprio oggi, hanno ricordato i due redattori nel podcast, “è avvenuto uno dei bombardamenti russi più pesanti degli ultimi mesi”.
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Dall’impasse dei negoziati tra Russia e Ucraina in quel di Istanbul alle recenti audizioni in Commissione parlamentare antimafia degli ufficiali dei carabinieri Mario Mori e Giuseppe De Donno. In mezzo anche l’elezione come nuovo Pontefice di Papa Leone XIV. È su questi temi che si sviluppa la nuova puntata di Duemila Secondi, il podcast di ANTIMAFIADuemila.Il primo aspetto da registrare è il “fallimento” dei colloqui tra i due Paesi in guerra che allo stato hanno concordato solo lo scambio di prigionieri.“Nella conferenza stampa dopo l’incontro si è espressa soddisfazione da entrambe le parti – ha ricordato Francesco Ciotti – In realtà sono volate le sedie. Come abbiamo estrapolato da alcuni funzionari ucraini si è parlato di condizioni russe inammissibili, cioè il riconoscimento dei territori occupati come condizione per il cessate il fuoco, al no ricevuto, hanno detto che al prossimo colloquio si sarebbe discusso anche della quinta, Kharkov e Sumy”.A questo quadro si aggiunge poi l’impegno dei “Volenterosi” per il riarmo e soprattutto il sostegno militare a Kiev anche con l’invio di truppe. Un’idea quest’ultima che, a quanto sembra, non piace alla Premier Giorgia Meloni che non avrebbe partecipato all’incontro con gli altri leader Ue. L’Italia mantiene comunque il suo impegno di invio di armi, come dimostrato dall’ultima audizione del ministro della Difesa, Guido Crosetto al Copasir, per un valore di 3 miliardi.Sul fronte antimafia, invece, in settimana si è tenuta la nuova audizione davanti alla Commissione parlamentare antimafia del generale Mario Mori e del colonnello De Donno ed è stato chiarito una volta per tutte che non vi è alcun interesse ad andare oltre nella ricerca della verità sulle stragi degli anni Novanta.Sono state impedite domande importanti su fatti avvenuti tra il ‘93 ed il ‘94, non si è dato atto dei contenuti del documento depositato dai senatori del Movimento Cinque Stelle in cui si mettono in evidenza le contraddizioni e le distorsioni della realtà fin qui condotte dai due auditi, prima imputati e poi assolti nel processo sulla trattativa Stato-mafia.“È assurdo pensare che dietro le stragi vi sia solo la questione mafia-appalti – ha detto Aaron Pettinari – Via d’Amelio viene presa e scollegata da tutto ciò che è successo prima, come la strage di Capaci, e quello che avviene dopo, ovvero le stragi del 1993-1994. C’è poi il contesto storico del cambiamento politico. Mentre tutti i protagonisti dell’inchiesta mafia-appalti appartengono alla Prima Repubblica, e non alla Seconda”.
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Nuova puntata speciale di “Duemila Secondi”. All’indomani del 47° anniversario dell’omicidio mafioso di Peppino Impastato, il podcast di ANTIMAFIADuemila ospita Luisa Impastato, nipote dell’attivista ucciso e presidentessa dell’Associazione “Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato”. Una lunga conversazione con Karim e Jamil El Sadi per ricordare il militante antimafia assassinato a Cinisi il 9 maggio 1978. Nel corso dell’incontro, Luisa ha ricostruito l’impegno sociale di Peppino, parlando anche della propria esperienza personale e del suo percorso, sottolineando quanto le battaglie portate avanti dallo zio siano ancora oggi estremamente attuali: l’antimafia, la lotta contro la guerra e il fascismo, contro il nucleare, la difesa dell’ambiente e dei diritti civili, del lavoro, alla salute e all’istruzione. Temi che rendono Peppino un simbolo di lotta e impegno, in un tempo in cui non ci si può più permettere mezze misure.
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Nuova puntata speciale di Duemila Secondi. Ospite del podcast è Sonia Bongiovanni, fondatrice di Our Voice. Attrice, drammaturga e attivista, Bongiovanni ha raccontato ai nostri microfoni la nascita di questa associazione composta da artisti e attivisti, impegnati in battaglie sociali e nella produzione di spettacoli a tema, portati in scena nei teatri, nelle piazze e nelle scuole, sia in Italia che in America Latina.“Our Voice è un’organizzazione di promozione sociale con una dimensione internazionale”, spiega Bongiovanni. L’associazione ha infatti sedi in Italia e in Uruguay. “Nei territori in cui operiamo ci impegniamo attraverso la militanza politica, l’arte, il giornalismo indipendente e l’educazione. Uno dei nostri obiettivi principali è promuovere la solidarietà internazionalista, unendo diversi territori in resistenza. Cerchiamo di farlo dal 2013 ad oggi”.Tra i temi centrali dell’associazione ci sono l’antimilitarismo, l’antifascismo, la difesa dell’ambiente, il transfemminismo e l’antimafia. “L’antimafia internazionale è la lotta principale di Our Voice, il cuore della visione che portiamo avanti”, sottolinea Bongiovanni.L’ispirazione per il progetto arriva dall’esempio di Peppino Impastato. “L’idea di creare Our Voice è nata quando ero bambina. Insieme ad alcune compagne guardammo I Cento Passi e, in modo molto spontaneo, grazie alla figura di Peppino e alla sua militanza, nacque in noi il desiderio di dar vita a qualcosa di simile”.Oggi Sonia Bongiovanni vive a Montevideo, dove ha fondato Extasia, una compagnia artistica nata da una costola di Our Voice, che ha già portato in scena diversi spettacoli nella capitale uruguaiana.
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Nell'episodio n.12 di "Duemila Secondi" Karim El Sadi, Francesco Ciotti e Aaron Pettinari discutono del lascito di Papa Francesco e della Festa della Liberazione dal nazifascismo. Questa mattina si è celebrato il funerale di Bergoglio. Piazza San Pietro gremita di persone. Si stimano oltre 250 mila al suo interno, e 200mila lungo le vie di Roma, per l'ultimo saluto al Santo Padre. Presenti in Vaticano anche 166 tra capi di Stato e delegazioni internazionali. In questa puntata si è discusso del percorso tracciato da Francesco a favore della pace, dell'unione tra i popoli, per la tutela dell'ambiente e per l'apertura della Chiesa a tutti. Infine, il 25 aprile. Tantissime le manifestazioni per ricordare la lotta partigiana che 80 anni fa sconfisse il nazifascismo in Italia. Una giornata da festeggiare con "sobrietà", ha chiesto il ministro Musumeci, scatenando l'ira di molte organizzazioni, tra cui l'ANPI.
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