
Nuova puntata di “Duemila Secondi”. Sul tavolo del podcast diversi temi che hanno dominato le prime pagine dei quotidiani: dalla svolta nell’inchiesta sull’omicidio di Piersanti Mattarella, con l’arresto dell’ex funzionario della Squadra Mobile di Palermo Filippo Piritore, accusato di aver depistato le indagini, fino al vertice mancato di Budapest tra Donald Trump e Vladimir Putin.Partiamo da Palermo. La novità giudiziaria riapre un vecchio interrogativo: già nel 2018 la procura aveva individuato un elemento mancante nell’auto dei killer, un guanto di pelle marrone. Secondo le carte, Piritore ne sarebbe entrato in possesso. Il guanto, preziosissimo sotto il punto di vista investigativo, è poi sparito nel nulla. Un dettaglio tutt’altro che secondario: quel reperto, analizzato oggi con le moderne tecniche del DNA, avrebbe potuto rivelare l’identità di chi ha guidato l’auto usata dai sicari o di addirittura di chi ha sparato. L’inchiesta riguarda due esponenti mafiosi di primo piano, Nino Madonia e Giuseppe Lucchese, già coinvolti insieme ai due ex Nar Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini, poi assolti nel 1995.Lo stesso Giovanni Falcone, ascoltato in Commissione Antimafia, spiegò che si tratta di indagini complesse, perché occorre capire quanto la pista nera si intrecci con quella mafiosa — o viceversa.Sul fronte internazionale, intanto, “il partito della guerra” sembra aver vinto ancora. La Russia chiede una neutralità dell’Ucraina e una progressiva demilitarizzazione del Paese, sostenendo che uno Stato ai confini di Mosca non possa essere inondato di armi occidentali. Richieste incompatibili con il “cessate il fuoco senza condizioni” invocato da Zelensky e dall’Europa.Donald Trump, dopo aver invitato Zelensky a rivedere le sue posizioni massimaliste, ha cambiato rotta: ora chiede a Putin di fermarsi sulla linea attuale del fronte, la stessa posizione sostenuta da Kiev e dai Paesi “volenterosi”. Ne è seguita una telefonata tesa tra il segretario di Stato Marco Rubio e il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov.Trump appare come una pedina impazzita, stretto tra chi lo spinge alla guerra e chi cerca un compromesso. Molti nel suo entourage credono che Mosca possa essere “riportata alla ragione” solo con sanzioni e pressione militare. Il giorno dell’annuncio del vertice tra Trump e Putin, i titoli delle principali aziende belliche europee sono crollati, risalendo subito dopo l’annullamento dell’incontro.
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