Michele Ruol, autore per TerraRossa Edizioni di "Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia", ci parla di "Revolutionary Road" di Richard Yates.
Nella storia di Madre e di Padre ci sono degli avvenimenti che determinano un prima e un dopo. La nascita di Maggiore e poi quella di Minore, ad esempio, o l’incidente che li coinvolge, ma anche episodi apparentemente marginali dirottano le loro esistenze, come le nostre: delle mani che si sfiorano per caso e poi si trattengono appena più del dovuto, o l’apertura casuale di una chat altrui. In questo esordio luminoso e contundente, Michele Ruol ci conduce nell’intimità dei suoi personaggi attraverso le impronte lasciate sugli oggetti della casa in cui abitavano, riuscendo a farci continuamente ricredere sull’idea che ci siamo fatti su ciascuno di loro – e forse anche su quella che abbiamo di noi stessi.
Michele Ruol, di professione medico anestesista, scrive per il teatro e ha pubblicato racconti sulle riviste letterarie «Inutile» ed «Effe – Periodico di Altre Narratività», oltre che in raccolte a più voci, come "L’amore ai tempi dell’apocalisse" (Galaad), a cura di Paolo Zardi, e "Il Veneto del futuro" (Marsilio), a cura di Alessandro Zangrando. Il testo "Betulla", prodotto dal Piccolo Teatro di Milano per il podcast "Abbecedario per il mondo nuovo", è stato pubblicato nel libro omonimo edito da Il Saggiatore. "Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia" è il suo esordio come autore di narrativa.
Daniele Stern è un giovane collaboratore editoriale che viene incaricato di redigere una sintetica storia del romanzo del Novecento per una “Enciclopedia della Donna”. Un lavoro nel quale si getta a capofitto, cercando di tenere lontano il pensiero della moglie che lo ha lasciato
per un altro, e della quale è ancora innamorato, sebbene continui a essere molto attratto anche dai ragazzi. Assistiamo così alle sue scorribande senza meta, tra una pagina su Proust e una su Joyce, Kafka, Faulkner e gli altri autori che hanno rivoluzionato il romanzo moderno, mentre la tentazione di scriverne uno lui stesso si fa di giorno in giorno più forte.
Pubblicato nel 1985, "Il pantarèi" è un’opera metaletteraria
sulle inesauribili possibilità della scrittura, una risposta alla
domanda sulla morte del romanzo che già a quei tempi circolava con insistenza fra gli intellettuali, ma è anche una storia sull’instabilità sentimentale ed emotiva, sull’ambiguità dell’eros e la meravigliosa inafferrabilità della vita.
Ezio Sinigaglia (Milano, 1948) ha lavorato a lungo in ambito editoriale e pubblicitario. Ha esordito nel 1985 con "Il pantarèi", un metaromanzo sui classici del Novecento riproposto nel 2019 da TerraRossa, editore con il quale ha pubblicato anche "L’imitazion del vero", "Fifty-fifty. Warum e le avventure Conerotiche", "Fifty-fifty. Sant’Aram nel Regno di Marte" e "Sillabario all’incontrario", tutti scritti negli anni ’80-’90. Ha inoltre dato alle stampe "Eclissi" con Nutrimenti e "L’amore al fiume (e altri amori corti)" con Wojtek.
Enrico Macioci, autore per TerraRossa Edizioni di "L'estate breve", ci parla di "Il cammino del morto" di Larry McMurtry.
Il giovane protagonista è impacciato con le sue coetanee e disorientato dalla passione per la scrittura, ma ha una dote che coltiva con costanza e determinazione: sa giocare molto bene a calcio. Quando però nel suo quartiere arriva Michele, dovrà ridimensionare le ambizioni e ammettere che “il talento, come la vita, può sembrare un magnifico, drammatico capriccio. E forse lo è”. In questo romanzo di formazione malinconico e sincero, Macioci ci regala alcune pagine luminose sull’età di passaggio dall’infanzia all’adolescenza, sull’ascendente dei desideri sulle nostre esistenze, sulla suggestione dei ricordi.
Enrico Macioci è nato a L’Aquila nel 1975. Si è laureato prima in Giurisprudenza e poi in Lettere moderne. Ha esordito con "Terremoto" (Terre di mezzo, 2010), a cui sono seguiti "La dissoluzione familiare" (Indiana, 2012), "Lettera d’amore allo yeti" (Mondadori, 2017), "Tommaso e l’algebra del destino" (SEM, 2020), "Sfondate la porta ed entrate nella stanza buia" (TerraRossa, 2022). "L’estate breve" nasce da una riscrittura di "Breve storia del talento", pubblicato da Mondadori nel 2015.
Ezio Sinigaglia, autore per TerraRossa Edizioni di "Grave disordine con delitto e fuga", ci parla di "Il male oscuro" di Giuseppe Berto.
Un giovane manager di successo, colto e sicuro di sé, al cospetto di un incantevole fattorino adolescente, in grado di scardinare l’ordine esatto della sua vita con la semplice forza della bellezza: è questo lo spunto narrativo di un romanzo breve, in equilibrio fra commedia e noir, che consente a Ezio Sinigaglia di raccontare i rapporti di potere e le contorte dinamiche aziendali, le perversioni della morale e le sortite del destino, con la sua prosa armonica e irriverente, costante fonte di meraviglia per un numero sempre maggiore di critici e lettori che lo hanno eletto a classico riscoperto della letteratura del Novecento.
Ezio Sinigaglia (Milano, 1948) ha lavorato a lungo in ambito editoriale e pubblicitario. Ha esordito nel 1985 con "Il pantarèi", un metaromanzo sui classici del Novecento riproposto nel 2019 da TerraRossa, editore con il quale ha pubblicato anche "L’imitazion del vero", "Fifty-fifty. Warum e le avventure Conerotiche", "Fifty-fifty. Sant’Aram nel Regno di Marte" e "Sillabario all’incontrario", tutti scritti negli anni ’80-’90. Ha inoltre dato alle stampe "Eclissi" con Nutrimenti e "L’amore al fiume (e altri amori corti)" con Wojtek.
Osvaldo Capraro, autore per TerraRossa Edizioni di "Né padri né figli", ci parla di "Oltre il confine" di Cormac McCarthy.
Due storie che si incrociano, quella di Mino, ragazzo dall’infanzia problematica, e quella di don Paolo, viceparroco in forte crisi vocazionale; il primo ha la stoffa del calciatore, ma subisce il fascino degli ambienti criminali, il secondo è innamorato di una donna e cerca il coraggio per intraprendere una nuova vita. In un’opera dal ritmo sempre più incalzante e attraverso un doppio registro stilistico, Capraro ci racconta le parabole dei due protagonisti, sino all’impatto con una realtà molto diversa dalle loro aspettative. "Né padri né figli" è un romanzo duro e vero, tra i primi ad aver fatto i conti con l’universo criminale della Sacra Corona Unita, prima che il noir pugliese diventasse una moda; in questa nuova edizione il linguaggio diventa più espressivo e si accosta ancor più al parlato, acquisendo una nuova autenticità.
Osvaldo Capraro ha esordito con "Il pianeta delle isole rapite" (la meridiana) e nel 2006 ha vinto il Premio Città di Bari con la prima edizione e/o di "Né padri né figli"; è seguito il romanzo "Nessun altro mondo" (Stilo). Ha partecipato alle antologie "Qualcosa da dire. Voci da una Puglia migliore" (Kora), "Ogni maledetta domenica" (minimum fax) e "Meridione d’inchiostro. Racconti inediti di scrittori del Sud" (Stilo). Suoi articoli e racconti sono apparsi su «Lo Straniero» e «Nuovi Argomenti».
Filippo Tuena, autore per TerraRossa Edizioni di "Il volo dell'occasione", ci parla di "La peste" di Albert Camus.
Ci si può innamorare di una donna algida e suadente che sembra avere la stessa consistenza di un’apparizione? Nella Parigi degli anni ’90 sì e il narratore racconta la sua ossessione per Blanche e i tentativi di rompere il nefasto triangolo amoroso che la vede protagonista, l’accanimento nel ricostruire la sua storia e nel provare a prenderne parte. Tuena, con l’eleganza sorniona del suo stile, ci regala un racconto di passione e fantasmi, in cui la fuggevolezza del tempo e delle occasioni finisce per imporsi su ogni umano proposito e desiderio.
Filippo Tuena (Roma, 1953) ha vinto il Premio Grinzane Cavour con "Tutti i sognatori" (Fazi, 1999), il Premio Bagutta con "Le variazioni Reinach" (Rizzoli, 2005, poi Neri Pozza, 2015) e il Premio Viareggio con "Ultimo parallelo" (Rizzoli, 2007, poi il Saggiatore, 2021); è stato nella Cinquina finalista del Premio Campiello con "In cerca di Pan" (Nottetempo, 2023). "Il volo dell’occasione", ora riproposto da TerraRossa, era uscito con Longanesi nel 1994 e poi con Fazi nel 2004. Tra le sue opere recenti "Le galanti" (il Saggiatore, 2019) e "La voce della Sibilla" (il Saggiatore, 2022).
Claudia Lamma, autrice per TerraRossa Edizioni di "Jenny la Secca", ci parla de "Il continente bianco" di Andrea Tarabbia.
Trip torna dai suoi amici e si ritrova legato a una sedia, con un occhio nero e una gamba rotta. Ciascuno dei ragazzi di un tempo è dovuto scendere a compromessi, con gli altri e con se stesso, per trovare la propria strada: adesso sono tutti invischiati in un progetto criminoso più grande di loro. Intanto di Jenny sembrano essersi perse le tracce, ma non c’è da fidarsi: la Secca ormai è una donna che non mostra traccia della fragilità e della solitudine di un tempo. Ma si può esser certi di conoscere davvero coloro a cui siamo legati dalle stimmate e dalle estasi della giovinezza? Con una capacità inconsueta di intrecciare le vicende dei suoi personaggi, di mostrarceli mentre dialogano tra di loro e vivono le proprie esistenze, con uno stile magmatico e privo di manierismi, Claudia Lamma crea un romanzo corale che racconta le storie di un gruppo di ragazzi ormai diventati uomini attraverso un percorso che non fa sconti e non rispetta le regole: quello di ogni vita.
Claudia Lamma, classe ’74, è nata a Bologna dove si è diplomata al liceo Classico Caimani – quello di Jack Frusciante – per poi iscriversi al D.a.m.s., con la speranza di far decollare la carriera giornalistica avviata con «il Resto del Carlino». Nel ’96 ha avuto un brutto incidente e ha mollato baracca e burattini. Anche se negli ultimi tre lustri non ha mai smesso di scrivere, "Jenny la Secca" è il suo primo romanzo e ha vinto il concorso SpiritiLibri.
Cosimo Argentina, autore per TerraRossa Edizioni di "Il cadetto", ci parla di "Cuore di tenebra" di Joseph Conrad.
Leo sta per lasciare la sua città, Taranto, e gli amici di sempre per giocarsi la carta dell’Accademia a Modena. È un duro ed è un ribelle, per cui saprà tener testa alla violenza che permea le giornate da cadetto, ma quella vita non fa per lui. Tenterà di strappare una laurea in Giurisprudenza a Bari e poi di lavorare a Milano, sempre alla ricerca della sua sfuggente vocazione, ovunque capace di sodalizzare con i più deboli, con coloro che vivono ai margini per imposizione o per scelta. Il cadetto racconta cosa sia stato esser giovani a fine millennio, l’impossibilità di sottrarsi ai colpi bassi della vita così come ai suoi improvvisi doni, e in questa nuova edizione Argentina riesce a restituirci la crudeltà e l’ironia del suo esordio portandole sino in fondo.
Cosimo Argentina è originario di Taranto, ma da anni si è trasferito in Brianza. Ha esordito nel 1999 con Il cadetto pubblicato da Marsilio e arricchito e rinnovato in questa nuova edizione; è stato il primo romanzo della quadrilogia tarantina: sono seguiti Cuore di cuoio (ripubblicato da Fandango), Maschio adulto solitario (Manni) e Vicolo dell’acciaio (Fandango). Tra le altre sue opere il pamphlet Beata Ignoranza (Fandango) e i romanzi Per sempre carnivori (minimum fax) e L’umano sistema fognario (Manni). Suoi racconti sono apparsi in diverse riviste e antologie, tra le ultime Meridione d’inchiostro. Racconti inediti di scrittori del Sud (Stilo), Fabbrica di carta (Laterza) e «Granta Italia 5 – Il Male» (Rizzoli).
Francesco Dezio, autore per TerraRossa Edizioni di "Nicola Rubino è entrato in fabbrica" e "La gente per bene", ci parla di "Storie dell'arcobaleno" di William T. Vollmann.
Nicola Rubino ha trent’anni quando intraprende la Via Crucis che lo trasformerà da stagista in operaio a tempo determinato di una grande azienda, da ribelle idealista in ingranaggio del sistema. Un romanzo che non si limita a denunciare un ambiente lavorativo opprimente e spersonalizzante, ma fa i conti con le aspirazioni frustrate di coloro che lo popolano e con la gamma completa dei loro sentimenti. Una storia in presa diretta che, tra narrazione e testimonianza, non rinuncia all’inventiva e all’espressività di una lingua che trova un inedito equilibrio tra letterarietà e gergo. A dodici anni dalla sua prima pubblicazione, Nicola Rubino è entrato in fabbrica ci mostra ancora una verità eversiva, ignorata seppur sotto gli occhi di tutti, e in questa nuova versione dà prova della piena maturità stilistica dell’autore.
Francesco Dezio è nato ad Altamura nel 1970 e ha esordito nel 1998 con un racconto nell’antologia "Sporco al sole. Racconti del sud estremo" (Besa). Nel 2004 ha pubblicato con Feltrinelli il romanzo "Nicola Rubino è entrato in fabbrica", opera che inaugura una nuova stagione della cosiddetta letteratura industriale e ora riproposta da TerraRossa Edizioni. Del 2014 è la sua prima raccolta di racconti, "Qualcuno è uscito vivo dagli anni Ottanta" (Stilo), diversi dei quali già apparsi su quotidiani e riviste. Nel 2008 è stato ospite di cinque puntate della trasmissione Fahrenheit su Rai Radio 3. Ha collaborato con «l’Unità», «la Repubblica-Bari», «Corriere del Mezzogiorno».
Alessio Di Girolamo, autore per TerraRossa Edizioni di "Quante bugie mi hai detto questa sera", ci parla di "Fuga senza fine" di Joseph Roth.
Ora che il tempo sta per scadere e che la confusione nella sua mente è sempre più indistricabile, Anna fa un resoconto infedele della sua precoce e morbosa educazione sessuale, cerca di capire chi e perché l’abbia rapita, forse anche nel disperato tentativo di salvare quegli istanti di felicità che le hanno concesso l’infanzia e la pubertà.
Un romanzo che sonda i difficili equilibri famigliari e i rischi di ogni iniziazione alla vita adulta, la fragilità della psiche e la forza delle pulsioni.
L’esordio di Alessio Di Girolamo ci sfida a reinterpretare continuamente quanto ci viene raccontato e sorprende sia per la maturità stilistica, sia per la sensibilità con la quale riesce a penetrare nell’intimità femminile.
Alessio Di Girolamo è nato nel 1981 a Torino, dove vive. Dopo aver lavorato in ambito editoriale e in altri campi, anche selvatici, come quello che circondava il magazzino di cassonetti che doveva conteggiare (quasi sempre precariamente e con retribuzioni e contratti di dubbia decenza), attualmente è un operatore del CAS di Alpignano. È stato membro del collettivo sparajurij e della redazione della rivista «Atti impuri». Questo è il suo secondo romanzo. Il primo è andato perduto e ci teneva a farlo sapere.
Mattia Grigolo, autore per TerraRossa Edizioni di "Temevo dicessi l'amore", ci parla di "La strada" di Cormac McCarthy.