Attilio Manca, un brillante medico siciliano, nato nel 1969 a San Donà di Piave, trova la morte in circostanze misteriose, ufficialmente registrate come suicidio. Dopo una formazione eccellente, culminata con una pecializzazione in urologia e un periodo di studi a Parigi, la sua carriera viene tragicamente interrotta. Le circostanze della sua morte, con elementi insoliti come siringhe ancora tappate e assenza di tracce di droga preparate, sollevano dubbi sulla versione ufficiale del suicidio. La posizione del suo corpo sembra accuratamente disposta, come se fosse stato ‘apparecchiato’. Le indagini si complicano quando emergono legami possibili con la mafia, in particolare con il caso di Bernardo Provenzano, boss di Cosa Nostra in cerca di cure mediche per un tumore alla prostata. Nonostante le indagini ufficiali abbiano escluso collegamenti con la latitanza del padrino cortonese, nuovi elementi portano a riaprire il caso. Il legale della famiglia di Manca, Fabio Repici, ha chiesto la riapertura del caso. Carmelo D’Amico, collaboratore di giustizia, rivela che la morte di Manca sarebbe stata un assassinio orchestrato da Cosa Nostra in connivenza con settori deviati dello stato, volto a coprire questioni legate a Provenzano. Questa teoria è supportata dalle dichiarazioni di D’Amico, considerate affidabili dai giudici, che descrivono un omicidio mascherato da overdose, operato da killer collegati ai servizi segreti. In questa trama di intrighi e potere, la verità sulla morte di Attilio Manca rimane avvolta nel mistero, con la sua famiglia e la società civile ancora in cerca di giustizia.
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Vi sono forti dubbi sulla teoria dell'overdose come causa del decesso. Contrariamente agli stereotipi associati alle morti per overdose da eroina, la casa di Manca era pulita e non presentava i tipici strumenti e segni associati all'uso di droghe. Inoltre, gli amici e i colleghi di Manca escludono categoricamente che potesse fare uso di droghe, considerando la sua impeccabile salute e il suo comportamento diligente sul lavoro. La procura di Viterbo aveva avanzato l'ipotesi di overdose basandosi su un esame tricologico, ma questo esame non forniva prove definitive e presentava ambiguità riguardo alla presenza di morfina nei capelli di Manca. Altri dettagli, come la posizione del foro della siringa e l'impatto del viso contro il telecomando, sollevano ulteriori interrogativi sulla versione ufficiale della morte. L'esperto in tossicologia, Salvatore Giacane, esprime dubbi sulla teoria dell'overdose e suggerisce che la situazione sia più complessa di quanto suggerisca la narrazione ufficiale, lasciando aperta la possibilità che la morte di Manca non sia stata causata da un'autosomministrazione di eroina.
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Sono sempre stati i giudici di Viterbo che per primi dichiararono pubblicamente l’interessamento alla morte di Attilio Manca da parte dell’ex Presidente della Repubblica: “Io sono arrivato a Viterbo nel bel mezzo di questa faccenda. La prima cosa che ho trovato sulla mia scrivania è stata la richiesta da parte della segreteria del Gabinetto del Capo dello Stato, che voleva chiarimenti in merito a questa vicenda. Io sollecitato dal Capo dello Stato mi sono guardato tutto il fascicolo e poi ne ho discusso con lui”.
Ad oggi, nessuno conosce il motivo dell’interessamento di Napolitano verso il caso di un ragazzo ufficialmente morto suicida. E che cosa si dissero il procuratore e il capo dello Stato? Domande lecite, ma cadute nel vuoto. La presenza di nomi pesanti nel caso dell’omicidio di Attilio è una costante ed è difficile non notarli. Anche chi ha indossato la divisa della Polizia di Stato ha avuto un ruolo in questa torbida vicenda: l’ex capo della Mobile di Viterbo, Salvatore Gava, lo stesso pubblico ufficiale già condannato a 3 anni, in via definitiva, per un falso verbale all’epoca delle violenze alla scuola Diaz. Gava aveva erroneamente sostenuto che Manca fosse in servizio all'ospedale Belcolle. Tuttavia, registri ospedalieri dimostrano il contrario, svelando altre domande e verità nascoste. I giorni in cui è segnata la mancata presenza del giovane urologo sono quelli tra il 20 e il 23 luglio 2003, poi dal 25 al 31 luglio 2003 e infine nei giorni del 25, 26 e 31 ottobre 2003 (il 30 se ne era andato via intorno alle 15:30, prima quindi che terminasse il suo turno).
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Il caso di Attilio Manca è stato trattato con grave superficialità dalla Procura di Viterbo, omettendo accertamenti cruciali come gli esami sulle impronte digitali e genetici trovati sul luogo del delitto. Nonostante le evidenze contrarie, Attilio è stato descritto come un utilizzatore di eroina, mentre Monica Mileti è stata accusata ingiustamente di avergli fornito la dose letale, diventando un capro espiatorio. Dopo anni di accusa, il 16 febbraio 2021, Monica Mileti è stata assolta. Durante il processo, ci sono state pressioni affinché Monica confessasse un crimine non commesso. L'avvocato della famiglia Manca, Fabio Repici, ha evidenziato come non sia stato investigato il possibile legame tra la morte di Attilio e la latitanza di Bernardo Provenzano. Attualmente, vi è una richiesta di riapertura delle indagini da parte della famiglia, sostenuta da una relazione della commissione parlamentare antimafia, nonostante tentativi di censura pre-pubblicazione.
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Attilio Manca era solito parlare quotidianamente al telefono con i suoi genitori, e l'ultima volta che sentirono la sua voce fu la mattina dell'11 febbraio 2004, quando chiese loro di verificare una motocicletta a Tonnarella. Questa telefonata scomparve dai tabulati e non fu oggetto di indagine adeguata da parte della Procura di Viterbo, nonostante Telecom Italia avesse offerto di fornire dati integrativi su richiesta, che però non fu mai avanzata.
I genitori di Attilio scoprirono poi che la motocicletta menzionata era funzionante, aggiungendo mistero alla telefonata, che potrebbe essere stata un tentativo di lasciare una traccia o un segnale. Il giorno della sua morte, Attilio non rispose a nessuna chiamata, nonostante tentativi ripetuti da parte di colleghi e amici.
Ulteriori dettagli emergono da un'intercettazione ambientale del 2007, in cui si parla della presenza di Bernardo Provenzano, boss di Cosa Nostra, a Barcellona Pozzo di Gotto, vicino a Tonnarella. Durante la conversazione, si fa riferimento ad Attilio Manca e alla sua possibile identificazione di Provenzano, suggerendo un legame tra la sua morte e la latitanza del boss. Queste informazioni, tuttavia, non furono trasmesse dalla Procura di Viterbo alla direzione distrettuale antimafia di Roma, contribuendo al mistero e alle speculazioni intorno alla morte di Attilio Manca.
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Qual è il legame tra l'omicidio di un medico siciliano e la latitanza di un boss di Corleone? A distanza di quasi due decenni, il mistero su questo caso persiste, celando una trama più ampia e oscura.
Questo è "Uccidetelo! L'omicidio di Attilio Manca", una serie prodotta da ANTIMAFIADuemila.
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È forte la determinazione di Angela Gentile, conosciuta come Angela Manca, nel cercare la verità sulla morte di suo figlio Attilio. Dopo la morte di Attilio, molte persone sembravano rilassate, come se fosse stato rimosso un grosso peso. Tuttavia, Attilio era diventato un testimone scomodo di una vicenda che avrebbe potuto rivelare molte verità scomode, specialmente riguardo a persone influenti. Che Attilio sia diventato vittima della Trattativa tra lo Stato e la mafia, e che la sua morte sia stata necessaria per proteggere segreti che non avrebbe dovuto rivelare, potrebbe essere la pista maestra. Nonostante gli sforzi di Angela e di altri per cercare la verità, molti nel corso degli anni hanno preferito ignorare la verità e concentrarsi su teorie più convenienti.
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Bernardo Provenzano era nel Convento di Sant'Antonio da Padova a Barcellona Pozzo di Gotto nel 2005? Nonostante le indicazioni provenienti da fonti confidenziali dei carabinieri di Messina, le indagini su questa pista sono state interrotte senza motivo apparente. Il Convento era frequentato da individui legati alla mafia, inclusi membri importanti della famiglia mafiosa di Bagheria. Le richieste di intercettazioni sulle utenze del frate Salvatore Massimo Ferro sono state avviate ma poi interrotte. Questi dettagli sollevano interrogativi sulla mancanza di approfondimenti da parte degli inquirenti.
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