Introduzione alle puntate di "Diario di Guerra"
«Nessuno pensava: 'se muoio'; ma tutti sentivano un'angoscia che opprimeva e tutti pensavamo: 'quanti chilometri ci saranno per arrivare a casa?'» (Mario Rigoni Stern - Il Sergente nella Neve)
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«È la prima volta che mi trovo in un porto di mare con tanto apparato militaresco. Alle ore 17 mi imbarco. Mi trovo disorientato trovandomi su sulla nave e mi metto subito su in coperta. Verso le 11 abbiamo un allarme aereo che dura fino all’una. Ebbe luogo a quattro ondate successive sulla città un bombardamento da apparecchi nemici. Mi sono impressionato sicuramente, però ero calmo. La difesa contraerea funzionavano magnificamente, specie la marina. Alle prime ore del 20 la nave si stacca dalla banchina e lascia il bel caro suolo Patrio» (19 dicembre 1940)
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«I giorni passano sempre uguali, gli ammalati sempre più aumentano, specie per la malaria. Il lavoro è molto però si tira avanti bene. Fa tanto caldo, per fortuna abbiamo a pochi passi un maestoso mare che tanto ci invita a tuffarci» (10 settembre 1941)
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«Oggi venni a conoscenza in modo sommario della furia presente in Albania all’inizio dell’ultima offensiva, specie notizie sanitarie. Ecco i dati di due armate, l’undicesima e la nona: Forza 550.000, 33 Divisioni, 33 Sezioni di Sanità, 220 ospedali da campo, 13 Nuclei Chirurgici, 8 autoambulanze radiologiche, 5 Sezioni di disinfezione, 460 Cappellani, 760 cimiteri di guerra, 23.000 morti circa notificati ai comandi» (29 dicembre 1941)
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«Alle 5 ½ siamo a Belgrado, Capitale dell’ex Iugoslavia. Fu una vera meraviglia di tutti nel vederla illuminata, e come appariva maestosa! Alle 9 ½ entriamo in Croazia, stato recentemente costruito dopo la sconfitta della Iugoslavia. Siamo accolti con entusiasmo» (31 ottobre 1942)
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«Verso le 13 ci venne comunicato che gli inglesi sono sbarcati nel Patrio suolo in Italia sulle coste siciliane. V’è in tutti un rammarico, anche perché non sanno come andrà a finire. Si confida nel valore dei nostri soldati» (10 luglio 1943)
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«Primo giorno vero e proprio di prigionia allo Stalag XVII.A di Kaisersteinbruch, a 30 km da Vienna. Sono in questo campo nella Baracca 22 (Campo n.2). Qui v’è un paese si può dire di baracche e vari campi, e ci sono prigionieri d’ogni nazione» (30 ottobre 1943)
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«Durante questi viaggi assisto sempre a scene di bontà da parte di questa buona gente. Perfino i bambini ti danno pane, salame, burro etc. e lo fanno in un modo senza che s' accorga la guardia, e pure i prigionieri francesi, belgi, serbi. Ma l’atto più toccante fu da un gruppo di russe, che benché anch’esse al ristretto di vitto ci diedero un chilo di pane, e anch'esse sono prigioniere» (23 maggio 1944)
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«Nei giorni scorsi ho prestato la mia opera di infermiere ad un povero vecchio di 85 anni, curai delle piaghe e pure l’asma etc. Povero vecchio, al vedermi quando mi recai pareva vedere in me un non so che cosa. Quale affetto mi portava! Mi stringeva la mano etc. Ieri decedeva, m’è rincresciuto. Se potrò parteciperò ai funerali» (2 dicembre 1944)
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«Da giorni che sentivo nell’aria e nell’animo mio, e in tutti, qualcosa di non so che, causato da varie notizie che ci giungevano spesso da fonte sicurissima, perché si sentiva la radio clandestina (e spesse volte per mezzo d’una famiglia ceca che mi considerava più che suo figlio) e ci faceva prevedere oramai il crollo della Grande Germania» (8 maggio 1945)
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