Tutto, da quel 28 dicembre, cambiò per sempre, lasciando una terribile eredità. Sarà utopia, romanticismo, semplificazione, forse alibi forzato: e se Messina, oggi, fosse ancora condannata a pagare lo scotto di un evento destinato a cambiarla per sempre?
I “nostri” luoghi ci appartengono? O siamo noi ad appartenere ad essi? Quanta vita è passata da queste parti? E cosa dice di noi? Da Omero in avanti, sulle tracce di una storia millenaria…
Nel 1783 Messina fu sconvolta da un altro grave terremoto che, sebbene l'esiguo numero di vittime provocato, violentò il patrimonio architettonico della città, ricchissimo e mai recuperato, cancellando le tracce di una città mai più uguale a prima, come testimonia l’architetto Luciano Giannone, autore di “Messina nel 1780. Viaggio in una capitale scomparsa” (Giambra editori, 2021) e dell’omonimo video-rendering divenuto virale sui social.
La natura che rivendica sé stessa, mostrando il suo lato più oscuro: trentasette secondi di pura follia distruttiva. Per Messina, rasa al suolo, è un punto di non ritorno. Migliaia di vittime, l’orrore del puzzo di morte che travalica lo Stretto, lo sconforto della devastazione che non fa sconti. La stampa tra commozione e commiserazione, i ritardi nei soccorsi ma anche il peso di una catastrofe che assunse un’eco internazionale, riscrivendo la storia del Paese. Dentro il terremoto del 1908.
Da terra promessa a stagno annacquato. E un terremoto di oltre cento anni fa, per quanto devastante e con conseguenze ancora oggi impattanti, non può costituire un alibi in eterno. Per questo, citando Gramsci, odio gli indifferenti. Così, imparando dalla storia e prendendo consapevolezza di quanto abbiamo perso (e quindi, un tempo, avuto), vorrei che Messina si svegliasse da questo lungo sonno in cui è caduta. Cercando il coraggio di risuscitare dalle macerie.
Con il contributo dell’assessore alle politiche culturali del Comune di Messina Enzo Caruso.