Fino a ieri, anteponendo spesso l’interesse personale al rispetto delle regole comuni, abbiamo identificato il senso della vita nelle soddisfazioni che la società dei consumi ci proponeva e ci siamo illusi che le condizioni acquisite potessero durare per sempre. In pratica ci siamo scordati dell’impermanenza che caratterizza tutti i fenomeni: “niente dura, tutto cambia” ripetono quotidianamente i praticanti buddisti. Il passato non c’è più e il futuro non c’è già. L’unica via è amministrare consapevolmente il presente sapendo che il tempo della nostra vita è scandito da un succedersi ininterrotto di esperienze. 
Dove sta la verità? La verità è che ognuno interpreta le cose alla propria maniera e non è facile far collimare i diversi piani di interpretazione anche se proposti con la massima buona fede. Anche il Buddha si è cimentato in questa ricerca arrivando a una conclusione, che esistono due tipi di verità: la verità relativa o convenzionale e la verità assoluta o ultima.
Dal momento della nascita fino alla morte gli uomini attraversano circostanze difficili come la malattia, l’invecchiamento, la perdita di parenti e amici, l’incertezza, l’insoddisfazione, le ansie, le nevrosi e le paure e così via. 2500 anni fa il Buddha Shakyamuni - che la storia non ci presenta come un Dio, un figlio di Dio o un profeta, ma lo descrive come un uomo alla ricerca di un rimedio alla confusione che agita la mente degli esseri senzienti - ebbe una grande intuizione, ovvero si rese conto che la vita basata sul desiderio avido, sulla rabbia, sull’avversione e sulle illusioni generate dall’egoismo impone una continua ricerca di soddisfazione ed è quindi travagliata e imperfetta.
Dobbiamo avere sempre presente che la chiara luce è in ognuno di noi e può emergere con lo sviluppo dei meriti e della conoscenza superiore la quale porta al discernimento e alla visione diretta della realtà, ma ci vogliono le condizioni spirituali necessarie per arrivare alla liberazione prima fra tutte una mente serena. Lo sappiamo tutti: quando la pace regna nella mente siamo tranquilli anche se intorno a noi le cose non sono positive, ma quando le cose vanno bene e la mente non è serena, niente viene gioiosamente vissuto. 
L’attaccamento può essere sviluppato verso differenti obiettivi: l’attaccamento alle idee, alle opinioni, al corpo, alle esperienze che producono piacere nella vita e può inoltre nascere da un’angoscia esistenziale oppure da un sentimento di frustrazione che ci porta a interrogarci sul senso delle cose, ma sicuramente è uno stato mentale da superare e abbandonare.
Per arrivare alla pace e alla fratellanza bisogna gettare il seme di uno stato compassionevole quindi uno stato mentale fondato su tre sentimenti specifici: l’amore la compassione e la non violenza. Tre fattori che richiedono una propensione all’altruismo, ma anche una grande forza interiore.
La nostra esistenza quotidiana è fondata su una rete di relazioni di cui non possiamo fare a meno e quindi non possiamo vivere separati dagli altri. La separazione non è mai positiva perché spinge verso la diffidenza producendo un costante stato di tensione che fa emergere le nostre debolezze e porta ulteriori difficoltà e sofferenze. Tale condizione negativa può essere eliminata solo con la concordia fra uomini uniti da un dialogo basato sulla vicendevole comprensione e tolleranza che sappiano avere rispetto e cura per la terra e per tutto ciò che da essa trae sostentamento.
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Nei momenti di difficoltà ci si sente profondamente soli. Vengono meno i riferimenti che ci ancorano all'esistenza, i problemi e le incombenze diventano un macigno. Ci si sente esclusi e impotenti. La solitudine, tuttavia, fa parte della natura stessa dell'esistenza: siamo soli quando veniamo al mondo, soli quando moriamo. Se riusciamo a viverla bene la solitudine si rivela una grande maestra.
Per la legge del karma ciascuna azione di corpo, parola e mente, quando è animata da spirito positivo o anche da spirito negativo, avrà conseguenze dello stesso genere, mentre le azioni neutre non generano alcuna conseguenza. Se riusciamo a intuire che tutte le cose che facciamo sono karma, l'idea che le delusioni generano sofferenza ci travaglia poco.
Se dovessimo lasciare il corpo oggi quante vicende conflittuali resterebbero irrisolte? Quante diatribe avremmo potuto sedare con poche parole di pace e per orgoglio non abbiamo saputo trovare? Tutte queste situazioni ancora aperte sono un aspetto karmico che dovremmo considerare nel caso di una ripartita, ma ancora di più ne dobbiamo rispondere nella nostra vita attuale.
Un detto tibetano paragona la mente a un pesce che nuota libero nell’oceano ma se incappa in una rete in cui resta imprigionato e si agita senza poterne uscire, in queste condizioni tutte le sofferenze sono all’interno della rete. Così avviene anche per la nostra mente: se cade nella rete delle passioni, delle illusioni e della confusione diviene vittima di tutte le sofferenze che costellano la nostra esistenza. Il vero problema e riuscire a tagliare la rete e non cascarci più.
È nel momento della tragedia che gli individui riscoprono la solidarietà. In queste circostanze si evidenziano le qualità della condivisione e del donare che sono insite nella natura dell’uomo e lo orientano verso il bene. La propensione al donare rivela il grado di sensibilità che è in noi: chi è autenticamente generoso è di certo fondamentalmente buono.
Per vincere l’ansia, la paura, la gelosia o tutte le altre emozioni distruttive che ci agitano bisogna conoscerne l’origine. Spesso siamo portati ad addossare agli altri le ragioni del nostro disagio, ma il Buddha attribuisce la sofferenza che proviamo a un’illusoria visione del Sé.
Uno dei principali problemi che si presentano quando comunichiamo nasce dal modo con cui vengono recepite dall’altro le parole che pronunciamo e per questo motivo i dialoghi sono sempre portatori di un senso da determinare qui ed ora. La parola è una potente arma e ha un importante peso nell’esistenza di ciascuno di noi. 
Il Buddhismo definisce la pazienza una via diretta verso l'ascesi e la considera un fondamentale stadio di perfezionamento per chi vuole raggiungere l'illuminazione. Chi desidera esercitarsi nella compassione deve applicarsi nella pazienza.
Nel trascorrere buona parte del tempo parlando, ciascuno perde l'occasione di fare una personale e costruttiva ricerca usando il silenzio per ascoltare sè stesso anziché dare voce al frastuono che proviene da conversazioni fatte spesso di polemiche, di emozioni, di speranze.
Noi non siamo sensibili alla legge del cambiamento che dovrebbe portarci a riflettere sul senso della vita senza illusioni. Comprendere l'impermanenza aiuta a comprendere i cambiamenti senza affliggersi e a prendere decisioni appropriate nei momenti opportuni.
Le preghiere collettive generano una grande forza che dipende dalla qualità dell'atto che ciascuno personalmente compie, se alimentate da una pura intenzione. Lo scopo della preghiera è uno solo: quello di far coincidere la frequenza vibratoria dell'individuo che prega con la frequenza vibratoria dell'energia universale.
Prepararsi alla morte non significa chiedersi cosa succederà dopo che avremo lasciato il corpo, ma piuttosto pensare seriamente a ciò che in vita viene dopo le cattive azioni che compiamo deliberatamente ogni giorno, quelle azioni che producono la morte nel cuore di chi facciamo soffrire, con i nostri egoismi, le nostre menzogne, la nostra indifferenza.