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Comunismo - BastaBugie.it
BastaBugie
62 episodes
2 weeks ago
L'ideologia che ha prodotto più di 100 milioni di morti innocenti
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L'ideologia che ha prodotto più di 100 milioni di morti innocenti
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Episodes (20/62)
Comunismo - BastaBugie.it
Cina, censura totale per i sacerdoti in internet
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8325

CINA, CENSURA TOTALE PER I SACERDOTI IN INTERNET di Bernardo Tombari
 
Niente religione su internet, tranne per i siti web autorizzati delle confessioni che accettano i valori socialisti e la sinicizzazione. È il nuovo "Codice di condotta su internet" per preti e ministri di culto in Cina, pubblicato dal Dipartimento per gli Affari religiosi. "Il clero religioso non deve diffondere idee religiose o indurre minorenni alla fede religiosa tramite internet, né organizzare la partecipazione dei minori a formazione religiosa, campi estivi (o invernali), né organizzare o costringere i minori a partecipare ad attività religiose" recita l'articolo 10 del codice. Vietate anche raccolte fondi, predicazioni o celebrazioni religiose online.
Non è chiaro quali siano le pene, il codice dichiara solo che il Dipartimento per gli Affari religiosi contatterà il clero che violerà il codice, perché "apporti correzioni entro un limite di tempo", e qualora questo non accada verrà punito "secondo le leggi e i regolamenti amministrativi pertinenti". L'obiettivo è evitare "contenuti che incitano alla sovversione del potere statale" o "attività di infiltrazione religiosa straniera". Un modo per dire che il Partito comunista cinese è disposto ad accettare Dio, se è un dio abbastanza piccolo da poter essere sottoposto allo stato e all'ideologia socialista, da poter stare in un angolo senza dare fastidio. La Santa Sede ha rinnovato l'anno scorso l'Accordo Provvisorio con la Repubblica Popolare Cinese, che sarà quindi attivo fino al 2028 salvo ulteriori rinnovi (l'intesa è arrivata nel 2018 ed è stata poi rinnovata tre volte).
L'Accordo riguardava soprattutto le nomine dei vescovi, per mettere fine a decenni di ordinazioni illecite senza il consenso papale. Dagli anni '50 infatti, i vescovi in Cina venivano eletti dall'Associazione patriottica cattolica cinese, quindi sotto il controllo dello stato. Era stato dichiarato però anche l'obiettivo di un "dialogo costruttivo" tra la Chiesa e il governo del Paese. Le restrizioni sempre crescenti e le intrusioni di Pechino, o in alcuni casi addirittura decisione autonome, nelle nomine o nella creazione o rimozioni di diocesi non sembrano però andare in quella direzione.
Anche il Segretario di Stato Parolin ha ammesso che l'accordo sta "procedendo lentamente, a volte anche facendo un passo indietro". Le nuove restrizioni per l'attività online non sono esclusivamente per il Cristianesimo, anzi, sono probabilmente più mirate verso sette come il Falun Gong, ma è facile immaginare che ci vadano di mezzo anche quegli influencer cristiani che rifiutano l'idolatria dello Stato e non vogliono un Dio "sinizzato" o socialista, perché sanno che Cristo non è venuto per portare pace, ma spada.
Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Jimmy Lai, ultimo atto. L'editore cattolico dissidente rischia la morte" parla della storia di Jimmy Lai. Il figlio Sebastien Lai sarà ospite della prossima Giornata della Bussola, il 25 ottobre 2025, e ritirerà il premio "Fatti per la Verità" assegnato a suo padre.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 16 agosto 2025:
Arrestato nell'agosto del 2020, in carcere dal dicembre successivo, sotto processo dal 2023 per motivi puramente politici. Jimmy Lai, imprenditore ed editore cattolico di Hong Kong, lunedì riceverà la sentenza che deciderà della sua vita. Ha 77 anni, salute malferma e rischia di morire in carcere. Per il figlio, Sebastien*, una condanna a una lunga pena detentiva equivarrebbe a una sentenza di morte. Eppure, fino a cinque anni fa, Jimmy Lai era uno degli uomini più ricchi e rispettati di tutta l'Asia. Personalmente incarna la tragedia di una città che non si arrende mentre finisce sotto il giogo della Cina comunista.
L'udienza...
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2 weeks ago
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Comunismo - BastaBugie.it
Il club dei tronfi immortali: Putin, Xi Jinping, Kim Jong Un
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8302

IL CLUB DEI TRONFI IMMORTALI: PUTIN, XI JINPING, KIM JONG UN di Paola Belletti
 
Chiacchiere da parata tra i leader di quella parte del mondo che si sta pesantemente appoggiando ai bordi del tavolo degli equilibri globali, Cina e Russia, innanzitutto, col rischio di ribaltarlo. Con Vladimir Putin e il presidente cinese Xi Jinping era presente, tronfio come da par suo, anche il leader nord coreano Kim Jong Un. L'occasione, mercoledì scorso 3 settembre, è stata la celebrazione degli 80 anni dalla fine della seconda guerra mondiale. Oltre le dichiarazioni ufficiali, le foto storiche e la portata eccezionale dell'evento, però, la tv di stato cinese ha colto uno scambio piuttosto interessante e, a suo modo, raccapricciante tra i tre. Mentre camminavano alla testa del corteo diretti verso piazza Tienanmen, forse per riempire quello spazio di imbarazzo che si genera tra persone che non sono intime, ecco che dopo saluti e amenità varie si trovano a parlare della possibilità di vivere per sempre, conquista che sarà resa possibile dallo sviluppo biotecnologico. Una cosa di qualche decina d'anni forse, ma il risultato sarebbe ormai a portata di mano. Ecco gli stralci di conversazione tra i tre, come riporta tra gli altri Il Post: «Il tono della conversazione, tradotta dagli interpreti tra il mandarino e il russo, è conviviale.

A 70 ANNI SIAMO ANCORA GIOVANI
L'audio è frammentato e alcuni pezzi sono inudibili, ma il dialogo sembra cominciare tra Xi e Kim, che si scambiano convenevoli e dicono di essere contenti di vedersi dopo diversi anni. Poco dopo Xi dice: "ora le persone a 70 anni sono ancora giovani". Dopo qualche secondo in cui è difficile distinguere chi parli, Xi si rivolge a Putin, dicendo: "Un tempo difficilmente la gente viveva oltre i 70 anni, ma oggi a 70 anni... sei ancora un bambino"». Segue anche il contributo del presidente (quasi) a vita (quasi eterna?) Putin: «"Con lo sviluppo delle biotecnologie, gli organi umani possono essere trapiantati più volte, e le persone possono vivere più a lungo e persino raggiungere l'immortalità". A quel punto Xi risponde, dicendo: "Secondo le previsioni nel corso di questo secolo gli esseri umani potranno vivere fino a 150 anni".»
Dio ce ne scampi e liberi, potremmo gridare mani levate al Cielo. Se Dio stesso non ci avesse già liberato. Il sogno transumanista destinato a degenerare in incubo è il solito tentativo tragico e goffo dell'uomo inconsapevole dello stato di decadenza nel quale vive che perverte il desiderio di pienezza di vita nel prolungare così com'è la vita terrena, illudendosi così di diventare eterno. La solita superbia vecchia ben più del mondo, il solito scimmiottare le promesse di Dio, che non verranno mai meno, i soliti terribili paradisi in terra realizzati a suon di guerre, morti, sacrifici umani dalle varie dittature novecentesche che non sembrano volerci lasciare. Ciò che Cristo, e solo Lui, è venuto a portarci è l'inizio reale, sebbene nascosto fino allo svelamento glorioso finale, di un'altra dimensione di vita: eterna, non perenne, incorruttibile, non ricucita di continui con i soliti tessuti logori della nostra condizione mortale. La morte, quindi, che continua a ripugnarci istintivamente, diventa sotto il dominio della Grazie il limite posto come una soglia che si affaccia su una vita vera, piena, compiuta e, finalmente, beata.

LA RESISTENZA CHE L'UOMO OPPONE ALLA MORTE
Lo diceva Benedetto XVI nell'omelia della veglia pasquale del 3 aprile 2010, con la consueta balsamica chiarezza: «Si rende evidente la resistenza che l'uomo oppone alla morte: da qualche parte - hanno ripetutamente pensato gli uomini - dovrebbe pur esserci l'erba medicinale contro la morte. Prima o poi dovrebbe essere possibile trovare il farmaco non soltanto contro questa o quella malattia, ma...
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1 month ago
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Comunismo - BastaBugie.it
La Repubblica Ceca vieta per legge il comunismo
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8245

LA REPUBBLICA CECA VIETA PER LEGGE IL COMUNISMO di Bernardo Tombari
 
Mai più comunismo. È ciò che ha deciso la Repubblica Ceca con la nuova legge che vieta la creazione o la propaganda di movimenti comunisti, al pari di quelli nazisti. Sono previsti fino a cinque anni di carcere per chi "crei, sostenga o promuova movimenti nazisti, comunisti o di altro tipo che mirino chiaramente a reprimere i diritti e le libertà umane o a incitare all'odio razziale, etnico, nazionale, religioso o di classe.
Si tratta in realtà di una modifica legge preesistente, che non conteneva le parole "comunisti" o "nazisti", ma si dava per scontato che si riferisse a quest'ultimi. A promuovere il cambiamento è stato il presidente Petr Pavel, un comunista pentito (era iscritto al partito durante la dominazione sovietica) che già si era battuto per il risarcimento delle vittime e dei ricatti e della coercizione psicologica e fisica da parte della polizia sovietica. La severità della legge dipenderà dall'interpretazione dei giudici, che decideranno se si tratta di una vera guerra a simboli e idee comuniste o solo una condanna a movimenti eversivi.
Secondo il deputato conservatore Martin Dlouhy "si tratta solo di una precisazione". Ciò che è certo è che la Repubblica Ceca fa i conti con il proprio passato, come hanno fatto molti altri Paesi dell'ex blocco sovietico: la vicina Slovacchia ha vietato i partiti comunisti, dichiarandoli organizzazioni criminali, e similmente hanno fatto Ucraina, Georgia, Estonia, Lettonia e Lituania. Forse non ci sarà mai la "Norimberga" del comunismo, ma è un segno che i Paesi che l'hanno vissuto vogliono conservare la memoria di decenni di soprusi, repressioni e stermini per far sì che non accada ancora.
I cechi in particolare erano tra i più irrequieti e ribelli rispetto all'occupazione sovietica. Da Jan Palach e le proteste della primavera di Praga, represse con i carrarmati, alla rivoluzione di velluto dopo il crollo del muro, il comunismo non ha mai attecchito in Repubblica Ceca. Non è chiaro se continuerà ad esistere il Partito Comunista di Boemia e Moravia (KSCM), che protestato contro la decisione, che secondo loro "mette a tacere gli oppositori del sistema limitando i diritti e le libertà costituzionali" poco prima delle elezioni (nel 2021 ha preso poco più del 3%).
Il Partito Comunista Italiano ha prontamente espresso solidarietà ai "compagni del KSCM". I paesi del blocco occidentale d'altronde possono permettersi di prendere alla leggera il comunismo, non avendo mai vissuto la sua atrocità, e condannare solo l'autoritarismo di destra (che nella sua crudeltà non raggiunge comunque i 95 milioni di morti dei regimi comunisti). La Chiesa fu profetica nella sua condanna al comunismo sin dal diciannovesimo secolo, intuendone subito la pericolosità e, come diceva papa Leone XIII, il nichilismo di fondo della sua opposizione ai valori morali e agli istituti naturali. Non c'è da stupirsi che nell'Occidente nichilista sia ancora di moda.
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3 months ago
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Comunismo - BastaBugie.it
Cinquant'anni fa iniziava l'incubo dei Khmer rossi in Cambogia
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8197

CINQUANT'ANNI FA INIZIAVA L'INCUBO DEI KHMER ROSSI IN CAMBOGIA di Stefano Magni
 
Il 17 aprile di 50 anni fa, cadeva Phnom Penh. La capitale della Cambogia finiva nelle mani dei Khmer Rossi, il movimento comunista, maoista, più letale della storia. Nei tre anni successivi, il regime retto con pugno di ferro da Pol Pot, eliminerà un terzo della sua stessa popolazione. Suo obiettivo dichiarato era quello di realizzare l'utopia comunista entro il 1990, non importava con quali metodi e con quanti morti.
L'ascesa al potere dei Khmer Rossi avvenne dopo otto anni di guerra civile. A distruggere il già precario equilibrio di quella regione dell'Asia sudorientale, che aveva ottenuto l'indipendenza nel 1953 dalla Francia, fu soprattutto la guerra del Vietnam. Il principe Sihanouk, succeduto pacificamente al dominio francese, si era barcamenato fra il comunismo (in espansione in tutta la regione) e l'alleanza con gli Stati Uniti, protettori del Vietnam del Sud. Quando il Vietnam del Nord, comunista, nel 1959, incominciò a invadere il Vietnam del Sud (nazionalista) infiltrandovi i suoi militari e guerriglieri, Sihanouk non riuscì o non volle opporsi. Nel 1965, primo anno dell'intervento americano in Vietnam, la Cambogia era già diventata il principale terreno di transito dei nordvietnamiti. Essendo un paese neutrale, lì non potevano essere colpiti dagli americani e dai sudvietnamiti. Sihanouk represse violentemente il comunismo all'interno del suo paese. Nella sola rivolta contadina nel distretto di Samlaut (scoppiata a seguito di espropri arbitrari), dal 1967 al 1970, fece uccidere 12mila persone. I militari tagliavano le teste dei contadini e le mandavano a Phnom Penh, come prova del lavoro eseguito. Fu in quel periodo, in opposizione al regime, che crebbe il movimento armato dei Khmer Rossi, ispirato al maoismo più intransigente. Ma in politica estera, lo stesso Sihanouk si avvicinò alla Cina di Mao e all'Urss di Brezhnev e ruppe con gli americani.
REPUBBLICA KHMER
Nel 1970, quando Sihanouk era a Mosca in visita di Stato, i militari presero il potere. Lon Nol, uno dei peggiori macellai della repressione di Samlaut, divenne presidente, di fatto il dittatore, della nuova "Repubblica Khmer". Promise lotta alla corruzione e cacciata dei vietnamiti e chiese subito agli Usa di intervenire in suo aiuto. In meno di un mese, Nixon autorizzò un intervento di terra, segreto, in territorio cambogiano. Militarmente fu un successo: i nordvietnamiti vennero cacciati dalle aree di confine. Politicamente fu un disastro: i comunisti di Ho Chi Minh si dispersero nel paese e insegnarono ai Khmer Rossi come si combatteva contro un esercito regolare. Lon Nol si alienò ulteriormente la popolazione, prima di tutto perché si dimostrò ancora più corrotto del predecessore. Poi perché fu ancora più violento, perseguitò tutti i vietnamiti del paese, i cattolici e le altre minoranze religiose e represse nel sangue ogni manifestazione di dissenso. Contro di lui si allearono monarchici e comunisti: Sihanouk e i Khmer Rossi formarono un Fronte di Unità Nazionale. Nel 1973 controllavano già metà del paese e Lon Nol chiese di nuovo l'aiuto degli americani. Nixon autorizzò una campagna di bombardamenti aerei (anche questa segreta), in cui perirono decine di migliaia di civili, oltre ai guerriglieri. Fu un successo effimero: l'avanzata dei comunisti venne solo temporaneamente arginata, ma come reazione ai bombardamenti le popolazioni contadine si arruolarono in massa nei Khmer Rossi, anche se ormai era chiaro, nelle aree che avevano occupato, che il loro regime fosse molto più letale di quello nazionalista di Lon Nol.
LA KAMPUCHEA DEMOCRATICA
Nell'aprile del 1975, quando il Vietnam del Sud era in procinto di essere sopraffatto dal Nord e gli americani se ne erano ormai andati, i Khmer...
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4 months ago
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Comunismo - BastaBugie.it
Guerra del Vietnam: nel 50° anniversario sfatiamo 4 falsi miti
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8175

GUERRA DEL VIETNAM: NEL 50° ANNIVERSARIO SFATIAMO 4 FALSI MITI di Stefano Magni
 
Chi controlla il passato controlla il presente, chi controlla il presente controlla il futuro. Così scriveva George Orwell nel suo famigerato romanzo di fanta-politica "1984". E a giudicare da come viene raccontata la guerra del Vietnam, i marxisti controllano il passato.
Un'opera di riscrittura della storia ha avuto pienamente successo ed oggi, 30 aprile, giorno del 50esimo anniversario della caduta di Saigon, noi "sappiamo", o almeno crediamo di sapere, nozioni come: "gli americani hanno invaso il Vietnam", "i vietnamiti si sono liberati con una guerra di popolo", "gli americani hanno combattuto una sporca guerra" e "l'esercito americano ha perso contro gli insorti vietnamiti".
Prima di tutto, gli americani non hanno mai invaso il Vietnam. Dopo la cacciata dei francesi, nel 1954, il Vietnam, esattamente come la Corea, venne diviso in due. Una zona Nord, comunista, una zona Sud nazionalista. Il 17mo parallelo divenne un "confine", o meglio una linea di demarcazione temporanea, protetta da una fascia demilitarizzata (Dmz).
L'EPURAZIONE
Il Nord era dominato dai comunisti di Ho Chi Minh, il Sud dai nazionalisti di Cao Bai, a cui ben presto subentrò il dittatore Ngo Dinh Diem. In teoria si sarebbero dovute tenere elezioni comuni per riunificare il Paese sotto un unico governo democraticamente eletto, ma il Sud rifiutò. Al Nord, infatti, i comunisti avevano fatto subito piazza pulita, non solo dei partiti non comunisti, ma anche dei comunisti non sufficientemente allineati, dei contadini "ricchi", dei contadini "medi", dei collaboratori o di chiunque fosse stato accusato di collaborazione dei francesi e dei loro parenti.
Una mattanza, in perfetto stile staliniano che, dal 1954 al 1959, costò al popolo nordvietnamita centinaia di migliaia di morti, soprattutto durante la campagna di collettivizzazione forzata delle terre. Un milione di nordvietnamiti approfittò del breve periodo concordato di apertura della Dmz per scappare al Sud. Al Nord invece non ci volle andare nessuno, se non circa diecimila guerriglieri comunisti (Viet Cong) che rischiavano l'arresto. In quelle condizioni era chiaro che non si potessero tenere libere elezioni comuni nel Nord e nel Sud.
RIUNIFICAZIONE CON LA FORZA
Finché il Vietnam del Nord non decise di riunificare il Paese con la forza. La guerra americana iniziò nel 1964 con la Risoluzione del Tonkino, ma la guerra in Vietnam incominciò più di cinque anni prima, precisamente nel gennaio 1959, quando il XV Congresso del Comitato Centrale del partito comunista nordvietnamita decise di "porre fine" al regime del Sud.
Non con un'invasione convenzionale, come aveva fatto la Corea del Nord, ma con una lenta e costante infiltrazione di soldati regolari e di guerriglieri nel Sud. La guerra incominciò con una serie di attentati terroristici, soprattutto ai danni di giudici, ufficiali di polizia, capi villaggio, leader partitici e sindacali anticomunisti.
Poi si passò alla guerriglia vera e propria, con la conquista dei villaggi e delle zone rurali. Per trasferire in sicurezza uomini, armi ed equipaggiamenti, il Vietnam del Nord violò la neutralità di Laos e Cambogia, costituendo nei loro territori basi ("santuari" dove non potevano essere attaccati dai sudvietnamiti) e pezzi della "pista di Ho Chi Minh", una serie di strade mimetizzate nella giungla.
Il generale Vo Nguyen Giap, che aveva battuto i francesi nella guerra di indipendenza, pian pianino erose anche tutto il Vietnam del Sud. Giunti al 1964, 41 province su 44 erano nelle mani dei comunisti, al regime del Sud rimaneva soltanto la capitale Saigon e poco altro.
Gli americani, in tutto questo periodo, avevano limitato il loro intervento...
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5 months ago
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Comunismo - BastaBugie.it
10 Febbraio: il giorno del ricordo, per non dimenticare le foibe
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8075

10 FEBBRAIO: IL GIORNO DEL RICORDO, PER NON DIMENTICARE LE FOIBE di Roberto de Mattei
 
Il 10 febbraio di ogni anno si commemorano le vittime dei massacri delle foibe e dell'esodo della popolazione della Venezia Giulia e della Dalmazia. La "Giornata del ricordo", istituita con la legge 30 marzo 2004 n. 92, ha infatti stabilito questa data per "conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale".
Le foibe nel loro significato geografico sono delle voragini, strette e profonde, che si aprono nei territori dell'Istria, della Dalmazia e del Friuli Venezia-Giulia, Ma sotto l'aspetto storico, la parola foibe indica le efferate violenze compiute in queste regioni dai partigiani comunisti jugoslavi, tra l'autunno del 1943 e il 1947, ben dopo la conclusione della guerra. Migliaia di italiani vennero "infoibati" ovvero gettati in queste orrende cavità, dopo essere stati assassinati, ma spesso ancora vivi, morendo tra atroci sofferenze.
Questo assassinio di massa faceva parte del progetto politico di Josip Brosz Tito, segretario generale del Partito Comunista di Jugoslavia, che, con l'aiuto della Russia sovietica, a partire dal 1941, si mise alla testa di un Esercito popolare di Liberazione contro le forze di occupazione italo-tedesche. Il maresciallo Tito fu poi capo della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia dal 1945 fino alla sua morte nel 1980.
Il piano di Tito prevedeva l'annessione della Venezia-Giulia e di altre terre allora italiane alla nuova Jugoslavia comunista, come in parte avvenne. Per raggiungere l'obiettivo era necessario eliminare fisicamente ogni possibile oppositore, indipendentemente dalle sue complicità con i tedeschi e il passato regime fascista. Si trattava soprattutto di distruggere la vecchia classe dirigente, come avveniva in tutti i paesi in cui il comunismo prendeva il potere. Furono prese di mira dunque anche personalità di orientamento moderato e antifascista, compresi alcuni cattolici e liberali che militavano nel Comitato di Liberazione Nazionale (CNL). Tutti coloro che venivano ritenuti contrari al progetto di espansione slavo-comunista venivano trucidati o avviati nei campi di concentramento.
IL MASSACRO
Gli storici stimano che oltre 10 mila persone furono gettate vive o morte nelle foibe, tra l'8 settembre 1943 e il 10 febbraio 1947, giorno della firma dei Trattati di Pace di Parigi, che assegnavano alla Jugoslavia, i territori, già italiani dell'Istria, del Quarnaro, della città di Zara con la sua provincia e della maggior parte della Venezia Giulia. L'occupazione jugoslava fu causa non solo del fenomeno delle foibe, ma anche di massicce deportazioni nei campi di concentramento jugoslavi e dell'esodo di circa 300mila giuliani, istriani, fiumani e dalmati.
Il massacro ebbe inizio in Istria dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943. Nel momento in cui l'esercito italiano si sbandò, i partigiani di Tito, avviarono il terrore, con arresti, uccisioni, infoibamenti di italiani. Il 16 settembre fu arrestato dalle milizie comuniste il parroco di Villa di Rovigno Angelo Tarticchio. Dopo averlo torturato, i partigiani lo trascinarono presso Baksoti (Lindaro), dove assieme a 43 prigionieri, legati con filo spinato, venne ucciso con una raffica di mitragliatrice e gettato in una cava di bauxite. Quando un mese più tardi il corpo fu riesumato dai Vigili del Fuoco di Pola, lo si trovò nudo, con una corona di spine conficcata sulla testa e i genitali tagliati e conficcati nella bocca.
Pochi giorni dopo, il 25 settembre, venne catturata a Visinada, insieme ad altri membri della sua famiglia, Norma...
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9 months ago
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Comunismo - BastaBugie.it
Università di Milano, i collettivi studenteschi di sinistra impediscono ai prolife di parlare
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8002

UNIVERSITA' DI MILANO, I COLLETTIVI STUDENTESCHI DI SINISTRA IMPEDISCONO AI PRO-LIFE DI PARLARE di Anna Sartea
 
Il convegno «Ascoltare la vita», in programma martedì sera nell'aula 200 dell'Università Statale di Milano, aveva per sottotitolo «Storie di libere scelte». Queste storie, però, nessuno dei presenti le ha potute sentire, perché un gruppo di ragazzi ha deciso che non avevano diritto di essere raccontate. Con una contestazione iniziata nel momento esatto in cui era stata invitata a parlare Soemia Sibillo, direttrice del Centro di aiuto alla vita della Mangiagalli, alcuni studenti del collettivo «Cambiare rotta» hanno fatto irruzione nell'aula, a suon di tamburelli, grida e bestemmie. Diversi loro amici si trovavano seduti tra i banchi e avevano assistito al primo intervento in scaletta, quello di Costanza Raimondi, assegnista di ricerca in bioetica alla Cattolica di Milano. Primo e unico dell'intero convegno, perché non c'è stato modo alcuno di proseguire.
«Mi avevano appena passato la parola - commenta Soemia Sibillo -, quando si sente picchiare forte alla porta dell'aula. Alcuni giovani sono entrati gridando slogan e bestemmie, con il chiaro intento di boicottare l'incontro, che era stato organizzato da loro coetanei della lista "Obiettivo Studenti". Il più esagitato a un certo punto ha preso una bottiglietta dal tavolo dei relatori e l'ha rovesciata in testa a uno degli organizzatori. L'acqua è andata a finire anche sui cavi dell'impianto audio video, si sono spente le luci e il proiettore ha smesso di funzionare. Io avrei dovuto far vedere ai presenti la testimonianza di una mamma che ha accettato di portare avanti la gravidanza nonostante avessero diagnosticato al suo bambino una grave malformazione cardiaca, suggerendole l'aborto terapeutico. Ma non è stato possibile».
Nel video mai proiettato in aula, una giovane di nome Lourdes racconta la sua storia. Il giorno dell'ecografia morfologica, assieme al suo futuro marito Henry scopre che il piccolo che aspettano ha il cuore sinistro ipoplasico. I medici prospettano loro l'interruzione della gravidanza e descrivono le tre operazioni, una più rischiosa dell'altra, a cui si sarebbe dovuto sottoporre il bimbo se fosse riuscito a nascere, per sperare di sopravvivere.
«Quando sono arrivati da noi, la futura mamma era in lacrime, ma è stata l'unica volta che l'ho vista piangere - racconta la direttrice del Cav Mangiagalli -. Fatta la scelta di tenere il bambino, Lourdes ha dimostrato a tutti un coraggio e una forza incredibili, che non sono venuti meno nemmeno nei lunghi mesi in cui il suo bimbo è stato ricoverato in terapia intensiva al Niguarda, dove è nato e ha subito numerosi interventi a cuore aperto».
Il Cav ha sostenuto la giovane coppia, che viveva in una stanza condivisa con altre persone, procurando un alloggio dove affrontare con maggior serenità questa gravidanza. Subito dopo il parto, i neo genitori sono stati accolti in un altro appartamento, in zona Niguarda, per facilitarli nel loro andare e venire dall'ospedale dove Liev Logan ha lottato per vivere, vincendo la sua battaglia perché ora sta bene.
«Sarebbe stato impossibile affrontare tutto ciò da soli», afferma Lourdes nell'intervista video. «I nostri genitori sono lontani, in Perù. Qui è il Cav Mangiagalli la nostra famiglia».
Nota di BastaBugie: Andrea Zambrano nell'articolo seguente dal titolo "L'assalto ai pro life è frutto della rivolta sociale targata Cgil" spiega chi sono i mandanti morali dei gravissimi fatti accaduti in università a Milano.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 29 novembre 2024:
L'attacco brutale dei collettivi studenteschi di sinistra andato in scena martedì pomeriggio alla Statale di Milano nei confronti di...
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11 months ago
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Comunismo - BastaBugie.it
Prigionieri politici in Polonia: Urszula come padre Olszewski
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7877

PRIGIONIERI POLITICI IN POLONIA: URSZULA COME PADRE OLSZEWSKI di Wlodzimierz Redzioch
Già da quattro mesi rimane in prigione padre Michal Olszewski, il primo sacerdote-prigioniero politico nella Polonia governata dall' "europeista " Tusk. La Nuova Bussola Quotidiana segue il caso dall'inizio svelando il calvario subito dal dehoniano polacco, evidentemente orchestrato dalla Procura nazionale e dal ministro della Giustizia Bodnar. Ma recentemente stanno venendo alla luce fatti altrettanto scandalosi che riguardano il trattamento di una delle due impiegate del Ministero della Giustizia arrestate nell'ambito dello stesso caso riguardante il Fondo della Giustizia: la signora Urszula, anche lei in prigione da quattro mesi.
Lo ha raccontato in un'intervista il padre di Urszula, Andrzej Skrzetuski (nella foto): è un resoconto drammatico di come sua figlia è stata trattata immediatamente dopo il suo arresto. Doveva spogliarsi nuda e sotto la doccia veniva sorvegliata da agenti uomini. Le era difficile soddisfare i suoi bisogni fisiologici. La donna per oltre un mese non ha potuto cambiare i vestiti. È tenuta in isolamento e non può avere contatti con altre detenute.
Vengono limitati i contatti di Urszula con la famiglia. Come spiega Skrzetuski «il contatto con mia figlia è molto difficile. Solo una persona della famiglia può vederla una volta al mese. Finora solo il genero e il nipote hanno incontrato mia figlia». Anche la corrispondenza con Urszula è ostacolata: «Le lettere, se arrivano, arrivano con un grande ritardo, dalle quattro alle sei settimane. E sono censurate. Io ho mandato sei lettere a mia figlia, credo che ne sia arrivata a destinazione solo una».
MARITO LICENZIATO E APPARTAMENTO SVALIGIATO
È stata colpita anche la sua famiglia: suo marito è stato costretto a licenziarsi dal lavoro. Qualcuno ha svaligiato il loro appartamento: un evidente tentativo di trovare qualche documento compromettente, spacciato per un furto. Per Skrzetuski il calvario della figlia è tanto più doloroso tenendo conto che lui personalmente ha conosciuto le prigioni comuniste durante il regime di Jaruzelski. «Non pensavo - dice amareggiato - che tutte queste cose che io, da oppositore al regime comunista, sperimentavo durante la legge marziale introdotta dal generale Jaruzelski, toccasse in forme ancora peggiori ai miei figli».
Il padre della detenuta ha svelato che in questi mesi difficili della prigione in isolamento Urszula legge sempre il Diario di suor Faustina, che è fonte di conforto, come anche le conversazioni con il sacerdote cappellano. Urszula prega molto, prega anche per i suoi persecutori. Riesce ad affrontare l'attuale calvario grazie alle solide fondamenta spirituali. Va aggiunto, inoltre, che è legata all'Opus Dei.
Come mostrano i casi di padre Olszewski e della signora Urszula i metodi utilizzati dall'apparato di repressione comunista sono ancora oggi ampiamente utilizzati in Polonia. Ma oggi c'è dietro una grande ipocrisia. Nella Polonia comunista la repressione dei cosiddetti nemici di classe o del sistema era palese e ben manifesta, oggi viene nascosta dietro il pretesto di "difendere i diritti umani " o di "ripristinare lo Stato di diritto ". Le persone vengono arrestate ed umiliate per costringere loro a dichiararsi colpevoli o di fornire prove per incriminare altre persone. Tutto questo serve, oggi come nei tempi comunisti, per eliminare ogni opposizione.
L'ASSURDITÀ DELLE ACCUSE
Ma la cosa più importante riguarda l'assurdità delle accuse contro di lei. Si tratta del presunto abuso d'ufficio nella concessione dei fondi del ministero della Giustizia alla Fondazione Proelio per la costruzione del centro per le vittime degli abusi e dei crimini. «Tutto era legale sottolinea il padre dell'accusata....
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Cina-Vaticano, si riscrive la storia per legittimare l'accordo
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7809

CINA-VATICANO, SI RISCRIVE LA STORIA PER LEGITTIMARE L'ACCORDO di Riccardo Cascioli
«Noi auspichiamo da tanto tempo ormai di poter avere una presenza stabile in Cina anche se potrebbe non avere all'inizio la forma di una rappresentanza pontificia, di una nunziatura apostolica...». È in questa prospettiva, delineata dalle parole del segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, che va interpretato il convegno a cento anni del Concilio di Shanghai, a cui anche Parolin ha partecipato ieri, 21 maggio, facendo poi a margine il commento succitato.
In realtà si è trattato di una commemorazione in due tappe: lunedì 20 a Milano, organizzata dall'Università Cattolica, e ieri appunto a Roma, organizzata dalla Pontificia Università Urbaniana; entrambe rese possibili dalla Comunità di Sant'Egidio, che tanto si sta impegnando per promuovere lo "spirito" del controverso accordo segreto tra Cina e Santa Sede, firmato nel 2018, rinnovato ogni due anni e ora in procinto di essere approvato definitivamente.
Sia a Milano che a Roma grande presenza cinese tra i relatori, tutti ovviamente legati al regime comunista di Pechino, vescovi compresi: a Milano era presente il vescovo mongolo di Hohhot, Meng Qinglu, che ha partecipato a diverse ordinazioni episcopali illegittime; a Roma c'era invece il vescovo di Shanghai, Giuseppe Shen Bin, protagonista del famoso "schiaffo" del regime comunista alla Santa Sede: fu insediato a Shanghai il 4 aprile 2023 dal governo e il Papa, spalle al muro, lo ha riconosciuto soltanto il 15 luglio successivo. Che oggi sia relatore a un convegno in Vaticano la dice lunga sui rapporti di forza stabiliti dall'accordo e soprattutto sulla resa vaticana disposta a concedere tutto pur di piantare una bandierina a Pechino.
IL CONCILIO DI SHANGHAI
Non stupisce quindi che il ricordo del Concilium Sinense di Shanghai (maggio-giugno 1924) sia stata un'occasione per reinterpretare la storia ad uso delle esigenze attuali. Ma cos'è stato il Concilio di Shanghai? Soprattutto la modalità con cui si iniziò ad attuare in Cina le indicazioni al mondo missionario che papa Benedetto XV aveva dato con la Lettera apostolica Maximum Illud (1919): il papa notava che in diverse parti del mondo, il compito missionario era frenato dall'eccessiva dipendenza del clero dalle potenze coloniali che controllavano quelle regioni; da qui, ad esempio, l'esigenza di promuovere la creazione di un clero indigeno «perfettamente formato»: «Come la Chiesa di Dio è universale, e quindi per nulla straniera presso nessun popolo, così è conveniente che in ciascuna nazione vi siano dei sacerdoti capaci di indirizzare, come maestri e guide, per la via dell'eterna salute i propri connazionali».
Monsignor Celso Costantini, inviato come delegato apostolico in Cina da papa Pio XI alla fine del 1922, fu il grande regista di questo cammino, e già nel 1926 ci fu l'ordinazione a Roma di sei vescovi cinesi, un modo per sottolineare che la "indigenizzazione" della Chiesa era strettamente legata alla sua universalità.
Il tentativo neanche troppo velato dei due convegni celebrativi di questi giorni è quello di creare un parallelo tra quel processo di "nazionalizzazione" e l'attuale "sinicizzazione" imposta dal presidente cinese Xi Jinping attraverso l'Associazione Patriottica dei Cattolici Cinesi, e avallata dalle gerarchie vaticane. Lo dimostra anche un passaggio del videomessaggio di papa Francesco al convegno romano, quando ha detto: «A Shanghai, i Padri riuniti nel Concilium Sinense vissero un'esperienza autenticamente sinodale e presero insieme decisioni importanti. Lo Spirito Santo li riunì, fece crescere l'armonia tra loro, li portò lungo strade che molti tra loro non avrebbero immaginato, superando anche le perplessità e le resistenze. Così...
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E' morto il segretario di Palmiro Togliatti
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=705

E' MORTO IL SEGRETARIO DI PALMIRO TOGLIATTI di Massimo Caprara
Esiste solo qualche parola, o forse nessuna, come la parola ideologia che abbia dominato, anzi oppresso, il nostro tempo: il secolo appena passato "delle idee assassine". Di esse non vi parlo come uno storico di professione, perché tale non sono. Vi parlo della concretezza, del mio vissuto, vi reco una testimonianza che alimenta e nutre una riflessione critica. Non è quindi la Storia, ma la mia storia: la storia di un ideale che degenera in ideologia, di come un ideale si trasforma, si corrompe, si separa dall'esperienza e diviene un sistema dogmatico, una corazza di false verità totalizzanti e assolute.
IDEOLOGIA, NON SUCCEDE MAI NIENTE DI IMPREVISTO
In questo senso, ideologia è contrario della realtà, contrario del Vero, suo pregiudizio, sua contrapposizione, suo non pensare. Nell'ideologia ogni passaggio è scontato. Essa è incurante dell'evidenza, è tempo senza tempo, incapacità di cercare il Vero, di riconoscerlo, di volerlo, di amarlo, ma capace solo di esecrarlo e negarlo. In uno dei maggiori suoi teorici, l'ideologia è «potere di una classe organizzata per opprimerne un'altra». Così Karl Marx nei Manoscritti economici - filosofici del 1844 e nell'Ideologia tedesca del 1846, descrive l'intrinseca violenza, prevedibile e prevista, che è la sostanza dell'ideologia. [...]
Se parlo con durezza, con ostinazione e contrarietà, se parlo così di Ideologia non è certo per metafisica accademica. Parlo della mia vita. Ho vissuto per oltre 25 anni all'interno di una Ideologia, in una delle sue versioni più drammatiche, attivistiche, dottrinarie. Dal 1948 al 1968 ho fatto parte del Partito comunista italiano, del suo massimo pensatoio e dirigenza ossia della Nomenklatura comunista, nella sua confessione togliattiana. Sono stato membro del suo Comitato centrale, Sindaco di Portici, Deputato alla Camera per vent'anni. In quella ideologia ho militato con convinzione, allora con calore e ardore. Ho visto da vicino, ogni giorno, il volto e la maschera di una cultura e di una Ideologia autoritaria e costrittiva, che non può essere obliterata e che lascia un segno di memoria e di trauma. Ho vissuto il male dell'Ideologia sino in fondo. Ma proprio dal fondo dell'errore, ho ricevuto una spinta, un recupero, un desiderio del bene e della Verità, ho sentito, se così posso dire, il profumo della Bellezza.
Di questo passato, io non mi assolvo. Ne vedo gli errori, le responsabilità personali e collettive, ne porto il peso materiale e morale. Non mi assolvo, ma neppure mi fustigo sterilmente. Di tutti i diritti di cui disponiamo, io non posso avere il diritto di tacere. Scrivo libri, ragiono, discuto, mi confronto per capire e giudicare, per suggerire i temi di un dialogo liberatorio, necessario e durevole.
UN PASSATO FALLITO. E CHE MINACCIA IL PRESENTE
Perché l'ideologia, in particolare e soprattutto quella comunista, è contraria alla Verità? Lo è per l'egualitarismo che contraddice e sopprime la libertà personale. Lo è per il totalitarismo che concentra in pochi il destino di molti. Ne vincola l'intera vita sociale, stermina il dissenso e lo reprime come inammissibile e imperdonabile. Lo è in quanto derivazione perversa e contraddittoria dal settecentesco Secolo dei Lumi. L'ideologia comunista comincia con il finto amore per l'Uomo, ma esso, nell'intelletto e nella pratica, finisce con l'orrore della vita. Io ho vissuto nel Partito impraticabili, estranianti ideali, io ho vissuto l'ideologia dell'avversione all'uomo. Mi sforzo di indurre gli altri a fare i conti con un passato che è praticamente fallito, ma non è morto. Mi batto perché esso non venga rimosso senza essere stato affrontato criticamente e senza una contestazione civile, ma implacabile. Parlo perché...
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Il centenario della morte di Lenin, uno dei peggiori criminali della storia
VIDEO: Intervista a Lenin ➜ https://www.youtube.com/watch?v=OBvlp4ih4Oo&list=PLolpIV2TSebWlrsMU4QrkYZXezTH-BCY6

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7740

IL CENTENARIO DELLA MORTE DI LENIN, UNO DEI PEGGIORI CRIMINALI DELLA STORIA di Roberto de Mattei
Un'atmosfera di penombra ha avvolto il centenario della morte di Vladimir Ilich Ul′janov, noto con lo pseudonimo di Lenin, una delle figure più criminali della storia. Morto il 21 gennaio 1924 a Mosca, a causa di una paresi, era nato 54 anni prima a Simbirsk, sulla sponda occidentale del Volga. Figlio di un ispettore scolastico, Vladimir Ul′janov fu un tipico prodotto di quella Russia fine secolo, nella quale, come scrisse Curzio Malaparte, «il fanatismo piccolo borghese andava dal liberalismo marxista al cristianesimo marcio di Tolstoi» (Il buonuomo Lenin, Adelphi, 2018, pp. 22-23). La sua giovinezza fu segnata dalla vicenda del fratello maggiore Aleksandr, impiccato nel maggio 1887 per aver complottato contro la vita dello zar Alessandro III. Vladimir Ul′janov, che già cominciava a leggere le opere rivoluzionarie, si convinse dell'errore dei populisti che intendevano sollevare i contadini compiendo atti terroristici esemplari. Fondamentale fu poi l'incontro con il padre del marxismo russo Georgji Plechanov (1856-1918), esule in Svizzera. Discepolo di Marx, ma anche dello stratega prussiano Carl von Clausewitz (1780-1831), Lenin sviluppò una teoria che faceva della Rivoluzione una scienza. Nell'autunno 1895 fondò a Pietroburgo il circolo Osvoboždenie truda ("Emancipazione del lavoro"), per l'unificazione dei gruppi rivoluzionari, ma nel dicembre venne arrestato e scontò quattordici mesi di carcere e tre anni in Siberia. Esiliato nel 1900, si trasferì a Monaco di Baviera e infine a Zurigo, dove con Plechanov e Julji Martov (1873-1923), fondò il periodico Iskra ("Scintilla") allo scopo di diffondere l'ideologia comunista in Russia. Nel libro Che fare? (1902), progettò un partito comunista fortemente centralizzato guidato da «uomini la cui professione è l'azione rivoluzionaria» (Opere scelte, Progress, 947, vol. I, p. 331).
Scoppiò la Prima guerra mondiale e Lenin viveva in una modesta camera della Spiegalgasse, a Zurigo, quando, nel febbraio 1917, la rivoluzione di Aleksander Kerensky (1881-1970) rovesciò il regime zarista. Lo Stato maggiore tedesco decise di inviare in Russia «i batteri della peste rossa», per fare crollare il fronte interno dell'esercito nemico. Il 17 aprile 1917, trentadue esponenti rivoluzionari, tra cui Vladimir Ul′janov, lasciarono Zurigo su un "treno piombato" alla volta di Pietrogrado.
LA VIOLENZA PER CONQUISTARE IL POTERE
Giunto in Russia, Lenin esortò il partito bolscevico ad assumere il potere, teorizzando in Stato e rivoluzione (1917) la conquista violenta del potere e la dittatura del proletariato, alla quale sarebbe seguito, il "deperimento" dello Stato, cioè lo spontaneo passaggio dalla fase inferiore alla fase superiore della società comunista senza classi.
Quando, nell'ottobre del 1917, il partito bolscevico, guidato da Lenin riuscì con un colpo di Stato a conquistare il potere, la "undicesima tesi" di Marx su Feuerbach (1845), secondo la quale, il compito dei filosofi non è quello di conoscere il mondo, ma di trasformarlo, sembrò essersi storicamente realizzata nella sua persona. La violenza fu il metodo per conquistare il potere e per mantenerlo. Il 20 dicembre 1917 Lenin creò la Čeka, la polizia politica a cui affidò il compito di annientare la classe borghese. George Leggett calcola in 140.000 le sole esecuzioni compiute dalla Čeka tra il 1917 e il 1922 (The Cheka: Lenin's political Police, Clarendon Press, 1981, p....
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La disastrosa situazione del Brasile sotto il comunista Lula
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7716

LA DISASTROSA SITUAZIONE DEL BRASILE SOTTO IL COMUNISTA LULA di Roberto Bertogna
"La destra è viva, anzi è la maggiore forza politica oggi in Brasile. Lula non sarebbe mai stato capace di organizzare una simile manifestazione".
Ecco quanto commentava un noto opinionista di sinistra sulla gigantesca manifestazione contro il socialismo e a favore dell'ex presidente Bolsonaro, tenutasi domenica scorsa a San Paolo del Brasile. Il pubblico, calcolato dal Ministero dell'interno in oltre ottocentomila persone, riempiva da un estremo all'altro l'Avenida Paulista, una delle principali vie del capoluogo.
Dal 2013, quando sono iniziate le grandi manifestazioni di piazza contro la sinistra, il Brasile ha assistito a un risveglio dell'opinione pubblica, con la formazione di un pubblico sempre più consistente e più radicato nelle idee conservatrici. Questo blocco comprende anticomunisti, cattolici di destra, evangelici di varie confessioni, liberali classici e centristi di varie sfumature. Dopo anni di sonnolenza, il Brasile autentico si è risvegliato.
Incapace di contenere in modo democratico questa sana reazione, la sinistra ha buttato nella mischia le sue truppe d'assalto: la stampa e il Potere giudiziario. Ha quindi iniziato una tremenda campagna di manipolazione e intossicazione dell'opinione pubblica. Non contava, però, con le nuove tecnologie. Per contrastare la propaganda del regime, è sorta una fitta rete di canali, pagine, blog, pubblicazioni online, ecc. di centro-destra, che è riuscita egregiamente a bypassare la gioiosa macchina da guerra mediatica della sinistra. È comune, per esempio, per un blogger di centro-destra avere 2-3 milioni di follower.
Il contrattacco del Potere giudiziario, invece, si è dimostrato molto più efficace.
Durante il mandato del presidente Bolsonaro (2019-2022), il Supremo Tribunal Federal (Corte Suprema) è intervenuto a gamba tesa in più di 120 occasioni, calpestando le funzioni organiche dell'Esecutivo. Molti collaboratori di Bolsonaro sono finiti sotto inchiesta. Basta fare un discorso anticomunista in Parlamento per beccarsi un'inchiesta giudiziaria, che spesso e volentieri finisce con la pena di carcere, in barba all'immunità parlamentare. Sì, cari amici, in Brasile oggi ci sono prigionieri politici, come in Cuba. Non pochi esponenti del centro-destra hanno dovuto fuggire all'estero, mentre altri - tra cui lo stesso Bolsonaro - hanno avuto il passaporto confiscato.
I GIUDICI DI SINISTRA
Il parti pris delle toghe rosse a favore di Luiz Inácio "Lula" da Silva, leader del Partito dei Lavoratori, di matrice marxista, arriva al limite del surreale. Nonostante una condanna penale, passata in giudicato in tre diverse istanze fino alla Corte d'Appello, egli è stato scarcerato e dichiarato vincitore delle elezioni generali del 2022. Come mai? Semplice: non per l'innocenza dell'imputato, ma perché un Ministro della Corte Suprema (sì, uno!) ha "sospeso" la condanna per "incompetenza di foro" (sic). Lascio ai signori avvocati la qualifica di un tale atto…
L'auge è arrivato quando, per ordine del magistrato Alexandre de Moraes - dichiaratamente comunista - si è proceduto all'invasione, e conseguente confisco delle apparecchiature, di molti organi di comunicazione legati al centro-destra. Più di un giornalista è finito in galera. La maggiore radio conservatrice del Paese, la Jovem Pam, è stata costretta a cambiare linea editoriale, pena la chiusura. Un numero imprecisato di blogger e youtuber si è rifugiato negli Stati Uniti. Per impedire la diffusione online di idee contrarie al socialismo, de Moraes è giunto all'estremo di proibire in Brasile diverse piattaforme digitali.
Mentre il centro-destra è così bastonato, i rappresentanti della sinistra hanno la totale protezione...
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La morte di Bernardo Caprotti, protagonista della resistenza delll'Esselunga contro le coop rosse
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4410

LA MORTE DI BERNARDO CAPROTTI PROTAGONISTA DELLA RESISTENZA DELL'ESSELUNGA CONTRO LE COOP ROSSE di Renato Farina

La morte di Bernardo Caprotti è accaduta come tutti vorremmo capitasse a noi stessi. A tarda età, ma mentre si vive. Al punto che a Boris pare di avere interrotto il suo discorso con lui un attimo prima. Sui giornali ci era finito ancora pochi giorni fa da protagonista, uno che tiene la frusta sul cavallo, non per colpirlo, ma per far vedere chi comanda, indicandogli una strada. C'è qualcosa in lui di molto italiano, e qualcos'altro di diversissimo dai costumi italici, e di molto russo. Mi accorgo di aver usato l'indicativo presente, perché mi sembra impossibile si possa sotterrare uno così.
Caprotti è stato l'uomo che ha inventato il supermercato in Italia. In viale Regina Giovanna trasformò una vecchia autorimessa in un grande negozio, con gli scaffali, dove i clienti potevano scegliersi le merci e posarle in un carrello. Era il 27 novembre 1957. Nasceva così Esselunga, un nome derivato dall'insegna Supermarket con la consonante sibilante che si estendeva sul resto della scritta. I bottegai - ne sono consapevole - non l'hanno amato, ma il passaggio a questa nuova dimensione, alla grande distribuzione, era inevitabile per lo sviluppo delle tecnologie e per l'impulso americano. Alcuni negozi di vicinato hanno saputo resistere, tenere accese le vetrine, altri si sono arresi: in fondo l'innovazione punisce sempre chi non sa estrarre talenti dalla tradizione e si siede su di essa, invece che inventare, consorziarsi con amici e concorrenti, provare il nuovo sul suolo antico ma concimato dal proprio sudore e da quello delle nuove generazioni.
Caprotti è stato italiano in due sensi. La caparbietà dell'inventiva, il reggere alla concorrenza straniera. In un capitalismo italiano bravo solo a farsi sovvenzionare dallo Stato e a trovare accordi nei salotti buoni per non rischiare nulla, Caprotti ha avuto il coraggio di giocarsela. Ha puntato su se stesso e i suoi collaboratori (li chiamava così, non impiegati o dipendenti, e sono più di 22 mila), e cioè sul lavoro, invece che sulla finanza. Non ha venduto per godere plusvalenze miliardarie dalla vendita a francesi o americani del suo business. Di certo non avrebbe mai venduto alla Coop. Non sopportava il comunismo in teoria, ma soprattutto l'affarismo dei comunisti nella pratica. Nove anni fa scrisse Falce e carrello, dove dimostrò i legami ammorbanti tra le amministrazioni delle Regioni rosse (Emilia-Romagna, Toscana in primis) e la proliferazione di supermercati del medesimo colore. A lui, al suo modo di intendere l'imprenditoria, non si lasciava spazio. La sua denuncia fece sapere all'Italia molte cose. Le sanno benissimo anche gli altri imprenditori delle medesime regioni. Ma per quieto vivere e per realismo non hanno potuto permettersi lo stesso coraggio. Negli ultimi tempi, sentendo che l'età gli imponeva delle decisioni, aveva stabilito di vendere tutto. In mani sicure, capaci di non sprecare il suo tesoro, frammentarlo, tradendo il suo spirito. In Italia non vedeva nessuno. Detestava l'ingordigia francese. Pensava piuttosto agli americani. [...]
Non ha fatto a tempo a vendere, Caprotti. Per il bene di questo nostro paese e della sua discendenza, ci auguriamo che le liti ereditarie non portino a tagliare in pezzi questo diamante unico, che è così italiano. Riposi in pace, cavalier Bernardo. Anzi, venga giù a dare una mano.
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L'asfissiante propaganda del governo nelle chiese in Cina
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7514

L'ASFISSIANTE PROPAGANDA DEL GOVERNO NELLE CHIESE IN CINA di Manuela Antonacci
Dal 1° settembre, a Pechino, entreranno in vigore 76 nuove Misure finalizzate a rafforzare il controllo del governo cinese sulle attività religiose. Si tratta di un ulteriore giro di vite che ha lo scopo reprimere il "sottobosco" delle organizzazioni religiose riluttanti a farsi risucchiare dal "mercato rosso" delle religioni ufficiali in Cina, ovvero le cinque associazioni permesse dal Partito Comunista Cinese, il quale ne nomina pure i responsabili: l'associazione buddista, l'associazione taoista, l'associazione musulmana, l'associazione protestante (la Chiesa delle Tre Autonomie) e l'associazione cattolica (l'Associazione patriottica cattolica cinese)
Di più, le nuove misure convertiranno i luoghi di culto in veri e propri rami del sistema di propaganda del Partito Comunista Cinese, come riporta Bitter Winter. Infatti, queste Disposizioni sostituiscono quelle del 2005 e confermano che i luoghi in cui si svolgono le attività religiose (monasteri, templi, moschee e chiese) dovranno trasmettere attivamente la propaganda del Partito Comunista Cinese, altrimenti rischieranno la liquidazione. Sono state stabilite disposizioni più severe per includere contenuti di propaganda addirittura nei sermoni e per creare gruppi di studio che si formino sui documenti del Partito Comunista Cinese in tutti i luoghi di culto. Viene inoltre sottolineato che «è vietato costruire grandi statue religiose all'aperto al di fuori di templi e chiese» e il divieto vale anche per privati cittadini o donatori.
Di fatto tutto questo si configura come l'ennesimo tentativo di uniformare il credo dei cittadini alla propaganda di Stato, anche se nell' Articolo 1 si ha il coraggio di affermare «Queste misure sono formulate [...] per proteggere le normali attività religiose e salvaguardare i diritti e gli interessi legittimi dei luoghi di culto e dei cittadini credenti». Lo spirito liberticida che pervade queste norme emerge bene dall'Articolo 3, in cui si legge «I luoghi in cui si svolgono le attività religiose devono sostenere la leadership del Partito Comunista Cinese e del sistema socialista, attuare completamente l'ideologia del socialismo di Xi Jinping con caratteristiche cinesi per la nuova era, rispettare la Costituzione, le leggi, le norme e i regolamenti e le disposizioni pertinenti la gestione degli affari religiosi, praticare i valori fondamentali del socialismo, aderire alla direzione della sinicizzazione delle religioni cinesi, aderire al principio di indipendenza, autonomia e autosufficienza e salvaguardare l'unità del paese, l'unità nazionale, l'armonia religiosa e la stabilità sociale».
Ovviamente anche gli insegnanti di religione dovranno adeguarsi all'ideologia del Partito: nell' Articolo 6 si legge che nei luoghi di culto «vi è un insegnante di religione che deve presiedere alle attività religiose in conformità con le norme e i regolamenti del gruppo religioso nazionale». Dopo aver stabilito a chiare lettere, nelle prime disposizioni, il totale subordinamento delle attività religiose al regime di Pechino, nelle norme successive, vengono fornite una serie di indicazioni burocratiche minuziose riguardo i luoghi di culto: all' Articolo 66 si specifica, ad esempio, che «il Dipartimento degli affari religiosi deve supervisionare e ispezionare i luoghi in cui si volgono le attività religiose in termini di conformità alle leggi».
Insomma, l'ennesimo sistema creato ad hoc che costringa le comunità religiose a far passare tutte le loro iniziative al vaglio del regime di Pechino. Un sistema di cui il Dipartimento per gli affari religiosi rappresenta la longa manus con il suo controllo continuo, fatto passare per "assistenza e supervisione". In soldoni, non c'è...
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Stalin, la tentazione di estirpare il male con la violenza
VIDEO: The soviet story ➜ https://rumble.com/vwywp3-origini-comuni-di-comunismo-e-nazismo.html

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7415

STALIN, LA TENTAZIONE DI ESTIRPARE IL MALE CON LA VIOLENZA di Vincenzo Sansonetti
Mosca, 1° marzo 1953, interno del Cremlino, di tarda mattina. Due guardie sono davanti all'ufficio di Iosif Vissarionovič Dzugasvili, 74 anni, un bolscevico di umili origini nativo della Georgia, che si è dato il nome di battaglia di Stalin ("l'uomo d'acciaio"). Da oltre un trentennio è il segretario generale del Partito comunista, in sostanza l'indiscusso capo dello Stato sovietico nato dalla rivoluzione del 1917. "Degno continuatore dell'opera di Lenin" (come lui stesso si definiva), Stalin sta preparando l'ordine di deportazione nella Manciuria orientale, più precisamente nel territorio del Birobidian, di tutti gli ebrei sottoposti al suo potere; non solo quelli che vivono nell'Unione Sovietica (circa tre milioni), ma anche quelli degli Stati satelliti dell'Europa orientale (particolarmente numerosi in Romania, dove i nazisti ne avevano deportati solo una minima parte).
Il motivo? Dirà ai suoi più stretti collaboratori, stupiti e increduli per questa scelta, dal momento che proprio gli ebrei occupavano molti posti di responsabilità nel partito: "Tutti gli ebrei russi non guardano forse alla Palestina, ormai? Chi di loro pensa più alla costruzione del comunismo? Non ci offende abbastanza questo? O forse dovremmo attendere addirittura che i nostri ebrei diventino fra noi la quinta colonna dello Stato di Israele?".
Le sue parole non si discutono. "Io non dubito, né dubiterò", cantano in coro le guardie. E aggiungono: "Chi può ormai più dubitare che il comunismo è la dottrina che sanerà i mali del mondo?".
Così comincia la tragedia Processo e morte di Stalin, opera meno nota ma fondamentale dello scrittore e saggista brianzolo Eugenio Corti (1921-2014), autore del long seller Il Cavallo rosso (più di trenta edizioni in quarant'anni). Racconta gli ultimi giorni di vita del dittatore sovietico, immaginando che sia stato vittima di una congiura ordita dai suoi ex "fedelissimi: Beria, Bulganin, Caganovic, Crusciov, Malencov, Micoian, Molotov e Voroscilov, che effettivamente si spartiranno il potere alla sua morte. Lo sottopongono a processo e con l'aiuto di medici compiacenti lo faranno morire procurandogli un'emorragia cerebrale, che fu effettivamente la causa del suo decesso. Ma Stalin si difende, affermando che i suoi seguaci si comporteranno in maniera spietata esattamente come lui, se vogliono davvero difendere il comunismo. E infatti il primo ad essere eliminato, pochi mesi dopo, sarà Beria, il feroce capo della polizia segreta.
UN CAPOLAVORO (PESANTEMENTE STRONCATO DALLA STAMPA DI SINISTRA)
La stesura della tragedia risale agli anni 1960-1961 e fu subito ritenuta un capolavoro da Mario Apollonio, il maggior critico e storico del teatro del dopoguerra. Venne rappresentata a Roma il 3 aprile 1962 al Teatro della Cometa - proprio su suggerimento e con il patrocinio di Apollonio - dalla Compagnia Stabile di Diego Fabbri, con la regia di Orazio Costa, ma "mutilata" e ridotta a semplice lettura scenica, quasi per ridurne e affievolirne la potenza drammatica ed evocativa, in quanto forte denuncia dei crimini staliniani (milioni e milioni di vittime, "nemici del popolo" ed "elementi ostili ed estranei alla società", come i kulaki, letteralmente fatti morire di fame). L'opera rimase in cartellone per quasi due settimane, con un buon successo di pubblico e giudizi favorevoli di almeno una parte della critica, ma fu pesantemente stroncata dalla stampa marxista o fiancheggiatrice del marxismo. Malgrado la...
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Il PD di Elly Schlein è aggressivo da far paura
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7338

IL PD DI ELLY SCHLEIN E' AGGRESSIVO DA FAR PAURA di Paolo Piro
La vittoria di Elly Ethel Schlein alle primarie del PD, suggerisce diverse riflessioni. Ai vertici di quello che fu il "glorioso" Partito Comunista Italiano, arriva una leader dai tratti antitetici a tutto ciò che è tradizionale. La Schlein ha tre cittadinanze, la diremmo cittadina del mondo, negazione della Patria. Si dichiara paladina degli LGBT+, negazione della natura. E' plenipotenziaria di tutti i diritti immaginabili - utero in affitto, libera cannabis, pillola abortiva Ru486 gratis, adozione da parte delle coppie gay, eutanasia, aborto - insomma l'individualismo libertario più radicale, negazione di ogni identità. Viene votata, da non tesserata, a segretaria del PD, da molti non tesserati al partito, gli uomini qualunque dei 5Stelle, negazione di ogni appartenenza. Con la Schlein, i motivi dominanti della sinistra non saranno più i diritti sociali (lavoro, welfare) ma i diritti civili, in un quadro di precarietà ed instabilità sociale ed esistenziale, dato per acquisito.
Nel 1943 Palmiro Togliatti torna in Italia dall'URSS, con un progetto condiviso e "benedetto" da Stalin. Un piano che prevede quanto, in effetti, accadrà successivamente: la partecipazione dei comunisti al governo Badoglio, il referendum tra monarchia e repubblica etc..., ma soprattutto calibrato, come lui stesso afferma: "per cambiare gli italiani nel modo di essere e di sentire", attraverso l'affermazione dell'egemonia culturale gramsciana ed il divieto della rivoluzione armata, surrogata da una lenta, progressiva e vincente occupazione di tutti gli spazi socioculturali. È il partito radicale di massa, l'obiettivo individuato da Togliatti che con la Schlein, si compie. Il dimenticato Augusto Del Noce in "Il Suicidio della Rivoluzione", aveva visto giusto anche perché il fine del marxleninismo è l'anarchia come modello politico e umano. Togliatti aveva spiegato bene che "il marxismo non è un dogma ma una guida per l'azione politica". Una parte dei militanti del PD non capiranno questa progressione, ma non dimentichiamo quel genio di Giorgio Gaber ed il suo "Qualcuno era Comunista". I motivi per far parte di quel partito erano i più eterogenei. Una eterogeneità che non fa problema ai 5S, evanescenti come sono, ma farà qualche problema ai cattocomunisti. I pronipoti di Don Sturzo, De Gasperi, Moro, Martinazzoli, come concilieranno la radicalizzazione del partito con la loro militanza? Ci sarà ancora posto per i cattolici nel Pd? Per alcuni il problema non c'è perché hanno già completato quel trasbordo ideologico che li ha transitati dalla fede cattolica ad una fede disincarnata, privatizzata, protestantizzata, approdando ad una chiesa pneumatica, che Papa PIO XII aveva previsto e condannato negli anni cinquanta. Per altri sarà più difficile sposare il loro progressismo cattolico con il radicalismo della Schlein, anche perché la linea ambientalista ed immigrazionista, acquisirà presto un inevitabile sapore religioso e quando la politica si eleva a religione diventa totalitarismo. Il PD si batterà per reintrodurre a pieno titolo il reddito di cittadinanza, sconfiggere il "malcostume" dell'obiezione di coscienza del personale sanitario sulla 194, combattere ogni obiezione alla ovvietà del relativismo in ogni campo. I cattocomunisti, dovranno decidere se diventare definitivamente i chierici della "nuova" chiesa globalista/ambientalista. Una chiesa che giudica tutti sulla base di criteri morali leninisti dove la "moralità è ciò che serve alla distruzione della vecchia società" o di quel che ne rimane, e per l'avvento di un uomo nuovo che cambia dall'esterno verso l'interno, come e dove il potere vuole. Il sorriso delle sardine, Santori e Schlein è tutt'altro che innocente, ha il volto giacobino della...
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Comunismo - BastaBugie.it
Daniel Ortega, il "volto umano" del comunismo in Nicaragua
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7303

DANIEL ORTEGA, IL ''VOLTO UMANO'' DEL COMUNISMO IN NICARAGUA di Mauro Faverzani
A chi ancora credesse al volto umano dell'ideologia comunista - qua e là nel mondo tradottasi o nella dittatura del partito unico o nella tragedia di un immorale radicalismo di massa -, varrebbe la pena di dedicare, quale esempio, la situazione odierna del Nicaragua di Daniel Ortega, tornato al potere nel 2007 col partito sandinista, partito di estrema sinistra impregnato di marxismo, socialismo, antimperialismo e teologia della liberazione.
Come noto, questo Paese dell'America centrale è formalmente una repubblica presidenziale, col ritorno di Daniel Ortega però subito trasformata in un regime e dei più oscuri. Per citare solo l'ultimo periodo di una lunga e contrastante carriera politica, lo scorso 16 dicembre il vescovo di Rockford, mons. David Malloy, ha chiesto agli Stati Uniti ed alla comunità internazionale di esercitare pressioni per ottenere il rilascio del vescovo di Matagalpa, amministratore della diocesi di Estelí e segretario per i media della Conferenza episcopale, mons. Rolando Álvarez, prelevato dalla Polizia nazionale dal suo palazzo nelle prime ore dello scorso 19 agosto e poi posto dal governo prima e dai giudici poi agli arresti domiciliari con le incredibili accuse di «cospirazione per attentare all'integrità nazionale e propagazione di notizie false attraverso le tecnologie dell'informazione e della comunicazione a danno dello Stato e della società nicaraguense», semplicemente per aver rivolto comprensibili critiche ad un esecutivo, distintosi per la politica di aggressione e intimidazione fisica scatenata contro la Chiesa cattolica, da oltre un anno perseguitata per un presunto sostegno dato ad oppositori e dissidenti.
L'anno scorso il governo sandinista ha espulso dal Paese il nunzio apostolico Waldemar Stanislaw Sommertag e 18 suore Missionarie della Carità, ha imprigionato 7 sacerdoti e 2 collaboratori laici, chiuso 9 stazioni-radio cattoliche, ritirato 3 canali cattolici dalla programmazione televisiva in abbonamento, impedito processioni e pellegrinaggi. Profanazioni del Santissimo Sacramento e di immagini sacre, arresti ingiusti ed ingiustificati, violenze, divieto di rientro in Patria imposto ai sacerdoti all'estero sono solo alcune delle più evidenti prevaricazioni poste in essere da un regime rivoluzionario, pronto a calpestare libertà religiosa e diritti umani (quelli veri...), impedendo l'avvio di un processo di ripristino dello stato di diritto nel Paese, come evidenziato dal vescovo Malloy, che ha anche lanciato un drammatico allarme: «L'aspetto fisico deteriorato di Álvarez testimonia le condizioni particolarmente difficili degli arresti domiciliari».
La risposta non si è fatta attendere. Lo scorso 20 dicembre Daniel Ortega, durante la cerimonia di consegna dei diplomi ai cadetti dell'Accademia di Polizia, si è scagliato a muso duro contro la Chiesa cattolica, incolpando i vescovi del bagno di sangue avvenuto nel 2018, quando migliaia di nicaraguensi scesero in piazza per protestare contro il regime sandinista. 300 dissidenti furono massacrati solo per aver chiesto un cambio di governo. Senza vergogna, Ortega ha accusato di tutto questo sacerdoti e vescovi, bollati come «farisei» e «sepolcri imbiancati», concludendo il discorso con un giudizio senza appello: «Non ho mai avuto rispetto per i vescovi».
La data del processo al vescovo Álvarez non è stata ancora fissata. Ma le stesse accuse di «diffusione di notizie false» e «cospirazione» si sono già tradotte anche nell'arresto di altri 3 sacerdoti, 2 seminaristi, un diacono ed un laico, un fotografo cattolico per la precisione. Tra questi figura anche Padre Ramiro Reynaldo Tijerino Chávez, rettore dell'Università «Giovanni Paolo II». Tutti proclamano la...
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Comunismo - BastaBugie.it
La Cina ammette (in ritardo) i dati sui morti di covid: è la fine del bluff
VIDEO: I migliori anni ➜ www.youtube.com/watch?v=e6b22FCDwbM&list=PLolpIV2TSebVtj34zS7A0AabuQ9cf1Uxp

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7279

LA CINA AMMETTE (IN RITARDO) I DATI SUI MORTI DI COVID: E' LA FINE DEL BLUFF di Stefano Magni
La Cina ammette di aver subito quasi 60mila morti di Covid nell'ultimo mese e incassa il plauso dall'Oms: almeno una stavolta ha reso pubblico un dato reale.
L'ultima stima è il risultato del colloquio, sabato, fra il capo della Commissione Nazionale per la Salute cinese, Ma Xiaowei e il direttore generale dell'Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus. I morti sono 59.938, il 90% sono anziani con più di 65 anni. Finora, le autorità cinesi avevano dichiarato appena 30 morti di Covid dalla fine dei lockdown. Come mai tanta differenza fra le stime precedenti e le attuali? Il modo di contare: le autorità erano autorizzate a contare come "morto per Covid" solo il paziente che non aveva altre patologie pregresse. È questo il tipo di contabilità che risulta da una nota del Centro per la Prevenzione e il Controllo cinese del 21 dicembre scorso, trapelata alla stampa. Quindi una minoranza estrema. La stessa nota contava 250 milioni di infetti nei primi venti giorni di dicembre e dà l'idea di quanto sia già diffusa la nuova ondata.
I CONTI NON TORNANO
Certo è che, con la contabilità cinese abbiamo sempre dovuto fare i conti. La pandemia, dal gennaio 2020 al dicembre 2022, secondo le autorità di Pechino, avrebbe provocato in tutto 5.272 morti (in Italia, per fare un paragone, sono stati 185.417). Adesso, dopo questa ammissione, si scopre che i trenta morti di dicembre e gennaio erano in realtà quasi 60mila. Quindi in un solo mese sono morte 12 volte il totale delle vittime di Covid degli ultimi due anni? C'è ovviamente qualcosa che non torna.
La rivelazione di questi dati compromette la narrazione cinese, ma non solo quella. Infatti svela il bluff che c'era dietro alla politica di lockdown, volta ad eradicare il virus e non solo a contenerne la diffusione. Se appena finite le misure della strategia "zero Covid" la malattia riprende a circolare e fa decine di migliaia di vittime, vuol dire che non c'è alcuna possibilità di eradicare il virus tramite le chiusure. Neppure se imposte a tutti con le maniere brutali delle autorità della Cina, con metodi che solo un regime totalitario può permettersi. Quando Pechino ha annunciato la fine improvvisa delle chiusure lo ha fatto affermando che il virus fosse sconfitto. E invece non lo era. Motivo in più per pensare che il cambio di rotta sia avvenuto sia per motivi politici (la paura che le proteste dilagassero), sia per motivi economici (la crisi dovuta alle chiusure e i costi della politica zero Covid stavano diventando insostenibili). E questo in un Paese che già dichiarava definitivamente sconfitto il virus l'8 aprile 2020 e che ha puntato il dito contro virus "da importazione" dopo ogni caso registrato successivamente a quella data.
TUTTO SBAGLIATO, TUTTO DA RIFARE
Ghebreyesus si è complimentato con le autorità cinesi per aver accettato di condividere per la prima volta dei dati reali. Ora le prega di essere più trasparenti anche sull'origine della pandemia. Anche questa domanda svela un bluff a cui ha partecipato la stessa Oms di Ghebreyesus per almeno un anno. Prima l'Organizzazione mondiale ha aderito ai tempi dettati da Pechino, dando l'allarme solo quando il regime cinese ha deciso di proclamare l'emergenza, mentre Taiwan, soprattutto, era in allerta dal mese precedente (il 31 dicembre 2019, contro il 23 gennaio 2020, data ufficiale di inizio emergenza). Questo ritardo è risultato fatale per la diffusione del virus nel mondo. Poi,...
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Proclamare santo il vescovo Camara significa canonizzare il comunismo
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7254

PROCLAMARE SANTO IL VESCOVO CAMARA SIGNIFICA CANONIZZARE IL COMUNISMO
Il vescovo brasiliano Helder Camara potrebbe essere dichiarato venerabile: fu protagonista della teologia della liberazione, benevolo verso Urss e Cina, nella sua diocesi si pianificava la lotta armata rivoluzionaria
di Stefano Chiappalone
Un deciso passo in avanti per la causa di beatificazione di mons. Helder Camara (1909-1999), il "vescovo rosso" brasiliano che a breve potrebbe essere dichiarato venerabile. Lo ha reso noto l'arcivescovo mons. Fernando Saburido, suo successore nell'arcidiocesi di Olinda e Recife, retta da Camara tra il 1964 e il 1985. Un prelato sui generis, schierato con l'ala più progressista dei padri conciliari e poi, a concilio concluso, desideroso di un Vaticano III che superasse il secondo (naturalmente a sinistra). Protagonista della teologia della liberazione, sul piano politico, si mostrò decisamente benevolo verso le dittature comuniste, dall'Unione Sovietica, alla Cina, a Cuba, sempre all'insegna della "difesa dei poveri" con cui è stato propagandisticamente identificato in vita e in morte. Qualora un giorno mons. Camara salisse agli onori degli altari, costituirebbe un modello a dir poco controverso. A sostenerlo, auspicando che la causa venga sospesa, è Tradizione Famiglia Proprietà (TFP), rete di associazioni nata proprio in Brasile dall'opera di Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), leader cattolico e impegnato nella "battaglia culturale" su posizioni opposte a quelle di dom Camara. Ne parla a La Bussola Julio Loredo, presidente della TFP italiana.
Loredo, potremmo avere dunque un "vescovo rosso" sugli altari?
Dom Helder Camara è stato una figura chiave del progressismo ecclesiale dagli anni ‘30 fino alla morte, protagonista della svolta a sinistra dell'Azione Cattolica in Brasile. In seno a questo processo è sorta anche la teologia della liberazione. Inoltre negli anni '50 e '60 ha avuto un ruolo centrale nel ricambio (generazionale ma anche ideologico) dell'episcopato brasiliano, favorendo la nomina di prelati progressisti insieme al nunzio dell'epoca, mons. Armando Lombardi.
Una parabola partita però dal fronte opposto...
E non da semplice militante: era il numero due del partito filo-nazista Azione Integralista Brasiliana, fondato da Plinio Salgado. Quando fu ordinato sacerdote, nel 1931, sotto la talare indossava la divisa delle milizie integraliste. Grazie a uno studio di Plinio Correa de Oliveira, che ne mostrava l'incompatibilità con la dottrina cattolica, venne meno l'appoggio ecclesiastico al movimento, poi messo fuorilegge dal presidente Getulio Vargas. Dopo la dissoluzione e l'esilio di Salgado, Camara iniziò il suo trasbordo ideologico verso sinistra - che abbiamo descritto in apertura - fino alla teologia della liberazione e alla costituzione di comunità ecclesiali di base (CEB), prefigurate dal pedagogo brasiliano marxista Paulo Freire, ispiratore del Movimento de Educação de Base.
Come si mosse dom Camara durante il Concilio?
Pur non avendo mai preso la parola in aula, è stato assolutamente centrale dietro le quinte del Vaticano II. Era lui a coordinare gli incontri fra esponenti dell'ala progressista (curiosamente anche sul fronte tradizionalista la spinta veniva dal Brasile, grazie agli incontri coordinati da Plinio Correa de Oliveira dai quali scaturì il Coetus Internationalis Patrum). In questi anni dom Helder, già parte integrante della teologia della liberazione, portava avanti il dissenso dal magistero anche sul piano morale fino alla critica della Humanae Vitae di Paolo VI e alla difesa dell'aborto.
Un politico più che un vescovo?
Nel 1969 tenne un celebre discorso a New York in cui appoggiava il comunismo internazionale. Difendeva l'URSS e la Cina di Mao. Al...
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Il ministro della Pubblica Istruzione ricorda il male del comunismo
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7222

IL MINISTRO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE RICORDA IL MALE DEL COMUNISMO di Roberto De Mattei
In occasione del Giorno della Libertà, istituito dal Parlamento, per il 9 novembre, data in cui nel 1989 fu abbattuto il Muro di Berlino, il ministro della Pubblica Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, tramite i dirigenti scolastici, ha inviato a tutti gli studenti italiani una lettera in cui invita i ragazzi a riflettere sull'anniversario di questo evento che «gli storici hanno molto studiato e continueranno a studiare», ma che merita di essere giudicato anche da chi frequenta le aule scolastiche. La lettera del Ministro non è lunga ed ecco il suo testo integrale.

TESTO INTEGRALE DELLA LETTERA DEL MINISTRO
"Care ragazze e cari ragazzi, la sera del 9 novembre del 1989 decine di migliaia di abitanti di Berlino Est attraversano i valichi del Muro e si riversano nella parte occidentale della città: è l'evento simbolo del collasso del blocco sovietico, della fine della Guerra Fredda e della riunificazione della Germania e dell'Europa. La caduta del Muro, se pure non segna la fine del comunismo - al quale continua a richiamarsi ancora oggi, fra gli altri paesi, la Repubblica Popolare Cinese - ne dimostra tuttavia l'esito drammaticamente fallimentare e ne determina l'espulsione dal Vecchio Continente.
Il comunismo è stato uno dei grandi protagonisti del ventesimo secolo, nei diversi tempi e luoghi ha assunto forme anche profondamente differenti, e minimizzarne o banalizzarne l'immenso impatto storico sarebbe un grave errore intellettuale. Nasce come una grande utopia: il sogno di una rivoluzione radicale che sradichi l'umanità dai suoi limiti storici e la proietti verso un futuro di uguaglianza, libertà, felicità assolute e perfette. Che la proietti, insomma, verso il paradiso in terra. Ma là dove prevale si converte inevitabilmente in un incubo altrettanto grande: la sua realizzazione concreta comporta ovunque annientamento delle libertà individuali, persecuzioni, povertà, morte. Perché infatti l'utopia si realizzi occorre che un potere assoluto sia esercitato senza alcuna pietà, e che tutto - umanità, giustizia, libertà, verità - sia subordinato all'obiettivo rivoluzionario. Prendono così forma regimi tirannici spietati, capaci di raggiungere vette di violenza e brutalità fra le più alte che il genere umano sia riuscito a toccare. La via verso il paradiso in terra si lastrica di milioni di cadaveri. E si rivela drammaticamente vera l'intuizione che Blaise Pascal aveva avuto due secoli e mezzo prima della Rivoluzione russa: «L'uomo non è né angelo né bestia, e disgrazia vuole che chi vuol fare l'angelo fa la bestia».
Gli storici hanno molto studiato il comunismo e continueranno a studiarlo, cercando di restituire con sempre maggiore precisione tutta la straordinaria complessità delle sue vicende. Ma da un punto di vista civile e culturale il 9 novembre resterà una ricorrenza di primaria importanza per l'Europa: il momento in cui finisce un tragico equivoco nel cui nome, per decenni, il continente è stato diviso e la sua metà orientale soffocata dal dispotismo. Questa consapevolezza è ancora più attuale oggi, di fronte al risorgere di aggressive nostalgie dell'impero sovietico e alle nuove minacce per la pace in Europa.
Il crollo del Muro di Berlino segna il fallimento definitivo dell'utopia rivoluzionaria. E non può che essere, allora, una festa della nostra liberaldemocrazia. Un ordine politico e sociale imperfetto, pieno com'è di contraddizioni, bisognoso ogni giorno di essere reinventato e ricostruito. E tuttavia, l'unico ordine politico e sociale che possa dare ragionevoli garanzie che umanità, giustizia, libertà, verità non siano mai subordinate ad alcun altro scopo, sia esso nobile o ignobile."

LE...
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L'ideologia che ha prodotto più di 100 milioni di morti innocenti