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https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7809CINA-VATICANO, SI RISCRIVE LA STORIA PER LEGITTIMARE L'ACCORDO di Riccardo Cascioli
«Noi auspichiamo da tanto tempo ormai di poter avere una presenza stabile in Cina anche se potrebbe non avere all'inizio la forma di una rappresentanza pontificia, di una nunziatura apostolica...». È in questa prospettiva, delineata dalle parole del segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, che va interpretato il convegno a cento anni del Concilio di Shanghai, a cui anche Parolin ha partecipato ieri, 21 maggio, facendo poi a margine il commento succitato.
In realtà si è trattato di una commemorazione in due tappe: lunedì 20 a Milano, organizzata dall'Università Cattolica, e ieri appunto a Roma, organizzata dalla Pontificia Università Urbaniana; entrambe rese possibili dalla Comunità di Sant'Egidio, che tanto si sta impegnando per promuovere lo "spirito" del controverso accordo segreto tra Cina e Santa Sede, firmato nel 2018, rinnovato ogni due anni e ora in procinto di essere approvato definitivamente.
Sia a Milano che a Roma grande presenza cinese tra i relatori, tutti ovviamente legati al regime comunista di Pechino, vescovi compresi: a Milano era presente il vescovo mongolo di Hohhot, Meng Qinglu, che ha partecipato a diverse ordinazioni episcopali illegittime; a Roma c'era invece il vescovo di Shanghai, Giuseppe Shen Bin, protagonista del famoso "schiaffo" del regime comunista alla Santa Sede: fu insediato a Shanghai il 4 aprile 2023 dal governo e il Papa, spalle al muro, lo ha riconosciuto soltanto il 15 luglio successivo. Che oggi sia relatore a un convegno in Vaticano la dice lunga sui rapporti di forza stabiliti dall'accordo e soprattutto sulla resa vaticana disposta a concedere tutto pur di piantare una bandierina a Pechino.
IL CONCILIO DI SHANGHAI
Non stupisce quindi che il ricordo del Concilium Sinense di Shanghai (maggio-giugno 1924) sia stata un'occasione per reinterpretare la storia ad uso delle esigenze attuali. Ma cos'è stato il Concilio di Shanghai? Soprattutto la modalità con cui si iniziò ad attuare in Cina le indicazioni al mondo missionario che papa Benedetto XV aveva dato con la Lettera apostolica Maximum Illud (1919): il papa notava che in diverse parti del mondo, il compito missionario era frenato dall'eccessiva dipendenza del clero dalle potenze coloniali che controllavano quelle regioni; da qui, ad esempio, l'esigenza di promuovere la creazione di un clero indigeno «perfettamente formato»: «Come la Chiesa di Dio è universale, e quindi per nulla straniera presso nessun popolo, così è conveniente che in ciascuna nazione vi siano dei sacerdoti capaci di indirizzare, come maestri e guide, per la via dell'eterna salute i propri connazionali».
Monsignor Celso Costantini, inviato come delegato apostolico in Cina da papa Pio XI alla fine del 1922, fu il grande regista di questo cammino, e già nel 1926 ci fu l'ordinazione a Roma di sei vescovi cinesi, un modo per sottolineare che la "indigenizzazione" della Chiesa era strettamente legata alla sua universalità.
Il tentativo neanche troppo velato dei due convegni celebrativi di questi giorni è quello di creare un parallelo tra quel processo di "nazionalizzazione" e l'attuale "sinicizzazione" imposta dal presidente cinese Xi Jinping attraverso l'Associazione Patriottica dei Cattolici Cinesi, e avallata dalle gerarchie vaticane. Lo dimostra anche un passaggio del videomessaggio di papa Francesco al convegno romano, quando ha detto: «A Shanghai, i Padri riuniti nel Concilium Sinense vissero un'esperienza autenticamente sinodale e presero insieme decisioni importanti. Lo Spirito Santo li riunì, fece crescere l'armonia tra loro, li portò lungo strade che molti tra loro non avrebbero immaginato, superando anche le perplessità e le resistenze. Così...