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TRAPPIST
The Submarine
211 episodes
1 week ago
Il mondo visto da lontano: conversazione sulle notizie piú importanti della settimana, dalla redazione di the Submarine.
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Politics
News,
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Il mondo visto da lontano: conversazione sulle notizie piú importanti della settimana, dalla redazione di the Submarine.
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Episodes (20/211)
TRAPPIST
210: Facciamo il ponte..?
In una puntata registrata in pieno spirito di Halloween, Stefano, Arianna e Alessandro parlano dello spettro che si aggira tra Palazzo Chigi e Villa Patrizi: quello del progetto per il ponte sullo Stretto, messo in stop dalla Corte dei conti.

Parliamo di quanto sia importante che la politica sia in grado di lanciarsi in “grandi opere,” ma che siano opere che hanno davvero un impatto positivo e che portino a pioggia a ulteriori investimenti per i territori, cosa che finora non c’è stato segnale sia il caso del ponte sullo Stretto. 

Il governo ha reagito con grande frustrazione alla bocciatura, e, anche se ora sta cercando di abbassare i toni, Meloni e Salvini hanno immediatamente fatto confluire lo scontro con le crescenti tensioni tra governo e magistratura. Tensioni che nei prossimi mesi non potranno che farsi più forti, con i partiti di governo che dovranno fare campagna per il prossimo referendum sulla riforma della giustizia.

Con: Stefano Colombo, Arianna Bettin, Alessandro Massone
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1 week ago
46 minutes

TRAPPIST
209: Come rubare legalmente (?) i soldi alla Russia
Le autorità europee continuano a essere in tensione — e confusione — su come utilizzare i beni russi congelati, molti fin dall’invasione dell’Ucraina, per assistere Kyiv. Durante il vertice di Bruxelles di venerdì, è stato eliminato il passaggio in cui il Consiglio europeo invitava la Commissione europea a presentare un piano per l’“utilizzo graduale dei saldi di cassa collegati ai beni russi congelati.” Il testo è stato stralciato perché nonostante si proseguisse in modo sereno, ovvero che l’operazione sarebbe “in conformità del diritto UE e internazionale,” in realtà ci sono molti dubbi su come effettivamente realizzare l’operazione. 

A monte c’è il problema che si vorrebbe arrivare a soluzioni per l’Ucraina che siano economiche e rapide — pretese impossibili dopo anni di guerra, a tratti anche intensa. Ma a prescindere dal caso specifico — e dai possibili ricorsi di Mosca — l’Europa è pronta a un mondo in cui i beni all’estero possono essere congelati e requisiti da qualunque autorità internazionale?

Concludiamo la puntata su un tema più leggero, per modo di dire: il progressivo ma inesorabile avvicinamento di Calenda e del suo partito alle forze di governo; avvicinamento che anche Meloni sembra guardare con molto interesse.

Con: Stefano Colombo, Arianna Bettin, Alessandro Massone
Scusate i problemi tecnici al microfono di Stefano. Stiamo lavorando perché nonsi ripetano
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2 weeks ago
48 minutes

TRAPPIST
208: Un anno di lager (fortunatamente) vuoti
TRAPPIST torna con episodio dedicato a un anno dall’apertura dei centri per migranti voluti dal governo Meloni in Albania. Centri per migranti che, per fortuna, sono rimasti praticamente vuoti, sempre: il governo ha speso 800 milioni di euro per 11 migranti che sono transitati per pochissimo all’interno delle strutture di Shengjin e a Gjader — 7,2 milioni a persona.

Il fallimento del progetto dei lager per migranti è stata una vera e propria umiliazione per il governo, che l’ha evidentemente vissuta come tale, tra forzature sempre piú forti contro la magistratura a misure sempre piú teatrali e violente verso i migranti che si cercava di portare in Albania.

Che cosa resta di questa operazione a un anno di distanza? Un esempio di come il governo Meloni ritenga la propria autorità al di sopra di leggi italiane e anche europee, e di come non accetti nessuna critica e confronto nemmeno quando platealmente in difficoltà.

In conclusione di puntata parliamo dell’attentato contro Sigfrido Ranucci, e di come anche l’Usigrai abbia collegato direttamente l’attacco con la campagna d’odio condotta contro il giornalista e la sua trasmissione da parte delle forze di estrema destra.

Con: Stefano Colombo, Arianna Bettin e Alessandro Massone

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3 weeks ago
53 minutes

TRAPPIST
207: Perché Giorgia Meloni teme il Leoncavallo Largo
Questa è la nuova stagione di TRAPPIST.

In questa puntata: le mobilitazioni contro il genocidio a Gaza hanno ha mostrato che l’Italia è molto più del proprio governo, con dimostrazioni così vaste da aver avuto risonanza in tutto il mondo.

Ovviamente ciò non è piaciuto a Giorgia Meloni e al suo governo, che hanno cercato di screditare le manifestazioni. La cosa che il governo riesce a screditare meglio, però, è sé stesso, con le ridicole figure del ministro degli esteri, Antonio Tajani.

Tajani si è reso anche protagonista del grave spostamento di Forza Italia verso la destra fascista europea, con il suo parere favorevole alla consegna di Ilaria Salis al regime ungherese: un fatto molto grave per lo Stato di diritto continentale, non commentato a sufficienza nel discorso pubblico. 

Per finire: c’è un futuro per l’industria dell’auto italiana? Se c’è, di certo non sembra roseo.

Con: Stefano Colombo, Arianna Bettin, e Alessandro Massone 

===

In questa puntata abbiamo avuto problemi di registrazione che saranno risolti dalla settimana prossima. Scusate per il disguido, grazie per la pazienza!
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3 weeks ago
52 minutes

TRAPPIST
206: Lacrime, sangue e vittimismo: il 2023 perfetto per la destra
TRAPPIST torna con una puntata speciale di fine anno, per discutere delle cose peggiori successe nella politica quest’anno, e per provare a immaginare dove andrà l’estrema destra — e le forze di opposizione — l’anno prossimo.

In particolare, tra MES e accordo sul Piano di stabilità che appesantiscono la retorica anti–europeista, nel pieno del proprio governo e senza capri espiatori, in che direzione può andare la comunicazione del governo? Anche con un’informazione fedele e acritica, c’è poco spazio retorico per i partiti di governo, che dovranno anche competere uno contro l’altro alla ricerca di un nuovo bilanciamento.

Nel frattempo, la svolta “a sinistra” del Partito democratico procede con grande affanno e senza risultati entusiasmanti, in particolare dopo il flop della raccolta firme per il salario minimo legale. Ma gli scioperi generali dimostrano che c’è un grande pubblico che cerca un segnale di rottura.

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In apertura Starting a New Year CC BY Jesse Spillane
In copertina, immagine DALL–E
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1 year ago
59 minutes

TRAPPIST
205: Molti nemici immaginari
Meno male che non c’era nessuno scontro tra governo e magistratura: Matteo Salvini ha pubblicato un video risalente al 2018 in cui si vede Iolanda Apostolico, la giudice che ha osato non convalidare il fermo dei migranti nel lager di Pozzallo, partecipare a un corteo al porto di Catania. Si tratta ovviamente di un fatto grave: il ministro ha acquisito — da fonti al momento ignote — un vecchio video di un momento della vita privata della giudice per continuare il proprio attacco politico. Secondo Marco Travaglio, l’angolo da cui Apostolico è inquadrata sembra confermare che sia stata ripresa da “un uomo armato di videocamera in mezzo alle forze di polizia.” Travaglio arriva a due sole possibili conclusioni: “O un poliziotto, con occhio di lince e memoria di ferro, si è ricordato di quel filmato di cinque anni fa e ha avvisato Salvini; oppure in qualche ufficio di polizia o di servizi si schedano i partecipanti illustri alle manifestazioni e, quando il politico di turno domanda ‘abbiamo niente contro la Apostolico?’, c’è chi sa dove pescare in tempo reale.”

Apostolico aveva accolto il ricorso di un cittadino tunisino, arrivato in Italia a Lampedusa e poi portato al centro di Pozzallo. La giudice aveva stabilito che non possono essere autorizzate le detenzioni indiscriminate dei richiedenti asilo, come vorrebbe il dl Cutro, e aveva respinto anche il testo che istituisce il taglieggiamento di 5 mila euro da versare per chi non vuole essere incarcerato in quanto richiedente asilo.

La settimana scorsa, Meloni ha cercato di minimizzare la situazione sempre più allarmante dell’economia italiana: “La preoccupazione la vedo soltanto nei desideri di chi immagina un governo democraticamente eletto debba andare a casa per essere sostituito da un governo che nessuno ha scelto.” Secondo Meloni, infatti, “i soliti noti vorrebbero il governo tecnico e la sinistra ha già la lista ministri,” ma non c’è niente da preoccuparsi, anzi: l’Italia avrebbe “una previsione di crescita superiore alla media europea per il prossimo anno superiore alla Francia e alla Germania.” Una teoria già diffusa la scorsa settimana da Fratelli d’Italia in una brochure pubblicata per celebrare il primo anno di governo, fitta di inesattezze, falsità e omissioni — sul Pil, l’occupazione e l’export, ma anche sulla lotta all’inflazione, dove in realtà l’Italia è tra i paesi messi peggio in Europa.

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2 years ago
39 minutes

TRAPPIST
204: Meloni e il “miracolo italiano” (che non esiste)
Il governo ha provato a raccontare un paese diverso dalla realtà, dove inflazione, recessione e disuguaglianze non sono un problema. Non è detto che le opposizioni riusciranno a sfruttare le crepe, però

Bentornati su TRAPPIST: il governo si deve riunire per iniziare a discutere seriamente della prossima manovra, e lo schema è stato già anticipato dal ministro dell’Economia Giorgetti a Cernobbio: programmare una manovra molto contenuta per quanto riguarda la spesa pubblica e dare la colpa alle spese sostenute per il superbonus — ieri Foti di FdI sosteneva che ci fosse una truffa “certificata” da 12 miliardi, una cifra nonostante le varie gravi problematicità del superbonus è ampiamente esagerata. Ma si può trarre un bilancio del superbonus? Non è facile: è stato effettivamente un costoso regalo ai ricchi, ma come fa notare il manifesto è stata anche una misura espansiva: “È certo che la spesa per il superbonus è andata molto oltre il previsto ma è altrettanto certo che senza quella misura non ci sarebbero state la crescita eccezionale del 2022 e l’impennata dell’occupazione, fiore all’occhiello del governo Meloni. [..] Quanto al rischio paventato dal ministro che i conti del Superbonus ricadano sul patto di stabilità dei prossimi 3 anni la situazione, in base alle nuove regole Eurostat, è in realtà molto incerta.”

Eurostat deve ancora pronunciarsi sul trattamento da riservare al superbonus: se sarà possibile spalmare gli oneri economici ad esso legati su un periodo di tempo più lungo, ovvero man mano che vengono utilizzati dal contribuente, il governo avrà più spazio di manovra, mentre se saranno tutti da pagare subito la situazione delle finanze sarà più problematica. Il costo del superbonus, secondo i calcoli del ministero dell’Economia, aumenta di 3,5 miliardi ogni mese. Non è chiaro quando l’ufficio di Bruxelles si pronuncerà in materia — si attendeva una decisione già nei giorni scorsi. Il problema sarebbe inoltre meno grave se l’economia crescesse come Meloni e soci si aspettavano o millantavano — ma le recenti statistiche cupe sull’andamento del Pil e dei consumi, inferiori alle attese, rende proporzionalmente più alto anche il debito pubblico. I sindacati annunciano già battaglia contro una manovra che si annuncia dunque “lacrime e sangue” — in particolare la direzione della Cgil sta lanciando una consultazione tra gli iscritti con l’obiettivo di arrivare a uno sciopero generale il prossimo autunno.

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2 years ago
53 minutes

TRAPPIST
203: La strada di Meloni per l’elezione diretta del premier
Meloni ha confermato che se non troverà i numeri in parlamento, porterà la riforma costituzionale a referendum — ma fino a che punto è pronto il governo a spingere verso il presidenzialismo?

Domenica e lunedì governo e opposizioni si sfidano in una importante tornata di elezioni amministrative — si vota in 598 comuni, di cui 13 capoluoghi di provincia e 91 sopra i 15 mila abitanti. Anche se ovviamente si tratta di candidature ereditate, è la prima vera sfida elettorale di Schlein, ma è anche una occasione per provare a regolare i conti dentro la maggioranza — Berlusconi è tornato a parlare in un altro video, in cui ha dichiarato in modo trasparente che “questo voto alle amministrative può incidere sul peso del nostro governo.”Meloni ha chiuso la campagna elettorale con un discorso per niente istituzionale a Brescia, in cui ha rivendicato la priorità delle riforme istituzionali, in cui, ha confermato che se non troverà i numeri in parlamento, porterà la sua riforma a referendum: “O questa nazione la cambiamo davvero o non c'è bisogno che stiamo al governo come tutti gli altri.”

Le consultazioni sono andate più o meno come anticipato: la posizione di Conte e del M5S è stata piuttosto sfumata, dicendosi “disponibili a un rafforzamento dei poteri del premier ma in un quadro che non mortifichi il confronto parlamentare e che non mortifichi neppure la funzione del presidente della Repubblica.” Conte ha fatto notare che la linea del governo però “ci sembra un’assoluta contraddizione, da un lato vogliono perseguire un progetto di autonomia differenziata spinta, che finisce per svuotare l’autorità di governo di tantissime funzioni, e nello stesso tempo si mira a rafforzare i poteri dell’autorità di governo centrale.” Conte si è comunque reso disponibile alla creazione di una commissione parlamentare per discutere della questione.

Schlein e la delegazione del Pd invece si sono detti non disponibili a qualsiasi stretta autoritaria che preveda un’elezione diretta del presidente della Repubblica — Schlein ha chiesto a Meloni “e allora perché non una monarchia illuminata?” — dichiarandosi favorevoli a un rafforzamento dei poteri del premier bilanciato dalla possibilità della sfiducia costruttiva ma non alla sua elezione diretta. In compenso hanno portato altre cinque proposte: una riforma elettorale per superare le liste bloccate, attuazione dell’articolo 49, legge sul conflitto d’interessi, limitazione dei decreti d’urgenza e rafforzamento degli istituti referendari. Il Pd ha anche fatto notare che ritiene la discussione sulle riforme un tentativo di sviare l’attenzione del governo dai problemi del paese.

La parte destra del Pd in realtà sarebbe anche favorevole a dialogare con Meloni, ma per ora non sembra trovare spazio.Non è chiaro quali saranno i prossimi passaggi del confronto. Le opposizioni però non sembrano coordinatissime...
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2 years ago
37 minutes

TRAPPIST
202: Suv, pistole, galera
Nelle ultime settimane il profilo ideologico del governo è emerso chiaramente: repressione contro le droghe e chi è costretto a occupare casa, stop ai tentativi di rendere più sicuro il processo per ottenere un porto d’armi. Per fortuna però si potrà andare a 150 km/h in autostrada.

La deputata di FdI Augusta Montaruli ha depositato un progetto di legge per inasprire le pene legate a possesso e spaccio di droga: saranno previsti fino a 5 anni di carcere anche per casi di “lieve entità.” In linea con l’impostazione securitaria e manettara del governo, la proposta è esplicitamente pensata per mandare più gente in carcere di quanto già si faccia ora: l’attuale norma infatti “rende al momento impossibile applicare la misura cautelare in carcere.” Sarà inoltre possibile confiscare gli stupefacenti anche per i casi, appunto, di lieve entità.

“La droga uccide,” ma non le armi da fuoco: l’esecutivo ha affossato l’iniziativa legislativa per verificare con più attenzione i requisiti necessari alla richiesta di un porto d’armi. Nei primi tre mesi del 2023 ci sono stati 17 fatti di sangue connessi ad armi legalmente detenute, con 25 morti. Nel 2022 c’è stato un incremento di 15 mila unità sul numero di persone che possono detenere un’arma in casa — in tutto sono 1 milione e 237 mila.

Fast & Furious: il ministro delle infrastrutture Matteo Salvini ha dichiarato che l’esecutivo è al lavoro per aumentare il limite di velocità autostradale a 150 km/h. Come fa notare Altroconsumo, però, quest’idea potrebbe avere effetti negativi non solo sulla sicurezza stradale ma anche sull’inquinamento e i consumi di carburante. Ogni 10 km di velocità media oltre i 120 km/h si consuma mediamente il 10% di carburante in più.

Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, già noto per aver invitato i giovani ad andare a farsi sfruttare nelle campagne, ieri ha rilasciato un’altra dichiarazione estremamente problematica: “Vanno incentivate le nascite. Va costruito un welfare per consentire di lavorare a chiunque e avere una famiglia. Non possiamo arrenderci al tema della sostituzione etnica.” La cosiddetta “sostituzione etnica” è una paranoia dell’estrema destra — anche eversiva e terrorista — di tutto l’Occidente, secondo cui ci sarebbe una cospirazione per sostituire le popolazioni europee con altre provenienti da altri paesi del mondo. Secondo la segretaria del Pd Schlein, le parole del ministro FdI, “fatte peraltro nel giorno in cui il presidente Mattarella si trova in visita ad Auschwitz, sono disgustose, inaccettabili da chi ricopre il suo ruolo. Ci riportano agli anni '30 del secolo scorso. Sono parole che hanno il sapore del suprematismo bianco.”

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2 years ago
43 minutes

TRAPPIST
201: Non chiederci la parola in italiano
Il governo è in difficoltà su PNRR e caro energia: gli basteranno le piccole battaglie identitarie per salvare la faccia?

Il dibattito sul Pnrr si sta avvitando su sé stesso in modo sempre più pericoloso. Il governo è arrivato a dire che “l’Italia non rinuncia ai fondi” — perché ovviamente Riccardo Molinari, capogruppo leghista alla Camera, ha dichiarato che si potrebbe ipotizzare di farlo: “Ho parlato con molti sindaci di comuni piccoli e i problemi sono numerosi, ha senso indebitarsi con l'Ue per fare cose che non servono?” Meloni ha appunto ribattuto che “non prendo in considerazione di perdere risorse,” che sempre secondo il governo “verranno solo rimodulate.” Il problema comunque è serio: sono circolate anche voci di presunti incontri tra Mattarella e Draghi e Mattarela e Gentiloni per discutere del da farsi con i ritardi, smentite dal Quirinale ma indicative del clima di questi giorni.

I problemi del Pnrr sembrano essersi coagulati all’improvviso, e ora — come spesso accade nella politica italiana — l’aria che si respira è quella dell’emergenza. In sostanza, diversi progetti sembrano poco sostenibili oppure troppo indietro per essere ultimati entro la scadenza del 2026. Ad esempio: il governo ha già chiesto a Bruxelles un rinvio per la costruzione di asili nido in Veneto — fatto di per sé sconcertante se si pensa che il governo ritiene la bassa natalità un’emergenza — ma la richiesta è stata negata. Secondo il Corriere, il prossimo mese sarà decisivo per rivedere o scrivere effettivamente da zero tutti i progetti per i quali sono previste le erogazione dei fondi, pensando anche ad eventuali piani B. Il Corriere insinua anche che l’irrigidimento di Bruxelles sia anche dovuto alla “tentazione in alcuni Paesi del Nord Europa di dimostrare che il Recovery non può funzionare: se così fosse, allora l’esperimento non sarebbe ripetibile.”

Nel caso tutto vada male, il governo ha in mente una linea chiara: basta studiare, andate a lavorare, possibilmente nei campi. Da Vinitaly la presidente del Consiglio ha dichiarato che “Per come la vedo io questo è il vero liceo. Perché non c'è niente di più profondamente legato alla nostra cultura di quello che questi ragazzi sono in grado di studiare, tramandare e portare avanti. È il motivo per cui ragioniamo del liceo del Made in Italy.” La ministra del turismo Santanché è andata anche oltre: “abbiamo avuto una sinistra che ha invogliato i giovani a fare i licei. Questo governo vuole invece mettere al centro le scuole tecniche.”

Il ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare (🙄) Francesco Lollobrigida aveva inaugurato Vinitaly e aveva invitato “i giovani” ad andare a lavorare nei campi, perché “devono sapere che non è svilente andare a lavorare in agricoltura.” Il ministro...
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2 years ago
46 minutes

TRAPPIST
200: Il governo Meloni e il fondamentalismo religioso
La maggioranza del governo Meloni ha trovato come portare via l’attenzione dal naufragio di Cutro, alimentando un ciclo di notizie e boutade omofobe contro le famiglie omogenitoriali. Ma quanto è profondo il legame tra il governo Meloni e il fondamentalismo religioso?

Il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, di FdI, ha continuato ad alimentare la polemica omofoba iniziata già sabato sera, quando aveva detto su La7 che le coppie dello stesso sesso “spacciano per proprio figlio” i propri, beh, figli. Ieri su Facebook Rampelli ha scritto un post per la festa del papà dal contenuto prevedibile, facendo gli auguri “a tutti i papà consapevoli di non poterlo essere senza una mamma” — visto che a suo dire ci sarebbero anche persone che scambiano “i bambini per puffi.”

Purtroppo anche Vittorio Sgarbi è sottosegretario alla Cultura, dunque quello che dice ha un certo rilievo: ieri ha ritenuto fosse una buona idea andare a Domenica in a dire che “Quelle nate nel 2000 sono tutte tr*ie.” La battuta è ancora più infelice se si pensa che la figlia di Sgarbi, di fianco a lui in quel momento, è nata proprio nel 2000 — a dire il vero Sgarbi non era sicuro se sua figlia fosse nata nel 1999 o nell’anno successivo; in ogni caso le ha suggerito di sposare un uomo ricco. Ci sono persone che hanno un’idea meno distorta del proprio ruolo paterno, anche all’interno della cosiddetta famiglia tradizionale.

Secondo Save the children, negli ultimi 10 anni il tasso di utilizzo del congedo di paternità di 10 giorni è aumentato del 38%, passando dal 19,23% del 2013, l’anno successivo alla sua tardiva introduzione, al 57,6% del 2021. Un dato che rende evidente l’urgenza di estendere e parificare il congedo di paternità a quello di maternità — anche e soprattutto per diminuire le disuguaglianze di genere nell’occupazione — una proposta recentemente rilanciata da Elly Schlein.

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Cover: elaborazione, CC BY-NC-SA 3.0 IT presidenza del Consiglio dei ministri
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2 years ago
43 minutes

TRAPPIST
199: Che cosa vuol dire costruire una “sinistra di governo”?
Elly Schlein è ufficialmente segretaria del Partito democratico, proprio mentre il razzismo mortale delle istituzioni italiane è sotto gli occhi di tutti. Ma può un partito che negli anni è stato pesantemente compromesso ripensare se stesso e come intende governare il paese?

Elly Schlein è stata nominata segretaria del Pd dall’assemblea del partito, secondo le indicazioni delle primarie lo scorso 26 febbraio. La nomina era poco più che una formalità, ma la giornata di ieri è stata comunque utile per capire diverse cose — ad esempio il rapporto della segretaria con l’ex sfidante Bonaccini e l’area politica da lui rappresentata. Bonaccini è stato nominato presidente del partito, dichiarando di essere “a disposizione per dare una mano.” Le due vicepresidenti invece sono Chiara Gribaudo e Loredana Capone, deputata e consigliera regionale vicini alla nuova segretaria. Nella Direzione del partito tornano Alfredo D’Attorre, Livia Turco e Maria Cecilia Guerra, ex Articolo 1 — ieri era presente all’assemblea anche Roberto Speranza, mentre rimangono Goffredo Bettini, Andrea Orlando e Peppe Provenzano. Largo alle Sardine con Mattia Santori e Jasmine Cristallo. Entrano poi anche i sindaci Emilio Del Bono, Giorgio Gori — che aveva qualche giorno fa pensato di andarsene dal partito in caso di vittoria di Schlein — e Pierfrancesco Majorino.

Schlein ha tenuto un discorso di quasi un’ora e mezza per cercare di tenere unito il partito e al tempo stesso dettare la linea di “una sinistra di governo.” La segretaria ha individuato le sue priorità per il partito in sanità e scuola pubblica, salario minimo, lotta alla precarietà e stop ai finanziamenti alla guardia costiera libica. Tra le proposte lanciate dal palco c’è anche quella di “un congedo parentale di tre mesi non trasferibile per entrambi i coniugi.” Sulla guerra in Ucraina, una materia per cui è attesa al varco dal resto delle forze politiche, ha ribadito il “sostegno al popolo ucraino che ha diritto a difendersi” chiedendo però anche un “protagonismo più forte dell’Europa perché finisca la guerra con una pace giusta.” Ha chiuso il proprio discorso con un minuto di silenzio per l’ennesimo naufragio al largo delle coste libiche, definito “una vergogna per l’Europa e per l’Italia.”

Questa puntata di TRAPPIST è stata editata da Federico Cuscunà.

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foto: elaborazione / Elly Schlein / Facebook
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2 years ago
43 minutes

TRAPPIST
198: L’exploit di Elly Schlein
Schlein è riuscita a vincere contro ogni pronostico le primarie del Pd. Riuscirà a riportare un po’ più a sinistra non solo il proprio partito, ma anche il tono del dibattito politico italiano?

La politica italiana si è resa effettivamente conto che Elly Schlein ha vinto le primarie del Pd — sono anche arrivati i dati definitivi, che certificano la sua maggioranza del 53,75% alle primarie. Si è tenuta una cerimonia informale in cui il segretario uscente Enrico Letta le ha fatto un regalo bizzarro: un melograno di ceramica, “simbolo di prosperità.” La vera investitura però arriverà all’assemblea del prossimo 12 marzo.

Tutto l’arco politico o quasi si è congratulato con lei: da Mattarella e da Giorgia Meloni, che si aspetta “una opposizione durissima” e che ha posto l’accento sul fatto che ora anche alla guida del Pd ci sia una donna, fino a Berlusconi, che si augura “un confronto costruttivo.” I leader dei principali partiti di opposizione e i dirigenti del Pd i dirigenti hanno fatto con varie sfumature gli auguri alla nuova segretaria. Tutti? Non proprio: non arrivano notizie di dichiarazioni da Vincenzo De Luca, che ha mandato avanti il figlio Pietro — secondo il quale è “decisivo tenere unito il partito nella pluralità.”

Cosa succederà ora? Dietro le felicitazioni, diverse persone sono spaventate da un Pd più a sinistra trascinato dalla nuova segretaria. A cominciare da Conte, che teme di perdere il monopolio sui temi di centrosinistra costruito nell’ultimo anno — probabilmente nelle prossime settimane il M5s cercherà di far uscire allo scoperto Schlein sulla guerra in Ucraina, un argomento molto difficile da ridefinire all’interno del Pd. Qualche centrista è già uscito, come Giuseppe Fioroni, ma non è detto che ci sia una fuga di massa come qualcuno aveva predetto: ad esempio il sindaco di Bergamo Gori, che si era esposto molto su una sua uscita dal partito in caso di vittoria di Schlein, ha fatto capire che per ora osserverà l’evoluzione della situazione. Ecco perché anche Calenda e in generale il cosiddetto “Terzo polo” non è entusiasta del risultato — un Pd spostato a sinistra, paradossalmente, potrebbe trascinare verso il centrosinistra anche il Terzo polo, almeno su alcune posizioni: le elezioni regionali hanno dimostrato che schiacciarsi troppo verso destra può essere rischioso.

Le prossime mosse che attendono Schlein saranno già un indicatore di come intende gestire la segreteria e un partito che rimane balcanizzato in una serie di correnti con opinioni e sensibilità diversissime tra...
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2 years ago
42 minutes

TRAPPIST
197: Non facciamoci del male
Le primarie del Pd stanno arrivando alla fase conclusiva: il prossimo 26 febbraio si vota nei gazebo, e lo scontro è più aperto del previsto. Forse perché in realtà non è proprio uno scontro frontale?

Ieri sera si è tenuto in diretta su SkyTg 24 il dibattito “all’americana” tra i candidati alla segreteria del Pd, Schlein e Bonaccini. Il dibattito non è stato particolarmente acceso, né i due contendenti hanno rivelato posizioni radicalmente diverse da loro. Schlein è sembrata piuttosto istituzionale, forse fin troppo per una candidata che in vista delle primarie aperte del 26 febbraio dovrebbe passare all’attacco. Bonaccini invece è parso gestire il vantaggio, non attaccando o discostandosi da praticamente nulla di quanto detto da Schlein. Tra le differenze principali c’è la proposta esplicita di Schlein sull’opportunità di istituire un salario minimo per combattere la stagnazione dei salari, mentre Bonaccini ha ritirato fuori il “taglio del costo del lavoro.”

Alle primarie dei circoli ha vinto Stefano Bonaccini con il 52,87%, ma comunque vada lo scenario futuro non sembra prevedere una rottura tra le anime del partito che sostengono i due candidati — i quali molto probabilmente dovranno trovare un accordo, come è stato anche evidente dalla poca pugnacità del dibattito di ieri. Bonaccini ha già spiegato che se vincerà tenderà una mano a Schlein, ed è presumibile che avverrà anche il contrario visto che entrambi vorrebbero scongiurare il rischio di nuove scissioni.

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2 years ago
35 minutes

TRAPPIST
196: Le elezioni senza gli elettori
Il dato più evidente disponibile dopo la prima delle due giornate elettorali in Lazio e Lombardia è il calo drammatico dell’affluenza: in Lombardia alle 19 di ieri era al 26,93%, in Lazio addirittura il 24,19%. Si potrà votare anche domani fino alle 15, ma i dati sono comunque preoccupanti e segno di una crescente disaffezione dei cittadini alla politica — e mentre una volta l’affluenza bassa “premiava” il centrosinistra, le cose non sono più così scontate da diverso tempo ormai. Qualche dato in più sull’affluenza in Lombardia: a Milano si è votato di più in zona 3 e di meno in zona 1, mentre a livello regionale l’affluenza è più alta della media nelle zone montane delle province di Bergamo e Brescia. Sono zone dove dovrebbe essere premiato il centrosinistra, ma il divario che separa i principali contendenti Fontana e Majorino sembra essere difficile da colmare per quest’ultimo

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in copertina, elaborazione foto via Facebook / Attilio Fontana
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2 years ago
43 minutes

TRAPPIST
195: I giochi pericolosi del governo sul 41-bis
Mandando avanti a scottarsi due uomini fidati, Meloni ha provato a spostare l’attenzione dalla salute di Cospito alla presunta minaccia allo stato, e ad attaccare l’opposizione

Sabato la presidente del Consiglio è intervenuta sul caso Delmastro–Donzelli con una lettera al Corriere della Sera in cui ha blindato sia Delmastro che Donzelli, di cui da giorni in molti chiedono le dimissioni, perché “non ritengo vi siano in alcun modo i presupposti,” citando la famigerata news del ministero della Giustizia, in cui si sostiene che la scritta “limitata divulgazione” apposta sul documento fosse frutto di “mera prassi amministrativa.” Meloni conclude paventando di nuovo che il “clima si sta pericolosamente e velocemente surriscaldando,” questa volta citando i pericolosissimi “manifesti comparsi il giorno precedente all’università La Sapienza di Roma,” che in qualche modo giustificano il dover assegnare “la scorta all’on. Donzelli e ai Sottosegretari Delmastro e Ostellari.”

Qualche ora dopo Meloni è tornata sull’argomento in privato, nella chat dei gruppi parlamentari, attaccando direttamente, tra le altre cose, il quotidiano Domani: “Sono sinceramente preoccupata dal clima che si sta creando attorno a questa vicenda e dalla minimizzazione che vedo da parte di molti” (…) “Le auto incendiate, i manifesti che additano presunti ‘assassini’ di Cospito all’università, le minacce di morte, gente messa sotto scorta, e dall’altra parte chi finge di non vedere e anzi giustifica (leggevo un lunare articolo nel quale si sostiene che inventiamo pericoli finti per poi imporre scelte di limitazione delle libertà ) o soffia direttamente sul fuoco (vedi alcuni titoli de ‘il Domani’)” (…) “Tutti i contorni di questa vicenda sono abbastanza inquietanti, compresa la tempistica che quasi sovrappone la nascita del governo all’inizio dello sciopero della fame da parte di Cospito – ha aggiunto la premier – È possibile che io stia esagerando e spero sia così, ma comunque vada serve che tutti siano concentrati e seri. Dalle risposte al mio appello credo che l’opposizione preferisca continuare ad alimentare la polemica. Vedremo, ma comunque vada vi invito a non partecipare.”

Nel frattempo, ci sono stati di nuovo scontri tra manifestanti e polizia a Roma, dove la protesta per la revoca del 41–bis a Cospito ha cambiato percorso, diventando formalmente con itinerario non autorizzato. Le forze dell’ordine hanno ferito 2 manifestanti a manganellate, e 3 sono stati arrestati. Tra i manifesti e gli striscioni presenti in manifestazione se ne segnala uno che diceva “il carcere uccide.” Durante la manifestazione gli organizzatori hanno definito il 41–bis un “regime di tortura.” A Milano è stata organizzata una protesta davanti al carcere di Opera, da cui ha preso vita un piccolo corteo — tra gli slogan: “Galere e Cpr non non ne vogliamo...
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2 years ago
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194: Sulla pelle di Alfredo Cospito
Le condizioni fisiche di Alfredo Cospito sono ormai completamente deteriorate. Il suo è un caso eccezionale, ma lo stato deve decidere qual è il ruolo del carcere nella società italiana: perché la nostra giustizia è così rigida contro movimenti e antagonisti?

Il governo è uscito allo scoperto prendendo una posizione piuttosto dura sul caso di Alfredo Cospito, usando come pretesto le “violenze” degli anarchici e dichiarando in una breve nota che “azioni del genere non intimidiranno le istituzioni. Tantomeno se l’obiettivo è quello di far allentare il regime detentivo. Lo Stato non scende a patti con chi minaccia.” Il ministro dell’Interno Piantedosi ha detto che “non ci facciamo condizionare.” L’udienza che dovrà decidere il destino di Cospito per ora è stata anticipata al 7 marzo, un mese e mezzo prima di quanto previsto ma comunque troppo lontana per le condizioni fisiche del detenuto, che dopo uno sciopero della fame di più di 100 giorni sono ormai pesantemente deteriorate.

Nel corso del fine settimana è significativamente aumentata la tensione attorno al caso Cospito. A Roma una manifestazione in suo sostegno è degenerata in scontri tra i manifestanti e la polizia. Intorno alle 20:00 di venerdì sera, i manifestanti hanno iniziato a muoversi in corteo — era previsto solo un presidio — e si è arrivati a tafferugli, con i militanti che hanno danneggiato alcune proprietà. Ieri è stato reso noto che 41 militanti anarchici sono stati identificati e denunciati. Commentando la notizia, il ministero dell’Interno Piantedosi ha dichiarato che “lo Stato non si lascerà mai intimidire e condizionare da queste azioni del tutto inaccettabili, nella convinzione che nessuna rivendicazione o proposta possa essere presa in considerazione se viene portata avanti col ricorso a questi metodi, ancor più se rivolti contro le forze dell'ordine.” Il ministro ha preannunciato anche che ci sarà “una disamina” degli eventi di questi giorni, “in un incontro con i vertici e gli esperti degli apparati di sicurezza.” Gli scontri a Roma non sono stati infatti l’unica iniziativa in difesa di Cospito: sulle colline di Torino sono stati incendiati alcuni cavi di un traliccio utilizzato come ripetitore anche per i segnali di servizio della polizia stradale. Sul muretto a fianco alla scritta era stato scritto con una bomboletta spray: “Fuori Cospito dal 41 bis.”

I fatti che hanno motivato la reazione del governo arrivano però dall’estero: come segnalato da una nota della Farnesina nei giorni scorsi è stato infranto un vetro nel palazzo del Consolato Generale a Barcellona ed è stata incendiata un’auto con targa diplomatica di un “funzionario diplomatico in servizio all’Ambasciata d’Italia,” Luigi Estero, di Berlino. In entrambi i casi non risultano feriti. El Periódico de Catalunya Show more...
2 years ago
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193: L’armadio perduto delle stragi
Sta passando largamente inosservata la notizia che all’Archivio centrale dello Stato mancano tutti i documenti prodotti dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dal 1968 al 1980 — per coincidenza, lo stato non ha un solo foglio su stazioni, aerei, ferrovie, ponti degli anni delle Stragi

Nell’archivio del ministero dei Trasporti non ci sono documenti che riguardano gli anni “delle Stragi” — dal 1968 al 1980 — e mancano addirittura tutte le documentazioni del ministero e del rispettivo gabinetto. La rivelazione arriva dalla relazione annuale del Comitato consultivo sulle attività di versamento all’Archivio Centrale dello Stato della documentazione relativa alla direttiva Renzi/Draghi. La conferma è arrivata dalla sottosegretaria del ministero Fausta Bergamotto (FdI) che ha ammesso quanto aveva anticipato già la presidente dell’Associazione familiari vittime della strage di Ustica, Daria Bonfietti. Bergamotto ha risposto, facendo le veci di Salvini, all’interrogazione di Luigi Marattin, che ha presentato un’interpellanza analoga a quella della settimana scorsa di Federico Fornaro. Tra i documenti riversati nell’Archivio centrale dello Stato, in realtà, mancano completamente tutti i documenti relativi al periodo 1968–1989 del Mit, nonché tutta la documentazione del ministro e del capo di Gabinetto. Bonfietti sottolinea che la mancanza di documenti “è contro la legge,” legge che però è “purtroppo totalmente disattesa non contemplando alcun tipo di sanzione.”

Tra gli altri argomenti della puntata:
  • I dati della disuguaglianza in Italia, presentati da Oxfam in occasione del Forum economico mondiale;
  • L’emendamento al Milleproroghe per eliminare la scadenza delle concessioni balnerari;
  • Le miniere di Litio e Cobalto in Italia

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in copertina: elaborazione foto CC BY-SA 3.0 Maristela Possamai
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2 years ago
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192: La crisi dei carburanti e gli orizzonti del governo Meloni
Il governo Meloni è tranquillo, coperto da una ampia maggioranza parlamentare. Ma nei primi mesi di governo ha deluso in modo seriale i propri elettori, e nei prossimi mesi le difficoltà da affrontare saranno ancora più complesse.

Lo sciopero dei benzinai, annunciato perché il governo aveva cercato di scaricare la responsabilità dell’aumento dei carburanti sulla categoria, è “congelato” — almeno fino al 17, quando ci sarà un nuovo incontro tra i rappresentanti delle associazioni e Palazzo Chigi. Mentre scriviamo non sono ancora stati formalizzati i cambiamenti al Dl benzina, che dovrebbe essere bollinato oggi, ma dovrebbe contenere un meccanismo per ridurre le accise in caso il prezzo del self service superi i 2 euro, e un ammorbidimento delle sanzioni contro i benzinai che non espongono il doppio prezzo, con le più rigide riservate solo per le “omissioni” e non per i “ritardi.”

Aver fermato lo sciopero dei benzinai è una vittoria importante per il governo, che viene da una serie di “tradimenti” nei confronti di diversi bacini elettorali, e che era quindi preoccupato di una rottura con la filiera del trasporto. Ma aver temporaneamente calmato i benzinai non vuol dire aver risolto il problema dei carburanti: ieri Fazzolari è tornato a sottolineare che “si riducono le accise solo se c'è un aumento del prezzo del carburante e dunque un maggior gettito Iva da utilizzare.” L’idea, quindi, sembra essere quella di cercare di “resistere” e incassare l’extragettito, fino a quando non ci siano abbastanza risorse per abbassare le accise — come se i prezzi non fossero già oltre l’insostenibilità.

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2 years ago
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191: Il governo Meloni ha un problema con l’istruzione e la ricerca
Con Rosa Fioravante, segretaria nazionale ADI - Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca in Italia

Mentre il ministro Valditara tiene banco con le proprie opinioni sui lavori umilianti e il merito, Bernini condanna i dottorandi al precariato, abbandonando a un futuro non precisato il passaggio verso un contratto di ricerca

Il ministro dell’Istruzione e del Merito è di nuovo al centro delle polemiche per un’affermazione fatta il 21 novembre durante un evento pubblico a Milano — lo stesso in cui ha proposto i lavori socialmente utili per gli alunni violenti. Non si è fermato lì: ha anche detto che l’umiliazione “è un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità.” Di fronte alle critiche, il ministro ha fatto una mezza marcia indietro, dicendo di aver “usato un termine sicuramente inadeguato,” ma “confermo il messaggio.” 

Il ministro aveva fatto discutere fin da quanto il suo dicastero è stato annunciato da Meloni. La questione del “merito,” da sempre centrale al pensiero della destra italiana, con il quale si giustificano i sacrifici chiesti ai cittadini, fa il paio con l’idea della “libertà” della ricerca, con cui la ministra dell’Università Anna Maria Bernini sembra aver rimandato a data da destinarsi la piena attuazione della riforma del pre–ruolo universitario, che avrebbe garantito un contratto di ricerca ai dottorandi, andando a sostituire gli assegni di ricerca.

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2 years ago
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Il mondo visto da lontano: conversazione sulle notizie piú importanti della settimana, dalla redazione di the Submarine.