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Liturgia e sacramenti - BastaBugie.it
BastaBugie
51 episodes
1 week ago
Gesù Cristo, unico salvatore del Mondo, continua ad agire oggi attraverso la sua Santa Chiesa
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Religion & Spirituality
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Gesù Cristo, unico salvatore del Mondo, continua ad agire oggi attraverso la sua Santa Chiesa
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Religion & Spirituality
Episodes (20/51)
Liturgia e sacramenti - BastaBugie.it
Jonathan Roumie difende l'eucaristia e cita Carlo Acutis
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8329

JONATHAN ROUMIE DIFENDE L'EUCARISTIA E CITA CARLO ACUTIS di Paola Belletti
 
Carlo Acutis e le sue intuizioni sull'Eucarestia, farina del sacco che Gesù stesso ha riempito con abbondanza nella sua vita breve e compiuta, continuano a conquistare nuovi seguaci, testimoni originali e convinti come lo è stato lui. Uno di essi è l'attore Jonhathan Roumie, interprete di Gesù nella serie The Chosen, approdata dopo una sorprendente marcia di avvicinamento anche su Netflix. Come credente ha partecipato alla processione eucaristica che si è svolta a New York il 14 ottobre, promossa dal NAPA Institute. Prima della Santa Messa nella Cattedrale di Saint Patrick, l'attore ha offerto una sua meditazione sulla fede e sull'importanza decisiva dell'Eucarestia nella vita dei fedeli e lo ha fatto con profondità e leggerezza insieme. Dopo aver richiamato l'espressione del piccolo Carlo che si stava recando nel monastero del Bernaga per ricevere la prima comunione con un anno di anticipo, «L'Eucaristia è la mia autostrada per il cielo», Roumie ha dichiarato quali siano i suoi sentimenti e soprattutto le sue radicate convinzioni intorno all'importanza decisiva dei sacramenti, Eucarestia al centro: «Da newyorkese nato e cresciuto, vorrei aggiungere un sentimento simile: l'Eucaristia è il mio treno espresso per il paradiso. Probabilmente il treno "3", per ovvi motivi, a meno che non sia il fine settimana, nel qual caso, a causa delle chiusure, probabilmente dovrete prendere il "2", o, peggio ancora, dovrete fare la spola fino a Grand Central e poi magari prendere il "4" o il "5". E sappiamo tutti come va a finire». Riferimenti più che eloquenti per i newyorkesi, dalle risate che si levano distintamente tra i numerosi presenti, come potrebbe esserlo una battuta sulla puntualità della metro di Roma, o sui treni per i pendolari in una delle nostre città. Prosegue dichiarando come è importante cercare l'unità sempre più profonda con Gesù nelle nostre vite. Come? in cose piccole, sottili, umili (un po' alla santa Teresina, per intendersi, il grande dottore della Chiesa "inventrice" della piccola via): «(...) nelle nostre interazioni reciproche: tenere aperta la porta a qualcuno; rivolgere un sorriso di benvenuto alle persone che ti circondano; conversare e persino mostrare un qualche tipo di riconoscimento a un senzatetto, offrirgli una tazza di caffè, magari del cibo; o dare a chiunque ti chieda qualcosa, indipendentemente da come ci siano arrivati e da cosa pensi di come ci siano arrivati».
Davvero, si fa così, con piccoli gesti pressoché invisibili? non è meglio testimoniarlo alla grande, raggiungendo milioni di spettatori nel mondo, magari interpretando il ruolo di Cristo in una serie di successo planetario? No, assicura di no: «(...) essere al servizio di chiunque incontriate e portare con voi la gioia di Cristo mentre lo servite. Perché i piccoli gesti? Qual è l'importanza delle cose più piccole? Non dovrei fare qualcosa di gigantesco? Non dovrei andare in televisione e interpretare Gesù? No, non dovreste. Fidatevi, non ve lo consiglio. È una grazia e un dono, certo, ma non è obbligatorio». Anzi, interpretare Gesù soprattutto nella sesta stagione che è incentrata sulla Passione e Morte è stata un'esperienza talmente impegnativa e ardua che senza il nutrimento dell'Eucarestia è certo che non avrebbe potuto affrontarla. E di sicuro non avrebbe reso il servizio che invece è riuscito a offrire: «(...) cercando la guarigione delle profonde ferite del peccato dentro di me attraverso il sacramento della riconciliazione e ricevendo l'Eucaristia quasi ogni giorno, o quando e dove possibile, è stato Cristo a prendere il sopravvento e a plasmare ulteriormente la mia anima affinché riflettesse di più Lui dentro di me. È Cristo la cui luce risplende in questa tavolozza, vaso di pelle e ossa.»Show more...
1 week ago
4 minutes

Liturgia e sacramenti - BastaBugie.it
Il canto gregoriano giova alla salute del corpo (e dell'anima)
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8215

IL CANTO GREGORIANO GIOVA ALLA SALUTE DEL CORPO (E DELL'ANIMA) di John Horvat
 
Una pratica ecclesiale di lunga data orientata all'adorazione di Dio è il canto di salmi e inni. Fin dai tempi più antichi, i monaci si impegnavano nel canto liturgico che completava la loro vita spesso faticosa. Questi monaci riuscivano a far fronte alle ore trascorse in coro e a provvedere alle loro necessità materiali.
L'autore francese, il dottor Alftred Tomatis, racconta l'affascinante storia di come ha scoperto il "segreto" del vigore dei monaci in mezzo ai loro rigorosi programmi.
Il dottor Tomatis, specialista dell'orecchio, racconta come un particolare monastero francese abbia seguito per secoli la regola di San Benedetto, che prevedeva diverse ore di canto al giorno.
Dopo il Concilio Vaticano II, negli anni Sessanta, i monaci cambiarono le loro pratiche secolari. Smisero di cantare in latino ed esplorarono la possibilità di continuare a cantare in vernacolo. Quando non si raggiunse un accordo su come farlo, decisero di interrompere del tutto il canto e di sostituirlo con ministeri più aggiornati e forse più "pastorali", in linea con altre riforme dell’epoca.
Il nuovo orario ebbe conseguenze importanti sulla vita dei monaci. Per secoli, i benedettini hanno prosperato dormendo poco. Ora, però, questi nuovi monaci erano affaticati e svogliati. Anche quando venivano concessi loro più ore di sonno, continuavano a essere costantemente stanchi.
Si decise di cambiare la secolare dieta vegetariana per includere la carne, nella speranza di dare ai monaci più energia. Tuttavia, la loro salute non migliorò. Sembrava che non ci fosse modo di trovare la causa dei loro problemi e le soluzioni proposte sembravano solo peggiorare la situazione.
A questo punto, il dottor Tomatis visitò il monastero per testare l'udito dei monaci. Fu sorpreso nel constatare che molti di loro soffrivano di problemi di udito. Esaminando la sequenza dei cambiamenti, stabilì che l'unico cambiamento relativo all'udito era la cessazione del canto dei salmi in coro.
Raccomandò di riprendere il canto per vedere se le loro condizioni sarebbero cambiare.
Quando i monaci tornarono alla loro vecchia routine di cantare le ore dell'ufficio, sperimentarono una trasformazione sorprendente. La maggior parte di loro divenne piena di energia e potè funzionare di nuovo con poco sonno. Non ebbero bisogno di una nuova dieta. Il canto gregoriano fu sufficiente a risolvere i loro problemi di salute.
In un'intervista rilasciata a una radio canadese, il dottor Tomatis ha spiegato l'accaduto dal suo punto di vista professionale. Da tempo studia gli effetti dei suoni e delle frequenze su una persona. Ha detto che la corteccia cerebrale può essere "caricata" o stimolata positivamente da suoni come il canto gregoriano.
Per questo motivo, riteneva che le sessioni quotidiane di canto portassero energia al corpo e alla mente dei monaci. La regolarità e il ritmo dei canti hanno un impatto che ordina il monaco e gli permette di fare cose straordinarie.
Naturalmente, gli effetti fisici della musica sono solo una parte della storia. Tuttavia, è una parte affascinante in un mondo non credente che apprezza solo i benefici materiali. Altri esperti hanno studiato gli effetti del canto e hanno scoperto che può abbassare la pressione sanguigna e contribuire a ridurre l'ansia e la depressione.
Eppure, la vera storia è l'impatto spirituale del canto sull'anima. Questa musica è soprannaturale in quanto eleva la persona verso il cielo e le cose di Dio. La sua bellezza riempie le anime di ammirazione e amore per Dio. Quando le pratiche di fede mettono in ordine l'anima, il corpo diventa naturalmente ordinato.
La vera conclusione di questa storia non è che il canto gregoriano possa servire come...
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4 months ago
5 minutes

Liturgia e sacramenti - BastaBugie.it
La visita al Santissimo sacramento
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8154

LA VISITA AL SANTISSIMO SACRAMENTO di Don Stefano Bimbi
 
La visita al Santissimo Sacramento può essere una sfida, specialmente con tutte le distrazioni che ci sono nella vita quotidiana. Proprio per questo può diventare un'occasione unica per rientrare in contatto con Dio, lontano dalla frenesia quotidiana.
Ma cos'è la visita al Santissimo Sacramento? È un atto di adorazione e di preghiera che si fa di fronte al Santissimo Sacramento, cioè l'Eucaristia, quando è custodita nel tabernacolo. È un momento di raccoglimento, di preghiera e di intima comunione con Gesù presente nell'Eucaristia. Si distingue dall'Adorazione Eucaristica che si fa quando il Santissimo è esposto con l'ostensorio sull'altare.
Per fare la visita al Santissimo ti puoi inginocchiare o semplicemente stare in silenzio davanti al Santissimo Sacramento, pregando come preferisci. Non c'è un testo obbligatorio, ma spesso si usano preghiere come il Padre Nostro, il Ti adoro (del mattino o della sera a seconda dell'ora del giorno), l'Atto di Dolore, il Credo, o altre preghiere. Oppure si può anche pregare con le parole che lo Spirito Santo ci suggerisce, come ad esempio: "O Signore Gesù, che sei qui nel Santissimo Sacramento, ti adoro e ti lodo. Grazie per la tua presenza, ti offro il mio cuore e la mia vita. Rinnovo la mia fede in Te. Sostienimi nella difficoltà che sto vivendo. Ti affido questa persona a me cara...".
La durata della visita dipende dal tuo desiderio di intimità con Dio. Puoi stare anche solo pochi minuti o per un periodo più lungo, ascoltando e riflettendo. La visita può essere anche breve, ma sarebbe importante che fosse fatta con regolarità. Alcuni la fanno una volta al giorno, altri una volta a settimana o in momenti particolari dell'anno come ad esempio la Quaresima. Ecco adesso alcuni consigli pratici.
1) SPEGNERE IL CELLULARE O METTERLO IN MODALITÀ "NON DISTURBARE"
Questo è il primo passo per un incontro vero. Spesso il cellulare è la principale fonte di distrazione, con notifiche e messaggi che ci tirano fuori dal momento presente. Spegnendolo o mettendolo da parte, ti permetti di essere veramente "presente" e di concentrarti.
2) IMPOSTA UN TEMPO PER LA VISITA
Decidi in anticipo quanto tempo dedicare. Può essere utile fissare una durata (esempio: 10 minuti o anche 5 oppure anche solo 3, l'importante è stabilirlo prima di entrare in chiesa).
3) PORTA UN ROSARIO O UN LIBRO DI PREGHIERE
Anche se non è necessario, avere un rosario o un libretto con preghiere può aiutarti a concentrarti. A volte, la mente può vagare e un semplice rosario o una preghiera scritta ti aiuta a rimanere focalizzato. Deve però essere chiaro che la preghiera è libera per cui si può usare il tempo come si preferisce.
4) FAI SILENZIO INTERIORE
Una volta entrato in chiesa prenditi un momento per respirare profondamente, liberarti dalle preoccupazioni e pensare che sei alla presenza di Qualcuno di molto speciale. Cerca di "spegnere" tutto dentro di te, proprio come hai fatto con il cellulare.
5) NON AVERE PAURA DEL SILENZIO
Il silenzio può sembrare un po' inquietante, soprattutto oggi dove siamo sempre stimolati dai suoni e dalle immagini. Ma nel silenzio puoi davvero ascoltare Dio. Non sentirti obbligato a riempirlo con pensieri frenetici. Lascia che sia un momento di pace.
6) VIVI IL MOMENTO CON GRATITUDINE
La visita al Santissimo è anche un'opportunità per esprimere gratitudine al Signore. Pensa a qualcosa per cui sei veramente grato a Dio in quel momento della tua vita.
7) FAI ATTENZIONE ALLA TUA POSTURA
Non è un obbligo, ma stare in ginocchio può aiutarti nella preghiera.
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5 months ago
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Liturgia e sacramenti - BastaBugie.it
Il cielo è spento nelle chiese moderne
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8044

IL CIELO E' SPENTO NELLE CHIESE MODERNE di Francesco Mori
 
Perché le chiese moderne sono così fredde e spoglie? Quale concezione estetica pare avere ispirato i progettisti? Da quale fonte è stata originata la scomparsa pressoché totale dell'ornato? Queste domande accompagnano ormai da decenni chi entra in un edificio sacro di recente costruzione ed acquistano ancor più forza e urgenza se si confrontano le strutture contemporanee con le chiese, anche le più piccole e periferiche, costruite fino agli inizi del secolo scorso. Dietro ogni scelta formale si cela l'espressione di una spiritualità. Cercheremo in quest'articolo di individuarne la natura e l'origine.
Nelle pagine de Il grande divorzio il genio di Clive Staples Lewis immaginò che un pullman di dannati partisse per un viaggetto fino in paradiso, per vedere come trascorresse la vita lassù. La comitiva, ben presto, si accorse con sorpresa che, rispetto al grigiore della tetra città che popolavano, e che pareva loro reale come il mondo conosciuto dell'aldiquà, lassù tutto era più nitido, colorato, denso e pesante, tant'è che la forza necessaria per alzare una singola foglia era pari a quella che serviva a spostare un grosso macigno all'inferno. Questo paradiso, in cui risultano potenziate tutte le caratteristiche della realtà creata, è davvero un'intuizione formidabile! A questa concezione se ne oppone frontalmente un'altra, oggi assai diffusa, che immagina l'aldilà come il luogo dell'evanescenza e della fusione inebetita delle anime in un'indistinta e accecante luminescenza, eternamente priva di mutazioni e di articolazioni. Si affrontano qui due differenti visioni del sacro: la prima di matrice cristiana e la seconda profondamente influenzata dalle religioni orientali, soprattutto l'induismo.
UNA ANTICIPAZIONE DEL PARADISO
In un vecchio catechismo della Conferenza episcopale toscana tutti i capitoli erano illustrati da splendidi quadri e antiche miniature, ma... solo la sezione sui novissimi si apriva con un quadro monocromo, giallino chiaro, percorso da linee orizzontali colorate. Sembrava proprio che per descrivere il nostro futuro eterno i vescovi - o i redattori del volume - non avessero trovato di meglio che questa illustrazione minimale e diafana. Da una simile scelta sorge il dubbio che la visione "orientale" dell'essere sia penetrata anche nella nostra cultura. A questa visione attingeva, non a caso, il primo testo teorico sull'astrattismo, scritto da Vasilij Kandinskij agli inizi del Novecento, che recava un titolo accattivante: Lo spirituale nell'arte. Questa contaminazione fa emergere l'urgenza di alcune domande capitali: a chi piacerebbe trascorrere la vita eterna perennemente abbagliato da un muto chiarore senza articolazioni e movimento? Chi si appagherebbe nell'infinita permanenza in questa sorta di eterna e monotona staticità, che assomiglia tanto al nulla? Chi anelerebbe a questa condizione esistenziale, avendo ancora negli occhi i colori del tramonto e dell'alba, la sorprendente vastità del mare, le foglie multicolori degli alberi in autunno e i visi dei propri cari?
Bene: le chiese, almeno quelle cattoliche, sono sempre state concepite come un tentativo di creare uno spazio che prefiguri una sorta di sacrale anticipazione del paradiso. Spesso vi si ricapitolava in pietra, in oro o in colori, l'intero vastissimo universo creato, che andava così ad ornare capitelli, volte, nicchie, cornici, chiavi di volta ecc. Ecco allora comparire il ciclo dei mesi, la storia umana, le età dell'uomo, le foglie d'acanto, le fiere, gli animali, i pesci, i pianeti, in pratica tutto il cosmo, da cui saliva a Dio lode e venerazione, poiché anch'esso attende con impazienza, come ci insegna San Paolo, la rivelazione dei figli di Dio (vedi Rm 8,19)....
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9 months ago
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Liturgia e sacramenti - BastaBugie.it
Le dieci "C" fondamentali per la confessione
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7972

LE DIECI ''C'' FONDAMENTALI PER LA CONFESSIONE di Manuela Antonacci

La comunione e la confessione [...] sono due sacramenti essenziali per la vita di un cattolico. Tuttavia fondamentale è la giusta disposizione con cui ci si accosta ad entrambi. Ed ecco 10 dritte importanti, fornite su Catholic Exchange da padre Ed Broom, grande esperto di spiritualità.
1) CHIAREZZA
Un segno evidente dell'azione dello Spirito Santo sono la chiarezza e la trasparenza. Al contrario, l'azione del Maligno è caratterizzata dalla confusione, dall'ambiguità e dall'incertezza: "Il vostro parlare sia sì sì e no no".
2) CONCISIONE (SINTETICITÀ)
Le confessioni non devono essere lunghe perché non vanno confuse con la direzione spirituale. L'essenza del sacramento consiste semplicemente nel dichiarare i nostri peccati. Non nel girarci intorno: bisogna essere diretti e sintetici.
3) CONCRETEZZA
Un'altra qualità essenziale per una buona confessione sacramentale è la concretezza. Non basta dirsi peccatori ma è necessario confessare pensieri, parole e azioni peccaminose, insieme alle circostanze e all'intento con cui si è agito.
4) COMPLETEZZA
La Chiesa stabilisce nel Diritto Canonico e nel Catechismo che di tutti i peccati mortali bisogna indicare la frequenza con cui li si è commessi. Ad esempio, se si perde deliberatamente la Santa Messa della domenica, allora il numero di volte in cui si è mancato di soddisfare al precetto dovrebbe essere specificato.
5) CONTRIZIONE
Perché una confessione sacramentale sia legittima ed efficace, ci deve essere una vera contrizione del cuore. In altre parole, dobbiamo essere pentiti e disposti a rinunciare ed evitare il peccato in futuro. È necessario, per questo, chiedere la grazia della vera contrizione del cuore per fare confessioni valide.
6) CONDANNA
Dobbiamo essere saldamente fondati nella convinzione che il Signore ci ama veramente e che vuole ciò che è meglio per noi. La sua misericordia e il suo amore sono veramente più potenti del nostro peccato, e qualsiasi pensiero contrario può essere condannato.
7) CORREZIONE
La correzione è consequenziale alla contrizione. Dobbiamo essere disposti, con la Grazia di Dio, a correggere le nostre cattive azioni, a compiere i passi necessari per correggerci ed evitare qualsiasi persona, luogo o circostanza possa facilmente rinchiuderci nella trappola del peccato.
8) COMPENSAZIONE
C'è una parte della confessione molto importante che è la penitenza che il sacerdote assegna e che va rispettata. Se abbiamo danneggiato la proprietà di qualcuno o il suo buon nome, allora deve essere perseguita una qualche forma di risarcimento. Ciò rientra nella virtù cardinale della giustizia, ovvero del dare a ciascuno ciò che gli è dovuto. Anche se è impossibile "ripagare Dio" per le offese commesse contro di Lui, possiamo, tuttavia, attraverso la nostra penitenza, mostrare di voler fare un atto di buona volontà.
9) CONVERSIONE
Uno dei frutti più efficaci della Confessione è la conversione, l'allontanamento dal peccato e la conversione al Signore. Sono tutte cose che dipendono sì dalla grazia di Dio, ma anche dalla nostra disponibilità a corrispondere a questa grazia. La confessione è veramente un incontro con Gesù, perché Lui, il Medico Divino, è l'unico che può veramente guarire le nostre anime. Il Vangelo è pieno di episodi in cui vediamo Gesù che guarisce e risana anche i grandi peccatori. Santa Maria Maddalena aveva sette demoni: Gesù non solo l'ha guarita, ma l'ha trasformata in una grande santa.
10) CONFIDENZA (FIDUCIA)
Uno degli insegnamenti più importanti del Diario di suor Faustina. Parole di Gesù misericordioso è che Gesù insiste sul fatto che tutti, specialmente i peccatori più incalliti,...
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11 months ago
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Liturgia e sacramenti - BastaBugie.it
Il morto ha bisogno di suffragi, non applausi
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7959

IL MORTO HA BISOGNO DI SUFFRAGI, NON APPLAUSI di Don Stefano Bimbi

Il mese di novembre è un periodo propizio per ricordare il filo che lega vivi e morti. Coloro che stanno espiando la loro pena nel Purgatorio hanno bisogno della nostra preghiera che può alleviare e abbreviare la loro pena. Nella Divina Commedia le anime del purgatorio si avvicinano a Dante chiedendo di essere ricordate ai loro cari sulla terra perché preghino per loro. Questo aiuto spirituale si chiama suffragio. La parola viene dal latino suffragium, che significa voto. Se ci si pensa quando alle elezioni si parla di suffragio ci si riferisce all'azione di votare oppure anche al diritto di voto. Comunque per quello che qui ci interessa il suffragio indica in modo particolare l'aiuto offerto alle anime dei defunti tramite l’intenzione che il sacerdote applica loro nella Messa.
Così come ha ricevuto il potere di consacrare, il sacerdote ha ricevuto anche il potere di destinare un particolare beneficio del sacrificio di Cristo a favore di una determinata intenzione. Certamente anche i fedeli possono pregare durante la Messa secondo le loro particolari intenzioni. Ma il sacerdote agisce in persona Christi, identificandosi con Cristo. Quando pronuncia le parole consacratorie del pane e del vino è in realtà Cristo che le pronuncia attraverso le labbra e l'intenzione del sacerdote. Altrettanto avviene per la destinazione del sacrificio per un'intenzione particolare che diventa quella di Cristo stesso.
Ci si potrebbe chiedere se l'usanza di offrire sacrifici in espiazione dei peccati dei defunti sia nata dopo la venuta di Cristo oppure se ci sono tracce in tal senso nell'Antico Testamento. Ebbene la risposta si trova nel secondo libro dei Maccabei dove si legge che Giuda «fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato» (2Mac 12,45). Con la venuta di Cristo si porta a perfezione questo sacrificio veterotestamentario con il vero e unico sacrificio del Figlio di Dio che muore sulla croce.
L'INTENZIONE PER PIÙ DEFUNTI
Quando le persone mi chiedono di applicare l'intenzione della Messa per un particolare defunto sono desiderose di sapere se possono farlo per più defunti oppure per uno soltanto - e chiedono se in tal caso "costa di più". Occorre innanzitutto precisare che la relativa offerta va al sacerdote, non alla parrocchia (come accade per tutte le altre: quelle raccolte a metà Messa dai fedeli, quelle delle candele, delle benedizioni delle case e qualunque altra offerta). Le offerte per le intenzioni della Messa sono le uniche che percepisce direttamente il sacerdote perché in quel momento lui rinuncia alla sua intenzione per offrire quella del richiedente. L'offerta è libera e, al limite, è compito dei vescovi stabilire la cifra massima che un sacerdote può chiedere per cui non si tratta di fissare il "prezzo" della Messa, semmai mettono semplicemente un tetto massimo a protezione dei fedeli da eventuali, rarissimi, abusi. In genere il sacerdote non chiede una cifra, ma se il fedele lo domanda questi può dirgli appunto l'offerta stabilita dal vescovo. Naturalmente un fedele può dare anche una cifra minore in base alle sue disponibilità e il sacerdote è comunque obbligato a celebrare la Messa per la sua intenzione. Per tornare alla domanda se un'intenzione possa essere per più defunti e se in tal caso "costa di più", rispondo con la storiella della mela: comprando una mela, questa non costa più o meno a seconda se a mangiarla siamo in una, due, tre o più persone. Una mela costa sempre lo stesso, anche se ovviamente più sono le bocche da sfamare, più piccolo sarà lo spicchio che toccherà a ciascuno. Questo esempio banale serve per dire che siccome il beneficio che traiamo dalla Messa è finito, gioviamo...
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1 year ago
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Liturgia e sacramenti - BastaBugie.it
La questua: dagli ordini mendicanti alle parrocchie di oggi
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7926

LA QUESTUA: DAGLI ORDINI MENDICANTI ALLE PARROCCHIE DI OGGI

La questua è il momento in cui i fedeli contribuiscono concretamente alle necessità della chiesa attraverso donazioni volontarie. Questo gesto di carità ha un duplice significato: da un lato, risponde ai bisogni materiali della chiesa; dall'altro, rappresenta un'espressione tangibile di amore e solidarietà verso la comunità. Le offerte raccolte durante la questua vengono utilizzate per il mantenimento della chiesa e per sostenere varie cause caritatevoli.
La questua in chiesa è una pratica antica e radicata nella tradizione cristiana, che continua a svolgere un ruolo significativo ancora oggi. Attraverso la questua, i fedeli non solo sostengono le necessità materiali della chiesa, ma rafforzano anche i legami di comunità e di fede, contribuendo anche sul piano pratico a creare una comunità di fedeli e persone, uniti dalla religione, ma anche da obiettivi comuni e virtuosi. Un aspetto da non sottovalutare, in un'epoca come la nostra, in cui sembra essere diventato difficile perfino intrattenere rapporti civili e solleciti con i vicini di casa! Anzi, vedremo come, nonostante i cambiamenti delle abitudini moderne, la sacralità della questua è rimasta invariata e permette ai cristiani di aiutare la comunità religiosa, rafforzando il senso di preghiera e appartenenza. In questo articolo esploreremo il significato di questua, l'uso della borsa per questua nelle chiese moderne e l'offertorio nella Messa.
SIGNIFICATO DI QUESTUA
La questua è una pratica che consiste nella raccolta di offerte da parte dei fedeli per sostenere le attività e le necessità della chiesa. Anticamente si intendeva con questo termine l'opera dei questuanti, ovvero i monaci appartenenti agli Ordini Mendicanti incaricati di elemosinare porta a porta per provvedere al mantenimento dei confratelli. Dobbiamo pensare che gli Ordini Mendicanti vivevano esclusivamente della generosità dei devoti. Questi ordini fiorirono tra il XIII e il XV secolo. Gli uomini che aderivano ad essi abbracciavano i concetti di umiltà, obbedienza e povertà evangelica. Essi praticavano la predicazione ambulante, spostandosi di paese in paese, spesso dormendo all'addiaccio, e rivendicavano una certa libertà dalla giurisdizione vescovile. Inoltre erano uniti da profonda fraternità, che riflettevano anche nel loro comportamento verso chiunque incontrassero, tutti fratelli e sorelle in Dio. Da questi particolari uomini di chiesa nasce il termine frate, che distingue l'appartenente a un ordine mendicante da un monaco. I primi e più importanti tra gli Ordini Mendicanti furono i Domenicani e i Francescani, che con la loro scelta di fede e soprattutto di vita ribaltarono completamente la tradizione monastica. Infatti, a differenza dei monaci, che vivevano chiusi nelle abbazie dividendosi tra preghiera, lavoro e contemplazione, i Mendicanti viaggiavano nel mondo predicando la Parola di Dio. In seguito nacquero altri Ordini mendicanti, come i Frati Minori Cappuccini, di cui fece parte anche Padre Pio.
L'OFFERTORIO DURANTE LA MESSA
Il significato di questua oggi come ieri risiede nell'atto di generosità e condivisione. Se in passato le offerte erano rivolte al sostentamento dei frati, ed erano spesso costituite non da denaro, ma da beni di consumo, cibo, vino, vestiti, eccetera, col passare del tempo la raccolta di denaro da parte della chiesa è diventato un gesto per contribuire al mantenimento della parrocchia, ma soprattutto un modo con cui i membri della comunità contribuiscono volontariamente per il bene comune.
La questua rappresenta un gesto concreto per la chiesa, da parte dei fedeli. Le offerte vengono utilizzate per la manutenzione della chiesa o per altre cause specifiche di comune interesse per la...
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Liturgia e sacramenti - BastaBugie.it
Cattolici erranti in cerca di parrocchia
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7752

CATTOLICI ERRANTI IN CERCA DI PARROCCHIA
Non è obbligatorio frequentare la parrocchia dove si risiede, ma non si deve passare di chiesa in chiesa senza sentire l'appartenenza ad una specifica comunità
di Don Stefano Bimbi
«La parrocchia è una determinata comunità di fedeli che viene costituita stabilmente nell'àmbito di una Chiesa particolare, la cui cura pastorale è affidata, sotto l'autorità del Vescovo diocesano, ad un parroco quale suo proprio pastore». Così recita il canone 515 §1 del Codice di Diritto Canonico. La domanda che molti fedeli si fanno è se devono frequentare la parrocchia nel cui territorio si trovano ad abitare oppure se possono andare nella parrocchia che preferiscono.
Aldo Maria Valli nel suo sito ha pubblicato il 7 luglio 2017 un articolo che parla di una nuova figura di cristiano che l'autore definisce "il cattolico errante": «Si tratta di un bravo cattolico, un po' di tutte le età e le condizioni sociali, che vaga di chiesa in chiesa, di parrocchia in parrocchia. Perché lo fa? Perché, stanco di liturgie sciatte e di chiese brutte, di preti iperattivi o apatici, di parrocchiani sovreccitati o depressi, cerca una chiesa che sia semplicemente normale, con un prete che sia semplicemente prete, una liturgia semplicemente dignitosa, un edificio semplicemente rispettoso del sacro, fedeli semplicemente beneducati». Purtroppo questo tipo di cattolico non si sente più il benvenuto nella sua parrocchia, come spiega ancora Aldo Maria Valli: «Non ne può più di musica per nulla sacra, cori stonati, altoparlanti da discoteca, licenze assurde nella celebrazione. Non sopporta più fedeli chiassosi e sbracati. Non ne può più di chiese orrende, preti che celebrano con le scarpe da ginnastica, tazebao appesi tra una Madonna e un San Giuseppe. Non accetta più di subire omelie irrimediabilmente scontate o troppo immaginifiche. Non gli va più di fare i conti con parroci che sbrigano la messa come fosse una pratica amministrativa o che la trasformano in spettacolo. Ed è anche stanco di essere guardato come un provocatore ogni volta che osa dire come la pensa. Così si mette in viaggio e diventa un cattolico errante».
IL CATTOLICO ERRANTE
Ma è giusto essere un cattolico errante? Va bene passare di chiesa in chiesa senza sentire l'appartenenza ad una specifica comunità? La risposta è no. Far parte di una comunità di fede è necessario per la propria crescita spirituale e per sentirsi parte della Chiesa. Come ci insegna il Nuovo Testamento gli apostoli annunciavano sì il Vangelo, ma subito dopo formavano delle comunità e vi mettevano a capo uno o più presbiteri per garantire il modello gerarchico voluto da Gesù, ma anche la comunione di fede tra i membri di quella specifica comunità. Non si può essere cristiani isolati da ogni contesto ecclesiale. Né si può crescere nella fede e mantenersi nella retta dottrina senza una comunità di riferimento e un sacerdote che ci guida.
Torniamo quindi alla domanda iniziale e cioè se possiamo scegliere la parrocchia che si preferisce. Innanzitutto va detto che non è per nulla obbligatorio frequentare la parrocchia nel cui territorio si risiede. Ciascuno nella Chiesa è libero di andare dove si sente più accolto e soprattutto dove meglio può fare un cammino di fede adeguato alla sua sensibilità e al suo cammino. Certamente per ottenere il certificato di battesimo si deve andare nella parrocchia dove si è ricevuto il battesimo. Chi ha da iniziare la pratica per il matrimonio deve andare dal parroco della parrocchia dove risiede uno dei nubendi. Così per avere la benedizione della casa ci si dovrà rivolgere al parroco del territorio dove è la casa. Invece per tutto il resto, cioè dove andare alla Messa, agli incontri di formazione, al catechismo dei figli, ai ritiri...
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1 year ago
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Liturgia e sacramenti - BastaBugie.it
Portare i figli piccoli alla Messa può essere controproducente
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7714

PORTARE I FIGLI PICCOLI ALLA MESSA PUO' ESSERE CONTROPRODUCENTE di Don Stefano Bimbi
Portare i figli piccoli alla Messa va sempre bene oppure può essere opportuno che rimangano a casa per permettere ai genitori di vivere appieno la celebrazione liturgica? Questa domanda se la sono posta almeno una volta nella vita tutti i genitori cristiani e ciascuno ha pensato di risolverla secondo il proprio giudizio. E non è detto che fosse lo stesso degli altri fedeli o del sacerdote.
Molti genitori sono contenti di poter condividere con il coniuge e i figli la Messa domenicale, fieri e gioiosi del loro essere famiglia e del vivere insieme l’incontro con Cristo. Se qualcuno li guarda storto perché i bambini piccoli non stanno in perfetto silenzio questi genitori pensano che gli altri siano degli intolleranti. Ovviamente i bambini, con la loro tenerezza, magari strappano a qualcuno un sorriso di comprensione. In questo caso i genitori si sentono rasserenati e rafforzati nella loro scelta di portarli in chiesa.
Se i figli esagerano nel fare confusione, alcuni genitori li portano fuori, ma così si perdono parte della celebrazione. Altri invece restano, facendo finta di nulla, per non darla vinta al figlio, che non ne può più di rimanere perché si annoia, e non si curano delle signore che si girano lanciando delle occhiatacce minacciose e scocciate. Altri genitori portano giocattoli ai bambini in modo che non si annoino e non disturbino, anche se in realtà spesso disturbano lo stesso anche perché "giocare" e "silenzio" non sempre riescono a convivere allo stesso tempo. Tutte queste apparenti soluzioni fanno emergere una prima considerazione: ai bambini piccoli la Messa non serve, né gli interessa. Disturbano le persone circostanti e anche quando non fosse così, almeno il genitore non vive appieno la celebrazione del santo Sacrificio in quanto ha comunque il pensiero sul proprio figlio.
QUESTIONE SPINOSA
Si capisce come mai la questione sia spinosa e lasci alcuni genitori con un senso di inadeguatezza: pensano di dover trovare a tutti i costi un modo per poter vivere bene la Messa, riuscendo a partecipare adeguatamente con tutta la famiglia. Ma quando si rendono conto che non sono capaci di gestire la situazione possono arrivare a pensare che sia un loro difetto.
Alcuni per avvalorare la loro opinione che i bambini vanno sempre e comunque portati alla Messa, citano le famose parole di Gesù "Lasciate che i bambini vengano a me" (Mc 10,14) dimenticando che questa frase è stata pronunciata fuori dal tempio ed inoltre quando Gesù non stava pregando. Quando invece Gesù voleva pregare se ne stava "tutto solo", spesso di notte, oppure era nel tempio con gli altri, ma senza bambini. Tra l’altro quando il vangelo racconta di Gesù che nell’ultima cena istituisce il santo Sacrificio della Messa, non ci parla della presenza di bambini. Citare quindi il vangelo per avvalorare l’ipotesi che i bambini, anche se rumorosi, vadano comunque e sempre portati alla Messa non ha alcun fondamento. Inoltre non si può considerare la questione solo dal punto di vista dei bambini, ma anche dei fedeli che sono presenti alla Messa. Sacrificare un’intera assemblea in preghiera per il pianto di un solo bambino, magari al momento della consacrazione, non è giustificabile. Bisogna ricordare che un conto è venire in chiesa, un altro è partecipare alla Messa. Il silenzio è più benefico di tanti canti e di tante parole. Toglierglielo con i pianti e le scorrerie dei bambini non è un atto di carità e impedisce a molti di pregare.
LA GIUSTA SOLUZIONE
Per trovare la giusta soluzione a questo problema occorre riflettere su cosa sia la Messa. Si sente dire che è il ritrovo della comunità. Qualcuno si spinge ad affermare che è una festa. Se la Messa fosse...
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L'abuso della messa prefestiva per avere la domenica libera
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7613

L'ABUSO DELLA MESSA PREFESTIVA PER AVERE LA DOMENICA LIBERA di Fabio Amicosante
Quella di prender parte alla messa vespertina, comunemente chiamata "prefestiva", in sostituzione di quella domenicale, è una tendenza di cui molti fedeli tendono ad abusare. Per capire meglio questo concetto, bisogna tornare alle motivazioni per cui questa è stata introdotta e, soprattutto, riscoprire le effettive circostanze per cui venne data questa opportunità.
PAPA PIO XII
La Messa vespertina fu introdotta dal Pontefice Pio XII attraverso due decreti: La Costituzione Christus Dominus del 6 gennaio 1953 e il Motu porprio Sacram Communionem del 19 marzo 1957. Attraverso questi due decreti, l'allora Pontefice introdusse anche un'altra importante novità: la riduzione del digiuno eucaristico a tre ore. Come ci ricorda Toscana Oggi, qualche anno più tardi, nel 1972, i Vescovi italiani, durante il pontificato di Paolo VI, stabilirono che si potesse anticipare la Messa domenicale e festiva al giorno precedente.
Ma, in tal senso, bisogna tener presente, con estrema attenzione, alle raccomandazioni che i Vescovi dettarono in quell'anno. Il Collegio Episcopale raccomandò infatti di non far ricorso alla Celebrazione prefestiva a meno che non vi fossero "seri motivi familiari o professionali". Dunque, è bene fare uso di questa possibilità concessa, solo in caso di seri motivi e impegni improrogabili, che rendono impossibile la partecipazione domenicale.
Tuttavia, sembrano essere sempre più numerose le famiglie che scelgono di prender parte alla Messa vespertina per avere tempo libero la domenica. Abusando di questa opportunità concessa, molti giustificano questa scelta con "impegni" quali sport, svago o turismo. Il direttore di Toscana oggi, in tal senso ha lanciato anche un appello molto importante: "Credo che i Parroci e i consigli pastorali dovrebbero affrontare queste tematiche". C'è infatti, da questo punto di vista, un'estrema necessità di riscoprire il vero significato del "Giorno del Signore" che, per l'appunto, è la domenica.
PAPA BENEDETTO XVI
Questa necessità di riscoprire l'effettivo significato del Giorno del Signore è una tematica venuta alla luce già qualche anno fa, durante il Congresso Eucaristico di Bari. In quell'occasione fu l'allora Pontefice Benedetto XVI a ricalcare questa tematica durante la sua omelia: «Abbiamo bisogno di questo Pane per affrontare le fatiche e le stanchezze del viaggio. La Domenica, Giorno del Signore, è l'occasione propizia per attingere forza da Lui, che è il Signore della vita. Il precetto festivo non è quindi un dovere imposto dall'esterno, un peso sulle nostre spalle. Al contrario, partecipare alla Celebrazione domenicale, cibarsi del Pane eucaristico e sperimentare la comunione dei fratelli e delle sorelle in Cristo è un bisogno per il cristiano, è una gioia, così il cristiano può trovare l'energia necessaria per il cammino che dobbiamo percorrere ogni settimana. Questo Congresso Eucaristico, che oggi giunge alla sua conclusione, ha inteso ripresentare la domenica come "Pasqua settimanale", espressione dell'identità della comunità cristiana e centro della sua vita e della sua missione. [...]
Il tema scelto - "Senza la domenica non possiamo vivere" - ci riporta all'anno 304, quando l'imperatore Diocleziano proibì ai cristiani, sotto pena di morte, di possedere le Scritture, di riunirsi la domenica per celebrare l'Eucaristia e di costruire luoghi per le loro assemblee. Ad Abitene, una piccola località nell'attuale Tunisia, 49 cristiani furono sorpresi una domenica mentre, riuniti in casa di Ottavio Felice, celebravano l'Eucaristia sfidando così i divieti imperiali. Arrestati, vennero condotti a Cartagine per essere interrogati dal Proconsole Anulino. Significativa, tra le altre, la...
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Non si può benedire per sdoganare il male
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NON SI PUO' BENEDIRE PER SDOGANARE IL MALE di Don Stefano Bimbi
Nella Bibbia il Popolo eletto benedice Dio, cioè lo loda per le sue opere e lo ringrazia per i suoi benefici: soprattutto per la creazione e per la liberazione dall'Egitto operata attraverso Mosè. In questo senso tutta la creazione loda il Signore del cielo e della terra attraverso la preghiera dell'uomo. Significativo in tal senso è il cantico di Sadrac, Mesac e Abdènego, meglio conosciuti come Anania, Azaria e Misaele. Essendosi rifiutati di adorare gli idoli, vengono gettati nella fornace ardente dal re Nabucodonosor. Interessante notare che al re dicono che il loro Dio può liberarli dalle fiamme, ma se anche non lo farà loro gli resteranno fedeli comunque. Per dimostrare la loro fede nel momento della prova benedicono il Signore chiamando tutto il creato ad unirsi a loro: «benedite, sole e luna, il Signore», «benedite, stelle del cielo, il Signore», ecc. (cfr. Dn 3,57-88)
Nella Sacra Scrittura però troviamo che anche Dio benedice. Anzi, la prima volta che si parla di benedizione è proprio in riferimento a Dio che benedice gli esseri viventi che ha appena creato: «Dio li benedisse: Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra» (Gn 1,22).
La benedizione è legata alla trasmissione della vita. Poiché essa è un dono, la benedizione la moltiplica. Anche gli sposi vengono benedetti da Dio con il dono dei figli. Questa è l'altissima vocazione dell'uomo: partecipare dell'opera creatrice di Dio. Chi blocca la nascita di nuove creature di Dio con qualunque mezzo, contraccettivo o naturale che sia, offende Dio e gli dovrà rendere conto visto che il giorno del matrimonio si era impegnato solennemente ad accettare i figli che Dio voleva donargli. Da notare che quando Dio benedice non loda le sue opere, né loda se stesso, ma effonde sulle sue opere protezione e moltiplicazione.
Simbolo privilegiato della benedizione è l'acqua, indispensabile per la vita. Quando gli ebrei vagavano nel deserto avevano il problema della sete. Allora Dio fa sgorgare l'acqua dalla roccia dimostrando così la sua benedizione. Ecco il motivo per cui in genere la benedizione viene data aspergendo con l'acqua. L'acqua benedetta effonde vita, doni, grazie.
UNA PAROLA EFFICACE
La benedizione data da Dio o anche da parte dei ministri di Dio è una parola efficace. Basta pensare alla benedizione data da Melchisedek, sacerdote del Dio altissimo e re di Salem, ad Abramo. La benedizione ad Abramo e al popolo discendente da lui, cioè gli ebrei, è irrevocabile. Se ci si pensa infatti è l'unico popolo dell'antichità che è arrivato ai nostri giorni. Tutti gli altri popoli sembravano più potenti, tanto che si studiano ancora a scuola, ma sono tutti scomparsi: assiri, babilonesi, fenici, egiziani, ecc. L'unico popolo che è ancora esistente con la sua lingua, cultura e religione (ad esempio gli egiziani di oggi non hanno nulla in comune con gli antichi egizi) è il popolo nato da Abramo proprio perché Dio gli ha dato la sua benedizione e questa è irrevocabile.
L'efficacia e l'irrevocabilità delle benedizioni che Dio fa attraverso gli uomini è riconosciuta da Isacco quando si accorge che Giacobbe gli ha estorto la benedizione al posto di Esaù: «Io l'ho benedetto e benedetto resterà» (Gn 27,33).
Nel Vangelo Gesù benedice i bambini, e cioè effonde loro salute, protezione, favori divini. Il Signore benedice il pane prima di moltiplicarlo e poi il pane e il vino nell'ultima cena prima di consacrarli nel suo corpo e nel suo sangue. Ascendendo al cielo benedice gli apostoli.
Gesù ha comandato agli apostoli di portare pace nelle case, e cioè di benedirle con i suoi favori e la sua protezione. La Chiesa ha quindi continuato il ministero...
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1 year ago
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Fine pandemia: lo ha capito (in ritardo) anche la CEI
VIDEO: Riassuntone di questi tre anni ➜ https://www.youtube.com/watch?v=ZMwI61VIYAY&list=PLolpIV2TSebVtj34zS7A0AabuQ9cf1Uxp

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7406


FINE PANDEMIA: LO HA CAPITO (IN RITARDO) ANCHE LA CEI di Stefano Chiappalone
Dopo tre anni la pandemia è ufficialmente terminata anche per i vescovi italiani. La lettera della Cei è stata pubblicata l'8 maggio, a tre giorni dal pronunciamento dell'Oms (del 5 maggio), così come a suo tempo la sospensione dei riti religiosi in tutto il territorio nazionale era stata decretata il 9 marzo, all'indomani del primo di una lunga serie di DPCM che da Palazzo Chigi scandivano ciò che di volta in volta era proibito, concesso o «fortemente raccomandato». In Lombardia lo "stop" liturgico fu anticipato al 23 febbraio (e sempre, dichiarava l'arcidiocesi ambrosiana, «in ragione dell'ordinanza emanata dal presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, di concerto con il ministro della Salute, Roberto Speranza»).
Per cominciare non si può che rallegrarsi del dichiarato ritorno alla normalità, quando tutto il resto della società vi è tornato da un pezzo. Avevamo ormai dimenticato le autocertificazioni e persino il green pass; andiamo al bar o al ristorante come prima e più di prima, affolliamo le corsie del supermercato o gli eventi sociali e culturali. Ora che «il direttore generale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, condividendo l'indicazione dell'apposito Comitato tecnico, ha annunciato lo scorso 5 maggio che il Covid-19 non costituisce più un'emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale», finalmente sappiamo una volta per tutte che banchi e inginocchiatoi non sono più pericolosi di altri luoghi.
La Cei rievoca il «tempo difficile in cui le nostre comunità cristiane sono state prossime con la preghiera e le opere di carità a chi ha sofferto la malattia e le conseguenze della difficile fase economica». Esprime gratitudine al «personale sanitario» e a «tutti coloro che, in qualsiasi maniera, hanno dato il loro contributo per alleviare i disagi e affrontare la crisi». E ricorda «le tante persone che hanno perso la vita, tra cui centinaia di sacerdoti, che hanno contratto l'infezione adoperandosi per il proprio ministero». Ministero tanto più degno di riconoscimento, aggiungiamo, in quei tre mesi di lockdown in cui i sacramenti erano divenuti una rarità.
LA CEI: "GRAZIE OMS!"
«Accogliendo la comunicazione dell'OMS», ripetono ancora i vescovi, «segnaliamo che tutte le attività ecclesiali, liturgiche, pie devozioni, possono tornare a essere vissute nelle modalità consuete precedenti all'emergenza sanitaria». Insomma, si torna in chiesa e in presenza, segnalando l'opportunità «che cessino, o quantomeno siano diminuite nel loro numero, le celebrazioni trasmesse in streaming». «Tutte» e «nelle modalità consuete precedenti» sono parole che finalmente danno "speranza" (con la minuscola!), per esempio laddove si continua ad aver timore delle processioni oppure - caso frequente e segnalatoci anche dai nostri lettori - ci si ostina a imporre la comunione sulle mani anche a chi preferisce riceverla in bocca, secondo la forma tradizionale, e nonostante tale obbligo sia decaduto almeno dal 1° aprile 2022. Oppure dove ancora si grida al sacrilegio per omessa mascherina. O dove ancora si raccomanda ("non si sa mai") di non inginocchiarsi al momento della consacrazione. E si intuisce, benché non detto esplicitamente, che sia tornato anche il precetto festivo, rimasto indefinito anche dopo la riapertura.
Dovremmo poter tornare a scandire la vita della Chiesa tra a.C. e d.C. nel senso tradizionale di "avanti Cristo / dopo Cristo" e non...
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2 years ago
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L'estrema unzione e il viatico (la Comunione in punto di morte) sono obbligatori
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L'UNZIONE DEGLI INFERMI E' OBBLIGATORIA di Gelsomino Del Guercio
Prima di morire [...] non è una formalità garantire un sacramento a una persona. Ma dovrebbe essere dovere di ogni cristiano. E vi spieghiamo perché.
Come si legge in "Le più efficaci preghiere in suffragio dei defunti" a cura di Don Marcello Stanzione (edizioni Segno), la morte non è qualcosa di spaventoso per il cristiano. "Vita mutatur non tallitura" (la vita è cambiata non è tolta) ci fa recitare la Liturgia (Prefazio della messa dei defunti); dopo la morte la nostra anima continua a vivere, per chi muore in stato di grazia; essa entra in una vita migliore, nell'attesa di ritrovare il suo corpo il giorno del giudizio universale per farlo partecipare alla felicità eterna.
Un tempo, si legge nel libro di Stanzione, riguardo ai deceduti si diceva: "Ha ricevuto i sacramenti? Si è confessato? Ha perdonato?". Oggi invece si dice: "Ha sofferto?". Così spesso si nasconde ai malati la vicinanza della morte o per ignoranza (perché non si conoscono gli effetti dei sacramenti) o per mancanza di fede e di spirito cristiano. Purtroppo non si ha una concezione cristiana della morte e si pensa: "come reagirà il malato se si fa venire il sacerdote? Avrà paura, si dispererà?". Queste obiezioni purtroppo sono correnti.
Per confutarle Stanzione cita, il dottor Pierre Barbet, che fece il resoconto di una lunga esperienza: «Vi sono nella malattia, nelle sofferenze, delle grazie particolari delle quali noi medici constatiamo gli effetti, esse mettono per bontà divina i malati gravi e moribondi in uno stato migliore che non si può supporre e al quale non pensano ordinariamente le loro famiglie. E' un fatto sul quale occorre insistere perché è poco conosciuto e il fatto di non conoscerlo comporta ad ogni istante dei malintesi spaventosi, mentre facilita moltissimo tutti gli interventi dei parenti: il malato grave, il morente ha quasi sempre un desiderio segreto del sacerdote e dei soccorsi della religione».
QUANDO DARE L'UNZIONE DEGLI INFERMI
L'autore del libro fa una sollecitazione ai lettori: domandate fin da adesso ai vostri cari che abbiano il coraggio di avvertirvi quando la morte sarà vicina o di farvi avvertire da un sacerdote. Certamente occorrerà farlo sempre con delicatezza e prudenza. Va ricordato che a Chiesa raccomanda di ricevere i sacramenti quando si è ancora sani di mente e con qualche speranza di vita. Infatti il Catechismo del Concilio di Trento, al paragrafo 269, afferma: "Ricordiamo che cadono in grave colpa coloro i quali sogliono ungere i malati solo quando, svanita ogni speranza di guarigione, cominciano a perdere i sensi e la vita. Invece è certo che a conseguire più abbondante la grazia sacramentale, giova moltissimo che al malato sia applicato l'olio santo quando ancora conserva lucide l'intelligenza, pronta la ragione e pia la volontà".
Quanti malati gravi, purtroppo si lasciano nelle angosce e nelle prove, nascondendo loro che la morte si avvicina, privandoli così dei conforti della religione.
L'Unzione degli infermi, che in passato era nota con il nome di «Estrema Unzione», si riceve mediante l'unzione con olio di oliva consacrato e la preghiera del sacerdote, la salute dell'anima e spesso anche quella del corpo.
Ora cerchiamo di capire perché è così importante.
Questo sacramento manifesta quanto è grande la bontà di Dio nei nostri riguardi, infatti con esso l'anima viene fortificata, perché col conferimento della grazia sacramentale, essa riceve le grazie attuali che l'aiutano a perseverare nel bene fino alla morte, rimette i peccati mortali che l'infermo pentito non potesse più confessare (purché l'infermo abbia almeno l'attrizione, cioè il dolore imperfetto dei propri peccati), e le pene dovute ai peccati; e se...
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San Francesco di Sales e il tribunale della penitenza
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7330

SAN FRANCESCO DI SALES E IL TRIBUNALE DELLA PENITENZA di Cristiana de Magistris
La quaresima è il tempo penitenziale per antonomasia, e la penitenza per antonomasia è la penitenza sacramentale, la quale soltanto - a differenza delle altre pratiche penitenziali, per quanto austere - ha il potere di ripristinare nell'anima di ogni battezzato la grazia santificante, cioè la vita di Dio, se avesse avuto la disgrazia di perderla col peccato mortale.
L'abbé Barthe, in un recente articolo, dopo aver giustamente sottolineato la crisi che attraversa questo Sacramento a partire dal Vaticano II, auspica una "risalita", conseguente all'ecatombe degli ultimi cinquant'anni.
A questa risalita potrà forse contribuire un opuscolo - non molto conosciuto - che san Francesco di Sales scrisse ai suoi sacerdoti per erudirli sull'amministrazione del Sacramento della penitenza.
In tale scritto il Santo - come si legge nella sua Vita composta dal curato di san Sulpizio (Torino 1922, pp. 195-199) - incomincia con il raccomandare ai sacerdoti di andare sempre al sacro tribunale con una profonda purità di coscienza ed un'ardente desiderio di salvare le anime; poi aggiunge: «Ricordatevi che i poveri penitenti vi chiamano loro Padre, e che perciò dovete avere per essi un cuore tutto paterno, riceverli con dolcezza, sopportare con pazienza la loro rusticità, la loro ignoranza e tutti i loro difetti, ad imitazione del padre del figliuol prodigo, che non si lascia respingere dallo stato stomachevole di nudità e di sordidezza in cui vede ridotto il figlio, ma lo abbraccia, lo bacia con trasporto d'amore perché è padre, ed il cuor di padre è tenero verso i figli».
IL SACERDOTE CONOSCE L'UMANA DEBOLEZZA
In base a questo principio, vuole che si incoraggino quelli i cui peccati rendono vergognosi e timidi, dicendo ad essi che il sacerdote conosce troppo bene l'umana debolezza, perché si meravigli che gli uomini pecchino; che l'uomo più si onora con il pentimento e con la confessione delle proprie colpe, di quello che si sia disonorato con gli stessi suoi falli, e che la penitenza è una seconda innocenza. Se, all'opposto, i penitenti sembrano senza timore, vuole che si rammenti loro che sono alla presenza di quel Dio che li giudicherà, e non già di un uomo; che per essi in quel momento si tratta di una eternità felice o infelice, e che con una confessione mal fatta si macchierebbero di un nuovo delitto. Quanto a coloro che mancano di confidenza, inculca di rappresentare loro la misericordia di Dio, che è più grande delle nostre miserie; la bontà di Gesù Cristo, il Quale pregando per i Suoi carnefici ci fa intendere che, se lo avessimo crocifisso anche con le nostre proprie mani, ci perdonerebbe ugualmente, se ci vedesse pentiti; che il minimo pentimento, purché sia sincero e accompagnato dal Sacramento, dinanzi a Dio ha la virtù di cancellare tutti i peccati; che i dannati e i demoni stessi sarebbero giustificati se potessero confessarsi con sentimento di contrizione; che i più grandi Santi spesso sono stati grandi peccatori, come Davide, san Pietro, san Matteo, santa Maria Maddalena, sant'Agostino; che la più grave ingiuria che si possa fare alla divina Bontà e alla Passione e Morte di Gesù Cristo è il non sperare di ottenere il perdono dei propri falli; e che, infine, la remissione dei peccati è un articolo di Fede.
I PECCATI VERGOGNOSI
Il Santo suggerisce poi le sante industrie con le quali conviene strappare la tanto difficile accusa dei peccati vergognosi, e condurre, come egli dice, pian piano e destramente le belle anime dei penitenti a fare una buona confessione, aiutandoli, lasciandoli parlare senza trovar di che dire sul loro modo di esprimersi, animandoli con queste o altre simili parole: «Quale grande grazia vi fa Dio di ben...
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Lo scandalo della Messa sul materassino gonfiabile
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7100

LO SCANDALO DELLA MESSA SUL MATERASSINO
Un sacerdote celebra in costume nel mare di Crotone: la procura indaga per offesa alla religione, poi il sacerdote chiede scusa sul sito della parrocchia, ma precisa ''una signora mi ha ringraziato dicendomi che si era sentita raggiunta dalla Chiesa anche in spiaggia''
di Giuliano Guzzo
La vicenda di don Mattia Bernasconi, il sacerdote milanese che domenica scorsa ha celebrato l'eucaristia in mare - su un materassino - in località Alfieri (Crotone), nelle scorse ore ha conosciuto almeno due elementi di sviluppo. Il primo è dovuto ad una iniziativa della procura crotonese che, dimostrando più tempestività delle autorità ecclesiali, ha deciso indagare il sacerdote della parrocchia di San Luigi Gonzaga di Milano per offesa ad una confessione religiosa. Il secondo dato di novità sono invece le scuse del sacerdote in questione che, sul sito della parrocchia, ha pubblicato una lettera in tal senso.
«Carissimo Arcivescovo Mario, carissimi vicari episcopali, carissimi confratelli, carissimi fratelli e sorelle nella Fede», è l'esordio della nota, «vi scrivo poche ma sentite righe per chiedere scusa per la celebrazione di domenica 24 mattina nelle acque del mare di Capo Colonna». Tutto bene, dunque? Non proprio, e non solo perché, come si diceva poc'anzi, l'episodio rischia di avere conseguenze giudiziarie. Infatti, il sacerdote, formulando le sue scuse, ha da una parte derubricato tutto ad una leggerezza («mi rimprovero forse un po' di ingenuità») - quasi avesse posteggiato l'auto in doppia fila, anziché mancare gravemente di rispetto alla Presenza reale di Gesù nell'eucaristia - e, dall'altra, ha aggiunto una considerazione spiazzante.
«Però una signora mi ha ringraziato», ha replicato don Mattia, «dicendomi che si era sentita raggiunta dalla Chiesa anche in spiaggia». Un pensiero che andrebbe benissimo se di mezzo ci fosse l'attività di vendita di birra o di cocco fresco; ma un sacerdote - anche se forse il concetto non è forse più così chiaro - è qualcosa di leggermente diverso dall'uomo del «cocco bello». Soprattutto, la Santa messa è qualcosa di anni luce diverso da un semplice intrattenimento in salsa religiosa, da allestirsi dove capita. Peccato, pure qui, che però il significato originale della celebrazione della liturgia si sia perso spesso di vista in favore di degenerazioni sconcertanti.
Dinnanzi a tutto questo, amareggia ancora più un fatto: il debutto della messa sul materassino gonfiabile era stato in qualche modo previsto. E non l'anno scorso, ma decenni or sono quando l'allora cardinale Joseph Ratzinger, intervistato da Vittorio Messori in un libro che fece epoca - Rapporto sulla fede (1985) - ebbe a rammentare: «La liturgia non è uno show, uno spettacolo che abbisogni di registi geniali e di attori di talento. La liturgia non vive di sorprese " simpatiche ", di trovate " accattivanti ", ma di ripetizioni solenni. Non deve esprimere l'attualità e il suo effimero ma il mistero del Sacro». Ora, perché sono significative tali valutazioni?
Per un motivo semplice: pur togliendo le parole, tanto è grave, il caso del sacerdote che arriva a dire messa sul materassino gonfiabile non è il problema, bensì la più estrema conseguenza di un problema. Che è quello di celebrazioni improvvisate, disordinate e, in definitiva, della totale mancanza di consapevolezza di che cosa sia l'eucaristia, anzi di Chi sia. A non saperlo, non è una novità, sono anzitutto milioni di fedeli ogni domenica, non c'è dubbio. Il punto è che, se ad istruire e a formare questi stessi fedeli, sono poi pastori che a loro volta preferiscono il mare all'altare, stiamo freschi; e in tutti i sensi, anche se purtroppo la cosa è ben poco consolante.

Nota di BastaBugie: Stefano Chiappalone nell'articolo seguente dal titolo "La...
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3 years ago
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Non lasciamo che la Quaresima passi invano
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3631

NON LASCIAMO CHE LA QUARESIMA PASSI INVANO
Digiuno, preghiera, carità: alcuni consigli pratici per rinunce e propositi per vivere bene questo momento di grazia
di don Stefano Bimbi
Se a un fedele che va alla Messa o a un ragazzo che frequenta il catechismo chiediamo di dire, magari nell'ordine, i dieci comandamenti probabilmente avrà qualche difficoltà. Eppure in confessione dobbiamo accusarci dei peccati mortali e allora ci si chiede come possa farlo chi non sa nemmeno elencare i comandamenti. Se poi chiediamo a chi va a confessarsi se conosce i precetti generali della Chiesa, forse avremo delle brutte sorprese. Può darsi che nemmeno sappia che sono cinque. Eppure anche questi sono obbligatori per tutti sotto pena di peccato mortale e quindi, al pari dei comandamenti, da confessare in caso di mancato adempimento.
Eccoli dunque così come sono formulati nel Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica: partecipare alla Messa la domenica e le altre feste comandate [per l'assoluzione del precetto vale anche la Messa del sabato pomeriggio, anche se è meglio partecipare la domenica, giorno del Signore, n.d.A.] e rimanere liberi da lavori e da attività che potrebbero impedire la santificazione di tali giorni; confessare i propri peccati almeno una volta all'anno; ricevere la Comunione almeno a Pasqua; astenersi dal mangiare carne e osservare il digiuno nei giorni stabiliti dalla Chiesa; sovvenire alle necessità materiali della Chiesa, secondo le proprie possibilità.

DIGIUNO E ASTINENZA
In vista della quaresima vediamo di approfondire almeno il quarto precetto il quale afferma che il cristiano deve "astenersi dal mangiare carne e osservare il digiuno nei giorni stabiliti dalla Chiesa". Appare innanzitutto opportuno precisare il contenuto di questo precetto alla luce del documento del 1994 della Conferenza Episcopale Italiana "Il senso cristiano del digiuno e dell'astinenza" che contiene al numero 13 alcune disposizioni normative, tuttora vigenti.
La legge del digiuno "obbliga a fare un unico pasto durante la giornata, ma non proibisce di prendere un po' di cibo al mattino e alla sera". Ovviamente questa è la forma minima di digiuno. Come però è obbligatorio confessarsi una volta all'anno, ma ovviamente ciascuno capisce bene che è molto salutare ricevere l'assoluzione dai peccati molto più spesso, così anche il digiuno può e deve essere adeguato al cammino spirituale e alla salute del penitente. Insomma fare digiuno totale dal cibo nei giorni previsti è possibile a tutte le persone adulte e in buona salute fisica.
La legge del digiuno obbliga dai diciotto ai sessanta anni e deve essere osservata il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo (facoltativamente estendibile anche al Sabato Santo). Per il rito ambrosiano il digiuno il primo venerdì di quaresima sostituisce quello del Mercoledì delle Ceneri.
La legge dell'astinenza, che obbliga dai quattordici anni in poi, "proibisce l'uso delle carni, come pure dei cibi e delle bevande che (...) sono da considerarsi come particolarmente ricercati e costosi".
L'astinenza "deve essere osservata in tutti e singoli i venerdì di quaresima, a meno che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità" (ad esempio: il 19 marzo, San Giuseppe e il 25 marzo, solennità dell'Annunciazione). Inoltre l'astinenza dalle carni e dai cibi ricercati e costosi deve essere osservata tutti i venerdì dell'anno, ma fuori dalla quaresima può essere sostituita da altra rinuncia a scelta del fedele.
Il documento CEI ricorda infine che "dall'osservanza dell'obbligo della legge del digiuno e dell'astinenza può scusare una ragione giusta, come ad es. la salute". Quindi i malati o coloro che devono fare lavori estremamente faticosi possono essere dispensati dalle penitenze. Infatti, a norma del canone...
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A Dio puoi chiedere tutto, ma non puoi pretendere nulla
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6739

A DIO PUOI CHIEDERE TUTTO, MA NON PUOI PRETENDERE NULLA di Pierfrancesco Nardini
C'è una specie di cortocircuito che colpisce alcuni nel momento del bisogno (fisico, lavorativo, famigliare, di qualunque tipo).
Senza voler entrare nel foro interno delle persone, c'è chi prega Dio solo in quei momenti e sembra che lo faccia quasi pretendendo da Lui quel che si chiede.
Per capirci meglio: si chiede a Dio una cosa (ad esempio di essere liberati da una situazione dolorosa) non solo dando per scontato che sia la soluzione giusta per loro, ma pretendendo che Lui gliela dia, altrimenti... "Dio è cattivo" [leggi la nota in fondo a questo articolo].
Due premesse, intanto.
Prima: è ovvio che sia cosa buona pregare in determinate situazioni (c'è anche chi, nella stessa condizione, bestemmia o non si rivolge a Dio); pregare però Dio, ricordarsi di Lui, solo nel momento del bisogno, fa sì che Lo si trasformi in una "macchinetta automatica di grazie"...
Seconda premessa: pregare senza affidarsi, ma addirittura pretendendo, non è esattamente un "buon metodo".
Dalle premesse si arriva velocemente alla nota dolente (sempre rimanendo, sia chiaro, nel foro esterno delle persone): si scorge in questo una mancanza di fiducia in Dio, una non reale volontà di chiedere aiuto a Dio. Sembra più una pretesa verso di Lui.
Se chiedo aiuto ad un amico, senza però essere aperto ad un suo eventuale parere sulla validità della cosa, non sto realmente chiedendo aiuto, piuttosto sto solo chiedendo una "mano" materiale nel fare quel che voglio.
Così, se mi rivolgo a Dio pretendendo che Lui mi mandi quel che voglio, non sto realmente chiedendo aiuto.
Se l'amico potrebbe rendersi conto dell'inefficacia di una soluzione, Dio, onnisciente, sa per certo quel che per noi è davvero salutare. E questo non necessariamente coincide con quel che vogliamo...
Il cortocircuito sopra accennato è quindi chiedere aiuto a Dio e poi prendersela con Lui se non ha fatto esattamente quel che abbiamo chiesto (proprio come prendere a pugni una macchinetta che non ha fatto uscire il prodotto richiesto).
L'uomo, nella suo essere finito, ha una visione limitata della realtà, anche delle questioni che lo riguardano (a volte non si è lucidi, perché coinvolti, e non si indovina la scelta delle cose da fare).
Quel che vogliamo per noi stessi non è sempre il reale bene (spesso perché ne vediamo solo l'effetto immediato, ma non quello futuro).
Dio conosce invece tutto, anche e soprattutto ciò che accadrà in futuro e le conseguenze di ogni scelta, fatta o ipotizzata.
Non si deve mai dimenticare, tra l'altro, che per Dio l'unico vero male è quello morale, ossia il peccato, e il bene supremo è la salvezza delle anime.
Potrebbe dunque sembrarci che non ci aiuti, non accolga le nostre preghiere, quando invece avrà fatto per noi molto di più (perché ad esempio sa che a fronte di un disagio attuale il bene maggiore lo otterremo più in là, in altro modo).
Sant'Agostino ha scritto che "chi con fede prega per le necessità della vita presente, con uguale misericordia può essere esaudito e non esaudito. Poiché il medico sa meglio del malato quello che fa bene all'infermo" (In libro Senten. Prosperi).
Affidiamoci dunque realmente e sinceramente a Dio, combattendo ogni giorno per rimanere il stato di grazia. Abbiamo la certezza che Lui ci aiuterà.

Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Piefrancesco Nardini, nell'articolo seguente dal titolo "Perché ce la prendiamo con Dio, se fa tutto per il nostro bene?" spiega perché Dio non è mai cattivo, nemmeno quando non fa quello che a noi sembra necessario.

Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 27 maggio 2021:
"Mala tempora currunt". Quante volte...
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Come vincere le distrazioni nella preghiera
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6661

COME VINCERE LE DISTRAZIONI NELLA PREGHIERA
Il problema delle distrazioni nella preghiera non va sopravvalutato, infatti la pretesa di un raccoglimento assoluto porta allo scoraggiamento e all'inquietudine (invece bisogna perseverare come hanno fatto i santi)
di Francesco Cavina
Mi sembra utile spendere alcune parole per presentare la specificità della preghiera cristiana. Non è possibile parlare della preghiera cristiana se non alla luce dell'incarnazione del Figlio di Dio, il quale ha voluto assumere la natura umana per dare all'uomo la possibilità di entrare nel mondo di Dio. Per Cristo, con Cristo ed in Cristo noi diventiamo creature nuove, figli adottivi di Dio, e siamo introdotti nell'intimità della Santissima Trinità. La vita cristiana, pertanto, si risolve nella comunione con le tre Persone divine: Padre, Figlio e Spirito Santo. La Chiesa, i sacramenti, la preghiera e l'esercizio della carità fraterna, che da essi sgorga, hanno lo scopo di educare "trinitariamente" la nostra anima; ci abituano a relazionarci con Dio nostro Padre; permettono a Cristo di prendere possesso della nostra esistenza; consentono alla Spirito di istruirci interiormente e di guidarci alla Verità.

LA PREGHIERA È UN DONO DI DIO
Nel cristianesimo, dunque, tutto viene dall'Alto. Anche la preghiera. Non a caso il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, parlando della preghiera in generale, afferma che "essa è sempre dono di Dio" (§534). Con questo dono Dio "nel suo immenso amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé". (Dei Verbum, §2).
Gesù parlando della preghiera ha posto l'insistenza sulla "necessità di pregare sempre, senza stancarci" (Lc 18,1; cfr. 1Tess 5,17). Non ha detto nella in merito alla perfezione della preghiera. Conoscendo la fragilità umana, Egli sa che la nostra preghiera è disturbata da pensieri, preoccupazioni, affanni. Il Catechismo della Chiesa cattolica riconosce che "la difficoltà abituale della nostra preghiera è la distrazione" (§2729). Il Signore, dunque, non pretende da noi risultati perfetti, ma chiede la perseveranza, chiede cioè di non arrenderci, coltivando il desiderio di offrire a Lui il nostro tempo ed il nostro cuore perché lo purifichi.
San Luigi Maria Grignon de Montfort insegna che le distrazioni - sta parlando della preghiera del Rosario - si combattono "continuando il tuo Rosario, quantunque senza alcun gusto e consolazione sensibile: è un combattimento terribile, ma salutare all'anima fedele". Santa Teresa di Lisieux ci invita a sfruttare le distrazioni e confessa: "Anch'io ne ho molte, ma appena me ne accorgo prego per le persone il cui pensiero sta distraendo la mia attenzione, e in questo modo loro traggono beneficio dalla mia distrazione".

LA PREGHIERA NON È UNA TECNICA DI CONCENTRAZIONE MENTALE
In conclusione, è bene ricordare che se la preghiera richiede attenzione, essa non va confusa con una tecnica di concentrazione mentale. La pretesa di conseguire un raccoglimento assoluto - dove sono assenti ogni forma di dispersione e distrazione - rappresenta un errore che può portare allo scoraggiamento, produrre inquietudine e abbandono della preghiera. Tale errore è oggi sempre più presente vista la diffusione di alcune pratiche, spesso provenienti dalla cultura asiatica, che non sono spiritualmente neutre.
Dobbiamo, dunque, essere consapevoli della specificità della fede cristiana e della sua differenza rispetto a proposte che sono particolarmente insidiose. La vera risposta al problema delle distrazioni nella preghiera non risiede, infatti, in una maggiore concentrazione della mente, ma nel riconoscere la presenza di Dio, che nel suo infinito amore entra in dialogo con me per dirmi qualcosa che giorno dopo...
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La bellezza e la modestia del velo per le donne cristiane
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6659

LA BELLEZZA E LA MODESTIA DEL VELO PER LE DONNE CRISTIANE di Federica
Ho sempre ammirato le donne forti e semplici, come credo dovrebbe essere ogni discepola di Cristo.
Il tipo di donna che vorrei essere è quella che se le si propone un comportamento nuovo, lo valuta alla luce della parola di Dio e del giudizio della Chiesa, poi decide se è buono o cattivo: se è buono lo fa suo con gioia e prontezza, se è cattivo lo scarta senza rimpianti.
Ecco appunto, così vorrei essere. Nella realtà sono molto lontana da questo modello e sinceramente prima di decidermi a indossare il velo durante la Santa Messa ho passato un lungo percorso abbastanza tortuoso fatto di dubbi, ripensamenti, problemi immaginari e ogni tipo di scrupoli.
Ho deciso di condividerli con voi per aiutare le altre donne che si sentano combattute interiormente su questo argomento.
La verità è che ho cominciato a pensarci fin da bambina. Una domenica sentii la mia catechista redarguire un compagno di catechismo che si era presentato alla S. Messa dei ragazzi con il cappellino da baseball, ne rimasi molto stupita dato che non avevo mai fatto caso all'uso di mettere/togliere il cappello in diverse circostanze (nessuno dei miei familiari lo ha mai portato) inoltre avevo visto più volte la stessa catechista con un cappellino e le chiesi cosa ci fosse di male. Lei mi rispose di non preoccuparmi perché solo i maschi dovevano togliersi il cappello davanti a Dio allora io le chiesi "Ma come, le femmine no?" E lei mi rispose: "No, anzi, le donne si dovrebbero proprio coprire la testa".
Nella mia semplicità di bimba pensai immediatamente "Che sciocchezza! Se si dovrebbe fare, perché non si fa?" e questo pensiero rimase così, inapplicato, nella mia testa per oltre un decennio.

LO SAPEVO EPPURE NON LO FACEVO
Ero intimamente convinta che fosse meglio partecipare alla Santa Messa a capo coperto, tuttavia non lo facevo.
I motivi erano vari, principalmente pensavo che, non facendolo più nessuno, se lo avessi fatto io tutti mi avrebbero guardata (e già questo mi pareva intollerabile, essendo all'epoca molto molto timida) ma pensavo anche "come può essere segno di modestia se poi io vado al centro dell'attenzione, non è piuttosto il contrario?"; "Io sono una peccatrice, sarebbe meglio che prima fossi completamente a posto nell'anima e pensassi poi all'abbigliamento esteriore" (Ma si può aspettare di diventare santi prima di fare qualsiasi opera buona? Per la serie aspetta e spera... Ora mi sembra una sciocchezza enormemente ridicola eppure ci ho messo davvero un sacco di tempo a superarla) "La gente crederà che io mi senta migliore delle altre donne" ed altre amenità.
Per contro in molte occasioni consideravo i lati positivi di velarsi il capo, "In fondo, non è quello che fa anche la Madonna Santissima? E non dovremmo noi donne cristiane cercare di assomigliarle?" ed ecco gli immancabili scrupoli e sensi di colpa "Sei forse tu come la Madonna? No di certo! Che superbia!". Fatto sta che cominciai a cercare altri pareri e mi ritrovai a leggere e ascoltare varie prediche sul pudore e la modestia, così cominciai a prestare più attenzione al mio modo di vestire, soprattutto in estate, evitando abiti trasparenti, troppo aderenti e scollati.
Un giorno mi trovavo con altre due amiche, di cui una cattolica e molto attiva nell'apostolato, che usò il mio abbigliamento per intavolare una discussione sulla castità. L'altra ragazza non era affatto convinta della necessità di mantenersi casti durante il fidanzamento e adduceva il pretesto che nel Vangelo non ci fosse questa indicazione, la mia amica non rispose affatto come avrei fatto io ma, tra tutti gli argomenti che si possono portare a sostegno della purezza, scelse di dire questo: "i cristiani non osservano solo ciò che è...
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Dov'è finita l'eleganza della Domenica?
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6444

DOV'E' FINITA L'ELEGANZA DELLA DOMENICA?
Un tempo si indossava l'abito più bello, mentre oggi della domenica rimane solo il pranzo
di Corrado Gnerre
Forse non ci si riflette abbastanza, ma il nostro mondo non solo si è capovolto in senso morale, tant'è che ciò che è normale è diventato anormale e ciò che anormale, normale. Si è capovolto anche nelle piccole cose, che poi tanto piccole non sono.
Pensiamo alla Domenica. Non ci riferiamo solo al fatto che ormai la Domenica non esiste più perché i negozi sono sempre aperti (almeno fino all'epoca Covid), ma anche ad un'altra cosa che può sembrare di poco conto, ma che invece simbolicamente è importante. Ovvero che nei giorni feriali ci si veste meglio e la Domenica si è meno curati. Proprio il contrario di ciò che avveniva un tempo.
Passeggiando per strada, soprattutto prima di pranzo, si nota che molti sono in tuta. Per carità, fare sport è importante. Ma poi - vai a vedere - ti accorgi che non si tratta di chi ha da poco corso o si accinge a farlo. E' proprio un vestire da diporto, insomma un look che vuole sottolineare il fatto che la Domenica è un giorno senza impegni.

L'APPUNTAMENTO
Eppure l'impegno c'è. L'appuntamento c'è. O meglio: ci sarebbe.
L'appuntamento c'è perché il centro della Domenica è la Santa Messa. E' l'appuntamento con il Fondamento di tutto e con l'Avvenimento che dà senso a tutto: la rinnovazione reale del Sacrificio del Calvario.
Né valgono a riguardo tentazioni pauperistiche di sorta, visto che chi se ne intendeva di povertà, come san Francesco d'Assisi, giustamente pretendeva tale povertà per i suoi frati, ma non per le chiese, che riteneva fosse giusto perfino broccarle di oro e di argento, proprio per sottolineare la grandezza incommensurabile di ciò che in esse avviene e di ciò che in esse si celebra.
E invece oggi a meritare la cravatta e il vestito ben stirato è l'appuntamento di lavoro durante la settimana, lo sportello della banca, la rappresentanza di un prodotto da vendere, non certo la preghiera della Domenica.
Un tempo - come dicevamo - era il contrario. La Domenica si indossava l'abito più bello. Spesso lo si faceva cucire proprio per questo giorno. E le donne perdevano più tempo dinanzi allo specchio.
Oggi della Domenica rimane solo il pranzo, che effettivamente continua ad essere più sostanzioso e sofisticato del resto della settimana. Buona cosa, anzi ottima. Ma - si sa - in questo campo è molto più difficile rinunciare allo stile domenicale.

LA SERIETÀ DEL TEMPO
Come dicevamo, possono sembrare, queste, cose di poca importanza. Tutt'altro. Ne va della serietà del tempo.
Una delle caratteristiche che distinguono l'uomo dagli animali è la capacità di "leggere" il tempo, di saperlo discernere, di coglierlo nel suo proseguire e nel suo variare. E' la distinzione tra tempo profano e tempo sacro.
Il poeta americano Ralph Waldo Emerson (1803-1882) scrive nel suo Works and Days: "(...) i grandi momenti (...) hanno importanza. Che la misura del tempo sia spirituale, non meccanica."
Questo è proprio il punto, anzi: l'annosa questione. Il tempo non può essere misurato "meccanicamente", bensì "spiritualmente", cioè "umanamente". Intendendo con questo avverbio ("umanamente") ciò che è conforme all'umano. E per l'uomo non c'è, non ci può essere, mai un attimo che sia identico ad un altro. Lo scorrere del tempo non deve impedire, anzi, che esso si palesi qualitativamente diverso. Che ciò che è bello, significativo, interessante, possa e debba ciclicamente ritornare.
Ma, invece, la condanna dell'uomo di oggi è proprio il leggere "meccanicamente" il tempo; e così egli fa di ogni giorno una Domenica... ne fa della Domenica un giorno qualsiasi.

Titolo originale: Sta finendo anche...
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Gesù Cristo, unico salvatore del Mondo, continua ad agire oggi attraverso la sua Santa Chiesa