"Mentre lavoravo alle tavolette di pietra, divenni consapevole dei legami di destino che mi uniscono ai miei antenati.
Avverto con forza di essere sotto l’influenza di questioni rimaste incomplete e senza risposta da parte dei miei genitori, dei miei nonni e degli avi più lontani.
Mi sembra spesso che, all’interno di una famiglia, esista una sorta di karma impersonale che si trasmette dai genitori ai figli.
Ho sempre avuto l’impressione di dover rispondere a domande che il destino aveva già posto ai miei antenati e alle quali non era ancora stata data risposta; oppure di dover completare, o magari semplicemente proseguire, ciò che le epoche precedenti avevano lasciato in sospeso.
È difficile stabilire se tali questioni abbiano una natura più personale o più generale (collettiva); a me sembra che valga soprattutto la seconda ipotesi.
Un problema collettivo, se non viene riconosciuto come tale, appare sempre come un problema personale e, nei singoli casi, può far credere che qualcosa sia disordinato nell’ambito della psiche individuale.
La sfera personale risulta in effetti turbata, ma questi turbamenti non sono necessariamente primari: possono essere secondari, il risultato di un mutamento insostenibile dell’atmosfera sociale.
La causa del disturbo, dunque, non va cercata nel contesto personale, bensì nella situazione collettiva.
La psicoterapia, finora, ha tenuto troppo poco conto di questo fatto".
— Carl Gustav Jung, Memorie, sogni, riflessioni (traduzione di M. Blum dell’originale inglese Memories, Dreams, Reflections, cap. “The Tower”, 1961-62)
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