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Versami la Vita. Brindisi teologici non richiesti
Lucia Giammarinaro
21 episodes
4 days ago
Si parla di mestruazioni e di Eucaristia. Di aborti e resurrezioni. Di piacere, di ferite, di tavole apparecchiate e di calici mezzi pieni. Si parla di sangue. Ma di sangue che si sceglie. Per chi ha sete. Per chi ha creduto. Per chi è rimasto. Brindiamo? Versami la vita Un podcast tra il sacro e il quotidiano, dove il sangue si fa parola e il vino diventa liturgia. Ogni episodio è un brindisi, teologico, non richiesto. Non è una catechesi. Non è un audiolibro. La voce narrante legge testi che somigliano più a poesia che a dottrina, più a preghiere che a prediche. BY-NC-SA 4.0.
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Si parla di mestruazioni e di Eucaristia. Di aborti e resurrezioni. Di piacere, di ferite, di tavole apparecchiate e di calici mezzi pieni. Si parla di sangue. Ma di sangue che si sceglie. Per chi ha sete. Per chi ha creduto. Per chi è rimasto. Brindiamo? Versami la vita Un podcast tra il sacro e il quotidiano, dove il sangue si fa parola e il vino diventa liturgia. Ogni episodio è un brindisi, teologico, non richiesto. Non è una catechesi. Non è un audiolibro. La voce narrante legge testi che somigliano più a poesia che a dottrina, più a preghiere che a prediche. BY-NC-SA 4.0.
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02. Il vino è sparito
Versami la Vita. Brindisi teologici non richiesti
11 minutes 5 seconds
7 months ago
02. Il vino è sparito

C’è stato un tempo in cui il vino, sull’altare, non bastava mai.
Scorreva nelle coppe d’argento, macchiava le tovaglie,
profumava la liturgia di festa, desiderio, umanità.

Oggi, in molte chiese, ne rimane un piccolo sorso.
Un simbolo quasi invisibile.
Come se il Vangelo fosse diventato ipocalorico.

Ma la domanda rimane:
dove finisce il vino che dovrebbe raccontare la gioia di Dio?
Dove finisce il sangue che non fa paura ma dà vita?
E soprattutto, perché siamo diventati così bravi a nasconderlo?

Nel rito, il vino è sangue.
Ma è anche emozione, eccesso, desiderio che trabocca.
È la gioia e lo stupore di Cana, non l’austerità del galateo ecclesiale.
Quando Gesù trasforma l’acqua in vino, non sta “risolvendo un problema”:
sta proclamando una teologia dell’abbondanza.

E invece, noi…
noi abbiamo fatto il contrario.
Abbiamo tolto il vino.
Lo abbiamo ridotto.
Rinchiuso.
Abbiamo tolto il corpo dal Corpo.

Le messe dei miei figli, per dire, non hanno mai avuto un calice traboccante di gioia condivisa.
Solo il sacerdote che beve da solo.
Senza spiegazione.
Senza invito.
Come se il vino non fosse più per tutti.

E io mi chiedo:
ma cosa stiamo raccontando ai bambini?
Che Dio si trattiene?
Che non vuole condividere?
Che la provvidenza è sospetta?

Ci siamo abituati al poco.
Una bicchiere solo. Un gesto. Un simbolo microscopico.
Come se l’eccesso del sacrificio della croce disturbasse.
Come se ci dicesse troppo di Dio, troppo di noi.

Abbiamo iniziato a pensare che Dio sia misurato,
che la sua benedizione venga data con il contagocce,
che l’entrata alla festa debba essere meritata, o almeno filtrata con lista.
Come se il miracolo delle nozze di Cana fosse un fuori programma,
non il primo manifesto del Regno.

E il vino — quello vero, quello che profuma, quello che fa ridere, 
quello che ti macchia le tovaglie se lo versi male —
è scomparso.
Nascosto sotto l’idea che “tanto è in più”, “è solo un simbolo”,
“tanto è uguale anche solo col pane.”

Ma non è uguale.
Il pane nutre.Il vino inebria.E il Vangelo non è una dieta.

“Questo è il mio sangue, versato per voi e per tutti.”
Non c’è moderazione.
C’è dono.
C’è fiducia.
C’è eccesso di grazia.

Il pane è spezzato, era per voi.
Ma il vino — il vino è versato per tutti.
E non è un caso.
Il vino non nutre soltanto:
si diffonde.
Si offre.
Si condivide.

Il vino passa di mano.
Non consacrato, ma condiviso.
E ognuno lo versa all’altro.Con disinvoltura, con affetto.
Con quella semplicità che a volte, in chiesa,
abbiamo smarrito.

E lì ho pensato:
questo non è un sacramento
ma è un sacramento mancato.
Non nel senso che “era meglio fare una messa”.
Ma che se la messa fosse come questo,
se il vino avesse di nuovo questo profumo di “insieme”,
forse nessuno si sentirebbe escluso dal miracolo.

E allora sì.
Abbiamo tolto il vino.
Lo abbiamo reso invisibile.
Lo abbiamo chiuso dentro il calice di uno solo.

Ma la sete — quella vera —
è rimasta.

Abbiamo sete.
Sete di parole che non siano formula.
Sete di presenza che non sia solo proclamata.
Sete di un Dio che non si vergogni del corpo, 
del sangue, del piacere, della gioia di stare insieme.

E il vino, con tutto ciò che porta,
è diventato imbarazzante.

Come se l’allegria fosse una cosa da bambini,
come se l’ebbrezza fosse qualcosa da cui tenersi alla larga,
come se Dio dovesse essere sempre sobrio, inamidato e compostamente distante.
Quello stesso Gesù accusato di essere un ubriacone e un mangione.
Ah! Come sarebbero piaciute a Gesù le nostre feste in terrazza!

E allora sogno una liturgia che non abbia paura di traboccare.
Dove il calice torni ad appartenere a molti.
A tutti. 
Perché se Dio si è fatto corpo e sangue,
non possiamo più permetterci simboli anemici.
E se ha scelto il vino — per tutti —
non possiamo continuare a negarlo.

Forse il miracolo non è finito.
Forse sta solo aspettando di essere versato.

E allora versami la vita. Brindiamo!

 

Music from #Uppbeat

https://uppbeat.io/t/philip-anderson/feel-alive

License code: CB9DBSCG0X7PYTYC

BY-NC-SA 4.0


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