
La felicità è uno dei desideri maggiori nella vita umana, da quando ha perso il suo posto nel Paradiso in Eden.
E infatti, da allora ad oggi è stato l’argomento di cui si sono occupati poeti, scrittori, filosofi, psicologi, persone comuni, ognuno impegnato a cercarla e scoprirla dove meglio gli pareva bene.
Il filosofo Aristotele (384 – 322 a.C.) diceva che “il fine dell’uomo è la felicità, la quale consiste in una vita secondo virtù, cioè secondo l’esercizio perfetto di tutte le proprie capacità, sia quelle del carattere (virtù etiche) che quelle della mente (virtù dianoetiche).”
Aristotele credeva che l’uomo non realizzasse la felicità nell’isolamento, ma quando è inserito in un contesto.
“L’uomo può realizzare la propria felicità solo nella città (polis), intesa come società perfetta, cioè autosufficiente, fondata sulla natura comunicativa degli esseri umani (la parola) e dotata della costituzione più adatta alla cultura dei suoi abitanti”. (E. Berti, Quaderno di Filosofi e Classici, Università di Padova).
La felicità è tema trattato anche nella Bibbia. Diversi autori delle scritture ne hanno parlato. E lo stesso Gesù, per esempio nelle Beatitudini, dove ha descritto alcune chiavi della vera felicità.
Chi coglie il suo messaggio e vive seguendo Gesù ha ragioni in più e molto valide, di essere felice. Anche perché il Dio che segue e serve è un Dio felice. Ed è un Dio che basta. Questo è uno dei significati dei vari nomi di Dio nell’AT.
In 1 Timoteo 1, 11, dopo aver introdotto il suo tema, l’autore dice: “secondo il vangelo della gloria del beato Dio, che mi è stato affidato.” Il nostro Dio è felice.
E ci basta.