Testo: 2 Re 8, 1 – 6
1 Eliseo aveva detto alla donna di cui aveva risuscitato il figlio: «Àlzati; va', tu con la tua famiglia, e soggiorna all'estero, dove potrai; perché il SIGNORE ha chiamato la carestia, ed essa verrà nel paese per sette anni». 2 La donna si alzò, e fece come le aveva detto l'uomo di Dio; se ne andò con la sua famiglia, e soggiornò per sette anni, nel paese dei Filistei. 3 Finiti i sette anni, quella donna tornò dal paese dei Filistei, e andò dal re a reclamare la sua casa e le sue terre. 4 Allora il re discorreva con Gheazi, servo dell'uomo di Dio, e gli diceva: «Ti prego, raccontami tutte le cose grandi che Eliseo ha fatte». 5 E mentre appunto Gheazi raccontava al re come Eliseo aveva risuscitato il morto, ecco che la donna, di cui era stato risuscitato il figlio, venne dal re a reclamare la sua casa e le sue terre. E Gheazi disse: «O re, mio signore, questa è quella donna, e questo è suo figlio, che Eliseo ha risuscitato».
6 Il re interrogò la donna, che gli raccontò tutto; e il re le mise a disposizione un funzionario, al quale disse: «Falle restituire tutto quello che è suo, e tutte le rendite delle terre, dal giorno in cui lasciò il paese, fino a ora».
2 Re 8, 1 - 6
Questa mattina continuiamo la lettura e meditazione dei testi Biblici riguardanti la vita di Eliseo, il profeta, l’uomo di Dio che è una figura di Cristo, il profeta della grazia.
Alcuni studiosi collocano l’episodio che abbiamo letto a prima degli eventi narrati del capitolo cinque, cioè a prima della guarigione di Naaman, il Siro. Questo perché dopo la guarigione di Naaman, il servo di Eliseo diventò lebbroso a causa della sua avidità.
E quindi, dicono, questo episodio deve essersi svolto prima.
Altri studiosi pensano, invece, che questo episodio si trovi nel capitolo 8 perché dal punto di vista cronologico è qui che appartiene, cioè dopo l’assedio e la liberazione di Samaria. Ipotizzano che Gheazi, dopo essersi ammalato si sia pentito, e Dio gli abbia fatto grazia e lo abbia guarito dalla lebbra.
È affascinante questo pensiero e non è in contrasto col testo. Ma il momento preciso degli avvenimenti narrati in questo capitolo, non è decisivo per comprendere il suo significato. Perché? Qual è il messaggio di questo testo? Ho intitolato questo episodio: “A Dio non sfugge nulla”, perchéquesto episodio fa risaltare il tempo perfetto delle azioni di Dio.
Il testo dimostra come Dio opera per il bene dei suoi figli, ha sotto controllo tutto ciò che accade nella loro vita. Egli provvede in anticipo per le necessità future di ogni genere.
Dio è Signore anche del tempo. (mio detto: Il tempo è nostro amico, perché è controllato dal nostro Signore.)
In senso più largo questo descrive la grandezza di Dio. Ci ricorda che Dio è grande e realizza tutti i suoi piani nonostante la peccaminosità degli esseri umani, nonostante le grandi o piccole colpe dell’uomo.
Osserviamo oggi tre cose su questo Dio grande in questo testo. Dio è il Dio
a) dei piani perfetti, piani che svolge per il bene di coloro che si affidano a lui. Dio è anche il Dio
b) dal tempismo perfetto. Egli non è un Dio assente, ma veglia su tutti gli avvenimenti della nostra vita quotidiana.
C) Egli è il Dio della provvidenza perfetta. Egli sa prevedere e provvedere per i suoi oltre quanto possiamo immaginare.
Con Dio la realtà supera sempre la nostra immaginazione.
Testo: 2 Re 7, 1 - 20
Se vogliamo comprendere bene la Bibbia, e beneficiare della sua lettura, abbiamo bisogno ogni volta di chiederci, quando la leggiamo: che cosa c’è scritto davvero? Di cosa sta parlando questo brano. Cosa significa? Qual è l’intenzione dell’autore? Cosa vuole trasmetterci?
Se non accettiamo ciò che il testo dice davvero, la Parola rimane infruttuosa. Magari possiamo provare stupore, meraviglia, reazioni emotive, ma manchiamo il vero focus, e ciò che Dio vuole dirci.
Questo capitolo ci parla del Dio adempie le sue promesse. Realizza ciò che ha anticipato tramite la Sua parola. L’autore pone questo accento e sottolinea questo aspetto.
In questo capitolo è descritto un miracolo. Avviene un grande miracolo che salva la vita a molte persone.
Ma il miracolo non è il focus principale dell’autore. L’intenzione dell’autore di questo testo biblico, dall’inizio fino alla fine è quella di dirci e di dimostrarci in base a questi fatti una grande verità: Dio mantiene la sua Parola e compie ciò che ha promesso.
Ed è da questa ottica, rispettando l’intenzione dell’autore, che vogliamo ripercorrere insieme questo testo grandioso.
Il versetto 3 ci porta su una nuova scena, che finora non era stata menzionata. Cioè nella terra di nessuno tra le mura di Samaria e le tende dell’accampamento dei nemici che avevano assediato la città, peggiorando la carestia.
Il popolo della città di Samaria sta per morire di fame.
Tra le mura e l’accampamento nemico si aggirano quattro uomini lebbrosi, poveri, che vivono nella solitudine, esclusi dalla vita sociale.
Essi non sanno nulla delle parole profetiche che Eliseo ha appena pronunciato nel v. 1 e che rileggiamo:
Allora Eliseo disse: «Ascoltate la parola del SIGNORE! Così dice il SIGNORE: Domani, a quest'ora, alla porta di Samaria, la misura di fior di farina si avrà per un siclo, e le due misure d'orzo si avranno per un siclo». (2Re 7, 1)
Dio ha fatto annunciare al re, che presto ci sarà di nuovo cibo in abbondanza per tutti. La porta della città era il luogo dove si svolgeva il mercato.
Eliseo annuncia da parte di Dio che il giorno seguente la carestia sarebbe cessata.
7 kg di farina sarebbero costati 11 grammi d’argento, e con lo stesso prezzo si sarebbe acquistato anche circa 15 kg d’orzo.
I lebbrosi non sanno nulla di queste parole. Loro hanno una sola certezza: non c’è via di scampo per noi, la fame è insopportabile. L’unica certezza è la morte.
Non possono entrare in città, e non si possono nemmeno recare nel campo dei siri, loro nemici.
Questi quattro si riuniscono per fare il punto della situazione, e giungono alla conclusione che non possono più restare dove sono.
Testo: 2Re 6,24-33
Abbiamo stampato con la libreria un libretto che si intitola: “Tranquillità”. È un libretto da regalare che contiene immagini e testi incoraggianti su questo tema.
Ma qual è la fonte della tranquillità? È la certezza della fedeltà di Dio. Sapere che Dio mantiene il suo patto.
E quando ci allontaniamo da lui e ci incamminiamo su un terreno tortuoso, egli ci corregge.
Ci riporta indietro. Se rimaniamo alla sua presenza egli ci preserva una tranquillità di base perché sappiamo che Egli non ci ha abbandonati.
Il brano di oggi racconta di un grave momento di bisogno nel quale si trova il popolo di Dio. In questo momento gran parte del popolo, incluso il re, è molto lontana da Dio, ed è disperata. Mentre altri dimorano tranquilli.
Il testo biblico è molto chiaro, drammatico, crudo nel descrivere le condizioni in cui si trova il popolo di Dio in questa grave prova, circondato e assediato dai suoi nemici e ridotto alla fame.
Vedremo innanzi tutto
a) la causa di questa situazione
b) il suo effetto, il panico nel quale si trova la città assediata e in preda alla carestia,
c) l’impotenza della fede superficiale e formale, che non sorregge e non può aiutare nel momento del bisogno, infine,
d) la tranquillità, nel caos generale, dei figli di Dio, che conoscono il Signore vivente e sanno che Egli è presente, fedele e mantiene il suo patto.
Dio è fedele al Suo patto.
Dopo la reazione amichevole di Eliseo verso i nemici del popolo di Dio, le bande dei Siri si erano calmate e non avevano più invaso il territorio di Israele.
Cosa era successo prima?
I versetti precedenti ci raccontano come una banda di Siri aveva assediato la casa di Eliseo. Ma Dio aveva capovolto la situazione accecando i soldati avversari.
Invece di dare Eliseo nelle mani dei Siri, fa accadere il contrario: i siri sono nelle sue mani. Allora Eliseo li prende come ostaggi e li conduce nella città di Samaria.
Poi prega perché Dio apra di nuovo i loro occhi.
Ed essi si rendono conto di essere in trappola. Ma il profeta offre a tutti una lezione di pace in stile NT, coerente con l’insegnamento di Gesù. Dà ai suoi nemici da mangiare e da bere e li rimanda in pace a casa loro.
Il carattere di una persona si manifesta nel modo in cui agisce verso coloro che sono più deboli.
Qualche giorno fa una signora mi ha chiesto un consiglio su un libro di preghiere. Mi dice che lo desidera suo figlio adolescente. “È stanco delle solite preghiere e desidera impararne delle nuove.” Incontri come questo mi incoraggiano. Ci sono, oggi, ragazzi che desiderano imparare a pregare.
Domenica scorsa abbiamo meditato sulla preghiera fiduciosa.
Oggi continuiamo da dove eravamo rimasti. Il tema è: pregare con perseveranza. In Colossesi 4, 2 leggiamo:
Perseverate nella preghiera, vegliando in essa con rendimento di grazie.
Dedicatevi alla preghiera con vigilanza di mente e gratitudine di cuore. (Versione NTV)
Perseverare è una decisione della mente.
Il testo di Colossesi 4 parla del tipo di parole che un credente pronuncia. Ed inizia con la preghiera. Perché?
Perché le parole della preghiera sono fondamentali per un credente. La preghiera rivela e rispecchia il tipo di relazione che abbiamo con Dio. Rafforza e consolida l'unione del credente col Signore.
Ci permette di rimanere uniti a Dio, di crescere, e di accorgerci se iniziamo a sviarci.
La scorsa volta abbiamo visto che la preghiera del credente ha effetto, opera e agisce nel mondo invisibile. È potente nella lotta quotidiana del credente contro il maligno.
La preghiera è un’arma, una vera arma che agisce nel mondo invisibile contro le forze del male. È un’arma nella guerra spirituale. È indispensabile nella lotta di conquista di quei cuori che sono ancora dominati dalle tenebre.
Efesini 6 dal v. 10, dove è descritto il nostro combattimento spirituale come credenti è scritto che la preghiera è fonte di autorità e potere contro Satana e i suoi angeli.
Efesini 6, 18:
Pregate in ogni tempo, per mezzo dello Spirito, con ogni preghiera e supplica; vegliate a questo scopo con ogni perseveranza. Vediamo cosa dice la scrittura a riguardo.
Un credente chiese a un ragazzino di anni, suo parente:
Tu preghi Dio ogni giorno? Il ragazzo rispose:
Sì, prego ogni sera prima di andare a dormire.
Allora l’uomo domandò:
Preghi anche di mattina?
No, disse il ragazzo, Durante il giorno so cavarmela da solo. Allora l’uomo chiese:
Perché, quando dormi ti cacci nei guai?
Questo piccolo aneddoto ci aiuta a riflettere su una tragedia del mondo perduto: la mancanza di consapevolezza del bisogno che abbiamo di Dio.
Eppure Dio desidera aiutarci, guidarci, parlarci, istruirci. Prov. 16, 9 dice: Il cuore dell'uomo medita la sua via, ma il SIGNORE dirige i suoi passi.
Abbiamo bisogno di parlare, dialogare con Lui. Egli è il vero esperto della nostra vita. Perché Lui ci ha fatti, ci conosce.
Quando è stata l'ultima volta che hai trascorso del tempo con Dio parlando della tua vita e di ciò che ti sta davvero a cuore?
Qual è stata l'ultima volta che hai dedicato del tempo alla preghiera, per scelta, con desiderio, perché cercavi una risposta, cosciente di avere bisogno di Dio, della sua guida e del suo aiuto?
Il tema di questa mattina: Pregare con fiducia è un invito a imparare a dare respiro spirituale alla tua vita. Uno spazio chiuso ha bisogno di aprire le finestre e respirare, così noi abbiamo bisogno di aprire il nostro cuore davanti a Dio.
Non si tratta solo di senso di dovere, di pressione religiosa. Alcune persone amano creare sensi di colpa in altri dicendo: preghi troppo poco. Ma questo non aiuta. È manipolazione.
La pressione religiosa non aiuta a crescere.
Ma così come il respiro ci mantiene in vita, così la preghiera ci aiuta a restare vicino alla fonte della vita: Dio. Ne abbiamo bisogno.
In Giacomo 1, 5 – 6 leggiamo:
Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data. Ma la chieda con fede, senza dubitare; perché chi dubita è simile a un'onda del mare, agitata dal vento e spinta qua e là. (NRV)
Un’altra versione, più recente, dice:
Se avete bisogno di saggezza, chiedetela al nostro Dio, che è generoso, e ve la donerà; egli non vi rimprovererà di certo per avergliela chiesta. Quando chiedete, però, assicuratevi che la vostra fede sia in Dio soltanto. Non esitate; infatti chi esita ha una fedeltà fluttuante e somiglia a un'onda del mare che il vento agita e sospinge qua e là. (NTV)
E nel v. 8 aggiunge: La sua fedeltà è divisa fra Dio e il mondo; egli è instabile in tutto quel che fa.
La preghiera è un rimedio all’instabilità umana. Ci dona nuove forze, orientamento e rende saldi i nostri piedi nel cammino con Dio.
Giacomo ci invita a pregare con fiducia.
Oggi ti invito a fare il punto della tua situazione della vita di preghiera personale vissuta come momento esclusivo davanti a Dio.
Si tratta di concederci un “check up” di questa una disciplina di base della vita cristiana.
Il salmo più noto della Bibbia è il Salmo 23.
Molti lo recitano a memoria. È un salmo per tutte le età.
Dà fiducia ai bambini, forza e speranza agli adulti, ed è una delle consolazioni più belle per la persona di età più avanzata. Alcuni desiderano sentirlo prima di lasciare questa terra.
Perché questo Salmo non comincia con una richiesta a Dio ma con una dichiarazione di fiducia: “Il Signore è il mio pastore”.
Esso racchiude però anche un pericolo. Siccome è così conosciuto, rischiamo di leggerlo senza fare davvero caso a ciò che dice, quindi in modo superficiale.
C’era un uomo che era partito dal nulla nella sua vita professionale, ma era deciso a fare carriera.
E dopo aver raggiunto, ciò che aveva sempre sognato, cioè successo e denaro, a costo di tante rinunce, si accorse di non aver raggiunto una cosa a cui anche teneva e aspirava, cioè la felicità.
Così si ritrovò nervoso, teso e preoccupato. Uno dei suoi medici, che non sapeva più cosa consigliargli, gli consigliò di rivolgersi a un pastore. E lui, ci andò per provare anche questo.
Dopo aver parlato delle cure mediche, che aveva seguito fino ad allora, il pastore prese un foglietto e gli prescrisse una cura. Gli disse: devi leggere cinque volte al giorno il salmo 23, per sette giorni di fila.
E doveva leggerlo al mattino, appena si sveglio, dopo colazione, dopo pranzo, dopo cena, e prima di andare a letto. Non avrebbe dovuto leggerlo di fretta, ma di riflettendo su ogni frase dando tempo alla mente di assorbire il più possibile il significato di ogni parola.
Come far sciogliere il cioccolato in bocca, senza masticarlo.
Gli disse che alla fine della settimana qualcosa sarebbe cambiato nella sua vita.
Il pastore fece questa prescrizione convinto che il salmo 23 può avere un grande impatto sulla nostra vita, se letto e meditato.
Il Salmo 23 è un modello di pensiero. Aiuta a pensare a Dio nella maniera giusta.
E nonostante parli degli alti e dei bassi della vita del credente, così com’è la vita reale, ci mostra un modo per affrontare la quotidianità in maniera positiva, cioè con fede.
L’immagine del gregge che pascola nell’erba verde e del pastore era un immagine che risvegliava nelle persone l’idea della fiducia.
Ancora oggi ci trasmette una sensazione di sicurezza, cura e amore.
Non importa come lo conosciamo e quante volte lo abbiamo letto, esso è un pozzo di conoscenza e di valore per noi.
La felicità è uno dei desideri maggiori nella vita umana, da quando ha perso il suo posto nel Paradiso in Eden.
E infatti, da allora ad oggi è stato l’argomento di cui si sono occupati poeti, scrittori, filosofi, psicologi, persone comuni, ognuno impegnato a cercarla e scoprirla dove meglio gli pareva bene.
Il filosofo Aristotele (384 – 322 a.C.) diceva che “il fine dell’uomo è la felicità, la quale consiste in una vita secondo virtù, cioè secondo l’esercizio perfetto di tutte le proprie capacità, sia quelle del carattere (virtù etiche) che quelle della mente (virtù dianoetiche).”
Aristotele credeva che l’uomo non realizzasse la felicità nell’isolamento, ma quando è inserito in un contesto.
“L’uomo può realizzare la propria felicità solo nella città (polis), intesa come società perfetta, cioè autosufficiente, fondata sulla natura comunicativa degli esseri umani (la parola) e dotata della costituzione più adatta alla cultura dei suoi abitanti”. (E. Berti, Quaderno di Filosofi e Classici, Università di Padova).
La felicità è tema trattato anche nella Bibbia. Diversi autori delle scritture ne hanno parlato. E lo stesso Gesù, per esempio nelle Beatitudini, dove ha descritto alcune chiavi della vera felicità.
Chi coglie il suo messaggio e vive seguendo Gesù ha ragioni in più e molto valide, di essere felice. Anche perché il Dio che segue e serve è un Dio felice. Ed è un Dio che basta. Questo è uno dei significati dei vari nomi di Dio nell’AT.
In 1 Timoteo 1, 11, dopo aver introdotto il suo tema, l’autore dice: “secondo il vangelo della gloria del beato Dio, che mi è stato affidato.” Il nostro Dio è felice.
E ci basta.
I salmi possiedono la straordinaria capacità di catturare tutta la realtà delle nostre esperienze umane.
I salmi sono un’espressione universale di quella che è la nostra esperienza umana. Per questo sono senza tempo.
Qualcuno ha apprezzato molto l’introduzione alla lettera agli Ebrei, della scorsa volta, e ha detto che sarebbe bello avere ogni tanto un’introduzione a un libro della Bibbia, per stimolare la lettura e per capire meglio (vedi podcast precedente).
Oggi condivido alcuni pensieri introduttivi sul libro dei Salmi, che spero vi siano utili e vi incoraggino a leggere questo libro. Chiunque può leggere i salmi. E più si cresce nella fede, più si comprendono.
Cosa sono i Salmi?
Sono 150 preghiere, suddivisi in 5 libri diversi. E proprio perché si compongono di 5 libri, essi sono stati anche definiti “il Pentateuco di Davide.”
Infatti, 73 salmi sono attribuiti a Davide, 49 sono anonimi, altri sono scritti da autori vari.
Gli svariati autori del Pentateuco di Davide descrivono percezioni, sentimenti personali, atteggiamenti, interessi, e anche la lode, la gratitudine del credente.
Sono delle preghiere con le quali ogni lettore, nel corso dei secoli, si può identificare. Esso sono anche delle poesie. Contengono dei parallelismi.
Questa mattina, senza esaurire il tema, vorrei condividere alcuni messaggi personali che i Salmi ci rivolgono ancora oggi.
Il libro dei salmi è da sempre la guida del credente alla preghiera. Per questo leggiamo spesso dai Salmi, nella prima parte del nostro culto.
Essendo una guida alla preghiera, essi ci introducono alla presenza di Dio.
L’inizio del culto è un “entrare alla presenza del Signore.”
Nei Salmi troviamo delle espressioni molto personali e chiare, a volte sofferte di vita vissuta e di chi cerca Dio.
Introduzione alla lettera agli Ebrei
Sempre più persone oggi dicono di aver fede. Una persona in difficoltà una volta mi ha detto: “Ho abbastanza fede per far fronte alla mia situazione”.
Ma come si fa per coltivare e possedere la fede?
La fede viene dall’ascolto, e ciò che si ascolta proviene dalla Parola di Cristo.
Così scrive l’apostolo Paolo ai Romani. Ed è questo il motivo per cui studiamo la Parola di Dio.
Questa mattina vorrei introdurre una porzione di Parola di Dio che ci è stata trasmessa come lettera. È una lettera (quasi) anonima: la lettera agli Ebrei.
La lettera agli Ebrei contiene alcuni passaggi che creano difficoltà agli studiosi e sono difficili da comprendere.
Contiene anche diversi avvertimenti, che sono stati scritti affinché li leggiamo e ce li poniamo a cuore.
Ma, soprattutto, la lettera agli Ebrei è stata scritta con uno scopo preciso. La sua intenzione è di fortificare la fede; fortificare la fede nell’opera perfetta compiuta da Gesù Cristo. È stata scritta per risvegliare nei lettori la certezza che chi confida in Lui raggiungerà la meta.
Questa mattina introdurrò questa lettera per incoraggiarvi e invogliarvi a leggerla. Più in generale a dedicare ogni giorno almeno un po’ di tempo alla lettura della Parola, all’ascolto, allo studio, alla pratica della Parola di Dio.
Quando una persona si trova in difficoltà ciò che rimane è la fede. Se quindi c’è qualcosa che forma e rafforza la nostra fede quando stiamo bene, facciamo bene a coglierla, affinché possiamo stare in piedi, quando tutte le altre sicurezze della vita vengono a mancare.
Ciò che mantiene in piedi il credente nella prova (me incluso) è la fede nella Parola di Dio. Posso testimoniare che è vero!
Questa mattina ci occuperemo dell’autore della lettera, del suo contenuto e dei suoi destinatari.
L’autore non è noto. Cioè, non si presenta in maniera ufficiale dicendo il suo nome nelle prime righe, così come era consuetudine iniziare le lettere nell’antichità.
L’autore della lettera agli Ebrei non comincia con un saluto, o con un augurio, come si usava nelle lettere, ma inizia subito a parlare di Dio. Rileggiamo l’inizio.
2Re 6, 18-23
Chi non è mai venuto in contatto col tema: bullismo?
Bullismo è il comportamento aggressivo di un gruppo, spesso di ragazzi che si diverte a far soffrire qualcuno che è stata presa di mira.
Il bullismo può essere
a) fisico
b) verbale
c) indiretto
Bullismo fisico o diretto: utilizza la forza fisica per nuocere all’altro. In questa categoria rientrano i comportamenti come picchiare, spingere, fare cadere, ecc.
Bullismo verbale: comportamenti che utilizzano le parole per arrecare danno alla vittima, come le offese, le prese in giro insistenti, le minacce, le intimidazioni, e anche la calunnia per danneggiare l’immagine di qualcuno.
Bullismo indiretto: esso non è rivolto direttamente alla vittima ma prova a danneggiare le sue relazioni con gli altri.
Si tratta di comportamenti spesso poco visibili che portano all’esclusione e all’isolamento della vittima attraverso la diffusione di pettegolezzi e dicerie, l’ostracismo (impedire a qualcuno di affermarsi) e il rifiuto di esaudire le sue richieste.
Di questo tema si parla frequentemente nelle scuole, ma avviene anche in altri campi.
Il testo di questa mattina, soprattutto l’inizio del testo mi ha fatto pensare a questo tema. Ve lo leggo, partendo dal v. 14, per ricordare il contesto. Lettura: 2 Re 6, 14 – 23.
14 Il re vi mandò cavalli, carri e numerosi soldati; i quali giunsero di notte e circondarono la città. 15 Il servo dell'uomo di Dio, alzatosi di buon mattino, andò fuori e vide che un gran numero di soldati con cavalli e carri accerchiava la città. Il servo disse all'uomo di Dio: «Ah, mio signore, come faremo?» 16 Quegli rispose: «Non temere, perché quelli che sono con noi sono più numerosi di quelli che sono con loro». 17 Ed Eliseo pregò e disse: «SIGNORE, ti prego, aprigli gli occhi, perché veda!» E il SIGNORE aprì gli occhi del servo, che vide a un tratto il monte pieno di cavalli e di carri di fuoco intorno a Eliseo.
18 Mentre i Siri scendevano verso Eliseo, questi pregò il SIGNORE e disse: «Ti prego, acceca questa gente!» E il SIGNORE li accecò, secondo la parola di Eliseo. 19 Allora Eliseo disse loro: «Non è questa la strada, e non è questa la città; venite dietro a me, e io vi condurrò dall'uomo che voi cercate». E li condusse a Samaria. 20 Quando furono entrati a Samaria, Eliseo disse: «O SIGNORE, apri loro gli occhi, affinché vedano». Il SIGNORE aprì loro gli occhi, e a un tratto videro che si trovavano nel mezzo di Samaria. 21 Il re d'Israele, come li ebbe veduti, disse a Eliseo: «Padre mio, li debbo colpire? li debbo colpire?» 22 Eliseo rispose: «Non li colpire! Colpisci tu forse quelli che fai prigionieri con la tua spada e con il tuo arco? Metti loro davanti del pane e dell'acqua, affinché mangino e bevano, e se ne tornino dal loro signore». 23 Il re d'Israele preparò loro abbondanza di cibi; e quando ebbero mangiato e bevuto, li congedò, e quelli tornarono dal loro signore; e le bande di Siri non vennero più a fare incursioni sul territorio d'Israele.
Un grosso contingente di soldati armati oltrepassa i suoi confini per catturare un uomo solo e disarmato, per portarlo davanti al re e per castigarlo, è una forma di bullismo.
Umanamente parlando, l’uomo di Dio è spacciato. Egli è il più debole, solo col suo servo leale, circondato da soldati armati e minacciosi, più forti, che escludono ogni via di scampo.
v. 14 e 15 Il re vi mandò cavalli, carri e numerosi soldati; i quali giunsero di notte e circondarono la città. E nel v, 18
“I siri scendevano verso Eliseo” e si avvicinavano sempre di più a lui. I molti più forti, contro l’uno più debole.
Ti sei già trovato in una situazione un po’ simile?
Ti sei già sentito solo o sola, senza via di scampo in una minaccia più grande di te? Forse conosci questa situazione: essere circondato da persone malvagie, ostili, che ti spaventano e ti intimidiscono.
Protetti dal Dio che è presente. 2Re 6, 14-17
Il testo di oggi ci porta a considerare una situazione senza via di uscita. Perché mai Dio dovrebbe permettere a un suo figlio, a un credente, al suo popolo, di trovarsi in una tale situazione?
Leggiamo: 2Re 6, 14 – 17
14 Il re vi mandò cavalli, carri e numerosi soldati; i quali giunsero di notte e circondarono la città. 15 Il servo dell'uomo di Dio, alzatosi di buon mattino, andò fuori e vide che un gran numero di soldati con cavalli e carri accerchiava la città. Il servo disse all'uomo di Dio: «Ah, mio signore, come faremo?» 16 Quegli rispose: «Non temere, perché quelli che sono con noi sono più numerosi di quelli che sono con loro». 17 Ed Eliseo pregò e disse: «SIGNORE, ti prego, aprigli gli occhi, perché veda!» E il SIGNORE aprì gli occhi del servo, che vide a un tratto il monte pieno di cavalli e di carri di fuoco intorno a Eliseo.
Oltre alla realtà visibile, immediata, che percepiamo con i nostri sensi umani, esiste una realtà spirituale, invisibile, che a noi sfugge.
Questo testo ci mostra un esempio concreto per aiutarci a guardare oltre ciò che vediamo.
E ci insegna che, anche se non lo vediamo, Egli c’è. Dio è reale, è sempre coi suoi figli, ma non in modo distratto; è presente.
Egli ci circonda, ci avvolge nella sua protezione. Vede. È qui, anche in quelle difficoltà umanamente senza via di uscita.
Non si vede ma c’è. Siamo protetti dal Dio presente.
Da forze invisibili al suo servizio.
Per questo possiamo fidarci di lui.
Conosci anche tu situazioni senza via d’uscita?
Forse ne hai già vissuta qualcuna.
Come reagiamo quando siamo circondati dal male.
Quando sembra che siamo presi di assedio, quando ci tocca lottare contro il male, quando soffriamo a causa di difficoltà irrisolvibili, e in situazioni senza via di uscita?
2Re 6, 8 – 14
Il testo di questa mattina è 2 Re 6, 8 – 14.
Si tratta della prima parte di un testo più ampio, di cui ci occuperemo in seguito.
8 Allora il re di Siria faceva guerra contro Israele; e in un consiglio che tenne con i suoi servitori, disse: «Io porrò il mio accampamento nel tale e tal luogo».
9 L'uomo di Dio mandò a dire al re d'Israele: «Guàrdati dal trascurare quel tal luogo, perché vi stanno scendendo i Siri». 10 Allora il re d'Israele mandò gente verso il luogo che l'uomo di Dio gli aveva detto, e circa il quale era stato preavvisato; e là si tenne in guardia. Il fatto avvenne non una né due, ma più volte. 11 Questa cosa turbò molto il cuore del re di Siria, che chiamò i suoi servitori, e disse loro: «Fatemi sapere chi dei nostri è per il re d'Israele». 12 Uno dei suoi servitori rispose: «Nessuno, o re, mio signore! ma Eliseo, il profeta che sta in Israele, fa sapere al re d'Israele persino le parole che tu dici nella camera dove dormi». 13 Allora il re disse: «Andate, vedete dov'è, e io lo manderò a prendere». Gli fu riferito che era a Dotan.
14 Il re vi mandò cavalli, carri e numerosi soldati; i quali giunsero di notte e circondarono la città.
Ho intitolato questo testo: Strategia vincente. Eliseo riesce a vincere, a salvare il suo popolo, senza usare le armi.
Qual è la strategia vincente di Eliseo in questo conflitto, e cosa possiamo imparare per la nostra vita oggi?
Innanzitutto, il testo ci invita a ricordare che abbiamo un Dio che vede. Questo può non piacere a tutti, ma è incoraggiante per un figlio di Dio. Qualunque sia il tipo di attacco, o di difficoltà che ci viene incontro, possiamo sapere che il nostro Dio è un Dio che vede.
Egli vede perché è l’Onnipotente, perché non è come gli idoli che “hanno occhi ma non vedono” (Salmo 115, 5 b).
E la sua presenza è sempre con me.
Il Signore sa quando mi siedo, quando mi alzo. Conosce da lontano il mio pensiero. In più lui conosce le parole che sto per dire, prima ancora che le penso e prima ancora che le dico (Salmo 139, 1 – 4).
Egli vede anche nel nostro cuore.
Non soltanto ciò che è visibile, le nostre azioni, le nostre opere ma conosce anche i nostri pensieri, e anche le motivazioni più profonde.
Vede i nostri silenzi. Quando potremmo dire qualcosa o agire, e rimaniamo fermi e tacciamo.
Testo biblico: 2 Re 6, 4 – 7
Che cos’è un miracolo?
Miracolo è tutto ciò che soltanto Dio può operare.
Miracolo è ciò che Dio opera costantemente nella sua sovranità, senza che ce ne rendiamo sempre conto, dando tutto per scontato.
Miracolo è la cura che Dio si prende del creato, e lo sostiene vegliando su di esso.
Miracolo è la provvidenza che Dio manifesta a favore dei giusti e degli ingiusti (Matteo 5, 45).
Miracoli sono anche quegli episodi inaspettati nella nostra vita, che ci riempiono di stupore.
Sono gli interventi mirati di Dio che assaporiamo come soprannaturali.
Nel dizionario Biblico GBU leggiamo: “Molta confusione sul tema dei miracoli è stata causata dall’avere trascurato il fatto che la Scrittura non distingue nettamente tra la costante azione sovrana provvidenziale di Dio e i suoi atti particolari.”
In altre parole, la Bibbia non distingue quei miracoli che Dio compie nel silenzio, ogni giorno, senza che ce ne rendiamo conto, e quegli atti straordinari, che sperimentiamo ogni tanto, di cui ci rendiamo conto, e che sono umanamente inspiegabili. Per questo, alcuni sono confusi e pensano che l’azione di Dio sia presente soltanto negli episodi fuori dal comune che creano sensazione.
E ignorano invece tanti miracoli di Dio.
Ogni giorno Dio compie i suoi miracoli.
Gli ultimi tempi sono caratterizzati anche da falsi miracoli.
Ogni vero miracolo fa eco alla domanda retorica che Dio pone a Sara, che era sterile, quando le dice che avrebbe avuto un figlio in tarda età: Vi è forse qualcosa che sia troppo difficile per il SIGNORE? Genesi 18,14.
Miracolo è anche la guida divina che sperimentiamo quotidianamente. Una preghiera esaudita è un miracolo.
Un intervento provvidenziale di Dio.
Credo che ciascuno di noi possa testimoniare di aver vissuto entrambi questi aspetti miracolosi.
Il testo di oggi tratta di un inconsueto miracolo.
Leggiamo il testo in 2Re 6, i primi versetti.
1 I discepoli dei profeti dissero a Eliseo: «Ecco, il luogo dove noi ci raduniamo in tua presenza è troppo stretto per noi. 2 Lasciaci andare fino al Giordano; ciascuno di noi prenderà là una trave, e ci costruiremo un locale dove possiamo riunirci». Eliseo rispose: «Andate». 3 Uno di loro disse: «Ti prego, vieni anche tu con i tuoi servi». Egli rispose: «Verrò». 4 Così andò con loro. Quando giunsero al Giordano, si misero a tagliar legna. 5 Mentre uno di loro abbatteva un albero, il ferro della scure gli cadde nell'acqua. Perciò egli cominciò a gridare: «Ah, mio signore! l'avevo presa in prestito!» 6 L'uomo di Dio disse: «Dov'è caduta?» Quello gli indicò il luogo. Allora Eliseo tagliò un pezzo di legno, lo gettò in quel medesimo luogo, fece venire a galla il ferro, e disse: «Prendilo». 7 Quello stese la mano e lo prese. (2Re 6, 1 – 7)
Testo biblico: 2 Re 6, 1 – 3
Quando tra due persone esiste un rapporto positivo, basato sull’affetto, la stima, la comprensione e la fiducia reciproca, si dice che tra queste persone “scorre buon sangue”.
Nel nostro corpo, il sangue scorre e circola liberamente, senza ostacoli, quando tutto va bene.
Quando le relazioni sono rispettore, pacifiche, senza ostilità o conflitti, scorre buon sangue.
Con questa espressione si usa indicare in italiano buoni rapporti, in un’amicizia, in famiglia, tra colleghi, e anche nella comunità.
Il testo di oggi descrive una comunità di fedeli, del tempo del profeta Eliseo, dove scorre buon sangue. Le relazioni funzionano. Il clima è gradevole, sereno. I suoi partecipanti collaborano in modo armonioso. Le persone che la frequentano sono felici di farne parte.
E la amano.
Da qui il titolo del messaggio di oggi: La nostra amata comunità.
Perché penso che tutti noi amiamo la nostra comunità e che frequentiamo volentieri.
Una chiesa sana, dove scorre buon sangue, “fa buon sangue”, cioè produce buon frutto. Alimenta una sana spiritualità nei suoi partecipanti.
E favorisce un sano sviluppo di ogni sua parte.
Tutto questo non è scontato. Infatti, tutti sappiamo come ci si sente nella vita reale, quando ci possono essere relazioni che: “fanno venire il sangue amaro”, cioè guastano l’umore, creano l’irritazione, rabbia. In questo caso, scorre cattivo sangue, le persone non si sopportano e non s’incontrano volentieri.
Una comunità è amata e frequentata volentieri, quando in essa scorre buon sangue.
Leggiamo insieme il testo Biblico, che ci mostra l’esempio di una comunità sana, e vediamo quali spunti di riflessione ci offre, per la nostra vita.
Lettura: 2Re 6, 1 - 3
1 I discepoli dei profeti dissero a Eliseo: «Ecco, il luogo dove noi ci raduniamo in tua presenza è troppo stretto per noi. 2 Lasciaci andare fino al Giordano; ciascuno di noi prenderà là una trave, e ci costruiremo un locale dove possiamo riunirci». Eliseo rispose: «Andate». 3 Uno di loro disse: «Ti prego, vieni anche tu con i tuoi servi». Egli rispose: «Verrò».
Questa comunità ci ispira a meditare su alcuni segni di una chiesa sana.
Ma vediamo prima brevemente il contesto.
Nel suo discorso di Capodanno, la presidente della Confederazione ha detto: “Vorrei potervi parlare di un nuovo anno finalmente tranquillo, ma come voi, nemmeno io so cosa ci porterà il 2025.”
(Così scrive Maurizio Canetta, cit di Karin Keller Sutter)
La presidente ha ragione. La situazione mondiale al momento è tutt’altro che tranquilla. E molte decisioni prese in nazioni più potenti della nostra, possono avere influsso sulla nostra vita. Non sappiamo neppure noi che cosa accadrà in quest’anno. Però abbiamo una certezza più valida che ci lascia sperare.
Noi cristiani sappiamo: il nostro Signore siede sul trono e regna.
Egli ha in mano governo del mondo perché Egli è il creatore del mondo. Ha in mano la storia del mondo, ha in mano la nostra salvezza, la mia e la tua vita.
Tutti noi cerchiamo stabilità, ma non riusciamo a trovarla. Ci sfugge, perché il mondo cambia di continuo.
Ma Dio, Colui che regna, non cambia. Il testo di oggi, nel nostro primo culto dell’anno che vogliamo e tenere a mente ci aiuta a fissare lo sguardo sul nostro Dio, che in mezzo a tutti i cambiamenti, rimane lo stesso!
Egli è per noi un punto di riferimento certo, un luogo di rifugio sicuro, e la garanzia di stabilità eterna.
Lettura del Salmo 93.
1 Il SIGNORE regna; egli s'è rivestito di maestà;
il SIGNORE s'è rivestito, s'è cinto di forza;
il mondo quindi è stabile, e non sarà scosso.
2 Il tuo trono è saldo dai tempi antichi,
tu esisti dall'eternità.
3 I fiumi hanno alzato, o SIGNORE,
i fiumi hanno alzato la loro voce;
i fiumi elevano il loro fragore.
4 Più delle voci delle grandi,
delle potenti acque,
più dei flutti del mare,
il SIGNORE è potente nei luoghi altissimi.
5 I tuoi statuti sono perfettamente stabili;
la santità s'addice alla tua casa,
o SIGNORE, per sempre.
Questi cinque versetti sono all’inizio di questo anno una vera ricchezza e fonte di ispirazione, speranza e tranquillità per noi.
La nostra tranquillità e la nostra fiducia non risiedono nei governi umani, ma nella realtà che Dio regna.
Testo: Giovanni 1, 1 – 18
Non so se capita anche a te di trovarti in discussioni sul tema: Chi era davvero Gesù?
Nei periodo di festività, sia a Natale che a Pasqua, riviste secolari portano questo in copertina.
Lee strobel ha scritto un libro sull’autenticità del Cristianesimo. Per alcuni Gesù era Dio soltanto spiritualmente e non è diventato veramente umano. Era come una sorta di apparizione. Mentre altri lo considerano soltanto un comune essere umano.
Perché è così importante, ciò che noi cristiani crediamo, che Gesù è stato generato dallo Spirito Santo, ed è Dio incarnato in una donna?
Perché questo è il messaggio del NT. Esistono profezie molto antiche, scritte 800 anni prima.
Matteo, nel suo Vangelo, ne cita alcune, mentre ci racconta la storia del Natale.
Questa mattina guarderemo dietro le quinte di ciò che solitamente viene raffigurato e descritto negli altri Vangeli.
Il testo di oggi non ci racconta come è avvenuta la nascita di Gesù, ma il suo significato.
È un testo che ci porta in alto, e ci lascia “guardare dall’Alto” sulla venuta di Gesù Cristo nel mondo. È un racconto, che completa quello dei sinottici (la parola "sinottico" deriva dal Greco: Sin ottica = Stessa ottica, ed è quella dei Vangeli di Matteo, Marco e Luca)
Lettura: Giovanni 1, 1 – 18.
Giovanni conclude il suo racconto svelando, dopo aver tenuto i lettori col fiato sospeso, di chi sta parlando nel v. 17
Premessa: Il racconto di Natale richiede fede.
I V 11-12 ci dicono che Natale è un racconto vero, ma che richiede fede. Se ci si avvicina a questo racconto senza fede, non si comprende.
Dio si aspetta che le persone che ascoltano questo racconto reagiscono con fiducia, e dice: “a quelli che credono nel suo nome” succede qualcosa in più.
Quelli che credono nel suo nome non sono nati da volontà di carne, di sangue o di uomo, ma sono nati da Dio.
La Bibbia è ricca di immagini e simboli, che erano un aiuto per il credente, per porre mente a grandi verità.
A volte, per mezzo di alcuni oggetti, si voleva conservare il ricordo, la memoria, per le future generazioni di avvenimenti importanti, come un intervento di Dio vissuto in un determinato momento, o una liberazione da un grave pericolo.
Questa mattina ho portato con me un sasso e capirete perché. Vi leggo il testo di oggi:
Lettura 1 Samuele 7, 1 – 14
“Fin qui il Signore ci ha aiutati”.
Questo è il significato della pietra, che Samuele pose come memoriale, come abbiamo letto nel testo. Ora, noi ci troviamo non alla fine di una battaglia, ma alla fine di un anno. E forse abbiamo dovuto affrontare anche dei momenti difficili, delle battaglie nel corso di questo anno.
Ad ogni modo, vorrei darvi uno stimolo per tirare un po’ le somme, oggi e anche nei prossimi giorni.
Vorrei stimolarvi a raccogliere le cose buone che sono rimaste, che non abbiamo ancora afferrato, che magari abbiamo tralasciato, trascurato, o sottovalutato, che vogliamo far nostre e tenere a mente anche per il futuro, e lasciare andare ciò che è bene lasciare andare.
Questo capitolo parla del pentimento di Israele, e della sua vittoria sui Filistei, ai tempi del profeta Samuele. Qualche capitolo prima, nel capitolo 4, gli Israeliti vollero combattere per sconfiggere i filistei.
Pensarono addirittura, di costringere Dio a dar loro la vittoria. Portarono con sé nel campo di battaglia, l’oggetto più sacro che avevano l’arca del patto.
La tolsero dal santuario e la trasportarono sul campo di battaglia, come se volessero obbligare Dio a intervenire in loro favore: “Signore qui c’è l’Arca della Testimonianza, che rappresenta la Tua presenza sulla terra, se l’arca è qui, tu devi essere anche qui e darci la vittoria sui nostri nemici.”
Ma questo pensiero non era guidato da Dio. Era una sorta di superstizione degli israeliti, per cui la loro impresa fallì.
Il popolo subì una grave disfatta e trentamila soldati israeliti rimasero uccisi.
E ora, cosa c'è di diverso in questa storia?
Domenica scorsa abbiamo meditato sull’apostolo Giovanni: l’apostolo dell’amore.
Potete riascoltare l'episodio qui.
Abbiamo visto che Giovanni è un discepolo con un grande amore per la verità. Nel suo Vangelo, come nelle lettere parla molto di “Verità”; la verità che ci rende liberi.
Abbiamo visto come vivendo con Gesù, osservando e ascoltando il suo maestro e seguendo il Suo esempio è maturato anche nell’amore.
Perché lui stesso è stato abbondantemente amato dall’amore divino, e poteva scrivere in una epistola: “Noi amiamo perché Egli ci ha amati per primo”. (1Giovanni 4, 19)
Giovanni, diventa l’apostolo dell’amore non perché smette di seguire la verità. Non perché la compromette, la nasconde, o perché smetterà di ricercarla e di conoscerla, ma perché coltiverà l’amore nella stessa misura con la quale coltiva la verità.
I due ingredienti per una sana crescita spirituale sono esattamente questi à Efesini 4, 15
“Ma, seguendo la verità nell’amore, cresciamo in ogni cosa verso Colui che è il capo, cioè Cristo.”
“Crescere verso il capo” indica la direzione della crescita. Significa avvicinarsi sempre di più a Cristo. In che senso avvicinarsi sempre di più?
a) Nella “connessione” nell’essere uniti col “Capo”, cioè Gesù. E significa andar più vicino a Lui
b) Nella somiglianza.
Somigliare sempre di più a Colui che è la Verità – Giovanni 14, 6.
E somigliare sempre di più a Colui che ci ama come Giovanni stesso scriverà in Apocalisse 1 “A lui che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue…” sia la gloria e la potenza per sempre (Apocalisse 1, 5 – 6)
Come possiamo mostrare amore in modo concreto. Non abbiamo bisogno di “produrre emozioni” ma possiamo mostrare amore dimostrando le sue qualità descritte nel passo di 1Corinzi 13, 4 - 8, che leggiamo anche quest'oggi.
L’apostolo Paolo definisce l’amore in questo senso: la via per eccellenza. Mentre la nostra conoscenza della Verità finché siamo su questa terra è e rimarrà sempre parziale.
Nella vita dell’Apostolo Giovanni c’è stato questo sviluppo, questa crescita nell’equilibrio tra verità e amore.
Ma non solo.
Il suo cammino col Signore lo ha portato anche a trovare l’equilibrio in altre sfere della sua vita. Per esempio nell'equilibrio tra ambizione e umiltà.
In Marco 10, 35 – 44 leggiamo la richiesta che Giovanni presenta a Gesù, di nascosto, in accordo con suo fratello Giacomo. Essi credevano che Gesù sarebbe stato presto dichiarato Re d’Israele e non avevano ancora afferrato bene lo scopo della venuta del messia.
Gesù non siederà sul trono, prima di liberare gli esseri umani da quel male interiore che è il peccato e la condanna.
Stamattina cercheremo di conoscere meglio chi è Giovanni. Tra i dodici che Gesù ha scelto egli è uno dei più noti.
È il più giovane tra i dodici, e tra loro è colui che ha composto più testi scritti che fanno parte del NT.
Soltanto l’Apostolo Paolo ha redatto più testi del NT di lui, ma Paolo non era tra i dodici che hanno vissuto direttamente a contatto con Gesù.
Giovanni è stato definito da molti: l’apostolo dell’amore.
Ma cosa intende il NT quando parla di amore?
Giovanni era forse il più bello? O il più romantico tra i dodici? Quello che piaceva di più alle donne?
Non è questo il tipo di amore a cui si riferisce questa definizione.
Un passo della lettera ai Romani 5, 5b afferma che: “l’amore di Dio è sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato donato”.
Quindi l’amore è un dono che Dio infonde nel cuore del credente quando lo rigenera nella vita nuova, operata dallo Spirito Santo. Ma non solo. L’amore è anche un comandamento, una responsabilità del credente.
Il Nuovo Testamento insegna che l’amore è anche un frutto che matura col tempo.
Quindi, contrariamente a quanto il mondo pensa con superficialità, cioè che l’amore diminuisce e finisce, il esso insegna che il vero amore non finisce ma cresce, matura, aumenta.
Ogni cristiano ha ricevuto la chiamata, a camminare, a vivere, a progredire nell’amore, che da un lato è un dono di Dio, e dall’altro un comandamento tramandato direttamente da Gesù, di cui Giovanni scrive, dal quale nessun cristiano è escluso o esente.
Esso è sia un dono divino, sia un comandamento.
Una delle definizioni più belle su che cos’è l’amore vero si trova in 1 Corinzi 13, 4 - 8
L'amore è paziente, è benevolo; l'amore non invidia; l'amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s'inasprisce, non addebita il male, non gode dell'ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. L'amore non verrà mai meno.
L’amore vero non finisce mai.
Il contrario di quello che dice il mondo.
Oggi, domenica della riforma, ricordiamo che cosa animava e insegnavano i riformatori.
In un mondo in cui la religione offuscava le menti e le coscienze, i riformatori riscoprirono il Vangelo.
Ma c’è una disarmonia tra religione e Vangelo? Il Vangelo non fa forse parte della categoria religione?
In genere la religione è qualcosa di costruito dall’uomo.
È ciò che l’uomo fa per cercare di elevare se stesso e raggiungere la divinità, e può assumere molte forme.
Il Vangelo di Cristo va nella direzione opposta. Non è un tentativo umano per elevarsi a Dio. Ma è Dio che scende dall’alto per venire incontro a noi.
Per i cristiani è importante imparare a rdistinguere lo spirito religioso, dallo spirito del Vangelo.
Timothy Keller ha detto: Se non mostriamo la differenza tra religione e Vangelo, le persone confonderanno la moralità con un cuore trasformato.
È anche possibile usare il Vangelo trasformandolo in religione, cioè in rituali e dogmi per raggiungere Dio, mantenendo il proprio “io” al centro del proprio universo.
Ci sono grandi differenza tra religione e Vangelo. Il testo di Luca 18, 9 – 14 ci aiuta ad individuarne alcune.
Queste differenze sono visibili in tutta la Bibbia, a partire, da Caino e Abele.
Caino incarna l’uomo religioso. Mentre Abele è un uomo di fede. Fino ai due ladroni sulla croce.
E a un illustre fariseo di nome Nicodemo, un uomo deluso dalla sua religione, che va a trovare Gesù di notte, e, parlando con Lui sperimenterà progressivamente il passaggio dalla religione al Vangelo.
Il mio piccolo libro intitolato: “Vita dall’Alto” descrive nel dettaglio il dialogo tra Gesù e Nicodemo, e come Gesù lo guida alla comprensione della vera fede che produce una nuova nascita, un risveglio dell’anima.
Lettura: Luca 18, 9 - 14 .
Disse ancora questa parabola per certuni che erano persuasi di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio per pregare; uno era fariseo, e l'altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così dentro di sé: "O Dio, ti ringrazio che io non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri; neppure come questo pubblicano.
Io digiuno due volte la settimana; pago la decima su tutto quello che possiedo". Ma il pubblicano se ne stava a distanza e non osava neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: "O Dio, abbi pietà di me, peccatore!"
Io vi dico che questo tornò a casa sua giustificato, piuttosto che quello; perché chiunque s'innalza sarà abbassato; ma chi si abbassa sarà innalzato».