Un amore che arde e brucia senza consumarsi, simile al roveto ardente visto da Mosè sul monte, illumina il nostro cammino. Gesù, il Verbo incarnato, con la sua venuta, ha portato quel fuoco inestinguibile sulla terra, proprio mentre l’umanità intera stava affogando in un mortale languore. Il male morde, ferisce e talvolta uccide, ma molto più spesso sfocia in passiva rassegnazione, colpevole mediocrità e umiliante apatia. Gli orizzonti si accorciano, la speranza si spegne. Da questi terribili mali il Signore Gesù è venuto a liberarci. All’abisso del peccato ha fatto riscontro l’immensità dell’amore, un amore che conduce alla morte perché è dono totale di vita. E quando l’amore è portato allo stremo, possiede una forza dirompente: brucia, scuote anche le radici più profonde e inevitabilmente crea divisioni e persecuzioni. Si contrappongono la violenza cieca di chi rifiuta quell’amore e la forza dell’amore che perdona e diventa testimonianza di fedeltà. Lo stesso Gesù ne farà dolorosa esperienza: egli viene a rivelare, testimoniare e predicare l’amore, enuncia il comandamento nuovo, percorre le strade del nostro mondo beneficando tutti, ma rimane vittima dell’odio. I suoi seguaci vivranno la stessa storia: testimoni di amore, annunciatori di vita e risurrezione, spesso vittime delle più assurde condanne. È nata così la schiera dei martiri nella santa Chiesa di Dio. Possiamo dire che, sin dalla sua nascita, essa si tinge di sangue che si sparge come seme fecondo. Questo è l’effetto di quel fuoco: se accolto produce santità, se rifiutato spinge all’odio, al male e alla violenza. Ecco quel fuoco per la terra. Fuoco, ma non di violenza, ma di ardore per le cose di Dio.
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