In Italia, secondo l’istituto Superiore di Sanità, più di un milione di persone sopra i 65 anni convive con la demenza. Mentre sono quasi 24 mila i casi che riguardano adulti tra i 35 e i 64 anni. La demenza non è solo una malattia, è una realtà che segna profondamente tutta la nostra società. La sua forma più diffusa – la malattia di Alzheimer – si traduce in una perdita progressiva di sé e delle relazioni con gli altri. Una condizione che lascia il segno non solo sulle vite di chi ne è affetto, ma anche su quelle di milioni di familiari e di caregiver.
Con l'aumentare della vita media, la lotta alla demenza si è trasformata in una priorità di sanità pubblica globale. Eppure, accanto alla ricerca incessante di un farmaco che possa cambiare il corso della malattia – una battaglia aperta da oltre trent’anni – emergono altre strade altrettanto significative, come la prevenzione e la gestione dei sintomi. L’obiettivo è quello di garantire una vita ricca e significativa a tutti coloro che ne sono affetti. Perché, come sottolineava Il neurologo inglese Oliver Sacks, La perdita della memoria non è solo perdita del passato; è, in qualche modo, la perdita del presente.
In questo podcast proveremo a parlare di Alzheimer ascoltando la voce di studiosi e di studiose, di familiari e di caregiver, provando a raccontare il mondo Alzheimer, utilizzando parole nuove.
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In Italia, secondo l’istituto Superiore di Sanità, più di un milione di persone sopra i 65 anni convive con la demenza. Mentre sono quasi 24 mila i casi che riguardano adulti tra i 35 e i 64 anni. La demenza non è solo una malattia, è una realtà che segna profondamente tutta la nostra società. La sua forma più diffusa – la malattia di Alzheimer – si traduce in una perdita progressiva di sé e delle relazioni con gli altri. Una condizione che lascia il segno non solo sulle vite di chi ne è affetto, ma anche su quelle di milioni di familiari e di caregiver.
Con l'aumentare della vita media, la lotta alla demenza si è trasformata in una priorità di sanità pubblica globale. Eppure, accanto alla ricerca incessante di un farmaco che possa cambiare il corso della malattia – una battaglia aperta da oltre trent’anni – emergono altre strade altrettanto significative, come la prevenzione e la gestione dei sintomi. L’obiettivo è quello di garantire una vita ricca e significativa a tutti coloro che ne sono affetti. Perché, come sottolineava Il neurologo inglese Oliver Sacks, La perdita della memoria non è solo perdita del passato; è, in qualche modo, la perdita del presente.
In questo podcast proveremo a parlare di Alzheimer ascoltando la voce di studiosi e di studiose, di familiari e di caregiver, provando a raccontare il mondo Alzheimer, utilizzando parole nuove.
L'ospite della puntata di oggi è Stefano Govoni, professore emerito di Farmacologia presso il Dipartimento di Scienze del Farmaco dell’Università di Pavia. La parola che abbiamo scelto per Stefano Govoni è Cura: quali sono gli interventi di tipo farmacologico e di tipo non farmacologico che si possono offrire alle persone affette da demenza? Ne parliamo in questa nuova puntata del podcast Le parole che non ti aspetti.
Gli ospiti della puntata di oggi sono Stefano Boffelli e Paolo Celli. Stefano Boffelli è ungeriatra e lavora all’ospedale poliambulanza di Brescia. Si occupa di demenze al CDCD, il Centro per i Disturbi Cognitivi e le Demenze e da una decina di anni coordina anche le attività di un numero crescente di Caffé Alzheimer diffusi.
Paolo Celli è ilmanager del tecnopolo Bologna Ozzano, Rita Levi Montalcini
L'ospite della puntata di oggi de Le parole che non ti aspetti è Marco Trabucchi, già docente di neuropsicofarmacologia alla facoltà medica di Tor Vergata e fondatore a Brescia del primo e unico Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico dedicato alla malattia di Alzheimer.
Marco Trabucchi è autore di oltre 600 pubblicazioni su riviste internazionali indicizzate e la parola che abbiamo voluto affidargli in questa puntata del podcast Le parole che non ti aspetti è Solitudine.
L'ospite della puntata di oggi è Laura Calzà, Professoressa di Biotecnologie e Scienze Cognitive presso l’Università di Bologna, nonché direttrice scientifica della Fondazione IRET, un ente di ricerca che si occupa di malattie neurodegenerative. La parola, in questo caso un insieme di parole, di cui vogliamo parlare con lei è Recognize your brain. Un progetto del Tecnopolo di Bologna-Ozzano “Rita Levi-Montalcini” e Fondazione IRET ETS e un imperativo, che vuole accendere la luce sull’importanza di prendersi cura delle proprie facoltà cognitive. Di monitorarle, di allenarle, con l’idea che mente e corpo costutuiscano un tutt’uno e meritino lo stesso livello di attenzione e cura. Un obiettivo, che però, sin dalla propria definizione, presenta degli aspetti non banali.
In Italia, secondo l’istituto Superiore di Sanità, più di un milione di persone sopra i 65 anni convive con la demenza. Mentre sono quasi 24 mila i casi che riguardano adulti tra i 35 e i 64 anni. La demenza non è solo una malattia, è una realtà che segna profondamente tutta la nostra società. La sua forma più diffusa – la malattia di Alzheimer – si traduce in una perdita progressiva di sé e delle relazioni con gli altri. Una condizione che lascia il segno non solo sulle vite di chi ne è affetto, ma anche su quelle di milioni di familiari e di caregiver.
Con l'aumentare della vita media, la lotta alla demenza si è trasformata in una priorità di sanità pubblica globale. Eppure, accanto alla ricerca incessante di un farmaco che possa cambiare il corso della malattia – una battaglia aperta da oltre trent’anni – emergono altre strade altrettanto significative, come la prevenzione e la gestione dei sintomi. L’obiettivo è quello di garantire una vita ricca e significativa a tutti coloro che ne sono affetti. Perché, come sottolineava Il neurologo inglese Oliver Sacks, La perdita della memoria non è solo perdita del passato; è, in qualche modo, la perdita del presente.
In questo podcast proveremo a parlare di Alzheimer ascoltando la voce di studiosi e di studiose, di familiari e di caregiver, provando a raccontare il mondo Alzheimer, utilizzando parole nuove.