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Attualità - BastaBugie.it
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6 days ago
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Zuckerberg ammette che il fact checking censura
Attualità - BastaBugie.it
14 minutes
9 months ago
Zuckerberg ammette che il fact checking censura
VIDEO: Intervista a Zuckerberg ➜ https://www.youtube.com/watch?v=ZMIEXN1eusM&list=PLolpIV2TSebVCcy1WwB32e6_HB-NO8WCC

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8046

ZUCKERBERG AMMETTE CHE IL FACT CHECKING E' CENSURA (E NOI NE SIAMO VITTIME) di Stefano Magni
 
Mark Zuckerberg, il fondatore e amministratore delegato di Meta (azienda proprietaria di Facebook, Instagram e Whatsapp) ha annunciato il 7 gennaio un cambiamento radicale di politica. E di fatto ha ammesso che finora era imposta una censura, benché non ufficiale, sui suoi social network.
Niente più fact checking, che verrà sostituito dalle community notes (commenti scritti da altri utenti che vogliono segnalare un articolo) e alleggerimento drastico delle regole che limitavano la pubblicazione dei contenuti, i ricorsi e la rimozione di contenuti, niente più restrizioni alla visibilità degli argomenti politici e stop allo shadow ban, cioè la pratica di rendere meno visibile quel che pubblica un utente ritenuto pericoloso. Meta cambia anche il responsabile per gli affari globali, non più il liberaldemocratico britannico Nick Klegg, ma il repubblicano americano Joel Kaplan, già consigliere di George W. Bush. Inoltre la squadra per la moderazione dei contenuti sarà trasferita dalla California al Texas, lontano dalle peggiori influenze dei media tradizionali e dei gruppi di pressione (progressisti, ndr).
In particolare il fondatore di Facebook ha ammesso che i fact checkers sono risultati «troppo politicamente orientati e hanno contribuito a distruggere più fiducia di quanta non ne abbiano creata, soprattutto negli Stati Uniti».
Le riforme di Zuckerberg sono state accolte da un coro di critiche da parte della stampa internazionale. E anche in Italia, dove è soprattutto Open, il quotidiano di Enrico Mentana, consulente di Facebook per il fact checking, a denunciare una possibile deriva verso il linguaggio di odio su immigrazione e gender. Né poteva essere diversamente: dal 2016, da quando le elezioni negli Usa erano state vinte da Donald Trump, i media tradizionali avevano attribuito la colpa soprattutto ai social network, colpevoli di "diffondere la disinformazione e la misinformazione" senza alcun controllo degli "editori responsabili". La stretta era arrivata nel 2019, con una pressione senza precedenti sulle aziende proprietarie dei nuovi media. Onore al vero, Zuckerberg aveva provato a difendere la libertà di espressione, opponendosi a ogni forma di censura, già allora. In un discorso tenuto alla Georgetown University, aveva infatti dichiarato: «Oggi, in tutti gli schieramenti, sembra che ci siano sempre più persone che danno la priorità all'ottenimento dei risultati politici che desiderano piuttosto che assicurarsi che tutti possano essere ascoltati». E concludeva: «Credo che dobbiamo continuare a difendere la libertà di espressione».
CENSURA IMPOSTA
Infine anche Zuckerberg aveva dovuto cedere, anche nel corso dell’amministrazione Trump, per colpa soprattutto della pandemia di Covid-19. Quel mix di pressioni delle autorità americane e minacce di boicottaggio degli sponsor indusse anche Zuckerberg a introdurre la sua "polizia del pensiero", inasprendo le regole del controllo dei contenuti.
E cosa è successo, nella pratica? Che anche su Facebook e negli altri social network di Meta, i contenuti sono stati censurati se erano difformi alle tesi ufficiali. Esattamente come già facevano gli "editori responsabili", ma senza neppure avere la stessa responsabilità di un editore: un social network, infatti, non è un giornale, ma è una bacheca virtuale dove chiunque può appendere qualcosa e si prende la responsabilità di quel che sta mostrando....
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