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Stefano Fontana - BastaBugie.it
BastaBugie
57 episodes
2 months ago
Approfondimenti del professore Stefano Fontana, direttore dell'Osservatorio internazionale Card. Van Thuan sulla Dottrina sociale della Chiesa, con particolare riguardo ai principi non negoziabili (vita, famiglia, libertà di educazione)
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Religion & Spirituality
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Approfondimenti del professore Stefano Fontana, direttore dell'Osservatorio internazionale Card. Van Thuan sulla Dottrina sociale della Chiesa, con particolare riguardo ai principi non negoziabili (vita, famiglia, libertà di educazione)
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Religion & Spirituality
Episodes (20/57)
Stefano Fontana - BastaBugie.it
La gazzarra su Ventotene è la prova del fallimento europeo di oggi
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/i8113

LA GAZZARRA SU VENTOTENE E' LA PROVA DEL FALLIMENTO EUROPEO DI OGGI di Stefano Fontana
 
Grande gazzarra in aula alla Camera ieri sul Manifesto di Ventotene al punto che il Presidente Fontana ha sospeso la seduta. La premier Giorgia Meloni è stata chiara e dura su quel documento, dissociandosene dicendo «nella manifestazione di sabato a piazza del Popolo e anche in quest'aula è stato richiamato da moltissimi partecipanti il Manifesto di Ventotene: spero non l'abbiano mai letto, perché l'alternativa sarebbe spaventosa». Durante le manifestazioni romane per l'Europa di sabato scorso era riemerso il Manifesto di Ventotene come guida ideale per i partecipanti. Dal palco di piazza del Popolo, Corrado Augias aveva detto: «Oggi questa piazza è di nuovo Ventotene».
Ventotene è stato il bollino di qualità posto sulla manifestazione, evidentemente accettato anche dalle associazioni cattoliche presenti. Però se si va a rileggere il Manifesto "Per un'Europa libera e unita" che Spinelli, Rossi e Colorni hanno scritto esuli nell'isola di Ventotene nel 1941 si capisce che ben poco è accettabile di quanto propone. In quelle righe, tra l'altro, si leggono puntualmente le premesse per il fallimento europeo di oggi.
Un primo elemento del Manifesto è di avere carattere rivoluzionario nel preciso senso socialista del termine: «La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista». La democrazia per cui ci si deve battere è vista come uno strumento di questo obiettivo rivoluzionario e non come il fine dello stesso. Il Manifesto supera il concetto comunista di rivoluzione, sia perché condanna la violenza fisica, sia perché ritiene che in quel modo la classe operaia rimarrebbe chiusa in se stessa e non si collegherebbe con le rivendicazioni degli altri ceti, sia perché sarebbe un modo per allarmare preventivamente i conservatori e permettere loro di organizzarsi per evitarla.
IL SOCIALISMO DI VENTOTENE
Il Manifesto non usa parole dolci verso il comunismo: i comunisti «nelle crisi rivoluzionarie, [sono] più efficienti dei democratici; ma tenendo essi distinte quanto più possono le classi operaie dalle altre forze rivoluzionarie costituiscono nei momenti decisivi un elemento settario che indebolisce il tutto». Nonostante ciò, però, il socialismo di Ventotene concorda con gli obiettivi rivoluzionari di fondo del comunismo. Basti considerare cosa dice dell'abolizione della proprietà privata: «La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa, caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio». La negazione del diritto naturale alla proprietà privata rimane, ma deve essere perseguita in modo dolce. Il progetto si colloca sulla linea che verrà battuta anche dal comunismo postbellico italiano di un socialismo che accetta la democrazia come strumento della rivoluzione, non come alternativa alla rivoluzione.
Il carattere rivoluzionario di Ventotene è diretto ad eliminare le nazioni dalla scena politica. La cosa viene fatta pregiudizialmente mediante l'equazione: nazione, nazionalismo, totalitarismo. La sua analisi dei totalitarismi di allora risente dell'animosità del momento e per questo è poco lucida, risente però anche della posizione ideologica assunta, con l'errore conseguente di considerare i totalitarismi come eccezione alla civiltà moderna anziché, come è stato dimostrato, come sua accelerazione.
Il Manifesto mette in guardia dalla restaurazione, dopo la guerra, dello Stato nazionale che, secondo le previsioni dei due autori, avverrà mediante la strumentalizzazione del sentimento patriottico. Lo scopo, invece, deve essere «la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in Stati nazionali sovrani». La lettera e lo spirito del Manifesto inducono a pensare che questo superamento della nazione non...
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7 months ago
13 minutes

Stefano Fontana - BastaBugie.it
Mattarella presidente, dieci anni di fallimenti
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8107

MATTARELLA PRESIDENTE, DIECI ANNI DI FALLIMENTI di Stefano Fontana
 
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha appena compiuto 10 anni di mandato. È stato eletto il 31 gennaio 2015 e rieletto il 29 gennaio 2022. Dati i cambiamenti avvenuti nell'esercizio di fatto della presidenza della Repubblica, sempre meno notarile e sempre più politica, la durata di sette anni stabilita dalla Costituzione è troppo lunga, figuriamoci poi 10 o 14 anni nel caso di un secondo mandato come in questo caso.
Se il Presidente fa il notaio allora i problemi non ci sono, ma se fa il politico, se nell'esercizio di fatto del suo potere avvicina l'Italia ad una repubblica presidenziale, se gestisce la prerogativa di sciogliere il Parlamento in base a valutazioni politiche e non solo istituzionali, se rimbecca indirettamente i governi sul loro operato, se interviene sulla composizione dei governi stessi con un potere contrattuale, allora un mandato così lungo è un peso per la nazione. La presidenza Mattarella sembra godere di un favore quasi generale, ma l'ombra (troppo) lunga del suo mandato ha complicato, piuttosto che agevolato, i processi politici nel Paese.
DRAGHI, L'UOMO DEL PRESIDENTE
Mattarella ha tenuto duro a lungo prima di concedere le elezioni politiche, proseguendo sulla strada avviata da Giorgio Napolitano. Dopo le dimissioni di Matteo Renzi a seguito della bocciatura del referendum costituzionale, non ha sciolto il Parlamento ma ha accettato - e concordato - il governo fotocopia di Paolo Gentiloni nel dicembre 2016, con quasi tutti i ministri precedenti. Quando nel 2019 il governo giallo-verde di Conte e Salvini entrò in crisi, Mattarella favorì il Conte-bis con l'ingresso nella coalizione di governo del Partito Democratico, che era stato sconfitto alle precedenti elezioni politiche del 4 marzo 2018 e che ora tornava in pista. Quando nel 2021 anche questo secondo governo Conte entrò in crisi, ancora una volta Mattarella non sciolse il Parlamento, ma chiamò Mario Draghi, che ripropose gran parte dei precedenti ministri, tra cui il contestatissimo ministro della Sanità Roberto Speranza.
E intanto il Partito Democratico continuava a governare. Non c'è dubbio che, prima di sciogliere le Camere, il Presidente debba verificare se ci siano nuove maggioranze, però la gestione di questo principio costituzionale è avvenuta in modo chiaramente politico, perfino designando un "uomo del Presidente" come Draghi. E gli italiani, alle elezioni del 2022, lo hanno indirettamente denunciato.
LO SCANDALO PALAMARA
Sempre sul piano politico, ma inteso in senso più ampio, Mattarella compì due gravi errori a proposito dello scandalo Palamara e a proposito della cosiddetta pandemia da Covid-19. Il Presidente della Repubblica è presidente di diritto del Consiglio superiore della magistratura. Il cosiddetto scandalo "Palamara", dal nome dell'allora membro di questo organo costituzionale, aveva messo in luce un sistematico accordo tra i vertici del Partito Democratico e il Consiglio stesso sulla nomina nelle principali e più calde Procure del nostro Paese.
Si sa che il partito erede del PCI ha costruito negli anni legami organici soprattutto con tre centri di potere: sindacati, scuola e università, magistratura. Infatti, oggi è proprio da questi nuclei di potere che emergono i principali attacchi al governo Meloni. Ebbene, non risulta che il Presidente della Repubblica abbia detto e fatto granché per denunciare e contribuire a risolvere quella scandalosa concertazione sulle nomine nelle Procure.
IL BIENNIO COVID
L'altro ambito fallimentare è stato il biennio Covid. Mattarella, nel messaggio alla nazione di fine anno 2020 ha affermato che «vaccinarsi è un dovere». All'università di Pavia, il 5 settembre 2021, ha...
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7 months ago
7 minutes

Stefano Fontana - BastaBugie.it
Le elezioni in Germania e in Romania: la democrazia come finzione
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8094

LE ELEZIONI IN GERMANIA E IN ROMANIA: LA DEMOCRAZIA COME FINZIONE di Stefano Fontana
 
La democrazia europea dimostra sempre più di avere alla base una finzione. Le recenti elezioni politiche in Germania lo hanno evidenziato ancora una volta. I partiti che hanno perso andranno con grande probabilità al governo con il partito che ha vinto. Chi ha preso solo una manciata di voti ottiene lo stesso risultato di chi ha fatto il pieno. Era successo così anche a seguito delle elezioni del Parlamento europeo. Anche in quel caso socialdemocratici e verdi, molto ridimensionati alle urne, sono stati cooptati nella maggioranza di Strasburgo e nel "governo" (le virgolette nel caso dell'Unione europea sono d'obbligo) di Ursula von der Leyen.
C'è poi il fatto che, data ormai la grande astensione dal voto per una diffusa disaffezione diversamente motivata, chi viene eletto raccoglie solo una piccola parte dell'elettorato. Le percentuali di consensi che i partiti sbandierano riguardano non gli aventi diritto al voto ma quanti si sono recati alle urne, quindi sono la maggioranza sì ma di una minoranza, ossia minoranza anch'essi. Il principio di maggioranza è diventato il principio di minoranza. A questo si aggiunge il problema del "parlamentarismo", un vanto delle democrazie europee ma che si regge anch'esso su una finzione. Il parlamentarismo, principio secondo il quale la centralità della vita politica starebbe nel parlamento, permette quello che è successo a Strasburgo e che probabilmente succederà a Berlino, vale a dire gli accordi per stabilire una maggioranza cooptando i perdenti. È evidente che tutto questo sfilaccia la democrazia e il bello è che lo fa democraticamente.
CHI PERDE GOVERNA
Non si deve pensare che queste magie democratiche, per cui chi perde governa, siano casuali. Alla loro base c'è una finzione, anzi più di una, che ne caratterizza la natura. Se non viene riveduta a fondo, la nostra democrazia non può che essere una finzione.
Uno dei filosofi della politica che hanno influenzato in modo particolare la democrazia europea recente è stato Hans Kelsen. Egli era un giurista e un politologo "positivista", negatore dell'esistenza di un diritto naturale. Era anche dell'idea, come Max Weber, che i valori fossero solo atti di volontà, e fautore di una "dottrina pura del diritto", ove per "pura" egli intendeva appunto una dottrina priva di valori e derivante solo da una Grundnorm, o norma fondamentale, semplicemente posta dal potere.
Nella sua opera La democrazia, risalente agli anni Venti del XX secolo, Kelsen giustifica una prima finzione, ossia il passaggio dalla democrazia diretta alla democrazia partecipativa. Si tratta di una finzione perché la volontà di tutti viene ceduta alla volontà di alcuni, ritenuti, appunto tramite la finzione, ugualmente espressione della volontà generale. È vero che per Rousseau la volontà generale non è sinonimo di maggioranza numerica né della espressa volontà di tutti, ma per una visione positivista come quella di Kelsen dovrebbe essere così, perché altrimenti si cadrebbe nelle mani di valori assoluti indipendentemente dal voto dei cittadini come avviene nei totalitarismi.
LE TRE FINZIONI
Quindi prima si è costretti a fingere che la volontà di chi si reca alle urne abbia il valore della volontà di tutti, e poi si è costretti a fingere che la volontà degli eletti rappresenti la volontà di tutti. Si tratta di una doppia finzione procedurale che, secondo Kelsen, non contraddice i presupposti democratici perché renderebbe applicabile nel concreto il patto iniziale col quale i cittadini hanno fondato la società.
Così, però, emerge un'altra finzione, anzi la finzione fondamentale, perché questo supposto patto, con cui tutti i cittadini avrebbero dato vita alla società sottoponendosi...
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8 months ago
12 minutes

Stefano Fontana - BastaBugie.it
Cattolica e radicale, le incompatibili identità della Roccella
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8022

CATTOLICA & RADICALE, LE INCOMPATIBILI IDENTITA' DELLA ROCCELLA di Stefano Fontana
 
Il ministro per le pari opportunità e la famiglia, Eugenia Roccella, ha rilasciato una lunga intervista a La Stampa su tanti argomenti connessi con il suo ruolo nel governo Meloni: donne, famiglie, figli, natalità, rapporti tra maschi e femmine. Il cuore dell'intervista è però lei stessa e la sua identità che così sintetizza: «femminista, cattolica, radicale, di destra». Roccella osserva a questo proposito che «non si capacitano di come io possa essere radicale e cattolica: chissà per quale delle due cose mi odiano di più», per poi precisare meglio: «Il femminismo è la mia vera, profonda appartenenza identitaria». Quindi: radicale, cattolica, di destra... ma prima di tutto femminista. Noi non nutriamo odio verso di lei per queste sue proclamate identità, però ci permettiamo qualche osservazione sulla possibilità di questi accostamenti: radicale, cattolica, femminista.
Più volte Roccella si è detta radicale raccontando la sua storia personale, da ultimo nel romanzo Una famiglia radicale (Rubbettino), libro che doveva presentare a Torino ma è stata censurata da gruppi sociali estremisti. Ma è stata radicale oppure è radicale? L'intervista conferma che lo è stata e ancora lo è. Elogia le battaglie radicali degli anni Settanta quando, a differenza di adesso, a suo dire "il confronto restava aperto e possibile", rivendica di essere stata allieva di Ida Magli e di aver collaborato con lei per la depenalizzazione dell'aborto, elogia la legge 194 che considera una legge «equilibrata», dice di aver votato a favore della legge 40 sulla fecondazione assistita, difende tuttora quella legge anche dopo le sue trasformazioni giurisprudenziali, considerando che permette un uso della «tecnologia dentro uno schema di generazione naturale» nel senso che «Lo Stato ti aiuta se hai un problema, non consente ciò che in natura non è possibile». Non sempre in questi ragionamenti tutto fila liscio, ma una cosa emerge in modo chiaro: Roccella non solo è stata ma è radicale.
RADICALISMO & LIBERTÀ
Ora, in cosa consiste il radicalismo? Come dice la parola stessa, esso consiste nel condurre alle estreme conseguenze - alla radice appunto - il concetto assoluto della libertà. Cosa rende assoluta la libertà? La sua separazione dalla verità e da un ordine naturale e finalistico delle cose, attuata nella forma della identificazione tra libertà e volontà. Il radicalismo esprime una volontà priva di ragioni. Considerato in questo modo essenziale, il radicalismo è completamente incompatibile con la fede cattolica. Questa, infatti, esige che la ragione si muova per conoscere questo ordine naturale in quanto frutto della creazione divina e, così facendo, si apra a Dio stesso e alla sua provvidente volontà salvifica. Accettare il divorzio, l'aborto e la fecondazione artificiale, appoggiare un femminismo radicale che investe la donna di una libertà addirittura precedente al suo essere donna, significa negare l'esistenza di un ordine naturale su queste materie così importanti per la vita umana e sociale.
Qualcuno però potrebbe sostenere che di radicali ce ne sono di diverse specie. Infatti, nessun movimento politico è uniforme ed omogeneo ma articolato in diverse correnti più o meno, ci si passi il bisticcio, radicali. L'ideologia iniziale e fondativa, l'archetipo originario - si dice spesso - è una cosa, mentre i movimenti storici che da esso derivano sono un'altra cosa ed è possibile che essi si allontanino dalla matrice o che, addirittura, la rovescino. La storia cambia e l'adattamento alle nuove situazioni può corrompere la rigidità dogmatica delle origini. Questo potrebbe essere il caso anche di Eugenia Roccella. Vediamo alcuni esempi.
RADICALE...
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10 months ago
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Stefano Fontana - BastaBugie.it
Il dogma dell'Immacolata Concezione
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8039

IL DOGMA DELL'IMMACOLATA RICORDA CHE L'ORIGINE DI TUTTI I MALI SOCIALI E' IL PECCATO di Stefano Fontana
 
Quella dell'8 dicembre è una grande solennità per la Chiesa. In essa si celebra il concepimento immacolato di Maria Santissima; nell'assenza di peccato della Madre di Dio la Provvidenza ci mostra realisticamente l'umanità redenta. La proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione fu fatta da Pio IX l'8 dicembre 1854 tramite la bolla Ineffabilis Deus che affermava: «Dichiariamo, pronunciamo e definiamo rivelata da Dio la dottrina che sostiene che la Beatissima Vergine Maria, sin dal primo istante del concepimento, per singolare grazia e privilegio di Dio e in vista dei meriti di Gesù Cristo salvatore del genere umano, sia stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale, e ciò deve pertanto essere oggetto di fede certa e immutabile per tutti i fedeli». Il Papa aveva preventivamente consultato tutti i vescovi del mondo con l'enciclica Ubi primum. La data dell'8 dicembre corrisponde esattamente a nove mesi prima della nascita della Vergine fissata per l'8 settembre.
Le fonti rivelano che, mentre nella basilica di San Pietro gremita di fedeli veniva letto il testo della bolla, un fascio di luce investì Pio IX. Questo fenomeno, attestato da molti testimoni oculari, risulta materialmente inspiegabile perché da nessuna finestra quel raggio poteva raggiungere la posizione in cui si trovava il Papa. Il dogma dell'Immacolata Concezione fu "confermato" nelle apparizioni mariane di Lourdes a Bernadette Soubirous. Alla sedicesima di queste apparizioni, iniziate l'11 febbraio 1858, la "bella Signora" definisce se stessa come "l'Immacolata Concezione". L'autenticità delle apparizioni di Lourdes fu approvata poco dopo, il 18 gennaio 1862.
EFFETTI SOCIALI E POLITICI
La proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione di Maria Santissima ha certamente una enorme rilevanza dal punto di vista della fede cattolica e un significato profondamente religioso, ma deve essere anche considerata nei suoi effetti sociali e politici. La Dottrina sociale della Chiesa, che proprio in quei decenni riceveva la sua formulazione moderna e veniva rilanciata, ha un vero e proprio "carattere mariano". La Ineffabilis Deus è anche una risposta alle ideologie perverse della modernità, una risposta come solo la Chiesa sa e può fare, ossia in modo dogmatico. Infatti, nella storia del movimento cattolico l'8 dicembre era l'occasione per gli appartenenti all'Azione Cattolica di pronunciare solennemente davanti all'Altare il loro giuramento di impegno cattolico nella società e nella politica.
Se torniamo con la mente all'anno 1854 e cerchiamo di ricostruire le minacce di allora alla società umana e alla Chiesa, possiamo comprendere questo particolare significato del dogma dell'Immacolata Concezione. Da quando Rousseau aveva decretato che l'uomo nasce buono e libero mentre è la società che lo perverte e lo mette in catene, il peccato venne cancellato da ogni considerazione di carattere politico e la salvezza degli uomini fu affidata a riforme o a rivoluzioni. La filosofia politica moderna, sfociata poi nella Rivoluzione francese e nei moti rivoluzionari ottocenteschi, abolisce il peccato originale e la stessa idea di peccato e non ritiene più di avere bisogno del Figlio di Dio incarnato, morto e risorto, per conseguire la salvezza.
QUOD APOSTOLICI MUNERIS
In quell'anno 1854 erano da poco avvenuti i moti del '48, Marx aveva pubblicato il Manifesto del Partito comunista, proponendo una salvezza terrena portata dalla classe proletaria, nuova salvatrice dell'umanità, Ernst Renan aveva scritto proprio in quegli anni L'avvenire della scienza, ossia il manifesto della liberazione da ogni male grazie allo sviluppo scientifico,...
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10 months ago
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Stefano Fontana - BastaBugie.it
La finanziaria il supremo atto del Leviatano
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8037

LA FINANZIARIA, IL SUPREMO ATTO DEL LEVIATANO di Stefano Fontana
 
In questi giorni il Parlamento sta impastando la torta natalizia della legge finanziaria. Il voto definitivo al Senato sembra previsto per il 28 dicembre ma non è escluso che si vada anche oltre. Alla "manovra" - come viene anche chiamata - ci mettono le mani un po' tutti, o almeno ci provano. La parte principale è svolta dalla maggioranza, ma anche l'opposizione propone e spesso ottiene che siano approvati i propri emendamenti. La ricetta della torta, ammesso che ci sia, non viene applicata con precisione, qualcuno prova a metterci ingredienti non previsti, altri cercano di togliere quelli già inseriti e addirittura già mescolati. Nonostante il tira e molla durante l'impasto e poi la cottura, alla fine comunque la legge finanziaria sarà approvata e, da quel momento, diventerà la principale espressione della forza dello Stato o dello Stato come forza.
Anche quest'anno, come ogni anno, essa sarà ancora una volta l'atto politico principale e dal valore assoluto del Leviatano che dall'alto della sua sovranità, non avendo altri e altro sopra di sé, stabilisce come dovranno vivere i cittadini, le famiglie, le imprese, i corpi intermedi nel prossimo anno 2025. La trepida discussione in aula, le pressioni provenienti dalle corporazioni della società civile, le azioni di disturbo e gli scambi di voti combinati sui vari emendamenti, l'infuocata lotta sui giornali e nei talk-show, le accuse reciproche, le previsioni di vantaggi o di svantaggi per il Paese... tutto questo sta lì a comprovare che si è in attesa della Voce del Potere, che la finanziaria è come il tuono di Giove con cui il "Gelido Mostro" (come lo chiamava Nietzsche), il Leviatano come lo designava Hobbes, detta definitivamente la sua legge, impone il suo volere in via impositiva, stabilisce ciò che doveva essere stabilito.
LA FINANZIARIA È COME UNA CELEBRAZIONE LITURGICA
Lo Stato moderno, anche se scalcinato come accade nelle nostre post-democrazie, pretende ancora di essere il Dio in terra e la finanziaria è la sua più alta celebrazione liturgica, il Grande Animale che si nutre delle tasse prodotte dai suoi sudditi, la Grande Macchina che con la sua tentacolare burocrazia diffonde la linfa vitale dei finanziamenti in tutte le cellule del corpo politico e lo mantiene in vita, il Grande Individuo (o Persona Civitatis) che sa bene che la società è fatta di tanti individui come lui, solo che lui è più Grande e quindi solo lui, dopo le discussioni e i litigi concessi alle marionette della politica politicante, emetterà il Verbo finale della legge finanziaria. Pensa che i cittadini non siano in grado di intessere tra loro dei legami sociali da soli e nemmeno di autofinanziarsi, di educarsi, curarsi o di costruirsi una televisione, ritiene invece che spetti solo a lui, allo Stato, tenere uniti i cittadini secondo un progetto di reductio ad unum che nella finanziaria trova un punto nevralgico. Con questa legge lo Stato dice che noi dipendiamo da lui e che spetta a lui tenerci uniti, fissando d'imperio i dati materiali che ci permetteranno di vivere l'anno prossimo. Cosa significhi dare a ciascuno il suo, in cosa consista la giustizia sociale e spesso perfino quella retributiva è stabilito dallo Stato con la sua manovra annuale. Esso, stabilendo i dati materiali delle relazioni sociali, ossia chi avrà di più e chi di meno, chi può continuare a sperare e chi no, fissa anche i criteri del bene e del male. La finanziaria stabilisce le priorità a cui tutti devono attenersi.
PIANIFICAZIONE NEI MINIMI DETTAGLI
Con la legge finanziaria lo Stato pianifica fino ai minimi dettagli la vita quotidiana della nazione. Questo è per certi versi l'aspetto più stupefacente. Certo, ci sono i grandi...
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10 months ago
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Stefano Fontana - BastaBugie.it
La religione zombi e la religione zero
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8003

LA RELIGIONE ''ZOMBI'' E LA RELIGIONE ''ZERO'' di Stefano Fontana
 
Il libro di Emmanuel Todd La sconfitta dell'Occidente (Fazi, Roma 2024) ha molti aspetti di interesse. Qui ne sottolineo uno in particolare. Nell'esaminare la situazione fatta emergere dalla guerra in Ucraina l'autore si sofferma sulla "sconfitta dell'Occidente", come dice il titolo, e sul "suicidio assistito" dell'Europa. Quale principale causa di tutto questo egli indica il crollo del cristianesimo, soprattutto protestante ma non solo. Questa «estinzione religiosa in ultima analisi ha condotto alla scomparsa della morale sociale e del sentimento collettivo». Già questo è di notevole interesse, perché si tratta di una causa immateriale mentre di solito gli analisti della geopolitica si soffermano solo su quelle materiali. Todd non disdegna queste ultime ma non le mette al primo posto.
Ancora più interessante è un corollario di questa tesi. Egli distingue tra religione "attiva, zombi e zero". La religione "zombi" si ha quando la religione non esiste già più però i suoi effetti sociali sono ancora sentiti dalla popolazione e permangono delle credenze sostitutive che svolgono la stessa funzione della religione. La religione "zero", invece, è quando c'è un «vuoto religioso assoluto in cui gli individui sono privi di qualsiasi credenza collettiva sostitutiva». Qui la religione si è ormai disintegrata. Proprio questo, secondo lui, rende fragile l'Occidente nella guerra con la Russia. Ora, da quali segni si vede se si è giunti allo stadio irreversibile di religione "zero"? Questa è l'interessante osservazione che intendo evidenziare. I criteri sono tre: la scomparsa del Battesimo, la cremazione e il "matrimonio" omosessuale (p. 164). Nella fase di religione "attiva" si va ancora alle funzioni domenicali, in quella "zombi" non si va più a Messa ma si continua a far battezzare i bambini, a seppellire i morti e a considerare importante il matrimonio anche se nella forma civile. Nella fase "zero", infine, scompare il Battesimo, aumenta massicciamente la cremazione e il "matrimonio" tra persone dello stesso sesso viene considerato equivalente a quello tra persone di sesso diverso.
I tre criteri sono chiari e condivisibili. Sta ad ognuno di noi applicarli alla situazione che stiamo vivendo per verificare a quale dei tre stadi siamo arrivati.
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11 months ago
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Stefano Fontana - BastaBugie.it
Ora di religione la Cei progetta il ritiro
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8001

ORA DI RELIGIONE, LA CEI PROGETTA IL RITIRO (IN NOME DEL PLURALISMO) di Stefano Fontana
 
Insegnamento della religione cattolica (Irc) nella scuola statale: la Chiesa si ritira, non per fare altro e meglio, si ritira e basta. Questo è il senso vero della proposta lanciata dal vescovo di Pinerolo, Derio Olivero, che è anche presidente della Commissione per l'ecumenismo e il dialogo della Conferenza episcopale italiana (Cei): abolire l'ora facoltativa di Irc e sostituirla con un'ora obbligatoria di «pluralismo religioso». Queste le sue parole contenute in un articolo pubblicato sulla Rivista del clero italiano: «Non più un'ora di religione cattolica, facoltativa, quanto piuttosto un insegnamento obbligatorio del fenomeno religioso in chiave plurale per abituare lo studente a diventare un cittadino capace a meglio comprendere la società in cui si trova». In questo modo la Chiesa «potrà fare un passo indietro, rinunciando ad uno spazio che le spetta di diritto per far fare alla società un passo avanti. Il pluralismo religioso, inteso come tema educativo, aiuta a ripensare la laicità in termini inclusivi».
Il passo indietro veramente necessario sarebbe che la Chiesa ponesse fine a questa equivoca storia dell'Irc nella scuola statale, sciogliendosi da questo abbraccio mortale con lo Stato, per realizzare veramente il proprio diritto ad educare in pubblico senza più i compromessi e i vincoli che l'accordo con lo Stato richiede. Invece il passo indietro proposto dal vescovo Olivero è la dichiarazione di non voler più educare, è una rinuncia ad insegnare in pubblico le verità della religione cattolica, è la richiesta che la Chiesa non faccia più la Chiesa. Peggio ancora, è l'idea che, quando la Chiesa insegna le proprie verità, fa del male ad alunni e studenti: se la Chiesa insegna in pubblico, la società va indietro, se la Chiesa non si fa più presente nell'educazione la società fa un passo in avanti. È come dire che l'insegnamento di verità soprannaturali indebolisce anziché rafforzare le relazioni sul piano naturale. Per Olivero la Chiesa deve astenersi dall'educare per non essere, così facendo, diseducativa.
L'Irc fa più male che bene alla Chiesa. La filosofia della scuola di Stato è una laicità ideologica secondo la quale ogni cittadino - in questo caso ogni alunno o studente - ha il diritto costituzionale ad abbracciare ciò che egli considera vero e buono. La presenza di un Irc, in un simile contesto di pensiero, non ha diritto ad esistere, se non trasformandosi in modo innaturale. L'accordo sull'Irc tra Chiesa italiana e Stato si basava sull'idea dell'importanza di questo insegnamento per capire la storia e la cultura italiane. Si trattava di un'argomentazione storica, che non poteva reggere a lungo davanti all'avanzata del nuovo senso falsamente democratico, liberale e individualistico (per non dire relativistico) di laicità.
Per decenni si è così protratto un grande equivoco. Si disse che non bisognava fare catechismo ma favorire un approccio culturale alla religione cattolica: ma come farlo se non riprendendo in aula le fondamentali verità teologiche che la identificano? Si disse che quell'ora di lezione doveva essere di formazione al confronto critico e di aiuto al dialogo: ma come riuscirci evitando di insegnare i criteri cattolici del confronto critico e del dialogo? Si scese così dal piano religioso a quello etico, ritenendo che questo genere di questioni fossero più nelle corde dei giovani: ma come trattare adeguatamente in modo cattolico questo piano senza riferimento a cosa dice la religione cattolica sul bene? C'è stato quindi un lungo calvario durante il quale si è completamente persa di vista la natura "disciplinare" di quest'ora di lezione, spesso riempita dai più vari contenuti a libera scelta dei...
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11 months ago
6 minutes

Stefano Fontana - BastaBugie.it
Il sinodo farsa ridefinisce i peccati
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7929

IL SINODO FARSA RIDEFINISCE I PECCATI di Stefano Fontana

Il Sinodo sulla sinodalità sta tornando. I lavori in aula di questa seconda sessione dal titolo «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione» si svolgeranno dal 2 al 27 ottobre. Già nei giorni precedenti, però, i sinodali parteciperanno nella basilica di San Pietro a due appuntamenti: un ritiro spirituale che si protrarrà per due giorni (dal 30 settembre al 1° ottobre), e poi una Liturgia penitenziale che, secondo le indicazioni della Segreteria generale del Sinodo, prevede la confessione pubblica di alcuni peccati così elencati: contro la pace; il creato, le popolazioni indigene, i migranti; contro gli abusi; contro le donne, la famiglia, i giovani; contro il peccato della dottrina usata come pietra da scagliare contro; la povertà, la sinodalità ossia mancanza dell'ascolto, della comunione e partecipazione di tutti.
Questo Sinodo non gode di buona salute. Una ricerca demoscopica, subito cancellata dal Vaticano, aveva attestato che la grande maggioranza degli intervistati non si attendeva niente di buono dal sinodo. La fragilità teologica su cui pretende di fondarsi, le tattiche di politica ecclesiastica di cui è fatto oggetto, la prassi di un dialogo pilotato e includente e, soprattutto, la percezione che il suo punto di arrivo sia stato già deciso e che tutti questi percorsi siano strumentali hanno fatto adoperare la parola "farsa". Ci si avvicina, quindi, alla seconda sessione con una certa stanchezza.
Il Sinodo sulla sinodalità si dimostra una forzatura, uno strumento per far evolvere la prassi ecclesiale verso qualcosa di nuovo senza dirlo, un progetto pratico per inserire una nuova sensibilità, un modo di fare che cambi il modo di essere, un modo di sentire che cambi il modo di pensare la fede. Come abbiamo già osservato altrove, ciò è evidente anche nell'Instrumentum laboris redatto per questa seconda sessione, e ne troviamo conferma in quel farsesco elenco di peccati di cui chiedere perdono nella Liturgia penitenziale del 1° ottobre.
PROBLEMI DI DOTTRINA
I peccati qui elencati mancano di forma, non hanno la fattispecie, per cui il fedele non è in grado di valutare cosa significhi peccare nel senso di quei peccati. La forma del furto è appropriarsi di una cosa altrui. Ma qual è la forma del peccato contro i popoli primitivi o contro gli immigrati?  Non ci si può pentire e chiedere perdono di qualcosa che non si riesce a definire e, quindi, a valutare. Peccare contro la pace, il creato, le popolazioni indigene, i migranti... in generale, senza valutare i contenuti dell'azione, le circostanze e le intenzioni, risulta superficiale e moralmente non indicativo. C'è di più: apre facilmente le porte a contenuti politici o ideologici e, alla loro luce, finisce per chiamare peccato quanto magari è invece buon senso.
Nell'elenco della Liturgia penitenziale appaiono incomprensibili soprattutto due peccati: quello della "dottrina usata come pietra da scagliare contro" e quello contro la sinodalità. Quella espressione sulla dottrina è stata adoperata, come noto, più volte da Francesco, ma altro non è che uno slogan, una frase ad effetto che risulta difficilmente traducibile in un linguaggio teologico. È una frase polemica, per colpire qualcuno, per stigmatizzare ogni atteggiamento di fedeltà alla dottrina contro le minacce di una pastorale avventata, un modo di dire la priorità della prassi sulla dottrina senza affermarlo esplicitamente, o per liquidare quanti ritengono che i fondamenti dottrinali non cambino mai.
COS'È UN PECCATO CONTRO LA SINODALITÀ?
La frase che pretende di esprimere questo peccato segue la stessa logica della lotta agli hate speeches, ai discorsi d'odio, che in fondo è un modo per colpevolizzare chi dice...
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Stefano Fontana - BastaBugie.it
Una società post familiare, l'utopia della sinistra
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7911

UNA SOCIETA' POST-FAMILIARE, L'UTOPIA DELLA SINISTRA di Stefano Fontana

MicroMega, diretta da Paolo Flores D'Arcais, come si sa, è la rivista di punta della sinistra italiana. Essa parla a nome di un intero mondo culturale e politico e, in molti casi, ne traccia le linee culturali e operative. Il numero attualmente in uscita (4/2024) lo fa a proposito della famiglia, dando precise indicazioni per una società post-familiare. Il titolo del fascicolo è molto chiaro: Contro la famiglia. Critica di un'istituzione (anti)sociale. La chiarezza è sempre un fatto positivo, perché permette a tutti di posizionarsi consapevolmente. Dobbiamo quindi sapere che la cultura della sinistra non vuole più la famiglia e pensa ad una società priva di essa. Ne trarremo le conseguenze?
BUGIE CONTRO LA FAMIGLIA
Tutti i 17 contributi vogliono dimostrare che la famiglia non produce socialità, ma la corrode e la impedisce. Prima di tutto si dice che la famiglia è luogo di violenza e di oppressione: i bambini imparano lì le gerarchie e i ruoli sociali di genere e introitano il conformismo. Nella famiglia molte sono le vittime di abusi e i membri vengono educati all'omertà, alla fedeltà clanica, alla subordinazione. Verso la società ampiamente intesa, le famiglie agiscono come mondi chiusi e trasferiscono le proprie logiche nella società, colonizzandola: la scuola oggi è una guerra tra genitori e insegnanti. La famiglia favorisce e perpetua le disuguaglianze sociali ed economiche mediante i patrimoni che vengono trasferiti ereditariamente, mediante le reti delle relazioni familistiche che favoriscono alcuni rampolli a svantaggio di altri, mediante le possibilità di istruzione che non tutte le famiglie hanno nella stessa misura. La famiglia, quindi, non produce mobilità sociale ma perpetua l'esistente, trasmettendo ai figli di domani gli stessi privilegi e svantaggi che ci sono oggi.
Sulla base di questa analisi, ecco poi le proposte. Innanzitutto, secondo MicroMega, bisognerebbe non parlare più di "famiglia naturale" dato che tale famiglia non esiste perché non esiste la natura. Secondariamente si deve parlare di famiglia come "concentrato di convivenza", come l'area delle "soluzioni dello stare insieme" che possono essere molto diverse tra loro. Bisogna anche superare il modello industriale italiano composto in gran parte da piccole imprese dominate da un atteggiamento familistico. Il lavoro di cura bisognerebbe toglierlo alle famiglie per evitare la sua proiezione privatistica sui servizi pubblici. Si dovrebbe anche disciplinare in modo nuovo le successioni e le donazioni in vista di "un'eredità universale". Infine, un intervento sulla scuola parentale la boccia completamente vedendola come atteggiamento antisociale ed espressione del figlio inteso familisticamente come "proprietà" dei genitori.
UNA IDEOLOGIA PRECONFEZIONATA
Tutte queste osservazioni e valutazioni sono evidentemente cieche di fronte alla realtà e proiettano su di essa la luce deformante di una ideologia preconfezionata. La messa in ridicolo del concetto di natura da parte di Telmo Piovani si fonda su una rozza visione naturalistica: l'antropologia culturale mostra molti tipi di famiglia ergo la famiglia naturale non esiste. Evidentemente egli non possiede il concetto filosofico corretto di "natura". Anche altri autori utilizzano in modo ideologico l'antropologia culturale, parlando ad esempio dei Nuer del Sud Sudan che hanno superato la marginalità della donna che non poteva avere figli, inventandosi che essa può, in alternativa, comportarsi da uomo, diventare "marito" e "padre". In tutto il fascicolo si dimentica che l'antropologia culturale non è una scienza normativa, essa dice eventualmente cosa c'è e non cosa ci deve essere, per cui deve essere sottoposta...
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Stefano Fontana - BastaBugie.it
Moltmann, il padre degli errori della teologia contemporanea
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7824

MOLTMANN, IL PADRE DEGLI ERRORI DELLA TEOLOGIA CONTEMPORANEA di Stefano Fontana
Il 3 giugno scorso è morto a Tubinga all'età di 98 anni il teologo protestante Jürgen Moltmann. Egli viene di solito ricordato come "il teologo della speranza" a motivo della sua opera principale Teologia della speranza, pubblicata nel 1964 in Germania e nel 1970 in Italia da Queriniana. Ricordarlo in questo modo non è sbagliato o riduttivo perché quel volume non intendeva trattare un capitolo della teologia, appunto la speranza, ma aveva l'intento di riformularla per intero.
Dalla speranza derivava una nuova spiegazione di tutti i temi teologici tradizionali: la rivelazione intesa non tanto nel suo carattere dottrinale quanto in quello storico, la trascendenza intesa in senso temporale come futuro anziché in senso spaziale, il peccato come rifiuto della speranza, la grazia come dono della possibilità e della capacità di sperare, la conversione come avversione al presente e conversione al futuro. Da qui l'impatto rivoluzionario della sua teologia, legato all'idea tutta protestante del mondo diventato adulto, della secolarizzazione come fenomeno cristiano, della necessità di transitare verso una teologia secolare come l'anno seguente, il 1965, avrebbe sostenuto anche Harvey Fox con il suo libro The Secular City. Storia, speranza, futuro, prassi: queste le coordinate della nuova teologia che ritroviamo poi in tutta la teologia, anche cattolica, successiva.
UNA TEOLOGIA SECOLARE DAL LINGUAGGIO POLITICO
Sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento, secondo Moltmann, Dio non è inteso come consacrazione di tempi e luoghi ma collegato con una parola di promessa. La promessa vincola l'uomo alla storia che sta tra la promessa e il suo compimento. Questo è lo spazio per la responsabilità umana, per il futuro, la morale e la prassi. La teologia della speranza è elaborata in chiave escatologica, affidando d'ora in poi al teologo non il compito di «interpretare il mondo, la storia e la natura umana, bensì di trasformarli nell'attesa di una trasformazione divina». Il luogo della rivelazione di Dio diventa la storia e Dio si rivela tramite promesse storiche e con eventi storici, a cominciare dall'Esodo. Compito del cristiano non è tanto di chiedersi chi Dio sia e quali siano i suoi attributi, ma individuare dove Dio sia all'opera nella storia e partecipare attivamente alla sua opera di redenzione. Bisognava eliminare ogni dualismo metafisico e ogni visione spaziale di Dio, creare una teologia secolare dal linguaggio politico: «questo implica che noi discerniamo dove Dio è all'opera, e quindi ci uniamo al suo lavoro: quest'azione incessante è un modo di parlare: facendo ciò il cristiano parla di Dio». La verità diventa azione. Chi è Dio non lo dirà il teologo attraverso discorsi, ma lo dirà la prassi dei cristiani.
Con Moltmann la dimensione della storia entra nella teologia e ne sconvolge i connotati. Il già citato Harvey Fox si avvicinerà alla teologia della speranza e sosterrà che «Dio ama il mondo e non la Chiesa» e si serve del mondo e non della Chiesa, e nel suo libro Il cristiano come ribelle nota che «Il baseball professionistico e non la Chiesa ha fatto i primi passi verso l'integrazione razziale. Siamo molto in ritardo in tutta questa faccenda. Dobbiamo correre per metterci al passo con ciò che Dio sta già facendo nel mondo».
LA VERA SVOLTA INNOVATIVA DELLA TEOLOGIA CONTEMPORANEA
Come si vede, la "Chiesa in uscita" ha origini lontane. Le nuove suggestioni di Moltmann verranno riprese da Johann Baptist Metz nella sua "Teologia politica" e anche Karl Rahner farà propri gli stessi presupposti, a cominciare dalla secolarizzazione che impone di pensare che la rivelazione di Dio avviene nella storia dell'umanità prima che nella Chiesa. Si...
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Stefano Fontana - BastaBugie.it
Tornare indietro, ma quanto Meloni sfida il leviatano UE
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7801

TORNARE INDIETRO, MA QUANTO? MELONI SFIDA IL LEVIATANO UE di Stefano Fontana

L'intervento di Giorgia Meloni alla convention di Vox, il partito della destra spagnola, alla presenza di Marine Le Pen della destra identitaria francese, ha proposto una critica piuttosto incisiva dell'attuale Unione, anche se non proprio radicale, avendo poi adombrato la possibilità di una maggioranza parlamentare di centro-destra che vada dalla Le Pen alla Von der Layen passando per Giorgia.
Molte le frecce lanciate contro Bruxelles dal podio della convention, ma forse la novità più interessante, anche perché formulata per via sintetica e per questo più incisiva, la Meloni l'ha detta rispondendo ad alcune domande di Tgcom 24: «In questi anni l'Europa ha messo in atto una limitazione della libertà degli Stati nazionali da cui si deve tornare indietro. L'Europa può dare degli obiettivi, ma non può impegnarsi su questioni di lana caprina... sappiamo come cucinare gli insetti ma non abbiamo una politica estera comune». Questo spunto ha il merito di rimettere in questione l'Unione stessa come finora è stata intesa, ma ha anche bisogno di alcuni chiarimenti.
L'UNIONE EUROPEA NON È L'EUROPA
Prima di tutto va ricordato che l'Europa (e quindi anche l'Unione Europea, a patto che non voglia rompere con l'Europa come finora è avvenuto) non è prima di tutto e soprattutto un insieme di Stati, ma di popoli e di nazioni e che a loro volta quei popoli e quelle nazioni sono una unione di famiglie, di comunità locali e di aggregazioni sociali. La storia dell'Europa è stata fatta dal basso, anche se in collegamento con una dimensione universale sia politica che religiosa, almeno fino alla pace di Augusta del 1555 e soprattutto alla pace di Westfalia del 1648, quando emersero nel continente appunto gli Stati in un significato nuovo fondato su una sovranità politica stabilita in modo innaturale.
Lo Stato Leviatano, mostro gelido, dio in terra, assoluto e soprattutto "sovrano", si proponeva come fondamento della società politica, delle famiglie, delle comunità locali e delle nazioni che tali erano perché esso, lo Stato, le costituiva tali e non viceversa, come si pensava in precedenza. La nozione di sovranità - non riconoscere niente al di sopra di sé - è stata incarnata dallo Stato moderno ispirato da Lutero, teorizzato da Hobbes, realizzato da Napoleone, descritto da Weber, e che in Europa si assise al di sopra di quanto fino a quel momento si pensava stesse sotto, a suo fondamento e giustificazione.
Questo offre alcuni criteri per valutare la visione di Giorgia Meloni. Cedendo parte della propria sovranità alle istituzioni europee, soprattutto nel passaggio dalla Comunità all'Unione con i Trattati di Maastricht e di Lisbona, gli Stati europei hanno trasferito all'Unione Europea la loro stessa struttura sovrana, sicché era inevitabile che anche l'Unione tendesse a diventare un nuovo Leviatano. Gli Stati membri stessi avevano una struttura centralistica e artificiale, organizzata dall'alto verso il basso, per niente sussidiaria, irrispettosa delle autonomie naturali, sociali e territoriali.
UN POTERE CENTRALIZZATO, ARTIFICIALE E IDEOLOGICO
Se queste sotto sotto sono sopravvissute, pur se fortemente indebolite, lo si è dovuto alla resistenza della dimensione naturale della convivenza sociale nonostante gli interventi violenti, innaturali e artificiosi della politica di vertice. L'Unione europea è senz'altro un potere centralizzato, artificiale e ideologico, ma lo erano e in parte lo sono anche gli Stati che l'hanno costituita e vi fanno parte. Il modello centralistico degli Stati europei moderni è stato trasferito all'Unione Europea e da essa peggiorato, reso più artificioso e volutamente ingarbugliato, maggiormente dipendente dai...
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Stefano Fontana - BastaBugie.it
Divorzio, una tragedia sociale dimenticata
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DIVORZIO, UNA TRAGEDIA SOCIALE DIMENTICATA di Stefano Fontana
Una brevissima storia del divorzio in Italia può farci capire alcune cose importanti. Agli inizi del XIX secolo il Regno d'Italia napoleonico e il Regno di Napoli, recependo il Codice civile di Napoleone, introdussero per primi il divorzio. Cadute queste realtà politiche non si parlò più di divorzio fin verso la fine del secolo, quando varie proposte di leggi divorziste furono presentate nel 1878, 1882, 1883, 1892 ma senza trovare successo. Nel 1902 Zanardelli presentò un progetto di legge che fu respinto con un voto massiccio. Poi ancora vari decenni di silenzio, fino al 1954 e al 1958 con le proposte Sansone, che non vennero nemmeno discusse in aula.
La svolta avvenne nel 1965 quando Loris Fortuna presentò una proposta di legge attorno alla quale si mobilitarono i Radicali. La legge Fortuna-Baslini fu approvata dal Parlamento alla fine del 1970. Quattro anni dopo un referendum popolare la confermò. Loris Fortuna era socialista e radicale, Antonio Baslini era liberale. È bene notare, di passaggio, che la Costituzione repubblicana dice sì che la famiglia è fondata sul matrimonio, ma non afferma che il matrimonio è indissolubile.
Questa breve storia può favorire alcune altrettanto brevi riflessioni.
Innanzitutto, le origini della questione divorzio sono da collegarsi con la fine della cristianità, in atto già da tempo ma giunta al capolinea con il pensiero politico moderno, la Rivoluzione francese e il nuovo tipo di Stato inaugurato da Napoleone e imitato poi da tutti gli Stati del XIX secolo. La possibilità del divorzio comporta l'abbandono del diritto naturale e l'acquisizione della visione della società come "convenzione".
Secondariamente è da notare che per lungo tempo i tentativi di introdurre nell'ordinamento giuridico italiano lo statuto del divorzio finirono in un fallimento. Il motivo è che il senso del diritto naturale continuò a vivere sia nella popolazione sia addirittura nei politici "illuminati" i quali, pur essendo irreligiosi o anticlericali, consideravano il matrimonio come un istituto di diritto naturale.
La cosa può essere interpretata in due modi:
1) finito il fondamento religioso del matrimonio è possibile che permanga comunque quello naturale;
2) venendo a mancare il fondamento religioso del matrimonio si finirà con il venire meno anche di quello naturale, solo bisogna aspettare un certo tempo.
Io sono più favorevole alla seconda interpretazione. Infatti, quel momento è poi arrivato, tardi rispetto ai primi tentativi, ma è arrivato.
Una terza osservazione riguarda la confluenza su questo tema del socialista Fortuna e del liberale Baslini e, dietro di loro, dei rispettivi partiti e movimenti culturali e sociali. Socialismo e liberalismo sono due facce della stessa medaglia e convergono fisiologicamente nel radicalismo. Dopo di allora ne abbiamo avuto innumerevoli prove. Un'ultima sottolineatura: la Costituzione italiana ha molti punti neri, uno di questi è di non aver blindato il matrimonio dichiarandone l'indissolubilità. L'avrebbero raggirata lo stesso, intendiamoci, ma con maggiori difficoltà.
A distanza di tanti anni, nessuno in Italia si permette più di spendere una parola di critica del divorzio, Chiesa cattolica compresa.
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Stefano Fontana - BastaBugie.it
Come l'Islam sta conquistando la Germania
VIDEO: Belgistan, l'islam in Europa ➜ https://www.youtube.com/watch?v=t51wYGE0KH4&list=PLolpIV2TSebW0v_67SEYHJFlDZvH9rc9Z

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7795

COME L'ISLAM STA CONQUISTANDO LA GERMANIA
In alcune scuole sono musulmani l'80% degli alunni ed allora accade che i ragazzi si convertono all'islam per sentirsi integrati con i coetanei: è l'inizio della fine dell'Europa (VIDEO: Belgistan, l'islam in Europa)
di Stefano Fontana
Nei giorni scorsi sono circolate due interessanti notizie sull'islam europeo.
La prima è stata lanciata dal tabloid tedesco Bild e poi ripresa da altre testate, anche italiane, secondo la quale in alcune zone della Germania ad alta presenza musulmana - in molti casi la popolazione scolastica è musulmana per l'80% - si nota il nuovo fenomeno di bambini e ragazzi tedeschi che si convertono alla religione islamica. Il motivo indicato dal servizio sarebbe che in questo modo i ragazzi tedeschi possono integrarsi, altrimenti rischiano di rimanere emarginati e vittime della paura. L'interesse della notizia sta nel fatto che, in questo caso, non sono i ragazzi musulmani a trovare difficoltà di integrazione, ma sono quelli tedeschi. Il gruppo sociale islamico non è integrato nella società tedesca, ma è molto integrato in sé stesso e può essere quindi integrante anche al di fuori di sé. Si tratterebbe di un espansionismo esplosivo all'interno del Paese ospitante.
La seconda notizia è che, sempre in Germania, gli islamici chiedono il Califfato. Una manifestazione di un migliaio di cittadini tedeschi di religione islamica tenutasi ad Amburgo ha pubblicamente affermato che il Califfato islamico è l'unica forma di Stato che un musulmano possa accettare. Per "Califfato" si intende lo Stato in cui la legge coranica è anche legge civile, le autorità religiose sono anche autorità civili, la comunità musulmana coincide con la comunità civile e dove è impedita ogni altra religione diversa da quella islamica.
Si potrebbe pensare che questa seconda notizia rimandi ad un gruppo estremista e che quindi rimanga una posizione isolata e marginale rispetto alla presenza musulmana diffusa in Germania. Se però la colleghiamo con la prima notizia il quadro cambia, perché si constata un allargamento della civiltà islamica in Germania non solo tramite una dimostrazione di piazza di tono estremista che inizia e finisce subito, ma nella vita quotidiana.
Il filosofo Rémi Brague, grande conoscitore della cultura islamica, aveva detto che l'islam non è una religione, bensì una civiltà.
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Stefano Fontana - BastaBugie.it
Decreto Valditara: la controproposta dell'estate parentale
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DECRETO VALDITARA: LA CONTRO-PROPOSTA DELL'ESTATE PARENTALE di Stefano Fontana
Il decreto con cui il ministro (della pubblica istruzione e del merito) Giuseppe Valditara ha finanziato l'apertura delle scuole di istruzione primaria e secondaria durante l'estate avrà senz'altro ottenuto molti apprezzamenti. Lo Stato che fa la mamma anche d'estate, dato che le mamme non cessano di lavorare l'8 giugno quando termina l'attività scolastica, piace senz'altro a molti. A me invece non piace e penso che le famiglie dovrebbero starne alla larga ed eventualmente pensare a soluzioni alternative.
Le attività previste e finanziate dal decreto Valditara riguardano percorsi "di aggregazione e formazione". I destinatari e i contenuti potranno essere fissati anche in collaborazione con università, enti locali e organismi del terzo settore. Alla base del decreto c'è il "Programma nazionale scuola e competenze 2021-2027" che prevede il finanziamento di attività sportive, musicali e teatrali legate alla "sostenibilità". Altri fondi arriveranno dal PNRR per la formazione alle discipline STEM.
La novità Valditara non è assoluta. I comuni già sono da anni su questa strada dell'utilizzo degli edifici delle scuole primarie per dei "grest" laici. Il fatto è che alunni e studenti a scuola ci stanno già troppo e non è buona cosa aumentare il tempo in cui le famiglie mettono i propri figli nelle mani dello Stato-Educatore. È naturale che non si tratterà solo di intrattenimento ludico, finalità estranea di per sé alla scuola, ma le attività saranno condite con finalità formative e educative che potrebbero essere anche discutibili. Dietro l'educazione all'integrazione può nascondersi di tutto.
NESSUNA NEUTRALITÀ
Sotto l'educazione alla sostenibilità pure. Dietro la formazione alle discipline STEM in pratica si nasconde l'avviamento alla digitalizzazione. Nessuna garanzia di neutralità educativa, dunque. L'eventuale collegamento con le università o gli enti locali, più che tranquillizzare, preoccupa, data la caratterizzazione ideologica di molti di questi enti, che comunque fanno sempre parte del sistema statale e articolano ma non diminuiscono la centralizzazione educativa. Nemmeno il riferimento all'eventuale collaborazione con gli enti del terzo settore può mettere l'anima in pace, perché il terzo settore in Italia ha scarsissima autonomia progettuale in quanto è anch'esso finanziato dallo Stato, direttamente o indirettamente, ed è campo di militanze ideologiche molto accentuate. Alle attività estive nelle scuole statali saranno certamente cooptati enti del terzo settore allineati a quelli che oggi si intendono essere i "valori civici" politicamente corretti.
In ogni caso si tratta di un ulteriore declassamento della famiglia, naturalmente con la scusa di aiutare la famiglia. Lo Stato si prende i figli dalla culla all'università, emargina i genitori dal compito educativo e li relega nel mondo del lavoro e siccome nove mesi non bastano, ora si prende anche i tre mesi estivi. È doloroso constatare che questa cultura dell'educazione pubblica è presente in tutte le forze politiche ed è in grado di sopravvivere al susseguirsi delle maggioranze.
UNA VIA D'USCITA
Vista la cosa in questo modo, però, può manifestarsi anche una via d'uscita alternativa. Sarebbe cosa buona che alcune famiglie si organizzassero in proprio, fuori dallo Stato, per gestire in autonomia il periodo estivo in forma "parentale". Accertata una comune visione cristiana dell'educazione, le famiglie potrebbero programmare la giornata dei propri figli dopo la fine delle lezioni a scuola. A curarsi dei figli potrebbero essere di volta in volta diverse figure: una mamma che non lavora, figli maggiori che possono dedicare qualche ora togliendola allo studio universitario,...
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Stefano Fontana - BastaBugie.it
Fusaro, il turbo-marxista che incanta i cattolici
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7722

FUSARO, IL TURBO-MARXISTA CHE INCANTA I CATTOLICI di Stefano Fontana
Il filosofo Diego Fusaro è marxista, anche se di un certo tipo, ed è piuttosto ascoltato tra i cattolici, soprattutto quelli di un certo tipo, che ambiscono alla sua presenza in occasione di presentazioni di libri o di convegni e vedono molte convergenze tra la sua analisi della situazione attuale del mondo e della Chiesa e la visione cattolica. Verrebbe da pensare ad una nuova fase del dialogo tra marxismo e cristianesimo. Negli anni Settanta del secolo scorso questo dialogo tendeva a far convergere i cristiani su posizioni rivoluzionarie, adesso si pensa che sia il neo-marxismo alla Fusaro a convergere verso posizioni cattoliche conservatrici.
Fusaro scrive molto ed è anche molto presente nel web e in tv. I suoi interventi vogliono rovesciare le canoniche posizioni della sinistra borghese progressista. Per esempio egli è critico del Sessantotto ("liberazione non dal capitale ma del capitale"); sembra tenere molto alle identità nazionali e rimprovera la sinistra di demonizzare il nazionalismo chiamandolo fascismo; recupera, anche se a suo modo, il concetto di "patria" che invece è inviso al cosmopolitismo della sinistra; si ritiene populista mentre questo termine viene demonizzato dal neosocialismo liberale; parla della comunità come luogo delle "radici etiche" e accusa la sinistra di pensare più agli omosessuali che agli operai; denuncia il nuovo globalismo finanziario delle élites internazionali, è contrario alla cancel culture, al reddito minimo garantito, all'abbandono dei simboli del crocefisso e del presepe e vuole che si torni al concetto di verità... Capita così che molti cattolici che non siano "cattolici democratici", apprezzino e condividano queste sue novità, perfino (o forse soprattutto) quando egli critica la linea di Papa Francesco, valutandola come obbediente alle logiche dei Soros e degli Schwab. Le sue invettive contro il "turbocapitalismo", che elimina le identità e che genera una classe di sconfitti (il "popolo degli abissi") e una di dominanti "demofobi", ossia che odiano il popolo come scrive nel libro Demofobia, sono considerate conformi ad un certo cattolicesimo comunitarista e solidarista.
Questo risulta ad una lettura di superfice, ma invero le cose non stanno così.
FIGLIO DEL NEMICO CHE VUOLE COMBATTERE
La principale contraddizione che si può riscontrare in Fusaro è che egli rimane all'interno della prospettiva di pensiero che intende contrastare. La cosa è evidente anche dal semplice esame dei suoi autori di riferimento. Le citazioni spaziano su un numero infinito di pensatori moderni, ma non c'è dubbio che i maestri di Fusaro siano Hegel, Marx e Gramsci. Soprattutto quest'ultimo al punto che Fusaro si propone come il nuovo Gramsci. Ora, la prospettiva degli autori di riferimento di Fusaro deriva dal modernismo filosofico, ma a quella stessa eredità di pensiero fanno riferimento anche i fenomeni che egli contesta - dal turbocapitalismo all'"open space della società liquida cosmopolitica", come egli scrive. Per questo motivo è lecito sostenere che egli si contraddica e, soprattutto, che non dia vita ad una vera alternativa.
A questo proposito, esaminiamo la proposta di Fusaro nella sintetica formulazione datane da lui stesso: "populismo integrale socialista e democratico". L'espressione contiene i tre concetti di popolo, di socialismo e di democrazia che Fusaro accoglie e ripropone nei significati dati loro dalla modernità successiva alla Rivoluzione francese e che quindi contraddicono il significato che la dottrina politica cattolica assegna loro. Il popolo, per lui, è quanto "sta sotto" (ceti medi e classi lavoratrici), in contrapposizione a quanto sta "sopra" (le élite), sicché l'appartenenza al popolo è un...
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Stefano Fontana - BastaBugie.it
Libertà di religione? No, grazie!
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7693

LIBERTA' DI RELIGIONE? NO, GRAZIE! di Stefano Fontana
Le preposizioni, siano esse semplici o articolate, hanno grande importanza nell'espressione in lingua italiana. Così capita anche per le tre espressioni che riguardano la libertà religiosa nella vita pubblica: libertà di religione, dalla religione, della religione. Esse esprimono tre visioni completamente diverse per cui bisogna fare attenzione, quando si parla di questi argomenti, ad usare bene le preposizioni.
1) LIBERTÀ DI RELIGIONE
Questa è la versione liberale della libertà religiosa. Di religione vuol dire di ogni religione e quindi si riconosce a tutte le religioni un eguale diritto ad esprimersi in pubblico, non distinguendo tra di esse nessuna più vera di un'altra. La società diventa così il supermercato delle religioni, con tutti i prodotti religiosi sugli scaffali a disposizione dei singoli cittadini che prenderanno questa o quella. La libertà, qui, è intesa come libertà immotivata di scelta. L'autorità politica tutela solo questa e non fa propria nessuna religione specifica. Essa tutela anche il diritto del cittadino non solo a sceglierne una ma anche a riportarla sullo scaffale quando se ne fosse stancato per prelevarne un'altra. Questa società sembra a prima vista aperta al fatto religioso, ma in realtà è chiusa. Infatti, essa considera le religioni come tutte uguali, ossia come tutte vere e come tutte false nello stesso tempo. Le considera come indifferenti alla vita politica e fuori degli interessi dell'autorità politica. La libertà di religione è in fondo una posizione atea.
2) LIBERTÀ DALLA RELIGIONE
Questo modo di intendere il fatto religioso consiste nell'escluderlo completamente dalla vita pubblica, impedendone ogni manifestazione nella pubblica piazza. Ogni religione sarebbe un limite alla libertà umana, sociale e politica, perché introdurrebbe nella vita pubblica degli assoluti, fonte di intolleranza. La libertà è considerata come indipendenza da costrizioni esterne alla coscienza, possibilità di espandere la ricerca razionale senza dover seguire dei dogmi, consapevolezza che esistono sì opinioni in dialogo tra loro ma non verità, le quali bloccherebbero il dialogo. Questa libertà religiosa è quindi ostile alle religioni, esprime un laicismo accentuato e un anticlericalismo appuntito. Inizialmente lo fa per motivi umanistici (difendere l'uomo da Dio come fonte di alienazione) ma poi finisce anche per liberarsi dell'uomo, visto anch'esso come fonte di una nuova religione, seppure non più trascendente. All'umanesimo ateo segue la fine dell'umanesimo.
3) LIBERTÀ DELLA RELIGIONE
Questa terza impostazione riconosce che esiste una religio vera, la quale ha diritto alla propria libertà non tanto e non solo in nome di una generica libertà di religione, ma in virtù della propria verità e della sua necessaria presenza nella vita pubblica per garantire al meglio la sanità di vita della politica stessa. La religio vera ha la pretesa di essere unica e indispensabile non solo per la salvezza eterna delle anime ma anche per la costituzione e il mantenimento della vita sociale in armonia con le finalità autentiche dell'essere umano. Essa, in quanto vera, interpella anche la verità della politica, spingendola ad essere politica nel modo migliore. Questo richiede che la politica sia sensibile alla libertà di questa religione, che la protegga anche per garantire sé stessa, e che tolleri a certe condizioni le altre religioni, ma senza porle sul suo stesso piano. Il criterio per valutare la verità delle religioni da parte della politica non sarà un criterio religioso ma di ragione politica ispirata al diritto naturale, ben sapendo, tuttavia, che il custode ultimo anche del diritto naturale è la religio vera e non la politica.
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Stefano Fontana - BastaBugie.it
L'ora di religione la fede in balia delle opinioni
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7687

ORA DI RELIGIONE: LA FEDE IN BALIA DELLE OPINIONI di Stefano Fontana
In questo periodo dell'anno famiglie e studenti devono scegliere se avvalersi o meno dell'insegnamento della religione cattolica (IRC). Le diocesi fanno quindi la loro promozione. Talvolta intervengono direttamente i vescovi, altre volte i responsabili degli uffici diocesani e si stampano manifesti che vengono collocati agli ingressi delle chiese parrocchiali. Gli argomenti per convincere sono sempre gli stessi: si esclude che sia un indottrinamento, si precisa che non è catechismo, si conferma che l'approccio deve essere culturale e non confessionale, che il clima è di dialogo, che si vuole dare spazio alle domande dei giovani, che si affronteranno temi di vita concreta, che verrà analizzato il fenomeno religioso in senso lato, che si favorirà una apertura mentale per poter comprendere la storia e la cultura della nazione e così via.
Al di là di queste belle parole, l'IRC nella scuola pubblica non è affatto un mondo di rose e fiori. In molti casi gli insegnanti scelgono questa attività in via provvisoria, in attesa di migliori sistemazioni. Qualcuno di loro ha frequentato un Istituto di Scienze Religiose ma molti non hanno una preparazione specifica in campo teologico. La selezione dei docenti avviene da parte del rispettivo ufficio diocesano, che in certi casi procede con criteri poco trasparenti. Il docente, pur se nominato dalla diocesi, deve essere gradito anche al dirigente scolastico, in caso contrario costui può richiederne la rimozione.
1) NON SI PARLA DI RELIGIONE CATTOLICA
Ciò crea un certo imbarazzo nel docente che spesso si vede costretto a "compiacere" alle linee educative della dirigenza scolastica della scuola in cui insegna. Il dirigente è avvantaggiato perché le "pratiche", comprese le sostituzioni in caso di assenza, sono a carico della diocesi e non della propria segreteria, ma nello stesso tempo è preoccupato che i docenti in questione non esprimano posizioni di cultura religiosa troppo forti e alternative. Ci sono poi i dirigenti militanti che nell'orario settimanale collocano le ore di religione cattolica nelle posizioni più adatte a disincentivare l'adesione degli studenti. Del resto, con una quarantina di minuti a disposizione alla settimana, togliendo poi le sospensioni o i rimaneggiamenti del calendario per molti motivi, cosa si può riuscire a dire di fondato?
Le difficoltà ora accennate non sono comunque le più importanti. Il fatto principale è che alla fine non sembra che l'IRC nella scuola pubblica insegni veramente la religione cattolica. Le ore di questo insegnamento vengono riempite da docenti nel modo più vario. Si parla di tutto e, spesso, senza mai parlare della religione cattolica. Si parla di sessualità e amore, di altre religioni cristiane e non cristiane, di fatti di cronaca, di problematiche morali, di educazione civica, di guerra e pace, di ecologia, di politica, di temi scottanti (sempre quelli) come l'evoluzionismo, le crociate o l'inquisizione, di "nuovi diritti"... Ci sono docenti che preparano un programmino organico, ma altri entrano in classe ed improvvisano, spesso lasciando che gli studenti pongano qualche problema per poi suscitare un dialogo attorno ad esso. Alla varietà dei temi trattati, corrisponde la varietà delle convinzioni teologiche dei docenti che sono cattolici in modo spesso molto diverso tra loro.
2) SI PARLA CONTRO LA RELIGIONE CATTOLICA
Va riconosciuto che in molti casi non solo non si parla di religione cattolica, ma si parla anche contro la religione cattolica. I responsabili dei progetti gender nelle scuole statali sono spesso i docenti di religione cattolica, naturalmente senza che l'ufficio diocesano competente abbia nulla da dire. Questo anche perché spesso questi...
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1 year ago
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Stefano Fontana - BastaBugie.it
No al DDL Roccella sulla violenza alle donne
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7620

NO AL DDL ROCCELLA SULLA VIOLENZA ALLE DONNE di Stefano Fontana
Il nostro Osservatorio esprime una valutazione molto negativa del cosiddetto ddl Roccella (dal nome del ministro della famiglia e delle pari opportunità), approvato definitivamente dal Senato nei giorni scorsi e avente ad oggetto "Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica". Sia il governo che il parlamento hanno preferito seguire l'emozione della pubblica opinione costruita ad arte dopo l'omicidio di Giulia, aderendo a una visione della problematica distorta dall'ideologia e approvando delle misure nell'ambito della educazione e della pubblica istruzione decisamente inaccettabili. La maggioranza parlamentare e il si sono adeguati, per carenza di criteri culturali alternativi, alla corrente di pensiero di sinistra e radicale, rumorosa e tendenziosa ma non per questo attendibile.
La drammatica e riprovevole vicenda dell'omicidio di una giovane donna, rubricata sotto l'etichetta ideologica di "femminicidio", corrisponde ad una realtà volutamente deformata a cui si sono prestate le maggiori testate giornalistiche e, soprattutto, le televisioni nazionali sia private che statali. Tutti hanno recitato con pressante insistenza e pervasività lo stesso copione. Nelle scuole statali si è iniziata una propaganda a senso unico. Anche il mondo cattolico vi ha ampiamente aderito, se i settimanali diocesani non hanno avuto dubbi a parlare di "violenza di genere", accodandosi alla versione "ufficiale", e se nelle omelie domenicali i sacerdoti hanno ampiamente ripreso questo fatto, dopo aver nascosto invece quello di Indi Gregory. La linea culturale è stata dettata dalla sinistra sociale e dal movimentismo femminista e omosessualista secondo i quali il "femminicidio" è un disastro diffusissimo, le donne sono vittime in quanto donne, essere donna è la più recente delle forme di discriminazione, la colpa è del maschio in quanto tale, questi fatti avvengono prevalentemente in famiglia e tra le mura domestiche, sono in pericolo i diritti delle donne ma anche quelli di ogni "diverso", la rivoluzione femminista e di genere non è ancora finita perché in Italia c'è un rigurgito di "fascismo", di sessismo e di visione patriarcale. Peccato, come dicevo, che il governo e i parlamentari abbiano assunto acriticamente queste invenzioni funzionali a far passare una linea culturale radicale.
I fenomeni di uccisione di donne per motivi di relazione con il partner maschio sono molto più limitati di quanto si dice, come ha anche affermato di recente il prefetto di Padova. Il movimentismo sociale di sinistra, femminista e omosessualista, ha compiuto un vero e proprio attacco terroristico alla sede romana di Pro Vita e Famiglia - cui va la nostra solidarietà -, con un atto proditorio che nessuno di quell'area sociale e politica ha condannato. Segno, questo, che c'è una regia dietro questa messa in scena del femminicidio e che la polemica è destinata ad altre finalità. Nell'attuale cultura woke la tesi del femminicidio assume il carattere della condanna del maschio in quanto maschio e del padre in quanto padre e quindi viene finalizzata alla distruzione della famiglia naturale. A questo proposito, i dati delle situazioni rubricate come "femminicidio" dimostrano che si tratta quasi sempre di relazioni più o meno irregolari e disturbate, ma ciononostante l'opinione pubblica viene indotta ad accusare la famiglia in quanto tale, considerandola fonte di violenza in se stessa - anche il titolo della legge parla di "violenza domestica" -, mentre la causa vera è la crisi della famiglia programmata e caparbiamente portata avanti. L'assunzione della donna come simbolo del "diverso" discriminato conduce ad allargare per analogia il discorso ad altri supposti "diversi"...
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1 year ago
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Stefano Fontana - BastaBugie.it
Per essere tutti uguali, si deve togliere la libertà
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7571

PER ESSERE UGUALI, SI DEVE TOGLIERE LA LIBERTA' di Stefano Fontana
La Dottrina sociale della Chiesa è a favore dell'uguale dignità degli esseri umani, ma discorda dall'egualitarismo come ideologia, non pensa che tutto debba essere uguale. L'ugualitarismo ideologico è sempre stato una minaccia per l'umanità e per la Chiesa, a cominciare da quell'eritis sicut dii della Genesi: "uguali a Dio". La filosofia classica aveva sempre contrastato questa visione egualitarista, riscontrando nel cosmo una gerarchia di esseri che doveva essere in qualche modo replicata nella vita della Polis. Il Cristianesimo parla della creazione del mondo da parte di Dio come espressione di gloria e di sapienza che sono esaltate dalla diversità degli esseri creati. Dio ama tutte le cose, ma il suo amore è all'origine creativa della loro diversità. Sia nella Chiesa che nella società non tutti sono uguali, i laici sono diversi dai chierici e anche tra i chierici c'è una gerarchia, come del resto tra sudditi e autorità nella vita politica. A richiederlo non è solo l'esigenza di diversità ma anche quella di unità. Sembra che una società di eguali sia più unita, ma così non è, perché manca dell'autorità gerarchica che conferisce unità al tutto, non con la forza del potere ma con l'ordinamento di tutti al bene comune. Il bene comune richiede la diversità, perché non è unico per tutti ma è analogico.
Col pensiero moderno le cose cambiano. Gli uomini sono pensati originariamente come uguali nel senso di privi di ordine e di legge, ossia delle cose che differenziano e stabiliscono le gerarchie. Gli uomini sono individui irrelati, delle unità numeriche e come tali sono tutti uguali. Sono anche però disuniti e conflittuali, per cui serve la reductio ad unum, l'unità deve essere imposta. Il primo a dirlo è stato Marsilio da Padova nel suo Defensor Pacis e dopo di lui tutti i proto-pensatori della modernità. Per Rousseau tutti sono uguali sotto la Volontà generale, la disuguaglianza è un prodotto sociale ed egli voleva ripristinare nella società la stessa uguaglianza che c'era nella natura. Hobbes dice che «tutti gli uomini sono uguali per natura. La disuguaglianza ora presente è stata introdotta dalla legge civile». Per il comunismo tutti sono uguali sotto lo Stato/partito. Per la socialdemocrazia tutti devono essere resi uguali mediante la pervasiva presenza del Welfare statale dalla culla alla bara. Tutti sono uguali per la società di massa industriale e soprattutto postindustriale, nella quale le élite spariscono. Oggi si dice che tutti gli orientamenti sessuali sono uguali, che sentirsi maschio o femmina deve essere considerato uguale, che tutti hanno diritto al figlio, l'ecologismo impone comportamenti uguali per tutti, la società del controllo verifica che questi uguali comportamenti vengano veramente rispettati da tutti. Anche nella Chiesa si parla di egualitarismo, sospendendo la differenza tra Chiesa docente e Chiesa discente e quella tra sacerdozio universale e sacerdozio ordinato.
Dostoevskij aveva visto bene gli enormi pericoli dell'egualitarismo nel suo libro I demoni: «Là ogni membro della società sorveglia l'altro ed è obbligato alla delazione. Ciascuno appartiene a tutti, tutti appartengono a ciascuno. Tutti sono schiavi e nella schiavitù sono tutti uguali. Nei casi estremi c'è la calunnia e l'omicidio, ma l'essenziale è l'eguaglianza. Come prima cosa si abbassa il livello di istruzione, delle scienze e degli ingegni. Un alto livello delle scienze e degli ingegni è accessibile solo alle capacità superiori, ma non occorrono capacità superiori! Gli uomini di capacità superiore si sono sempre impadroniti del potere e sono stati dei despoti. Gli uomini di capacità superiore non possono non essere despoti e hanno sempre pervertito più che non abbiano...
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1 year ago
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Stefano Fontana - BastaBugie.it
Approfondimenti del professore Stefano Fontana, direttore dell'Osservatorio internazionale Card. Van Thuan sulla Dottrina sociale della Chiesa, con particolare riguardo ai principi non negoziabili (vita, famiglia, libertà di educazione)