RSI Sport presenta “ORMe”, ovvero Operazione di Recupero della Memoria: un podcast curato da Marcello Ierace e dedicato alle storie di sportivi che la Storia ha dimenticato. È un progetto narrativo che mira, appunto, al recupero e alla riscoperta di storie legate allo sport che – per diversi motivi – sono scivolate nell’oblio. Personaggi come l’incredibile maratoneta Carlo Airoldi, volutamente escluso dalle Olimpiadi del 1896, o Jorge Carrascosa, il capitano dell’Argentina che disse no alla dittatura, o la golfista Margaret Abbott che fu, senza mai saperlo, la prima donna americana a conquistare un oro olimpico. Ma c’è spazio anche per Peter Norman, l’uomo in più nell’iconica immagine del podio dei pugni neri di Messico 68, o per Roberto Palpacelli, forse il più grande talento del tennis italiano che preferì però l’eroina ad una carriera da eroe.
RSI Sport presenta “ORMe”, ovvero Operazione di Recupero della Memoria: un podcast curato da Marcello Ierace e dedicato alle storie di sportivi che la Storia ha dimenticato. È un progetto narrativo che mira, appunto, al recupero e alla riscoperta di storie legate allo sport che – per diversi motivi – sono scivolate nell’oblio. Personaggi come l’incredibile maratoneta Carlo Airoldi, volutamente escluso dalle Olimpiadi del 1896, o Jorge Carrascosa, il capitano dell’Argentina che disse no alla dittatura, o la golfista Margaret Abbott che fu, senza mai saperlo, la prima donna americana a conquistare un oro olimpico. Ma c’è spazio anche per Peter Norman, l’uomo in più nell’iconica immagine del podio dei pugni neri di Messico 68, o per Roberto Palpacelli, forse il più grande talento del tennis italiano che preferì però l’eroina ad una carriera da eroe.
Le medaglie tolte dal collo dell’indiano Jim Thorpe nel 1912. Il supino avvallo alle Olimpiadi naziste del 1936. La cacciata dal villaggio olimpico di Tommie Smith e John Carlos a Città del Messico nel 1968. Il "the show must go on" imposto dopo il massacro di Monaco 1972. Pagine buie della storia dei Giochi Olimpici. Momenti da ricordare anche se si vorrebbero dimenticare. Vicende legate da un filo, da un uomo che ha pesantemente influenzato lo sport del Novecento, capace, a volte, con singole e precise scelte di campo, anche di cambiare il corso della storia. Il nome di quest'uomo è Avery Brundage.
Il problema, si dice, non è tanto raggiungere la vetta. Ma restarci. E, si potrebbe aggiungere, non cadere. Perché più in alto sei, più male ti fai. Questa è la storia di un giovane ginnasta cinese che ha imparato in fretta a volare in alto. Ma poi è caduto, e non si è più rialzato. Questa è la storia di Zhang Shangwu.
Stadio Ceravolo di Catanzaro, sono le 17h30 del 16 maggio 1982. Si sta giocando l'ultima giornata del campionato italiano di Serie A e sul campo calabrese la Juventus può conquistare il suo ventesimo scudetto della storia. Per far ciò però la squadra di Giovanni Trapattoni deve staccare in classifica la Fiorentina che, contemporaneamente (come succedeva una volta), è impegnata a Cagliari. È il 75o minuto di gioco e la partita sembra essere giunta ad una svolta decisiva. L'arbitro Pieri fischia un rigore alla Juve per un fallo di mano di Celestini su conclusione a colpo sicuro di Fanna. Sul dischetto c'è Liam Brady.
È appena terminata la finale di Wimbledon del 2018. Serena Williams è diventata mamma l'anno prima e ha da poco fatto il suo rientro sui campi da gioco. Questa finale potrebbe regalarle il settimo titolo sull'erba londinese e soprattutto il 24o trionfo in un torneo del Grande Slam, raggiungendo così un record che da ormai tanti anni rincorre. Ma è una rincorsa senza fine, quasi maledetta. Come Dorando Pietri nella leggendaria maratona di oltre cento anni prima, anche Serena Williams a Londra crolla proprio all’ultimo chilometro e si fa beffare dalla tedesca Angelique Kerber. E fallirà anche nello slam successivo, nella sua New York, dove ancora viene battuta in finale, e ancora e ancora in tutti i tre anni che seguiranno e in tutti i tornei Major a cui prenderà parte. Serena Williams non raggiunge, e probabilmente non raggiungerà mai, quel maledetto record di 24 titoli del Grande Slam. Un primato che resta sempre in mano ad un'altra campionessa, che è proprio la protagonista di questa puntata di ORMe. Questa è la storia di Margaret Smith Court.
Diciannove passi, trentotto chilometri all’ora e poi cinquantacinque centimetri in più di quanto nessuno avesse mai fatto fino a quel momento. Un salto lungo, lunghissimo, infinito. Un salto lungo quanto la storia dell’atletica. Fors’anche, troppo lungo. Perché se stacchi da uomo e atterri da alieno il futuro può pure risultarti un fatto piuttosto complicato da gestire. Questa è la storia di un salto, ma è innanzitutto la storia di un incredibile atleta. Questa è la storia di Bob Beamon.
Questa è una storia di fratelli, divisi e ritrovati. Di amici di cui non fidarsi. Di spie, che ti controllano in ogni momento. È una storia di mariti finti e di mogli ingannate. È la storia di un incidente, che forse tanto incidente non è. Questa è la storia di quello che chiamavano il "Beckenbauer dell'Est", Lutz Eigendorf.
Prypjat, Ucraina, 01h23 del 26 aprile 1986. Non lontano da questa cittadina di cinquantamila anime si staglia in cielo una nuvola a forma di fungo. È esploso il reattore numero quattro della vicina centrale nucleare. La storia racconterà questo momento come il disastro di Chernobyl: una catastrofe che produrrà effetti devastanti nell'immediato e a lungo termine. Saranno decine, centinaia di migliaia le persone toccate dalle radiazioni. Tumori alla tiroide e leucemia i principali fattori di mortalità, ma innumerevoli sono anche i bambini, venuti alla luce negli anni successivi al disastro, e nati con gravi malformazioni. Tra loro vi è la protagonista di questa storia: il suo nome è Oksana Masters.
Se negli anni Ottanta e Novanta eri una ragazzina con la passione della pallavolo, nove volte su dieci questa passione la dovevi a due cartoni animati giapponesi: “Mimì Ayuara” e “Mila e Shiro”. Non si scappava. Poi quali fossero i veri motivi del perché un paese come il Giappone si sia così appassionato al volley potrebbe anche risultare un mistero. Ma dietro tutto ciò, alle origini delle vicende di Mimì Ayuara, soprattutto, e di Mila e Shiro c’è una storia. La storia vera, anche cruda e non sempre piacevole da rievocare, della Nazionale femminile giapponese delle Olimpiadi del 1964. Questa è la storia di quelle ragazze, le Streghe d’Oriente, e del loro crudele allenatore, Hirofumi Daimatsu.
Ci sono miracoli, sogni talmente belli da cui non ci si vorrebbe mai risvegliare. Sogni che però possono trasformarsi in incubi perché quando si vola troppo in alto, poi, la caduta diventa molto più dolorosa. In questa storia parliamo appunto di un miracolo, di un sogno divenuto realtà, e di una realtà che non è mai come uno se l’aspetta. E di un’esistenza troppo pesante da sopportare. Questa è la storia di Mark Pavelich.
Lo chiamano il George Best di Quarta Divisione. Anche perché contro George Best ha giocato ed è anche riuscito a metterlo in ombra col suo talento e la sua sfrontatezza. Nel calcio britannico è diventato una leggenda, anche se non ha vinto né coppe né campionati, e non ha nemmeno giocato una partita in Premier League. Viene definito "il più grande calciatore che non avete mai visto giocare". Proprio perché i grandi palcoscenici, lui, non gli ha mai voluti calcare. Questa è la storia di Robin Friday.
La Storia è fatta di grandiosità e di superlativi, ma anche di centimetri e istanti. Lampi che modificano il corso delle storie - e pure della Storia - in modo irreversibile e sconvolgente. Centimetri che consentono ad un guantone di fermare un pallone indirizzato, in modo inesorabile, in rete. O di fermarne addirittura quattro, uno dopo l’altro, come nessuno aveva fatto finora e come nessuno mai farà poi. Il protagonista della vicenda che stiamo per narrare ha vissuto il meglio e il peggio che la vita ti possa riservare nell'arco di pochi giorni. Un breve spazio in cui si inseriscono talento, psicologia, fortuna, coraggio ma anche angoscia, sofferenza, invidia o, forse, solo un beffardo destino. Questa è la storia di Helmuth Duckadam.
L'Old Firm è il derby più antico della storia del calcio. Mette di fronte le due squadre di Glasgow, Celtic e Rangers, che sono anche le due formazioni che si sono di fatto spartite da sempre il dominio nel massimo campionato scozzese. Ovvio dunque che la sfida di Glasgow non sia una partita come le altre, anche perché è intrisa da una rivalità che va ben oltre lo sport. C'è di mezzo religione e politica. Da una parte il Celtic cattolico e indipendentista, dall’altra i Rangers, protestanti e unionisti. Oltre un secolo di duelli, scontri, anche durissimi, e odio. Vinti e vincitori. Gloria e trofei, sconforto e delusione. E anche vittime. Sì anche morti. Uno addirittura in campo. Questa è la storia di colui che venne chiamato il principe dei portieri, questa è la storia di John Thomson.
Jan gestisce una tabaccheria. Gli piace stare dietro al bancone e chiacchierare coi clienti. A Jan piace anche pescare. Sabato e domenica l’appuntamento è fisso: chiusa la tabaccheria, recupera la canna, e via. Ecco perché ha fatto una scelta precisa relativa all’altra sua passione, il calcio. Del professionismo non ne vuole sapere. "A me - racconta lui stesso - piaceva stare dietro al bancone e piaceva la pesca. Ma a pesca con gli amici ci puoi andare solo nel fine settimana e quindi come fai... Insomma non ero fatto per il professionismo". Eppure, nonostante ciò, Jan diventerà il portiere più famoso del suo paese, l’Olanda: stiamo parlando di Jan Jongbloed.
Primo giugno 1992. A Belgrado giunge un fax dell'UEFA dove si legge che la Nazionale della Jugoslavia non verrà ammessa agli imminenti Europei. Con la disgregazione della Repubblica Federale, quella dei "6 stati, 5 nazioni, 4 lingue, 3 religioni, 2 alfabeti e un solo Tito", scompare anche il Brasile d'Europa. Al posto della Jugoslavia che due anni prima aveva incantato le notti di Italia '90, viene ripescata la Danimarca. È l'inizio di una storia collettiva, di una squadra, di un popolo intero, che racchiude però al suo interno tante altre vicende personali. Tra queste vi è quella di Kim Vilfort.
Leo Messi e Cristiano Ronaldo ne hanno dominato la classifica dell’ultimo decennio. Si sono fregiati di questo titolo leggende del calcio come Ronaldo il fenomeno, Raul, Butragueño, Di Stefano, Puskas, Hugo Sanchez. Stiamo parlando del trofeo Pichichi, ovvero il premio che viene assegnato ogni stagione al miglior goleador della Liga. Ma chi è, o meglio, chi era Pichichi? Questa è la storia del Pichichi, il primo bomber del campionato spagnolo, questa è la storia di Rafael Moreno Aranzadi.