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Morale - BastaBugie.it
BastaBugie
153 episodes
22 hours ago
L'etica ci aiuta a comprendere la distinzione tra bene e male in modo da fare buon uso della libertà
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Religion & Spirituality
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L'etica ci aiuta a comprendere la distinzione tra bene e male in modo da fare buon uso della libertà
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Religion & Spirituality
Episodes (20/153)
Morale - BastaBugie.it
Basta preti in jeans e mogli in carriera
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8326

BASTA PRETI IN JEANS E MOGLI IN CARRIERA di Don Corrado Signori
 
«Se l'orecchio dicesse: "Poiché io non sono occhio, non appartengo al corpo", non per questo non farebbe più parte del corpo» (1Cor 12,16). È così che il grande apostolo San Paolo, ispirato da Dio, vede e descrive la Chiesa, fratelli e sorelle: come il corpo di un uomo. In un corpo ci sono diversi organi - come l'orecchio e l'occhio per l'appunto - che hanno diverse funzioni, e che solo insieme, collaborando, accettando che nessuno di loro è il corpo intero, ma solo un suo organo limitato, permettono ad un uomo di vivere, di respirare, di camminare, di vedere, di udire, di parlare. 
Ma il corpo funziona quando l'occhio fa solo l'occhio e l'orecchio fa solo l'orecchio, sapendo che entrambi sono membra indispensabili, insostituibili e uniche del corpo. Dentro la Chiesa, nostra madre e sposa di Cristo, ciascuno di noi ha ricevuto, accolto e scelto una vocazione e possiamo diventare santi e felici in questa vita terrena e salvi per l'eternità dopo la nostra morte se abbracciamo la nostra vocazione. Ma dobbiamo sempre ricordare che, per tornare a San Paolo, se sei occhio non sei orecchio, che tu hai una vocazione specifica che comporta alcuni doni, e altri no.
IL COMPITO DEL SACERDOTE
Ricordo come fosse ieri, appena diventato prete, il mio primo oratorio: quei bravi giovani, con il cuore entusiasta e confuso, non si capacitavano del fatto che io, a differenza del mio predecessore, non andassi con loro al bar, o ai concerti, o a suonare con loro.
Mi domandavano, quei ragazzi che ancora porto nel cuore dopo 20 anni, cosa ci fosse di male in questo, e io rispondevo che non c'era nulla di male: che era buono, sano e giusto che loro, giovani, andassero al bar, purché non eccedessero nel bere, e ai concerti; ma il mio posto era restare in oratorio, perché il posto del papà è a casa, in modo che non solo loro, "la compagnia del don", ma qualsiasi ragazzo, anche meno brillante ed estroverso di loro, sapesse che c'era una casa in cui avrebbe sempre trovato un padre ad aspettarlo, perché è questo il compito di un padre: aspettarti a casa. Questa scelta, insieme all'uso frequente della veste talare, d'inverno anche del tabarro, e alle ore che dedicavo al confessionale, spesso ore in cui semplicemente aspettavo che passasse qualche penitente, inizialmente li confuse. Ma poi, col trascorrere del tempo, qualcuno di loro iniziò a venire non più in compagnia a domandarmi se andavo al concerto, ma da solo, spesso con gli occhi lucidi, a domandarmi un ascolto, un consiglio, una parola, una benedizione, e, qualche volta, anche una confessione. Fu per me una conferma importante: non c'era niente di sbagliato in sé a suonare con loro, ma non era la mia vocazione: io, sacerdote, sono chiamato ad accogliere le loro lacrime e i loro dubbi, a portare loro la carezza di una benedizione, il perdono di Cristo. Io non sono tutto il corpo, io sono un prete. L'orecchio non è occhio.
LA SPOSA È PER LO SPOSO
Una sposa è chiamata innanzitutto a dedicare il suo tempo, la sua dolcezza, la sua saggezza, la sua anima e il suo corpo, al suo sposo; questa è la sua vocazione, e questa è la vocazione del suo sposo. 
E comprendi se qualcosa è per te la priorità innanzitutto da quanto tempo dedichi a qualcosa, perché è il tempo il primo criterio per comprendere come stiamo spendendo la nostra vita. Gli altri criteri poi sono l'impegno che metti in una cosa, il denaro che impieghi in una cosa...
Fratello, sorella, qual è la tua priorità?
Quanto tempo, quanta energia dedichi a chi hai sposato in Cristo?
Spesso nelle liti tra sposi esplode una grande amarezza perché non ci si sente scelti come priorità: la tua sposa deve venire prima di altre cose, anche fossero cose buone: non è sufficiente che tu...
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1 week ago
5 minutes

Morale - BastaBugie.it
Figli schiavi dello schermo
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8304

FIGLI SCHIAVI DELLO SCHERMO di Francesca Romana Poleggi
 
Jean Twenge, dell'Istitute For Family Studies offre un prezioso consiglio ai genitori, per la salute fisica e mentale dei loro figli. Uno studio del 2023 del C.S.Mott Children's Hospital ha monitorato l'uso del telefono da parte di ragazzi dagli 11 ai 17 anni per una settimana. Ha rilevato che ben 6 su 10 usano il telefono tra mezzanotte e le 5 del mattino nei giorni di scuola. Alcuni fanno fatica ad addormentarsi perché è troppo difficile spegnere il telefono. Uno su quattro ha affermato che si sveglia per messaggi o telefonate dopo essersi addormentato. 
«Alzo lo sguardo e sono le 3 del mattino e sto guardando un video di una giraffa che mangia una bistecca» ha detto il quindicenne Owen Lanahan. «E mi chiedo: 'Come sono arrivato fino qui?'». È una bella domanda. Ma è ancora meglio chiedersi: "Come possiamo uscirne?".
Dormire poco è un fattore di rischio per malattie e depressione. E la maggior parte dei minori non dorme abbastanza. E se si svegliano nel cuore della notte per usare il cellulare, come ha ammesso un terzo degli adolescenti intervistati, il sonno che riescono a dormire è frammentato e di bassa qualità. È indispensabile, quindi, togliere fisicamente i dispositivi dalla camera da letto. Bisogna inoltre spiegare loro che non è sano utilizzare il dispositivo a letto, subito prima di andare a dormire.
Infatti, ciò che i bambini fanno sui loro dispositivi è psicologicamente stimolante, quando invece il cervello dovrebbe rallentare. Inoltre, associano il letto alla stimolazione piuttosto che al riposo. Quindi, anche quando non usano il telefono a letto, il cervello si aspetta una stimolazione e avranno più difficoltà ad addormentarsi. Infine, la luce blu dei dispositivi inganna il cervello facendogli credere che sia ancora giorno. Quindi non producono abbastanza melatonina, l'ormone del sonno, e ci mettono più tempo ad addormentarsi e fanno più fatica a dormire profondamente. Diversi studi hanno inoltre dimostrato che il solo fatto di avere accesso al dispositivo in camera, anche se non utilizzato, è collegato a un sonno insufficiente e a un sonno non ottimale.
A proposito, la regola del "niente dispositivi in camera da letto durante la notte" vale anche per gli adulti. Dorme meglio chi lascia telefono, tablet e laptop fuori dalla camera da letto.
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1 month ago
3 minutes

Morale - BastaBugie.it
Bambini schiavi dello schermo, genitori complici
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8169

BAMBINI SCHIAVI DELLO SCHERMO, GENITORI COMPLICI di Fabio Piemonte
 
L'iperdigitalizzazione dei minori è sempre più fuori controllo. Gli ultimi dati che arrivano dagli USA sono infatti tutt'altro che rassicuranti: già all'età di 2 anni la maggior parte dei bambini trascorre circa cinque ore al giorno davanti a uno schermo; stesse ore anch pr i bambini da 5 a 8 anni. E ancora - secondo un sondaggio condotto nell'autunno 2024 dal Pew Research Center su adolescenti tra 13 e 17 anni -, la maggior parte dei ragazzi possiede uno smartphone e utilizza i social; di questi circa il 50% afferma di essere online costantemente.
LE CONSEGUENZE SUGLI ADOLESCENTI
Riguardo alle cinque piattaforme social più diffuse - YouTube, TikTok, Instagram, Snapchat e Facebook - un terzo degli adolescenti ne usa almeno una quasi costantemente. L'85% degli stessi afferma di giocare ai videogiochi e circa 4 su 10 lo fanno ogni giorno. Il gioco in rete isola i più giovani, li scherma dalla realtà e ne compromette pesantemente la costruzione di legami stretti anche con i propri stessi familiari, rendendoli maggiormente vulnerabili rispetto ad ansia e depressione. Questo spiega anche il tragico incremento dei tassi di suicidio anche tra minori di appena 11 anni, come rilevato da The Washington Stand. Tra l'altro il gioco in rete ha un altro effetto particolarmente deleterio su bambini e adolescenti, come rilevato da diversi esperti, nella misura in cui li desensibilizza gradualmente a scene di sangue, violenza e pornografia, per cui talvolta costoro possono giungere anche a mettere tragicamente in pratica ciò che sperimentano online.  Di qui «come genitori, dobbiamo fare tutto il possibile per garantire che le menti dei nostri figli non siano contaminate da spazzatura, violenza e sangue. Parte di questo lavoro include fare tutto il possibile per far chiudere l'industria pornografica e quei siti web che mirano a sfruttare i bambini. Infatti, una volta che la mente dei bambini è stata esposta a certe immagini, è impossibile riparare il danno. Dovremmo lavorare tutti insieme per fermare questo male prima che inizi», ha denunciato Mary Szoch, direttrice del Centro per la Dignità Umana del Family Research Council (FRC), evidenziando anzitutto la necessità da parte di mamma e papà di vigilare sui comportamenti online dei loro figli.
IL CASO LIMITE: TERRORISTA A 12 ANNI PER COLPA DEI SOCIAL
Vigilanza e prudenza non sono mai sufficienti, tanto più se ci si illude che gli adolescenti siano al sicuro nel segreto della loro stanza. Recentemente l'Associated Press ha infatti raccontato il caso limite di un ragazzo francese di 12 anni radicalizzato online e diventato un islamista estremista, condannato per due capi d'accusa legati al terrorismo. Sua madre pensava stesse semplicemente giocando ai videogiochi e facendo i compiti, mentre - invece- egli stava imparando a uccidere, guardando video di decapitazioni e torture così orribili da far distogliere lo sguardo persino ai funzionari giudiziari francesi esperti che l'hanno scovato. Tutto è cominciato da ricerche in rete sull'Islam e terrorismo; poi «algoritmi automatizzati, che guidano le esperienze online degli utenti e la curiosità del ragazzo, lo hanno condotto a chat criptate e propaganda ultraviolenta diffusa dai militanti dello Stato Islamico e da altri gruppi estremisti che si stanno insinuando nelle menti dei più giovani tramite app, videogiochi e social media», osserva Tony Parkins, presidente del FRC. E non si tratta purtroppo neanche di un caso tanto sporadico se si considera che solo in Francia nel 2022 i pubblici ministeri avevano incriminato solo due minori con accuse preliminari legate al terrorismo; nel 2023 ne hanno incriminati 15 e nel 2024 ben 19.
Insomma dal momento che «il medium è il messaggio» - come insegna il...
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5 months ago
6 minutes

Morale - BastaBugie.it
Re Mentone dei fratelli Grimm
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8136

RE MENTONE DEI FRATELLI GRIMM FA CAPIRE CHE NON PUOI RIFUGIARTI NEL TUO MONDO, PERCHE' IL MONDO E' UNO SOLO
 
Il cattolico Tolkien, famoso autore della trilogia de Il Signore degli anelli, scrive nel suo Le fiabe: "Il compositore della fiaba si dimostra un sub-creatore riuscito. Egli costruisce un Mondo Secondario in cui la nostra mente può introdursi. In esso, ciò che egli riferisce è vero: in quanto in accordo con le leggi del mondo". Tolkien ha ragione. La fantasia non è surrealismo. Questo nasce dalla pretesa folle di riscrivere il reale, rifiutandone le sue costitutive leggi. La fantasia, invece, è passione per il vero e per il reale. È una passione di tale portata che arriva ad offrire di questo vero e di questa realtà una chiave di lettura che possa meglio evidenziarne il mistero. Quale mistero? Il miracolo che rende la realtà un codice con cui cogliere la presenza continua di Dio e la bellezza della sua Verità. Ecco dunque che si può fare apologetica anche attraverso le fiabe.
RE MENTONE (FRATELLI GRIMM)
C'era una volta un Re che aveva una figlia immensamente bella, ma allo stesso tempo così superba ed arrogante che nessun pretendente le andava bene. Prima li sbeffeggiava, infine li scartava miseramente.
Una volta il Re diede una grande festa alla quale furono invitati pretendenti da ogni dove. Li fece mettere tutti in fila, e in ordine di rango: prima i sovrani, poi i granduchi, dopo i principi, poi i conti, poi i baroni, infine gli aristocratici; uno per uno, furono presentati alla principessa, ma ella trovò in ognuno di loro qualcosa da obiettare. Qualcuno era troppo grasso: "Assomiglia tanto a una botticella" disse; un altro era troppo alto: "alto e smilzo, sembra un manico di scopa". Naturalmente, il terzo era troppo basso: "basso come un tappo e pure tracagnotto". Il quarto era per lei troppo pallido: "smunto come la morte". Il quinto era troppo rosso: "gallo da primo premio." Mentre il sesto era addirittura troppo poco dritto: "Legna verde fa fumo nel camino".
E così via; furono ridicolizzati e bocciati tutti senza appello, in modo particolare un giovane e buon re che si trovava in prima fila, il cui mento era leggermente sporgente. "Ma guardatelo!" esclamò, ridendo, "ha un mento che sembra il becco di un tordo!". E da quel momento lo battezzò «Re Mentone». A quel punto, il vecchio Re, stufo di vedere la figlia che non faceva altro che schernire la gente e offendere tutti i pretendenti alla sua mano, andò su tutte le furie e le giurò che il primo straccione che avesse varcato la soglia del palazzo, l'avrebbe avuta in moglie.
Qualche giorno dopo giunse sotto le finestre del palazzo un suonatore ambulante venuto da chissà dove per guadagnare qualche soldo. Il Re se ne accorse e lo fece salire, e così, il vecchio cantore, vestito di stracci lerci e consunti, fu ammesso a cantare per il Re e la Principessa; a fine esibizione domandò una piccola offerta, e il Re, disse: "La tua canzone mi è piaciuta tanto, che voglio concederti la mano di mia figlia". A quelle parole la principessa inorridì, ma il Re disse: "Ho giurato che ti avrei fatta sposare al primo mendicante che si fosse presentato, e intendo mantenere la parola". La fanciulla protestò, ma inutilmente: il Re convocò immediatamente un sacerdote ed ella fu unita in matrimonio al menestrello in seduta stante.
Ma non basta: appena le nozze furono celebrate, il Re disse: "Non sta bene che la moglie di un mendicante soggiorni nel mio palazzo. Ti invito, quindi, ad andartene via subito con tuo marito". Il mendicante prese sua moglie per mano, ed ella dovette andar via con lui, a piedi; arrivarono a una grande foresta, ed ella chiese al marito: "A chi appartiene questo bel bosco?". "è di Re Mentone. Se l'avessi sposato, oggi tutto questo sarebbe tuo." "Oh, me misera! Se solo...
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6 months ago
15 minutes

Morale - BastaBugie.it
La vera differenza tra psicologo e confessore
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8062

LA VERA DIFFERENZA TRA PSICOLOGO E CONFESSORE di Mauro Piacenza
 
È fuori dubbio che, nel recente passato, si sia vista un'esplosione del ricorso alla psicologia - e segnatamente all'aiuto degli psicologi - in tutto l'Occidente. Le vicende storiche della pandemia e dell'esplosione clamorosa e, in parte, inattesa dei conflitti bellici hanno, se possibile, ulteriormente aggravato la situazione, al punto da indurre non pochi Governi a offrire ai cittadini un "bonus psicologo" per poter così ricevere l'aiuto di specialisti capaci di ascoltare e di dare un nome al diffuso disagio delle persone.
Si potrebbe quasi dire che lo psicologo sta all'epoca moderna come il confessore stava all'epoca cristiana! Ma è davvero così? È sufficiente il ricorso allo psicologo per "risolvere" il problema umano? Colloquio con lo psicologo e dialogo della Confessione si equivalgono?
La risposta a queste domande è, senza ombra di dubbio, negativa. Pur riconoscendo il legittimo valore della scienza umana detta "psicologia", è evidente come essa non possa, in alcun caso, essere confusa con il sacramento della Riconciliazione. I due "dialoghi"-  quello con lo psicologo e quello con il confessore - possono avere alcune analogie, che proveremo a indicare, ma hanno certamente radici diverse e, soprattutto, esiti differenti.
UN GRANDE PARADOSSO
Il grande teologo ambrosiano, prematuramente scomparso, Giovanni Moioli, nel suo saggio Il quarto sacramento (Ed. Glossa), descriveva la Riconciliazione come il «sacramento difficile», proprio per l'esigenza imprescindibile del dialogo verace, intimo e personale tra penitente e confessore, necessario perché ci sia la materia prossima del sacramento e perché esso sia valido.
È fuori dubbio che l'apparente sostituzione della Riconciliazione sacramentale con il dialogo terapeutico affondi le proprie radici nella diffusa secolarizzazione del mondo occidentale; secolarizzazione che - è quasi un paradosso! - è anche la causa di tanto disagio sociale e personale dell'uomo contemporaneo.
In un contesto culturale nel quale Dio è espulso dalla storia o dalla società e, nel migliore dei casi, è relegato al sentimento soggettivo, la risposta alle domande fondamentali dell'esistenza diviene per lo meno ardua, se non impossibile. Se Dio non c'è, l'uomo si riduce a essere l'esito dei propri antecedenti biologici, materia un po' più sviluppata del resto della natura, ma nulla di più, solo materia. Nel contempo, anche la dimensione teleologica, la dimensione del fine della vita e del senso delle azioni umane, perde il proprio significato. Da questo contesto generale è solo possibile immaginare quale mole di frustrazione, anche psicologica, possa derivare, poiché tutte le azioni umane, anche le più nobili e alte, perdono di significato o, nel migliore dei casi, gratificano l'ego, in un cortocircuito nel quale la domanda mai sopita del cuore umano cerca sempre nuove gratificazioni e mai da nulla si ritiene appagata.
UNA SOFFERENZA SVUOTATA
Se a questo si somma la quasi totale censura di un possibile senso della sofferenza umana e della morte, il quadro appare drammaticamente completo. Se la sofferenza umana non ha senso, allora essa è da evitare accuratamente, senza eccezioni, a qualunque livello della coscienza e in qualunque stagione della vita. La contraddizione deflagrante è, tuttavia, che la sofferenza esiste e, semplicemente, non può essere evitata! Da qui l'ulteriore profonda frustrazione di una vita necessariamente frammista anche a momenti di sofferenza, che paiono non avere significato, inficiando così il senso stesso dell'intera esistenza. Al vertice di tale crisi di senso si pone, ovviamente, il mistero della morte, il quale, in un contesto radicalmente secolarizzato, viene sistematicamente censurato e, perfino,...
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8 months ago
7 minutes

Morale - BastaBugie.it
L'abuso del ricorso al parto cesareo
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8043

L'ABUSO DEL RICORSO AL PARTO CESAREO di Giano Colli
 
In Italia, il parto cesareo è diventato una pratica comune, tanto da posizionare il nostro paese al primo posto nel mondo per percentuale di interventi chirurgici durante il parto. Secondo i dati, il 38% dei parti in Italia avviene tramite cesareo, una cifra ben al di sopra del 15% raccomandato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Questo dato, che ci pone davanti agli Stati Uniti (27%) e alla Germania (25%), solleva importanti interrogativi sul perché si ricorra così frequentemente a questa procedura e sulle sue implicazioni a lungo termine.
Il parto cesareo è un intervento chirurgico fondamentale in situazioni di emergenza o quando il parto naturale comporta rischi significativi per la madre o il bambino. Tuttavia, l'OMS scoraggia un uso eccessivo e potenzialmente non necessario della procedura. In Italia, i numeri suggeriscono che spesso il cesareo non viene scelto per necessità reali, ma per altri motivi.
Uno dei principali fattori che spingono molte donne italiane a optare per il cesareo è la paura del dolore durante il parto naturale. Il parto è indubbiamente un'esperienza intensa, ma è anche un processo naturale che il corpo femminile è biologicamente predisposto a sostenere. Tuttavia il fatto che la gravidanza sia trattata da personale medico come fosse una malattia contribuisce ad alimentare ansie che potrebbero essere gestite con maggiore tranquillità.
Inoltre il cesareo viene percepito come una scelta più "sicura" o addirittura più comoda, sia dai medici sia dalle mamme. In alcuni casi, l'idea di poter "programmare" il parto con una data certa spinge verso questa decisione. Il parto naturale richiede un'assistenza più prolungata e attenta rispetto a un cesareo programmato, portando alcuni ospedali a preferire quest'ultimo per ragioni organizzative. Ma imporre al bambino quando uscire dal grembo materno è una forzatura visto che da sempre i bambini sanno quando è il momento giusto. Siamo noi che dobbiamo adattarci a loro, non il contrario.
Infine non bisogna dimenticare che il cesareo è una procedura sicura, ma non è privo di rischi. Gli interventi chirurgici comportano tempi di recupero più lunghi, un maggiore rischio di infezioni e complicazioni future, come difficoltà nelle gravidanze successive. Per i neonati, il parto naturale offre benefici importanti, come un maggiore supporto al sistema immunitario grazie al passaggio nel canale del parto.
Oggi si dimentica che il parto è un evento naturale che da millenni accompagna l'umanità. Negli ultimi decenni, la tecnologia ha migliorato la sicurezza del parto e questo è un bene, ma ha anche contribuito a distanziarci da questa esperienza come parte normale della vita. L'ospedalizzazione dell'inizio come anche della fine della vita ha contribuito a rendere meno umano sia il venire al mondo che l'ultima fase dell'esistenza. Per quanto riguarda il parto naturale è fondamentale che le mamme lo affrontino senza paure eccessive visto che, ripetiamo ancora una volta, partorire è la cosa più naturale al mondo. Per tutto quanto detto non bisogna nemmeno dimenticare che ci sono oggi in Italia mamme che preferiscono partorire a casa con l'aiuto di una ostetrica. Questa possibilità non va scartata a priori soprattutto da parte di chi abita a distanza di un quarto d'ora, mezz'ora al massimo, da una struttura ospedaliera a cui ricorrere solo in caso di pericolo di vita della madre o del bambino.
La posizione dell’Italia come leader mondiale nei parti cesarei evidenzia la necessità di un cambiamento di mentalità. Il parto, sebbene doloroso e impegnativo, può essere affrontato con serenità soprattutto se si riceve il giusto supporto dai familiari e dal personale medico. Ridurre il tasso di...
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9 months ago
5 minutes

Morale - BastaBugie.it
I rischi e l'inganno della psicanalisi
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8042

I RISCHI E L'INGANNO DELLA PSICANALISI di Benoît-Marie Simon
 
Recentemente, di fronte a un gruppo di persone, un padre di famiglia giustificava il comportamento aggressivo del figlio, che picchiava i compagni di scuola, con la scusa che quest'ultimo non sapeva come incanalare il suo eccesso di energia. Ebbene, nessuno ha reagito! Segno di una tendenza generale a scusare a ogni costo ciò che una volta si chiamava cattiveria, cioè peccato. Sarebbe disonesto vedere in questo cambiamento di mentalità la semplice reazione a un presunto rifiuto di prendere in considerazione i condizionamenti che sminuiscono la nostra libertà. Da tempo, i manuali di morale hanno moltiplicato le distinzioni a questo riguardo. Detto ciò, la tentazione di non rispettare tutta la complessità delle situazioni umane esisterà sempre, ma per combatterla non è necessario sbarazzarsi di una saggezza che si basa su principi veri e onora la dignità umana fino al punto di riconoscere all'uomo la capacità di scegliere il male.
Gesù, è vero, ci ammonisce di non giudicare, perché solo Dio legge nel segreto dei cuori. Ma questo non significa che si debba assolvere tutti. Non confondiamo il determinare fin dove una persona è colpevole e il giudicare che un determinato atto è oggettivamente un peccato.
In questo senso il Vangelo ci esorta a correggere il fratello che pecca. E non confondiamo neppure il non condannare con l'assolvere. Insomma, non abbiamo l'autorità e la scienza necessarie né per condannare né per sentenziare che qualcuno non è colpevole. Eppure la psicanalisi decreta che le nostre scelte profonde sono frutto di meccanismi inconsci indipendenti dalla nostra volontà. E lo fa in nome di una teoria che non ammette contestazioni; ogni obiezione sarebbe, in realtà, una "resistenza" che conferma la validità della diagnosi. Non c'è via di scampo: il paziente deve convincersi che il terapeuta conosce meglio di lui il motivo delle sue scelte, sempre che non ne riscriva la storia. Insomma, le categorie della psicanalisi permettono di ignorare gli argomenti razionali di un contraddittore, anzi consentono di non prendere in considerazione ciò che dice.
LIBERI DAVVERO
Come spiegare il dominio quasi incontrastato di una teoria così opposta al buon senso? Di sicuro non sarebbe possibile se non fossimo così allergici a riconoscerci peccatori. Quando siamo fieri di ciò che abbiamo fatto, la nostra responsabilità ci esalta, ma quando ci sentiamo in colpa, ci pesa. Allora se una teoria "scientifica" pretende di liberarci da questi sensi di colpa, siamo pronti ad accettarla in modo acritico, anche se nega la trascendenza dello spirito sulla materia. Ebbene, solo lo spirito scopre ciò che è vero e buono in sé, mentre la sensibilità è strutturalmente interessata al proprio benessere materiale. In un caso, la vita è un susseguirsi di piaceri passeggeri; nell'altro, si cerca la vera felicità, cioè il bene che dà un senso assoluto alla nostra vita. Ecco perché i doveri morali che la nostra coscienza ci ricorda non ammettono eccezioni. Pertanto, obbedire alla propria coscienza è necessariamente un atto spirituale che non ha niente a che vedere con processi
fisici deterministici, come vorrebbe far credere la psicanalisi. In questo senso, trovare la felicità dipende dalle nostre scelte profonde, le quali non sono mai la semplice risultanza delle condizioni materiali nelle quali ci troviamo e che spesso subiamo. Infatti, si può essere ricchi e infelici, poveri ma in una pace profonda. Ma, secondo la psicanalisi, bisogna rinunciare definitivamente all'idea di poter raggiungere una pace vera e accontentarsi, invece, di compromessi instabili tra forze contrastanti. In fin dei conti rifiutando di chiamare peccato ciò che lo è, si incoraggia il peccatore a...
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9 months ago
10 minutes

Morale - BastaBugie.it
La domenica il lavoro e lo svago
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8033

LA DOMENICA, IL LAVORO E LO SVAGO di Don Stefano Bimbi
 
Sono una mamma e ho una domanda che vorrei rivolgere a don Stefano Bimbi.
Prendo spunto da un fatto accaduto in famiglia per chiedere alcuni chiarimenti relativi al rispetto del terzo comandamento: «Ricordati di santificare le feste».
Mia figlia è andata di domenica con le amiche a un fast food e al cinema, con grande stupore della sorella perché io di solito non permetto a nessuno di entrare in un qualunque negozio la domenica. In realtà io non ho fatto mente locale, ho solo pensato di chiederle di organizzarsi per non saltare Messa e ho acconsentito all’uscita domenicale, purché studiasse il sabato e si riposasse la domenica.
Solo dopo mi è tornata in mente l’immagine della Madonna di La Salette, che si lamentava per come veniva disatteso (già allora, figurarsi oggi) il terzo comandamento. Mi chiedo quindi, in generale, come ci si debba regolare: io sono dell’idea che se nessuno andasse nei locali, centri commerciali, eccetera, la domenica, nel giro di poco nessuno sarebbe costretto a lavorare la domenica, potendo quindi riposare e stare con la famiglia.
Ma l’aver dato a mia figlia questa concessione, mi ha fatto compiere peccato grave? Quali sono i limiti dentro i quali possiamo muoverci?
Voglio agire bene, in futuro, e soprattutto insegnare bene ai miei figli.
Lettera firmata
***
Risposta
Innanzitutto va detto che la Madonna a La Salette lamentava non solo che la gente lavorasse di domenica, ma soprattutto che non andasse a Messa. Ma se fosse venuto un temporale, sarebbe stato lecito per i contadini, che vivevano di quello che raccoglievano, portare a casa il foraggio tagliato perché non marcisse? Certamente sì.
Per restare al suo esempio, occorre distinguere tra "fast food e cinema" e "supermercati e negozi". Nel secondo caso è bene starne alla larga, anche perché si può andare nei supermercati e negozi tutta la settimana, mentre la domenica va santificata, come dice il comandamento. Come santificarla? Con il riposo, lo stare in famiglia, l'approfondimento della Parola di Dio e della Dottrina della Chiesa, atti di carità, lo svago. Appunto per quest'ultimo punto si possono frequentare "fast food e cinema", ma anche vedere partite di calcio, fare visite nei musei, passeggiate con le amiche, ecc.
Del resto l'astensione dal lavoro non è assoluta. Infatti il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2185 dice: «Durante la domenica e gli altri giorni festivi di precetto, i fedeli si asterranno dal dedicarsi a lavori o attività che impediscano il culto dovuto a Dio, la letizia propria del giorno del Signore, la pratica delle opere di misericordia e la necessaria distensione della mente e del corpo. Le necessità familiari o una grande utilità sociale costituiscono giustificazioni legittime di fronte al precetto del riposo domenicale. [...]».
È necessario quindi che lavorino i poliziotti (altrimenti la domenica sarebbe il giorno della delinquenza libera), gli infermieri (per assistere i pazienti negli ospedali), i medici (per operazioni non rimandabili, tipo trasfusioni di chi sta per morire dissanguato, operazione al cuore di chi ha un infarto, ecc.) e tutti quelli che devono garantire dei servizi ai cittadini, come i trasporti in treno, in autobus, taxi. Ma anche chi opera nel settore divertimento e svago può esercitare la sua professione di domenica: calciatori, ristoratori, ecc.
In questo senso il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2187 afferma, tra l'altro: «[...] Ogni cristiano deve evitare di imporre, senza necessità, ad altri ciò che impedirebbe loro di osservare il giorno del Signore. Quando i costumi (sport, ristoranti, ecc.) e le necessità sociali (servizi pubblici, ecc.) richiedono a certuni un...
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10 months ago
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Morale - BastaBugie.it
Amare i nemici e porgere l'altra guancia... cosa vuol dire in concreto?
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8028

AMARE I NEMICI E PORGERE L'ALTRA GUANCIA... COSA VUOL DIRE IN CONCRETO? di Giacomo Samek Lodovici
 
«Avete inteso che fu detto: "Occhio per occhio dente per dente", ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra»; addirittura, «Avete inteso che fu detto: "Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico"; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori»: così dice Gesù, realizzando una grandissima rivoluzione morale. Se infatti in Platone c'è un cenno, peraltro da interpretare, sul porgere l'altra guancia, il mondo greco-romano non ha mai concepito l'amore per il nemico. Ma che cosa significa il dovere di amare i propri nemici? In primo luogo vuol dire non odiarli. Ma vuol dire anche augurare loro ogni successo? E in guerra vuol dire abbracciare il pacifismo, rinunciare a combattere i nemici e lasciarsi sopraffare? Era questa una delle accuse mosse dai pagani ai cristiani, come riporta sant'Agostino nella Lettera 138. Ora, anzitutto, che cosa significa amare? Significa varie cose, ma, per quel che riguarda il nostro discorso, significa volere-desiderare del bene a qualcuno.
Dopodiché l'amore, di solito, si prodiga anche fattivamente per procurare il bene della persona amata, cerca concretamente di agire nel modo bene-volente che concretizza il desiderio di bene per qualcuno. Quindi, come si comprende anche dall'analisi dei termini usati per formulare questo dovere nel vangelo in greco e in latino (cfr. Giovanni Gobber, Ama il tuo nemico. Dilectio, «Vita e Pensiero», 30.12.2023, reperibile online), il dovere verso il nemico non è un obbligo di provare verso di lui slancio, trasporto, simpatia, eccetera.
LEGITTIMA DIFESA
Quanto al pacifismo, già sant'Agostino lo rigetta dicendo che «Se la dottrina cristiana condannasse ogni specie di guerre, ai soldati che nel Vangelo chiedono [a Gesù, n.d.a.] il consiglio per salvarsi, [egli, n.d.a.] prescriverebbe di gettar via le armi e di sottrarsi completamente agli obblighi del servizio militare. Invece [da Gesù, n.d.a.] è stato loro detto: "Non fate violenza a nessuno e non accusate falsamente nessuno; siate contenti della vostra paga" (Lc, 3,14)», perciò, conclude sant'Agostino, nel vangelo «evidentemente non si vieta di svolgere il servizio militare a coloro cui è comandato di accontentarsi della propria paga» (se essa è giusta). Il cristianesimo non è pacifista e giustifica l'uso della forza per legittima e proporzionata difesa. Del resto, anche Gesù ha usato la forza contro i mercanti del Tempio di Gerusalemme, per difendere i "diritti" di Dio e di coloro che al Tempio volevano esercitare il culto. Anche il Catechismo della Chiesa cattolica dice, al n. 2308, che, «una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa». E aggiunge al n. 2310 una serie di condizioni da rispettare per rendere lecito combattere una guerra, che deve avere solo una finalità difensiva. Una singola persona può sì anche decidere di non reagire a un'aggressione rivolta solo a lei, ma ha il dovere di reagire, anche con le armi, quando sono in pericolo coloro verso cui ha una responsabilità: è il dovere di un genitore verso i figli, di un soldato verso i cittadini, di un governante verso il suo popolo, eccetera. Così il Catechismo al n. 2265: «La legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere, per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l'ingiusto aggressore in stato di non nuocere. A questo titolo, i legittimi detentori dell'autorità hanno il diritto di usare anche le armi per respingere gli aggressori della comunità civile».
BENE MORALE, ETERNO, CONCRETOShow more...
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Il relativismo che non guasterebbe, oggi
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7965

IL RELATIVISMO CHE NON GUASTEREBBE, OGGI di Roberto Marchesini

Ve la ricordate la «dittatura del relativismo»? Era l'aprile del 2005, durante il conclave, quando il cardinale Joseph Ratzinger tenne una splendida omelia per la Missa pro eligendo Romano Pontifice (che poi fu lui stesso). A un certo punto, come una bomba, esplose una frase destinata a segnare il discorso pubblico: «Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie». E proseguiva: «Noi, invece, abbiamo un'altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. È Lui la misura del vero umanesimo». Divenne, quello, un grido di battaglia che fu subito colto da ampie parti del mondo cattolico: combattere la «dittatura del relativismo» affermare Cristo come Via, Verità e Vita dell'uomo. Bei tempi, quelli in cui c'era ancora una battaglia da combattere; quelli in cui c'era la dittatura del relativismo.
ASCOLTARE ANCHE L'ALTRA CAMPANA
La cultura moderna metteva in discussione l'egemonia culturale cattolica, chiedeva un ascolto rispettoso per culture altre, diverse dal cattolicesimo. La sola idea che l'errore non avesse diritti, compresi quelli costituzionali di espressione, era rifiutata come medievale, oscurantista eccetera eccetera. Erano anni che si tentava di scardinare quel punto, persino a scuola. Quanti di noi si sono sentiti ammonire: «Bisogna ascoltare anche l'altra campana»? In fondo, ognuno ha le sue ragioni, no? Bei tempi, quelli dell'altra campana...
E poi: come dimenticare il falso aforismo attribuito a Voltaire che recita: «Non sono d'accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire»? Che levatura morale, questi illuministi: tengono così tanto alla libertà d'espressione da dare la vita per garantirla anche a coloro che non la pensano come loro... E che grettezza, questi cattolici, intolleranti e illiberali, che hanno bruciato libri, liberi pensatori, fior di scienziati, eccetera, eccetera, eccetera. Bei tempi, quelli del «Non sono d'accordo ma...», buttato qua e là, a proposito e sproposito, come il prezzemolo.
Insomma: il mondo moderno, occidentale, liberale si è sempre posto in cattedra per quanto riguarda la libertà di parola, di espressione, di pensiero. Del resto, non si chiamavano liberali? Non chiedevano più libertà? Per tutti, ovvio. Per quasi tutti... Bei tempi, bei tempi. Purtroppo finiti. Già, perché adesso il mondo occidentale, il mondo libero, non è più molto intenzionato a sentire l'altra campana. Darebbero volentieri la vita... di chi non la pensa come loro. E il relativismo si è rivelato la dittatura più breve della storia dell'umanità.
UNA MANFRINA ACCHIAPPA GONZI
Adesso, nel mondo libero, se qualcuno osa esprimersi in modo non gradito subisce dei trattamenti sanitari obbligatori, perde il lavoro, finisce in galera. Magari per aver pregato (in silenzio) davanti a una clinica abortista. C'è chi finisce in galera per dei commenti sui social media, persino per dei «like». Imprenditori vengono arrestati perché, sui mezzi di comunicazione da loro creati, c'è troppa libertà d'espressione. Chi si illude che in Occidente ci sia libertà di parola rischia di venire additato come un agente al soldo di potenze straniere. Ci stupiamo? Del resto, sono anni, decenni che nel mondo libero esistono leggi che puniscono chi la pensa in un modo o nell'altro; che, se i cittadini votano in modo non gradito, devono rivotare o subiscono delle «sanzioni». La libertà d'espressione in Occidente è così sacra che si possono imbrattare impunemente capolavori d'arte e monumenti; ma basta manifestare per la parte sbagliata e si finisce manganellati, colpiti da cannoni d'acqua, ci si vede comminato un Daspo, nato come divieto di...
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Nuda in strada, per volere del guru
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7953

NUDA IN STRADA PER VOLERE DEL GURU di Raffaella Frullone

"Depurare il corpo" e "purificare l'anima" attraverso digiuni estremi, pratiche ascetiche durissime e distacco completo non solo dal mondo, ma da tutto quello che è stato il proprio passato e naturalmente relativi legami, che devono essere recisi. Il caso della presunta setta di Miggiano, nel leccese, guidata dal sedicente "guru Khadir" ha lo stesso copione che emerge - con sfumature e forme diverse - quando diventa cronaca. Normalmente nera. Come nel caso di Alex Marangon, 25enne veneto morto in circostanze ancora non del tutto chiare quest'estate mentre si trovava ad un non precisato raduno New Age a base di ayahuasca, guidato da uno sciamano che, sempre come da copione, nega qualunque coinvolgimento.
Questa volta sui giornali è finita una 36enne siciliana che si è trasferita a Miggiano, 3.000 abitanti in provincia di Lecce, per vivere in una sorta di comune gestita da tale Khadir, da cui la donna sarebbe stata psicologicamente dipendente, un santone, un maestro di vita, un guru che la teneva in pugno, tanto da convincerla a girare per strada completamente nuda. Sul caso lavora la procura di Foggia, le indagini sono scattate a partire dalla denuncia del padre di un 47enne, a sua volta ex membro della presunta setta, che lo scorso anno si sarebbe trasferito nella comunità e ne avrebbe sperimentato le imposizioni, cibo razionato, controllo sui movimenti, le attività, le relazioni. Incoraggiate quelle interne, riferiscono i giornali anche intime, vietate quelle con i non adepti.
Secondo un rapporto del Codacons stilato un paio d'anni fa, nel nostro Paese sono circa due milioni i cittadini sono coinvolti in più o meno costante nel fenomeno delle cosiddette "sette", ovvero organizzazioni spesso segrete dedite a culti e dottrine esoteriche, guidate da leader carismatici e alla continua caccia di adepti. Il dato tuttavia non tiene conto di tutte quelle realtà che si presentano in un modo che l'immaginario collettivo non assimila al concetto di setta, ovvero tutte quelle realtà che si presentano come pura avanguardia spirituale: la mindfulness, la cristalloterapia, le costellazioni, gong tibetano, la meditazione buddhista, i chakra, e chi più ne ha più ne metta.
Un esercito di adepti inconsapevoli che apparentemente svolgono una vita normale ma che probabilmente sono implicate in pratiche nella migliore delle ipotesi nebulose quando non proprio occulte. Nell'epoca dell'emotività imperante, del benessere individuale psicofisico come unica bussola, è facile cadere preda di imbonitori che fanno leva sulla fragilità, ma soprattutto che hanno chiaro che c'è un vuoto d'amore che viene riempito con il fenomeno del "love bombing", letteralmente un bombardamento d'amore che conquista la vittima fino a renderla dipendente psicologicamente.
Certo dovrebbe essere lampante che "purificare il corpo e l'anima" non può significare correre nuda per strada, allontanarsi dai legami di sempre, arrivare quasi a non mangiare, mortificare il corpo e o donarlo a sedicenti appartenenti alla comunità. Eppure la fragilità di oggi è tale, se ci si pensa, che trovarsi dentro una setta non è poi così improbabile. Perché quando si smette di credere in Dio, inevitabilmente si finisce col credere in qualunque altra cosa. O persona.
Nota di BastaBugie: l'autrice del precedente articolo, Raffaella Frullone, nell'articolo seguente dal titolo "Alex Marangon, gli sciamani e l'illusione della magia che cura" racconta nel dettaglio quello che è stato accennato nel precedente articolo.
Ecco l'articolo completo pubblicato sul sito del Timone il 10 luglio 2024:
La vicenda tiene banco da giorni su tutti i giornali. Gli elementi per il giallo dell'estate ci sono tutti: un ragazzo ucciso...
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Quando è lecito evadere le tasse?
VIDEO IRONICO: Lo Stato, il tuo socio nascosto ➜ https://www.youtube.com/watch?v=AcKgPI2HMSw&list=PLolpIV2TSebVSarVSJS-Gy5hJo3_40bhI

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7938

QUANDO E' LECITO EVADERE LE TASSE?
Secondo San Tommaso è lecito disobbedire a leggi dannose ed è doveroso se sono immorali 
di Don Stefano Bimbi
Un artigiano aveva completato dei lavori nella casa di un uomo che insegnava catechismo in parrocchia. Aveva chiesto al cliente se preferisse pagare senza fattura in modo da potergli fare uno sconto, ma la risposta fu che non esistono solo i peccati di natura sessuale, ma anche quelli legati alla violazione delle norme fiscali. Il catechista era convinto di aver fatto il proprio dovere di cristiano. Ma chi aveva ragione: l'artigiano o il catechista?
Prima di affrontare direttamente il dilemma, è necessario distinguere tra due tipi di leggi: quelle naturali e quelle positive. Le prime sono insite nella natura umana, cioè scritte da Dio nel cuore di ogni uomo, credente o non credente che sia. Le troviamo riassunte nei dieci comandamenti e sono valide per tutti gli uomini. Rappresentano le fondamenta della convivenza civile, senza le quali si cadrebbe nella legge del più forte. Tuttavia, le leggi naturali forniscono solo linee guida generali, senza regolamentare dettagliatamente le questioni pratiche. Ad esempio, è ovvio che per utilizzare veicoli nelle strade occorre una regolamentazione, altrimenti si violerebbe il principio del "non uccidere". La legge naturale non prescrive se bisogna usare la corsia di destra o di sinistra, arrestarsi al semaforo quando è rosso o verde. Questo è compito della legge positiva, ossia posta dall'autorità civile, per garantire nella pratica i principi della legge naturale. Di conseguenza, gli individui non sono obbligati sotto pena di peccato a rispettare solo la legge naturale, ma anche quella positiva, altrimenti regnerebbe il caos. Questo perché ogni forma di autorità deriva da Dio e pertanto merita rispetto. Come afferma san Paolo: «Infatti non c'è autorità se non da Dio: quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all'autorità, si oppone all'ordine stabilito da Dio» (Rm 13, 1b-2a).
Ma siamo sempre tenuti ad obbedire alla legge? Alla legge naturale, sì. Non si può mai uccidere un innocente, ad esempio un bambino concepito, nemmeno se la mamma è stata stuprata o se il bambino presenta malformazioni. Invece per quanto riguarda le leggi positive, dipende. Quando Hitler ordinò l'olocausto degli ebrei, le sue leggi erano state promulgate in modo legittimo, da un parlamento democraticamente eletto. Tuttavia, ciò non significa che le sue leggi dovessero essere rispettate in quanto contrarie alla legge naturale. Stessa cosa vale per le leggi attuali sull'aborto. Risulta dunque evidente che l'autorità civile deve essere rispettata, ma non in ogni caso.
QUANDO SI PUÒ VIOLARE UNA NORMA GIURIDICA?
Esaminiamo i due casi in cui è lecito violare una legge positiva, secondo gli insegnamenti di san Tommaso d'Aquino.
Il primo caso riguarda le leggi positive emanate dall'autorità civile che sono contrarie alla legge morale naturale, alla legge divina o a quella ecclesiastica (come, ad esempio, se uno Stato imponesse il divieto di partecipare alla Messa la domenica). In questo caso non si deve obbedire ad esse. Poiché lo Stato è subordinato sia a Dio che alla Chiesa, non è lecito disobbedire all'ordine di un superiore per seguire quello di un inferiore. Nei casi in cui vi sia conflitto tra la legge dello Stato e quella naturale (o divina o ecclesiastica), la legge statale non solo perde la sua forza vincolante, ma è addirittura obbligatorio trasgredirla. Se uno Stato costringesse i medici a prescrivere contraccettivi o a praticare aborti, essi non solo avrebbero la facoltà, ma il dovere morale di violare tali leggi. Chi non lo facesse commetterebbe peccato.
Se adesso è chiaro...
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L'uomo mediocre è moderato, il cattolico invece è animato da santa intransigenza
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7939

L'UOMO MEDIOCRE E' MODERATO, IL CATTOLICO INVECE E' ANIMATO DA SANTA INTRANSIGENZA
L'intransigenza è la fermezza con cui si difendono le proprie idee. E' santa quando queste idee sono religiose. Non di una religione qualunque, ma di quella vera, fondata da Gesù Cristo, Uomo-Dio, Redentore del genere umano. La maggiore intransigenza che si possa immaginare è espressa dai dogmi della Chiesa cattolica, che sono talmente veri da essere definiti come infallibili.
Per difendere il nome di Cristo e il Suo insegnamento, innumerevoli cristiani hanno affrontato persecuzioni, sofferenze e morte nel corso della storia. I martiri sono stati testimoni di Cristo, unica Via, Verità e Vita (Gv, 14, 8). All'epoca dell'Impero romano, come in quella odierna del relativismo, si riteneva che tutte le religioni dovessero essere equiparate. Nel Pantheon antico tutte le religioni dovevano subordinarsi al culto della dea Roma; nel Pantheon moderno devono subordinarsi al culto del relativismo che, negando a ogni religione, il diritto di definirsi assolutamente vera, le proclama tutte false. Per questo la società moderna può essere qualificata come intrinsecamente atea, anche se la dittatura del relativismo non arriva ancora alle persecuzioni cruente dei primi secoli della Chiesa.
Coloro che abbracciano in pieno la filosofia del relativismo sono una minoranza, come sono una minoranza coloro che si comportano con santa intransigenza nell'ora attuale. La maggior parte degli uomini, oggi come allora, è fatta di mediocri, che odiano tutto ciò che porta allo scontro delle idee. L'uomo mediocre è colui che odia gli uomini a lui superiori, perché la loro presenza turba la sua tranquillità, che non è la "tranquillitas ordinis" classica, cioè la pace assicurata dall'ordine dei valori assoluti, ma è quella del proprio egoistico interesse. L'uomo superiore è invece colui che segue una regola di vita e di pensiero alta e disinteressata. E' un uomo di idee ferme e coerenti, di princìpi vissuti.
L'UOMO MEDIOCRE AMA PRESENTARSI COME MODERATO
Lo scrittore francese Ernest Hello ha dedicato pagine memorabili all'"uomo mediocre". L'uomo mediocre - scrive Hello - è quello che vive nella paura di compromettersi. Ha paura delle polemiche, delle controversie. Detesta il genio e la virtù, ama la moderazione e quello che chiama il "giusto mezzo". Una sua caratteristica è la deferenza che ha per l'opinione pubblica. Non parla, ripete. Rispetta coloro che hanno successo, ma ha timore di coloro che sono combattuti dal mondo. Arriverebbe a fare la corte al suo peggiore nemico se questi fosse omaggiato dal mondo, ma è pronto a prendere le distanze dal suo migliore amico quando il mondo lo attacca.
L'uomo mediocre ama presentarsi come "moderato". La moderazione, quando è vera, è una virtù, ma non ha nulla a che fare con il "moderatismo", che è invece una pratica di vita, che si oppone all'intransigenza di chi combatte per difendere la verità. All'ipermoderato la verità sembra un eccesso, come del resto l'errore.
In un articolo pubblicato sulla rivista "Catolicismo" nel settembre 1954, il prof. Plinio Corrêa de Oliveira, spiegava bene come "la caratteristica propria del moderatismo è quella di condurre in pratica ad una posizione "terzaforzista", intermedia tra la verità e l'errore, tra il bene e il male. Se ad un estremo sta la Città di Dio, i cui figli cercano di diffondere il bene e la verità in tutte le forme, e se all'altro estremo sta la Città di Satana, i cui seguaci cercano di diffondere l'errore ed il male in tutte le forme, è chiaro che la lotta tra queste due città è inevitabile: due forze, operando sullo stesso campo e in sensi opposti, debbono necessariamente combattersi. Da questo si deduce che non può darsi diffusione della verità e del bene che...
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L'importanza della lotta contro la tiepidezza
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7905

L'IMPORTANZA DELLA LOTTA CONTRO LA TIEPIDEZZA di Veronica Rasponi

La tiepidezza è una malattia spirituale che indebolisce le forze dell'anima e apre la strada al peccato. Nostro Signore la denuncia con queste parole: «Conosco le opere tue e che non sei né freddo né caldo, Sarebbe meglio che tu fossi o freddo o caldo, Ora perché sei tiepido, né freddo né caldo, comincerò a vomitarti dalla mia bocca» (Apoc., 3, 15-16). Alla tiepidezza si oppone il fervore che apre a sua volta la strada alla perfezione cristiana.
Tra gli autori spirituali che più combatterono la tiepidezza fu sant'Antonio Maria Zaccaria, uno dei grandi esponenti della Riforma cattolica del XVI secolo, nato a Cremona nel 1502 e morto a soli 36 anni a Guastalla nel 1539. Cappellano della contessa Ludovica Torelli (1500-1569), attorno al 1530 fondò a Milano un sodalizio spirituale che comprendeva al suo interno tre Collegi, uno di sacerdoti (i Chierici regolari di San Paolo, noti come Barnabiti, perché presero dimora definitiva presso la chiesa di San Barnaba), uno di religiose (le Angeliche di San Paolo) e uno di laici (i Coniugati o Maritati di San Paolo).
Esce ora una nuova edizione commentata de Gli scritti di sant'Antonio Maria, a cura dei padri Antonio Gentili e Giovanni Scalese (Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 2024, pp. 1148, euro 60). L'opera, suddivisa in paragrafi e versetti, e accompagnata da abbondanti note esplicative e da utili Excursus, è di lettura impegnativa, ma ci fa conoscere più profondamente la fisionomia spirituale di questo grande santo, che affidò ai suoi figli spirituali la missione di distruggere la «maggior nemica di Cristo crocifisso», «la tiepidezza» e «annunciare la vivezza spirituale e lo spirito vivo dappertutto».
Le pagine più interessanti sono proprio quelle dedicate alla «tiepidezza» (in particolare pp. 1004-1011). Ecco alcuni degli Aforismi del fondatore dei Barnabiti: «La tiepidezza è un'eresia diffusa in tutto il mondo, non perseguitata dagli inquisitori, ma abbracciata dal demonio»; «La tiepidezza è un accecamento della mente. Perciò il tiepido è sempre distratto con la mente e privo dell'attenzione interiore»; «Il tiepido, apparentemente, sembrerebbe aver cura del culto divino, ma solo quanto alle cerimonie esteriori e in modo ripetitivo»; «La tiepidezza incomincia nella disattenzione, prosegue nell'oscurità della mente, finisce nell'accecamento dell'intelletto»; «La madre della tiepidezza è l'ingratitudine per i benefici divini; le sue compagne sono la sensualità, la curiosità e le distrazioni; la (sua) nutrice è la confidenza nella bontà divina, basata su qualche opera buona e sulla convinzione che sia sufficiente evitare i peccati gravi, come se la tiepidezza non fosse un peccato grave»; «Se non ti risollevi subito dalla tiepidezza, proverai maggiore fatica a tornare al primo fervore; perché la tiepidezza, più di tutte le infermità spirituali, è molto lontana dalla guarigione»; «Se tu hai promesso a Dio di volere sempre progredire e fuggire la tiepidezza, non tardare a metterlo in pratica: perché come dice il Sapiente, dispiace a Dio la promessa stolta e infedele».
Una delle cause profonde della crisi religiosa contemporanea è che, come già accadde nel XVI secolo, al fervore di chi serve il male non si contrappone il fervore, ma la tiepidezza, di chi dice di voler servire il bene. Le parole di sant'Antonio Maria, ci giungono dunque di sprone, in un momento in cui la Chiesa ha bisogno, come allora, di una profonda riforma interna. Zaccaria, sottolineano giustamente gli autori di questo importante volume, «non fu l'uomo della rottura, ma della continuità: un riformatore che voleva rinnovare la Chiesa traendo l'ispirazione e la spinta dalla tradizione della Chiesa stessa, e non un rivoluzionario,...
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Cosa può insegnarci un orologio trovato nel deserto?
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7899

COSA PUO' INSEGNARCI UN OROLOGIO TROVATO NEL DESERTO?
Una storiella edificante ci spiega che se ci meravigliamo studiando il meccanismo di un orologio e siamo certi dell'esistenza del suo artefice anche se non lo vediamo, ne consegue che...
di Padre Gnarocas
Tre arabi viaggiavano nel deserto sconfinato, sotto i raggi ardenti del sole, quand'ecco sull'arida sabbia essi scorgono qualche cosa che riluce vivamente.
Si fermano osservando attentamente, ed oh! Meraviglia, un bellissimo orologio d'oro!
Uno di essi si china e lo raccoglie e lo mostra ai compagni. Nessuno dei tre aveva mai visto un orologio; sicché, meravigliatissimi, non sapevano che cosa pensare su quel meraviglioso oggetto. L'osservarono a lungo con grande curiosità, li girarono per ogni verso, e, quando udirono il tic-tic del movimento interno e si accorsero che le sfere si muovevano, ebbero una gran voglia di vedere che cosa vi fosse all'interno di quella meravigliosa scatolina.
Dopo aver frugato per un bel pezzo, finalmente riuscirono ad aprirlo. Al vedere quell'insieme di rotelline, di spirali, di pezzetti di metallo disposti con tanto ordine e precisione fecero mille esclamazioni di meraviglia.
Come mai un oggetto costruito con tanta precisione si trova qui, abbandonato sull'arida sabbia del deserto?
- Certamente qualche viaggiatore, che ha attraversato il deserto prima di noi, ha perduto questo tesoro.
- Ma non potrebbe essere sta to prodotto dalla sabbia del deserto?
- No, no, impossibile, impossibilissimo; un meccanismo cosi perfetto non può essere prodotto alla sabbia arida e inerte, questo oggetto è stato fabbricato da una persona molto intelligente.
- Ma noi non abbiamo visto il bravo artista che ha fabbricato questo meccanismo, e che ha messo insieme queste rotelline.
- E che importa se non l'abbiamo visto noi? L'artista sarà in paesi lontani, lontanissimi, ma certamente egli deve esistere.
E i tre arabi continuarono il loro viaggio, portando con sé il piccolo tesoro, che avevano trovato. E più osservavano quell'orologio e più si persuadevano che doveva essere opera di una persona molto intelligente.
Infine uno di essi esclamò: "Varrebbe la pena fare un lungo viaggio per andare in traccia di colui, che ha fabbricato questo oggetto, per rendere a sì grande artista l'onore che merita".
Quei tre arabi ragionavano molto rettamente; ma se noi, in una notte serena, solleviamo gli occhi verso il cielo stellato, dobbiamo restare colpiti da meraviglia infinitamente più grande di quella che ebbero i tre arabi nel trovare l'orologio.
Miliardi e miliardi di astri formano nello spazio infinito mille volte più perfetto di quello di un orologio; e noi, contemplando questo meccanismo celeste, dobbiamo concludere, con più ragione dei tre arabi: "Certamente questo meraviglioso meccanismo è stato creato da un Essere sapientissimo. Certamente questo Essere sapientissimo deve esistere, e anche se non l'avesse visto mai nessuno, sarebbe ugualmente certa la sua esistenza. Vale ben la pena di fare lunghi studi per cercare, per conoscere, questo Essere supremo per rendergli l'onore che merita".

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Frenare la propria lingua è la cosa più difficile
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FRENARE LA PROPRIA LINGUA E' LA COSA PIU' DIFFICILE
Come il morso orienta il cavallo dove vuole il padrone, così la lingua può orientare l'uomo alla virtù o a soddisfare le passioni a seconda se è tenuta a freno oppure no
di Don Dolindo Ruotolo
"Perché tutti quanti inciampiamo in molte cose: Se uno non inciampa con la parola, questi è un uomo perfetto, capace di tenere a freno tutto il corpo. Ecco: Noi mettiamo il morso in bocca ai cavalli per renderceli obbedienti, e possiamo condurre dove ci pare tutto il loro corpo" (Gc 3, 2-3).
Se si riflette, infatti, e se facciamo appello alla nostra medesima esperienza, la cosa più difficile a dominarsi è proprio la lingua.
Nelle discussioni o nelle contese noi sentiamo un impeto irresistibile a rispondere, a ribattere appena ci sorge nell’anima un pensiero; impeto tanto irresistibile, che noi ci sentiamo intimamente contenti e soddisfatti di aver parlato, di aver risposto, di aver rimbeccato, e tanto soddisfatti da sentire il bisogno di dirlo agli altri, esclamando anche al primo che capita: "Ben fatto, gliel’ho detto; io... crepavo se non glielo dicevo; io sono Franco, non ho peli sulla lingua, e quello che sento dentro debbo metterlo fuori" e simili vivaci e taglienti espressioni che manifestano di quale forza è l’impeto della lingua, e come il saperlo frenare è segno di perfezione interiore e di completo dominio delle nostre passioni.
Tutte le passioni, infatti, trovano nella parola la loro espressione e il loro incentivo.
La superbia e la vanagloria suggeriscono alla parola la propria lode; l’invidia spinge alla maldicenza e alla calunnia; l’avidità del guadagno spinge alla menzogna e alla frode; l’ira all’ingiuria e alla bestemmia; l’ozio al pettegolezzo, alla chiacchiera frivola, ai giudizi avventati e infine la lussuria vi trova la causa del suo risveglio e il suo sfogo scandaloso con i discorsi impuri, le parole a doppio senso o la rievocazione di peccati commessi o di avventure "galanti".
Perciò il Siracide si domanda: "Chi non inciampa nel conversare?" (Sir 19,16). E Gesù Cristo dice: "Dall’abbondanza del cuore parla la lingua" (Mt 12,34). E ancora, considerando la lingua come espressione dei peccati dei quali si deve rendere conto a Dio nel giudizio, proclama solennemente: "In verità vi dico che di ogni parola oziosa che l’uomo avrà proferita, renderà conto nel giorno del giudizio" (Mt 12,36). E ancora: "Ciò che esce dalla bocca renderà impuro l’uomo" (Mt 15,11).
San Giacomo per mostrare come è necessario dominare la lingua, perché per essa l’uomo esprime e fomenta le passioni, porta alcuni paragoni che fanno capire, come la lingua, per piccola che sia come muscolo, può determinare o esprimere l’indirizzo della vita, e dice: "Noi mettiamo il morso in bocca ai cavalli per renderceli obbedienti, e possiamo condurre dove ci pare tutto il loro corpo" (provvidenzialmente la dentatura del cavallo è adatta a portare il morso: essa, infatti, contiene sei incisivi nella parte superiori che sono adattissimi a strappare le erbe; i canini sono piccolissimi o addirittura mancano, e di conseguenza lasciano una zona semivuota o vuota tra gli incisivi e i molari, dove si adatta e può stare il morso; i molari sono larghi e grossi con ripiegature nello smalto, e perciò adatti a triturare l’erba; sono dodici sopra e sotto; il morso, tirato in un senso o in un altro, costringe il cavallo per il dolore o per il fastidio che gli procura lo strappo, a voltarsi secondo la direzione voluta da chi lo guida).
Così la lingua, adoperata per il male o per il bene, orienta l'uomo al male o al bene, come il morso orienta il cavallo con tutto il suo corpo, dove vuole il padrone.
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Boxe: è giusto che un uomo picchi una donna?
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BOXE: E' GIUSTO CHE UN UOMO PICCHI UNA DONNA? CHE DUE DONNE FACCIANO A BOTTE? E DUE UOMINI? di Fabio Fuiano

Lo scorso primo agosto si è disputato, in occasione delle Olimpiadi di Parigi, un incontro di pugilato tra Angela Carini e Imane Khelif che ha suscitato un acceso dibattito sulla disparità biologica tra i contendenti. Un dibattito che, purtroppo, è rimasto su un piano superficiale e opinabile, anche a causa di elementi di informazione insufficienti per poter prendere una posizione equilibrata. Con questo articolo si tralascerà volutamente la questione relativa all'identità sessuale di Imane Khelif, o la valutazione sull'opportunità che un tale personaggio possa essere adatto a partecipare ad un incontro di boxe in tale o tal altra categoria. Queste sono questioni particolari che, molto opportunamente, vanno lasciate alla scienza medica, perfettamente in grado, alla luce dei progressi della genetica, di stabilire il genotipo di qualsiasi essere umano. Lo sforzo da fare è quello di ricondurre l'intera vicenda a principi generali che, in quanto tali, non possono essere messi in discussione.
Anzitutto, è fondamentale ribadire l'esistenza di una natura umana, oggettiva e immutabile, con una conseguente legge morale naturale che ingiunge all'uomo di agire conformemente a tale natura se vuol conseguire il proprio fine ultimo. Secondariamente, bisogna domandarsi se, tra gli sport esistenti, la boxe sia o meno conforme alla natura umana e, particolarmente, a quella femminile. Ecco il nocciolo della questione: se la risposta a tali interrogativi è negativa, allora si possono tranquillamente tralasciare tutte le discussioni conseguenti.
LA DOTTRINA DELLA CHIESA
La Dottrina della Chiesa in merito al tema dello "sport" ha avuto il suo sviluppo con i pontificati di San Pio X e i successivi. In particolare, papa Sarto, pur rilevando gli aspetti positivi dello sport, rivolgeva ai partecipanti al Concorso Internazionale di Ginnastica del 27 settembre 1908 l'invito a «non passare i confini della prudenza, non esporsi a pericoli» recando danno alla propria salute.
Nel suo Discorso agli sportivi romani del 20 maggio 1945, Pio XII parlava positivamente di uno sport che «concorre ad elevare il valore spirituale dell'uomo e, quel ch'è più, lo orienta verso una nobile esaltazione della dignità, del vigore e della efficienza di una vita pienamente e fortemente cristiana». Al tempo stesso, il Papa ricordava come questa concezione cristiana fosse lontana da quel materialismo «per il quale il corpo è tutto l'uomo! Ma come è anche aliena da quella follia di orgoglio, che non si rattiene dal rovinare con uno strapazzo insano le forze e la salute dello sportivo, per conquistare la palma in una gara di pugilato o di velocità, e lo espone talvolta temerariamente anche alla morte! Lo "sport" degno di questo nome rende l'uomo coraggioso di fronte al pericolo presente, ma non lo autorizza a sfidare senza una ragione proporzionata un grave rischio; il che sarebbe moralmente illecito».
Per quel che attiene alla boxe, la Chiesa ha spesso espresso la sua condanna per due principali ragioni:
1) perché richiede, per poter essere svolta, un confronto violento con l'avversario, mettendone in pericolo l'incolumità, se non la vita stessa;
2) a causa del clima di eccitazione violenta che esso provoca tra gli spettatori, analogo ai giochi gladiatori già condannati da sant'Agostino.
Basti ricordare, a questo proposito, un articolo dell'Osservatore Romano del 15 febbraio 1933 in cui si descrive «quel popolo che invade, assiepa, riempie sino all'impossibile gli stadi [...] pronto a dirsi truffato se la rissa coi guantoni non ha spaccato sopracciglia, infranto nasi, slogato mascelle, rotto costole, pesto almeno un occhio, regalata...
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Va bene fa caldo, ma salviamo la decenza
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L'ETERNA SFIDA DEI GIOVANI CONTRO I VECCHI di Roberto Marchesini

Girano diversi articoli nei quali si riportano frasi vecchie di secoli nelle quali alcuni barbogi si lamentano dei giovani. Ad esempio Aristotele: «I giovani sono magnanimi; poiché non sono ancora stati umiliati dalla vita, anzi sono inesperti delle ineluttabilità, e il ritenersi degni di grandi cose è magnanimità: e ciò è proprio di chi è facile a sperare [...]. Essi credono di sapere tutto e si ostinano al proposito; questa è appunto la causa del loro eccesso in tutto»; oppure Orazio: «Questa gioventù di sbarbati... non prevede ciò che è utile, sperperando i suoi soldi».
Lo scopo di queste citazioni è più o meno questo: i vecchi si sono sempre lamentati dei giovani, eppure il mondo è ancora qui. I vecchi non amano i cambiamenti e rimpiangono la loro gioventù; per questo il loro mondo gli sembra migliore dell'attuale. Sì, può essere: in effetti in molti considerano infanzia e giovinezza come un periodo bello della loro vita; attribuiscono quindi a quegli anni la bellezza che, invece, era solo nei loro occhi. Tuttavia... se questo bias esiste, non esiste solo per i vecchi: anche i giovani potrebbero leggere con gli occhi della bellezza un mondo e un'epoca che così bella forse non è. Quindi: uno e uno, palla al centro.
I boomer, tuttavia, potrebbero a loro volta obiettare che loro sanno com'era il passato, mentre i giovani non lo sanno. Solo chi ha vissuto il passato può confrontarlo con il presente in modo credibile. A loro volta, i giovani potrebbero replicare «Ok, boomer», aggiudicandosi la partita: coi vecchi è inutile parlare, non sanno niente e non capiscono niente.
È, dunque, un problema insolubile?
Da una parte, la contrapposizione tra generazioni è un tema che ritorna ciclicamente (non so quanto in modo spontaneo) nei momenti turbolenti: negli anni della contestazione i giovani dicevano più o meno le stesse cose dei «matusa». Dall'altro lato, credo che si tratti della solita questione: pensiero classico contro pensiero moderno. Questi due pensieri hanno una concezione del tempo, naturalmente, opposta.
Il pensiero classico è attraversato dal mito dell'età dell'oro, età del latte e del miele che, progressivamente, è degradata. Il cristianesimo fa riferimento, all'origine dei tempi, nientemeno che al paradiso terrestre, nel quale gli uomini erano più vicini a Dio non solo cronologicamente o fisicamente, ma anche ontologicamente. Dal peccato originale e dalla cacciata, la storia dell'umanità è una progressiva decadenza e un allontanamento dal progetto originario di Dio. Si potrebbe obiettare: ci sono stati dei picchi come il Medioevo e la Controriforma.
Ora: io adoro l'architettura gotica e l'arte barocca, dal punto di vista artistico sono indubbiamente delle vette. Tuttavia, come faceva notare qualcuno: davvero i quadri di Caravaggio o le composizioni del Palestrina inducono all'elevazione spirituale? Bisogna riconoscere che l'architettura romanica, il canto gregoriano e ambrosiano, hanno una valenza spirituale superiore. E poi? Esaurita anche la spinta controriformistica? Un progressivo e inesorabile allontanamento dal progetto originario di Dio. Ma Dio stesso è venuto sulla terra! Certo, ma per spalancarci le porte del Cielo, non per migliorare questa valle di lacrime.
Opposta la visione del tempo della modernità: che si faccia riferimento a Comte, a Darwin, Hegel o a Marx, per la modernità ciò che è attuale è necessariamente meglio di ciò che è stato. Le «magnifiche sorti e progressive» cantate (ironicamente?) da Leopardi (Giacomo).
Quindi: per chi è nato e cresciuto in un mondo che, anche solo per inerzia, era ancora un mondo classico (greco, romani e cristiano) è facile pensare che «prima della guerra anche il...
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Morale - BastaBugie.it
L'eterna sfida dei giovani contro i vecchi
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L'ETERNA SFIDA DEI GIOVANI CONTRO I VECCHI di Roberto Marchesini

Girano diversi articoli nei quali si riportano frasi vecchie di secoli nelle quali alcuni barbogi si lamentano dei giovani. Ad esempio Aristotele: «I giovani sono magnanimi; poiché non sono ancora stati umiliati dalla vita, anzi sono inesperti delle ineluttabilità, e il ritenersi degni di grandi cose è magnanimità: e ciò è proprio di chi è facile a sperare [...]. Essi credono di sapere tutto e si ostinano al proposito; questa è appunto la causa del loro eccesso in tutto»; oppure Orazio: «Questa gioventù di sbarbati... non prevede ciò che è utile, sperperando i suoi soldi».
Lo scopo di queste citazioni è più o meno questo: i vecchi si sono sempre lamentati dei giovani, eppure il mondo è ancora qui. I vecchi non amano i cambiamenti e rimpiangono la loro gioventù; per questo il loro mondo gli sembra migliore dell'attuale. Sì, può essere: in effetti in molti considerano infanzia e giovinezza come un periodo bello della loro vita; attribuiscono quindi a quegli anni la bellezza che, invece, era solo nei loro occhi. Tuttavia... se questo bias esiste, non esiste solo per i vecchi: anche i giovani potrebbero leggere con gli occhi della bellezza un mondo e un'epoca che così bella forse non è. Quindi: uno e uno, palla al centro.
I boomer, tuttavia, potrebbero a loro volta obiettare che loro sanno com'era il passato, mentre i giovani non lo sanno. Solo chi ha vissuto il passato può confrontarlo con il presente in modo credibile. A loro volta, i giovani potrebbero replicare «Ok, boomer», aggiudicandosi la partita: coi vecchi è inutile parlare, non sanno niente e non capiscono niente.
È, dunque, un problema insolubile?
Da una parte, la contrapposizione tra generazioni è un tema che ritorna ciclicamente (non so quanto in modo spontaneo) nei momenti turbolenti: negli anni della contestazione i giovani dicevano più o meno le stesse cose dei «matusa». Dall'altro lato, credo che si tratti della solita questione: pensiero classico contro pensiero moderno. Questi due pensieri hanno una concezione del tempo, naturalmente, opposta.
Il pensiero classico è attraversato dal mito dell'età dell'oro, età del latte e del miele che, progressivamente, è degradata. Il cristianesimo fa riferimento, all'origine dei tempi, nientemeno che al paradiso terrestre, nel quale gli uomini erano più vicini a Dio non solo cronologicamente o fisicamente, ma anche ontologicamente. Dal peccato originale e dalla cacciata, la storia dell'umanità è una progressiva decadenza e un allontanamento dal progetto originario di Dio. Si potrebbe obiettare: ci sono stati dei picchi come il Medioevo e la Controriforma.
Ora: io adoro l'architettura gotica e l'arte barocca, dal punto di vista artistico sono indubbiamente delle vette. Tuttavia, come faceva notare qualcuno: davvero i quadri di Caravaggio o le composizioni del Palestrina inducono all'elevazione spirituale? Bisogna riconoscere che l'architettura romanica, il canto gregoriano e ambrosiano, hanno una valenza spirituale superiore. E poi? Esaurita anche la spinta controriformistica? Un progressivo e inesorabile allontanamento dal progetto originario di Dio. Ma Dio stesso è venuto sulla terra! Certo, ma per spalancarci le porte del Cielo, non per migliorare questa valle di lacrime.
Opposta la visione del tempo della modernità: che si faccia riferimento a Comte, a Darwin, Hegel o a Marx, per la modernità ciò che è attuale è necessariamente meglio di ciò che è stato. Le «magnifiche sorti e progressive» cantate (ironicamente?) da Leopardi (Giacomo).
Quindi: per chi è nato e cresciuto in un mondo che, anche solo per inerzia, era...
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Il governo Meloni dichiara illegale la cannabis
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IL GOVERNO MELONI DICHIARA (DI NUOVO) ILLEGALE LA CANNABIS (COSIDDETTA) LIGHT di Giuliano Guzzo

«La cannabis light è fuori legge, passa l'emendamento del governo. A rischio 11.000 posti di lavoro». Per come la mette Repubblica, sembra che il Governo Meloni - peraltro lo stesso che ha portato l'occupazione al record di oltre il 62% - si sia messo in testa di creare un po' di disoccupati e, non sapendo come fare, ha pensato bene di prendersela con un settore a caso: quello che, dalla cosmesi all'erboristeria agli integratori alimentari fino al florovivaismo, ruota attorno alle sostanze derivate dalla pianta di canapa. In realtà, come spesso capita, le cose sono un po' più complesse di quelle raccontate dal quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Vediamo perché.
Tanto per cominciare, c'è da dire che il mercato della "cannabis light" è qualcosa di molto recente nel nostro Paese, essendo la legislazione attuale risalente a meno di dieci anni fa, precisamente alla legge 242 del 2016. Quindi non parliamo esattamente di un architrave del nostro sistema economico; soprattutto, non parliamo - altra cosa che molti fingono di non vedere - di un settore privo di rischi per il bene comune. Basti infatti vedere che cosa, quando il ministro della Salute era Giulia Grillo (non una scatenata proibizionista, ma una esponente del Movimento 5 Stelle), affermava proprio sulla "cannabis light" il Consiglio superiore di Sanità.
Il riferimento è qui al parare del 10 aprile 2018, quando appunto il Consiglio superiore di Sanità ha scritto nero su bianco di ritenere «che la vendita dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, in cui viene indicata in etichetta la presenza di "cannabis" o "cannabis light" o "cannabis leggera", in forza del parere sopra espresso circa la loro pericolosità, qualunque ne sia il contenuto percentuale di Thc, pone certamente motivo di preoccupazione». Nello stesso parere si raccomandava di attivare «nell'interesse della salute individuale e pubblica e in applicazione del principio di precauzione, misure atte a non consentire la libera vendita dei suddetti prodotti».
Per pervenire a queste conclusioni, ci si è basati sulle seguenti considerazioni: nonostante la bassa concentrazione di Thc nella "cannabis light", esistono molti fattori che ne rendono variabile l'assorbimento e la quota finale circolante nel sangue; lo stesso Thc e altre sostanze contenute nella "cannabis light" possono facilmente accumularsi nei tessuti dell'organismo, specie nel grasso e nel cervello, raggiungendo concentrazioni molto superiori a quelle rilevate nel sangue; il consumo avviene al di fuori di ogni controllo, per cui non è possibile verificare quanto prodotto effettivamente sia assunto, compensando con la quantità la scarsa concentrazione di Thc.
Da quel dunque articolare parere, il ministro Grillo - serve forse dirlo? - aveva preso subito le distanze, ma il Consiglio superiore di Sanità era stato chiaro. Allo stesso modo sono chiare le evidenze di una ricerca del dottor Giovanni Serpelloni - direttore dell'Uoc Dipendenze di Verona e attivo anche presso il Dp Institute dell'Università della Florida - che ha messo in luce come dalla "cannabis light", attraverso strumenti specifici, si possa agevolmente estrarre e concentrare il Thc, ottenendo così una sostanza alterante dannosa per la salute. Dunque tutto si può dire fuorché che il mercato che ruota attorno alla "cannabis light" equivalga a qualsiasi altro.
Sempre il dottor Serpelloni aveva commentato: «Mi chiedo perché il Ministero della Salute non abbia ascoltato le indicazioni scientifiche di un Consiglio che riunisce i maggiori scienziati del Paese in termini di salute pubblica. Anche solo per coerenza la cannabis light non dovrebbe essere vendibile,...
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