
«Esiste tra l'atto d'amore e le pratiche di un torturatore una somiglianza impressionante», sentenziava il poeta preferito del mio sposo; avevo avuto modo di constatare parte di quella analogia sul mio letto di nozze. E ora la candela che stringevo mi rivelava la sagoma di un tavolo del supplizio. C'era anche una grande ruota, simile a quelle che avevo visto nelle litografie dei santi martiri, tra le raccolte di agiografie della mia vecchia nutrice. Poi, per un istante appena prima che la fiammella si spegnesse e io restassi immersa nell'oscurità più totale, scorsi i contorni di una figura metallica, chiusa da cerniere sul fianco e che sapevo dotata di punte acuminate al suo interno, quello strumento che porta il nome di Vergine di Ferro. Buio totale. E, tutto intorno, i ferri della mutilazione. Le pareti di questa spoglia camera di tortura erano in pietra viva e luccicavano come se trasudassero terrore. Ai quattro angoli della stanza erano collocate delle urne funerarie, forse etrusche e, sui treppiedi di ebano, incensieri fumanti lasciati da lui a riempire la stanza di tanfo sacerdotale. Vidi che tavolo, ruota e Vergine di Ferro erano disposti con una grandiosità adatta a delle statue, cosa che per un attimo mi confortò persuadendomi di essere al cospetto di un minuscolo museo della sua perversione, un luogo nel quale egli avesse installato quelle mostruosità solo allo scopo di contemplarle. Tuttavia al centro della stanza si ergeva un catafalco, una bara sinistra e presaga, di fattura rinascimentale, circondata da alti ceri bianchi. Ai piedi del feretro, stava un gran fascio di gigli identici a quelli di cui mi aveva riempito la stanza: erano sistemati in un vaso enorme smaltato di un rosso color sangue. Mi mancava il coraggio di guardare nel catafalco, ma sapevo di doverlo fare.»
Questo era un estratto de “La camera di sangue” di Angela Carter, opera vincitrice del Chelenham Festival Of Literature Award nel 1979 che Nicoletta Vallorani ha deciso di portare oggi.
Nicoletta Vallorani è professoressa di Letteratura inglese e Studi culturali presso l’Università degli studi di Milano e traduttrice. Autrice di romanzi e racconti di fantascienza, prima donna a vincere il premio Urania con il suo romanzo d’esordio “il cuore finto di DR (mondadori 1993)”.
Cosa può darci questo libro?
E tu, l’hai letto?