
La prima e la seconda traccia rappresentano un continuum. Legato ai noti fatti di cronaca del maggio del ‘68, l’esordio presenta un rintocco di campane, un motivo fischiato e un tema di strada per riportare l’ascoltatore a quei fatti di Parigi e della sua periferia, a quei giorni, a quelle settimane. In realtà, l’innesco c’era stato con gli avvenimenti di Nanterre (risalenti a marzo, preceduti a loro volta da quelli italiani) a cui seguirono, a maggio, quelli della Sorbona.
È una sintetica descrizione, come esige la forma canzone, di un momento storico (e di tanti momenti simili), un fotogramma che restituisce sensazioni, umori, tensioni, scene consuete di barricate, di rivolta e di repressione che si ripropongono ciclicamente per rimanere ciclicamente uguali. In questo preambolo, De André riesce a condensare quelli che furono i giorni che segnarono la più grande spaccatura in Europa dopo la seconda guerra mondiale, quelli in cui si consuma il mito del maggio francese del ‘68, il simbolo di una rivolta mondiale, per diventare un mito. Un mito ha bisogno di essere narrato e De André, si sa, è perfetto in questa veste. Anche se quando si parla di Sessantotto non ci si riferisce solo a quell’anno: gli eventi di quell’arco di tempo furono tanti e di portata internazionale, a testimonianza del clima (di tensione) che si respirava: la guerra in Vietnam, la primavera di Praga, la rivoluzione culturale in Cina, i giochi olimpici a Città del Messico, le lotte di liberazione in Africa e in America latina, gli assassinii illustri di Martin Luther King e Bob Kennedy… un momento complicatissimo che, in questa breve sequenza di ricordi, prende una forma introduttiva, con una dimensione pensierosa, smorzata da un’armonica a bocca che annuncia la libera traduzione di Chacun de voux est concerné di Dominique Grangeche, nella versione di De André, diventa... Canzone del maggio.
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Alle raccolte e meditabonde osservazioni – in cui l’io dell’impiegato contrasta con il loro dei cuccioli del maggio - di Introduzione, fanno da contraltare, nella Canzone del maggio le controsservazioni dei protagonisti, fatte di rivendicazioni, del movimento, che vide protagonisti tre soggetti o componenti principali: il mondo giovanile, quello degli studenti universitari (18-30 anni ca, la loro coscienza critica), il movimento operaio e quello interetnico, quanto basta a farne intuire anche a chi non l’ha vissuto direttamente da vicino, la sua vasta portata, di quel periodo e degli anni che seguiranno. In realtà, vi è da dire, le contestazioni non scoppiarono proprio nel maggio ma a marzo (a Nanterre, ad ovest di Parigi): e a dirla tutta, i prodromi risalgono addirittura al ‘64, a Berkeley (California), per poi approdare a Berlino, in Germania, e a Milano, a Bologna. De André, cinque anni dopo, “a bocce ferme”, per così dire, ne restituisce, a modo suo, in questa che si potrebbe definire un’opera monodramma, tutti gli umori, da quello italiano a quello di altri Paesi, invitando quanti si sono chiamati fuori, si sonodisinteressati, ad una più attenta presa di coscienza.
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