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La storia che ci hanno insegnato a scuola è sbagliata; proviamo a guardare alla realtà dei fatti senza pregiudizi e senza paraocchi
LE GUARDIE SVIZZERE AL SERVIZIO DEL SUCCESSORE DI PIETRO di Alberto Carosa Il 6 maggio 1527 è passato alla storia non solo come l'inizio dell'infame Sacco di Roma, ma anche come il giorno del primo autentico "battesimo di fuoco" per il corpo di guardie svizzere pontificie che aveva cominciato a servire il Papa e il Papato un paio di decenni prima. Ma perché reclutare soldati proprio dalla Svizzera? Perché storicamente gli svizzeri sono famosi per le loro capacità in due particolari mestieri: fare orologi e fare la guerra. I mercenari svizzeri si mettono in luce particolarmente nel XV secolo, dedicandosi per lungo tempo all'attività militare mercenaria quale sbocco alla loro povertà. La loro forza d'animo, nobili sentimenti e proverbiale spirito di fedeltà ne faceva dei combattenti ritenuti invincibili. Le loro formazioni semplici e primitive in quadrati massicci, che richiamavano la testuggine romana, armati di picche, si opponevano come istrici dai lunghi aculei agli attacchi della cavalleria, segnandone l'inizio del declino come arma decisiva. Tutte queste doti e in particolare lo spirito di fedeltà, rispetto alle altre truppe mercenarie del tempo, trovarono piena conferma, se pur ce ne fosse stato bisogno, quel giorno, che era cominciato con l'assalto mattutino alle mura vaticane di Borgo tra il Gianicolo e il Vaticano, da parte delle truppe imperiali di Carlo V al comando del duca Carlo di Borbone. ROMA ATTACCATA Ma come si era giunti a questo assalto alla Città eterna? L'ordine era venuto dallo stesso Imperatore Carlo V, che in tal modo volle punire il Papa Clemente VII per il voltafaccia con cui aveva aderito alla Lega Santa di Cognac, alleandosi al Re di Francia, Francesco I di Valois (a sua volta alleato con i turchi), in funzione anti-imperiale. Papa Clemente temeva infatti, che le mire espansionistiche del sovrano asburgico mettessero a rischio la stessa esistenza dello Stato Pontificio come entità territoriale. Il Conestabile di Borbone e la sua orda selvaggia, in gran parte lanzichenecchi tedeschi protestanti già sotto il comando del generale Giorgio von Frundsberg (costretto ad abbandonare il campo anzitempo per motivi di salute), dovevano prendere la città in fretta, per evitare di essere intrappolati a loro volta dall'esercito della Lega, che avrebbe potuto tagliargli la via della ritirata. Poiché forse l'assalto non procedeva secondo i tempi previsti, il Borbone decise di andare a spronare personalmente i suoi soldati che si disponevano a scalare le mura alla Porta del Torrione. Ma mettere tanto zelo in un'impresa del genere non fu una buona idea: una palla d' archibugio (che poi Benvenuto Cellini si vantò d' aver tirato) lo colpì a morte. Dopo un attimo di sbandamento, gli assalti ripresero più furiosi di prima e i mercenari spagnoli (6000 effettivi, il reparto più consistente dopo i lanzichenecchi) sfondarono la Porta del Torrione, mentre i lanzichenecchi dilagavano per Borgo S. Spirito e S. Pietro. La Guardia Svizzera, compatta ai piedi dell'obelisco che allora si trovava vicino al Campo Santo Teutonico, e le poche truppe romane resistettero eroicamente. UN GLORIOSO MARTIRIO Dopo l'eccidio di tutti i soldati di guardia, mentre per il corridoio il Papa si metteva al sicuro, gli svizzeri ancora resistevano, difendendo S. Pietro. Alla loro testa era il comandante Kaspar Röist. Le orde non rispettarono il luogo santo e feroce si riaccese la mischia. Tutti caddero fino all'ultimo e con essi la consorte del comandante Röist, mutilata prima delle braccia, poi uccisa sul cadavere del marito. Dell'intero corpo, 189 svizzeri, se ne salvarono solo 42, quelli che erano di servizio quel giorno nel palazzo apostolico e quindi col compito di...
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