Buonasera a tutti e bentornati sulle frequenze di Parole in viaggio Sono giorni molto delicati questi in Italia e nel mondo. il Covid19, comunemente chiamato Coronavirus si sta purtroppo diffondendo non solo in Cina, ma anche nel nostro Paese. Prendo in prestito le parole che spesso sentiamo nei notiziari in questi giorni, delegando agli esperti invece tutto ciò che riguarda il trattamento e la prevenzione da questo virus. La paura di contagio dal virus è giustamente elevata. In effetti, anche la parola virus porta con sè un significato chiaro, ovvero il concetto di veleno che ci assale, di una sostanza velenosa che in modo costante prova ad aggredire. Un po’ diversa invece è la situazione per l’influenza, dal latino in fluere, richiama lo scorrere dentro, insinuarsi all’interno. Sono due modalità diverse di possedere l’altro: una molto aggressiva, un operare alacremente, un’azione che senza pausa ci assale, un movimento dall’esterno verso l’interno; l’altra invece prevede che siamo noi ad aprire un pertugio, e per quanto piccolo, in fisica la regola dei fluidi è molto chiara “I fluidi si adattano alla forma del recipiente che li contiene. Questo avviene perché i fluidi non sono in grado di opporre resistenza ad una forza applicata tangenzialmente alla loro superficie” cosa significa? semplicemente che se lasciamo un fluido entrare nel nostro corpo, nella nostra vita, si adatterà alla nostra forma, riempiendo ogni nostro spazio vuoto. Noi crediamo di controllare tutto ciò che entra, perchè in realtà non deforma la nostra struttura, è semplicemente un liquido che segue la nostra forma. Forse è per questo che non ci accorgiamo di essere immersi in informazioni, credenze, idee, pensieri che non sono nostri; pensiamo di avere costantemente in mano le redini del nostro pensiero perchè il liquido inserito si adatta a noi, ma non ci accorgiamo che per quanto la struttura esterna ancora ci assomigli, il contenuto ormai è invaso giorno dopo giorno da questo fluido che si insinua in ogni angolo all’interno di noi. osa ne consegue? forse che crediamo di avere un pensiero soggettivo, quando invece a parlare è la contaminazione del liquido con la nostra essenza, ne siamo talmente immersi che non distinguiamo il pensiero altrui dal nostro. E il tutto accade ricordiamo con un movimento di apertura dall’interno verso l’esterno: non è l’aggressione velenosa di un virus dall’esterno, è una scelta più o meno consapevole di tenere aperto un passaggio, di lasciare un fluido esterno scorrere dentro di noi. Alla fine, il lavoro dell’influencer è proprio questo: mettere a disposizione parole, immagini, modi di fare, pensieri, scelte, paure, desideri, tutto questo a disposizione di chiunque decida di tenere aperto un pertugio. L’influencer non ci assale come un virus, non ci chiede di seguirlo, siamo noi ad aprire un passaggio e lasciare che entri. Avviene così la contaminazione del pensiero. E anche contaminazione ha una sua specifica radice, “tag”, sia di tangere, sia di tagmen, sia quindi di entrare a contatto con, sia di malattia contagiosa: ne deriva un contatto con qualcosa di sporco, con qualcosa che lascia il segno, che modifica la sua purezza. La nostra purezza di pensiero in cambio di sentirsi inondati da una forza esterna. E’ proprio cambiato il modo di agire, una volta erano i predicatori, gli oratori ad andare alla ricerca di un pubblico, a portare il loro pensiero, a tentare di influenzare le folle. Oggi invece la folla è seduta comoda sul divano, nella sicurezza della propria casa, lontana dalle piazze, dai pulpiti da dove un tempo si ascoltavano i relatori, e in questo comfort apre una porta ad altre persone che senza la fatica di girare le città, le piazze, le folle, riescono a insinuarsi nelle menti delle persone e senza alcuna aggressione ne contaminano il pensiero, cioè riducono quel grado di purezza, lasciando tracce di inconsapevole impurità
buonasera a tutti! bentornati sulle frequenze di parole in viaggio!
ascoltando un po’ di musica in questi giorni, mi son imbattuto in una frase che mi ha fatto un po’ riflettere e mi ha ispirato ad approfondire alcune parole. La canzone è molto conosciuta, Shallow, a un certo punto Lady Gaga chiede “Non sei stanco di cercare di riempire quel vuoto?”
ad una prima lettura, può sembrare una semplice esternazione di uno stato di insoddisfazione, la mancanza di qualcosa che ci spinge all’azione di riempire, di compensare la parte mancante.
Provando invece ad approfondire i singoli termini, ne esce una considerazione leggermente diversa.
Iniziamo con la parola stanco. Ha visto alcune modifiche nel tempo, ma l’origine rimane il verbo latino stagnare che significa far rimanere fermo. Infatti lo stagnum si riferisce proprio all’acqua ferma, immobile, da cui il verbo stagnare, ovvero l’impossibilità per l’acqua di scorrere. Diventa stanco colui a cui manca quella leggera pendenza che permette all’acqua di muoversi. Stanca è la persona che si ferma, immobile, senza le forze necessarie per spostarsi.
vuoto invece è un’altra parola interessante: l’etimologia in questo caso è un po’ più discussa, i più si concentrano sul verbo latino vacuare che significa vuotare, letteralmente rovesciare, sgomberare da cose e persone, e altri sull’aggettivo viduus, essere privo di, da cui anche deriva vedovo. In entrambi i casi siamo in presenza di un’azione di sottrazione di qualcosa, si rovescia un contenitore che rimane privo di qualcosa. La Treccani infatti definisce vuoto come ciò che non contiene quello che dovrebbe o potrebbe contenere..
infine, l’ultima parola, riempire richiama sempre il latino implere che significa oltre al classico colmare, anche condurre a termine, saziare, conseguire pienamente.
Con queste piccole informazioni dalla storia delle parole, assume anche un altro significato il testo della canzone. “Non sei stanco di cercare di riempire quel vuoto?”
la possiamo rivisitare come un “non hai più le forze per vincere l’immobilità e tentare di saziare le tue giornate evitando che altri rovescino la tua vita?”
cambia la prospettiva, cambia che il riempimento diventa una piena realizzazione di sè, dinnanzi a un vuoto che è semplicemente la sensazione di sentirsi privati di qualcosa perchè qualcuno ha rovesciato la nostra pienezza, le nostre ambizioni. Semplicemente non conteniamo più quello che dovremmo o potremmo contenere. Da qui deriva la stanchezza, una mera stagnazione, le nostre giornate si fermano, diventano immobili come l’acqua di uno stagno.
E per muovere l’acqua stagnante serve una piccola inclinazione, quella leggera pendenza che rende lo spostamento del liquido naturale. Inclinare in latino significa piegare, ma anche travolgere, far cadere oppure tendere. Questo è quello che ci serve, quando ci sentiamo immobili, quando per quanta acqua inseriamo, il vuoto non si riempie. Forse è perchè ci manca qualcosa a cui tendere, qualcosa che travolge le nostre giornate e al tempo stesso ci riempie.
Buonasera a tutti e bentornati sulle frequenze di Parole in viaggio.
è ripartito il nuovo anno, il mese di gennaio ci ha già salutati. Eppure, camminando per le strade non si respira aria di grandi cambiamenti… come spesso accade. dopo l’euforia e i buoni propositi di capodanno, tutto rimane pressoché inalterato. In modo particolare un dettaglio mi cattura spesso l’attenzione: l’essere umano è sempre più attratto da una condizione di tristezza, di inappagamento, di insoddisfazione. è come se l’animo umano fosse facilitato a mostrare il suo lato triste anzichè quello più radioso. Come se la malinconia fosse la parte principale delle nostre vite.
Eppure Ippocrate ancora 2400 anni fa ci aveva invitati a porre la giusta attenzione alle dosi di malinconia da usare ogni giorno. O meglio ancora aveva sottolineato l’importanza di generare un equilibrio. Nella sua opera, “La natura dell’uomo”, affermava che
“«Il corpo dell'uomo ha in sé sangue, flegma, bile gialla e nera; questi costituiscono la natura del suo corpo e per causa loro soffre od è sano. È dunque sano soprattutto quando questi componenti si trovino reciprocamente ben temperati per proprietà e quantità, e la mescolanza sia completa. Soffre invece quando uno di essi sia in difetto o in eccesso, o si separi nel corpo e non sia temperato con tutti gli altri»
il segreto secondo Ippocrate sta dunque nella mescolanza, nella sintesi finale dei vari elementi. E mi permetto di aggiungere che oltre alla mescolanza, l’ideale sarebbe prima sviluppare una sorta di consapevolezza di queste emozioni, perchè in questo modo si può assaporarne ogni minimo aspetto, compreso quello stato di tristezza che spesso vagheggia per le strade.
Ippocrate la chiama bile nera che altro non è che la traduzione dal greco di malinconia, la bile nera, ciò che spegne il sorriso, raffredda ogni forma di energia e tende a concentrare la prospettiva su pochi elementi. Poche cose che sottraggono l’attenzione e non corrispondono però un compenso di felicità.
Anche perchè felicità è un’altra parola magica, ricca di significati: non a caso deriva dal latino felix con il quale ci si riferisce a qualcosa che è fecondo, che è fertile. Essere felici diventa l’azione con cui produciamo qualcosa, con cui non subiamo gli effetti della bile nera, della malinconia, ma decidiamo di essere noi gli attori del nostro operato.
e la semplice felicità si tramuta in eudemonia quando non è un fatto isolato, ma diviene come dice la TReccani, lo scopo fondamentale della vita. C’è un cambiamento essenziale tra subire passivamente i momenti di malinconia e felicità e percorrere invece la strada in modo consapevole, non sentendoci più parte isolata, ma quasi supportati da un demone.
mentre la felicità, rappresenta un elemento instabile, come cantava Battisti “Felicità, Ti ho perso ieri ed oggi ti ritrovo già”, Eudemonia invece è la dimostrazione che esiste un demone, una presenza divina, dentro di noi che ci spinge a fare costantemente il bene… un demone buono che ci guida!
e allora l’augurio per la continuazione di questo nuovo anno sia davvero di incontrare un cambiamento, un cambiamento autentico, accogliere con consapevolezza le nostre emozioni, trovare il giusto equilibrio e soprattutto lasciare che un demone entri dentro di noi e ci conduca alla felicità come scopo della vita, per noi e per chi ci sta attorno.
Direttamente dal cammino di Santiago trasmetto l'undicesima puntata... con i semplici mezzi tecnologici a disposizione
dopo gli orribili attacchi a Parigi di venerdì 13 novembre 2015, forse vale la pena rivisitare il significato di fanatismo e le sue inarrestabili conseguenze.
Buon ascolto