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https://www.bastabugie.it/8263OMELIA PER LA FESTA DELLA ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE (Gv 3,13-17) di Raniero Cantalamessa
Oggi la croce non è presentata ai fedeli nel suo aspetto di sofferenza, di dura necessità della vita, o anche di via per cui seguire Cristo, ma nel suo aspetto glorioso, come motivo di vanto, non di pianto. Diciamo anzitutto qualcosa sull'origine della festa. Essa ricorda due avvenimenti distanti tra loro nel tempo. Il primo è l'inaugurazione, da parte dell'imperatore Costantino, di due basiliche, una sul Golgota e una sul sepolcro di Cristo, nel 325. L'altro avvenimento, del secolo VII, è la vittoria cristiana sui persiani che portò al recupero delle reliquie della croce e al loro ritorno trionfale a Gerusalemme. Con il passar del tempo, la festa però ha acquistato un significato autonomo. E' diventata celebrazione gioiosa del mistero della croce che, da strumento di ignominia e di supplizio, Cristo ha trasformato in strumento di salvezza.
Le letture riflettono questo taglio. La seconda lettura ripropone il celebre inno della Lettera ai Filippesi, dove la croce è vista come il motivo della grande "esaltazione" di Cristo: "Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre". Anche il Vangelo parla della croce come del momento in cui "il Figlio dell'uomo è stato innalzato perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna".
Ci sono stati, nella storia, due modi fondamentali di rappresentare la croce e il crocifisso. Li chiamiamo, per comodità, il modo antico e il modo moderno. Il modo antico, che si può ammirare nei mosaici delle antiche basiliche e nei crocifissi dell'arte romanica, è un modo glorioso, festoso, pieno di maestà. La croce, spesso da sola, senza il crocifisso sopra, appare punteggiata di gemme, proiettata contro un cielo stellato, con sotto la scritta: "Salvezza del mondo, salus mundi", come in un celebre mosaico di Ravenna.
Nei crocifissi lignei dell'arte romanica, questo stesso tipo di rappresentazione si esprime nel Cristo che troneggia in vestimenti regali e sacerdotali dalla croce, con gli occhi aperti, lo sguardo frontale, senza ombra di sofferenza, ma irraggiante maestà e vittoria, non più coronato di spine, ma di gemme. E' la traduzione in pittura del versetto del salmo "Dio ha regnato dal legno" (regnavit a ligno Deus). Gesù parlava della sua croce in questi stessi termini: come del momento della sua "esaltazione": "Io, quando sarò esaltato da terra, attirerò tutti a me" (Gv 12, 32).
Il modo moderno comincia con l'arte gotica e si accentua sempre di più, fino a diventare il modo ordinario di rappresentare il crocifisso, in epoca moderna. Un esempio estremo è la crocifissione di Matthias Grünewald nell'Altare di Isenheim. Le mani e i piedi si contorcono come sterpi intorno ai chiodi, il capo agonizza sotto un fascio di spine, il corpo tutto piagato. Anche i crocifissi di Velasquez e di Salvador Dalì e di tanti altri appartengono a questo tipo.
Tutti e due questi modi mettono in luce un aspetto vero del mistero. Il modo moderno - drammatico, realistico, straziante - rappresenta la croce vista, per così dire, "davanti", "in faccia", nella sua cruda realtà, nel momento in cui vi si muore sopra. La croce come simbolo del male, della sofferenza del mondo e della tremenda realtà della morte. La croce è rappresentata qui "nelle sue cause", cioè in quello che, di solito, la produce: l'odio, la cattiveria, l'ingiustizia, il peccato.
Il modo antico metteva in luce, non le cause, ma gli effetti della croce; non quello che produce la croce, ma quello che è...