Moby Dick è il magazine del sabato mattina che mira a mettere a confronto, attorno ai grandi temi di cultura, politica, società, economia, ospiti di sensibilità e opinioni diverse, anche radicalmente contrapposte. Coglie momenti e tematiche di particolare rilievo e le pone al centro di una tavola rotonda per scandagliarne peculiarità e sfumature. Ma consente anche attraverso una particolare scelta editoriale di meglio conoscere le personalità stesse degli interlocutori invitati a dibattere.
Moby Dick è il magazine del sabato mattina che mira a mettere a confronto, attorno ai grandi temi di cultura, politica, società, economia, ospiti di sensibilità e opinioni diverse, anche radicalmente contrapposte. Coglie momenti e tematiche di particolare rilievo e le pone al centro di una tavola rotonda per scandagliarne peculiarità e sfumature. Ma consente anche attraverso una particolare scelta editoriale di meglio conoscere le personalità stesse degli interlocutori invitati a dibattere.

La Disco Music nasce negli Stati Uniti all’inizio degli anni Settanta e presto trova nella discoteca il suo spazio d’espressione ideale. Attorno a questa musica si raccolgono dapprima soprattutto neri, altre minoranze etniche, femministe e omosessuali, mescolando divertimento e rivendicazioni; ma poi grazie a film come “La febbre del sabato sera” (1977) la Disco diventa un fenomeno di massa esteso a tutte le classi sociali, in tutto il mondo. La musica da discoteca lascia intravedere anche una nuova idea di società, del corpo, delle relazioni tra i sessi. Trasmessa ossessivamente da centinaia di radio private, declinata da famosi DJ, è la colonna sonora di una società in profonda e rapida trasformazione, decisa a lasciarsi alle spalle la Guerra fredda, l’austerità e il terrorismo. Paolo Morando ha sottolineato criticamente la profonda mutazione sociale in corso in quegli anni, mentre Enrico Petrilli ne ha difeso il contenuto progressivo. Infine Roberto Raineri-Seith racconta quando e come la nuova musica si affacciò anche in Canton Ticino. È quasi inevitabile chiedersi poi quanto siano cambiate da allora le forme del divertimento e, in forma ancora più radicale e forse nostalgica, se sappiamo ancora divertirci come negli anni Ottanta.