Nel suo “Trentino da raccontare” Maurizio Panizza narra storie ai più sconosciute, “portate alla luce a seguito di lunghe e complicate ricerche, dopo aver consultato biblioteche e archivi di tribunali, oppure intervistato persone che in qualche modo hanno avuto a che fare con le vicende narrate”. È un modo per scoprire e riscoprire il Trentino di ieri e di oggi, con l’obiettivo di costruire un ponte con il passato. Storie minime, ma non per questo meno importanti, di un Trentino dimenticato, e che oggi ritrovano slancio, passione e nuova intensità nella interpretazione di Mario Cagol.
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Nel suo “Trentino da raccontare” Maurizio Panizza narra storie ai più sconosciute, “portate alla luce a seguito di lunghe e complicate ricerche, dopo aver consultato biblioteche e archivi di tribunali, oppure intervistato persone che in qualche modo hanno avuto a che fare con le vicende narrate”. È un modo per scoprire e riscoprire il Trentino di ieri e di oggi, con l’obiettivo di costruire un ponte con il passato. Storie minime, ma non per questo meno importanti, di un Trentino dimenticato, e che oggi ritrovano slancio, passione e nuova intensità nella interpretazione di Mario Cagol.
Ovvero, quando una grande passione riesce a dare concretezza ai propri sogni. La domenica sono in centinaia gli “esperti da bar” che commentano il Gran Premio di F1, fra questi, però, mai nessuno si è sognato di costruire una propria monoposto e di portarla pure in circuito. Il nostro protagonista ci è riuscito.
Le ricerche compiute per un documentario storico sulla Seconda Guerra Mondiale, rivelano a sorpresa particolari sconosciuti sul bombardamento della Portèla e su chi era al comando della missione che distrusse il popolare quartiere causando circa 200 morti. È la storia incredibile di un capitano Usa che in gioventù era stato un bambino prodigio, una star del cinema muto, un campione di nuoto e un precoce predicatore evangelico.
Verso la fine dell’Ottocento, al tramonto della Belle Époque, l’aristocrazia europea amava ritrovarsi spesso nella cittadina termale dell’Alto Garda. In inverno, in cerca di un clima mite, soggiornava qui anche Francesco II di Borbone, l’ultimo Re delle Due Sicilie in esilio. E fu proprio ad Arco, cittadina che allora faceva parte dell’Impero Asburgico, che alla ne del 1894 il sovrano morì a soli 58 anni. Attraverso un documento fotograco unico e straordinario della cerimonia funebre, ripercorriamo le vicende di questo sovrano dimenticato.
Il 25 ottobre del 1927, al largo del Brasile, colava a picco il piroscafo italiano Principessa Mafalda. A bordo, assieme a un migliaio di emigranti, c’era Isidoro Adami, un ragazzo poco più che ventenne partito dal Trentino per realizzare in Uruguay un sogno che aveva cullato da molto tempo.
Il 25 ottobre del 1927, al largo del Brasile, colava a picco il piroscafo italiano Principessa Mafalda. A bordo, assieme a un migliaio di emigranti, c’era Isidoro Adami, un ragazzo poco più che ventenne partito dal Trentino per realizzare in Uruguay un sogno che aveva cullato da molto tempo.
Ovvero, come un mezzo da lavoro può trasformarsi in un prezioso com- pagno di viaggio. Perché – come diceva agli inizi del ’900 il famoso scrittore Marcel Proust – un vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi. Se dunque per vedere bene è ne- cessario viaggiare lentamente, cosa può esserci di meglio se non l’Ape Piaggio, il tre-ruote “slow” che per Agostino Pross è diventato un’alternativa all’auto- mobile? Altro che aereo! Una filosofia di viaggio trasformata in filosofia di vita che è l’esatto opposto del mordi e fuggi di molti turisti di oggi. Le ultime imprese? Una visita al cantautore Guccini a Pavana (Pistoia) e un viaggio a l’Aquila, durato 22 ore e 700 chilometri.
A100 anni dalla Grande Guerra, la cronaca ritrovata di un tragico errore che indusse i soldati italiani e quelli austriaci a sparare contro i propri commilitoni. Nello stesso luogo, un anno dopo, sarebbe arrivato un giovane ufficiale del tutto inesperto di combattimenti. Veniva da Genova e il suo nome era Eugenio Montale. Il reparto a cui venne assegnato si trovava fra il Monte Corno e il piccolo paese di Valmorbia.
La notte del 9 ottobre del 1963, una frana gigantesca si staccò dal MonteToc piombando nel bacino della diga del Vajont, che sovrasta Longarone, in provincia di Pordenone. In alcuni minuti quasi duemila persone vennero travolte e uccise da un’enorme massa d’acqua, sassi e fango che si riversò nella valle del Piave. Pochi abitanti di quei paesi si salvarono, ma coloro che sopravvissero dovettero lottare tutto il resto della loro vita per non morire “dentro”. Il trentino Rinaldo Aste, che perse moglie e due figli, era uno di loro.
Il nome è italiano, il cognome è cinese: Filippo Xia. Il cuore, però, batte per entrambi i “suoi” Paesi: quello di nascita, dove torna ogni anno, e quello di adozione. Una storia, quella di Filippo Xia, che parte dalla Cina e arriva alla zona industriale di Rovereto. Una storia di lavoro, ma anche di filantropia.
L’antica ferrovia Mori-Arco-Riva. Un progetto suggestivo e un amore sfortunato ai tempi dell’Imperatore. Siamo verso la fine dell’Ottocento quando una romantica storia d’amore si intreccia con la costruzione di una piccola ferrovia che porterà il turismo e il progresso sul Lago di Garda austriaco.
Nel suo “Trentino da raccontare” Maurizio Panizza narra storie ai più sconosciute, “portate alla luce a seguito di lunghe e complicate ricerche, dopo aver consultato biblioteche e archivi di tribunali, oppure intervistato persone che in qualche modo hanno avuto a che fare con le vicende narrate”. È un modo per scoprire e riscoprire il Trentino di ieri e di oggi, con l’obiettivo di costruire un ponte con il passato. Storie minime, ma non per questo meno importanti, di un Trentino dimenticato, e che oggi ritrovano slancio, passione e nuova intensità nella interpretazione di Mario Cagol.