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Bloooog! il Bar Sport di Fabrizio Bocca
Fabrizio Bocca
73 episodes
1 week ago
Bloooog!, la parola blog urlata come Gooool!, è il popolare Bar Sport il cui autore è Fabrizio Bocca, per 39 anni giornalista a La Repubblica, sempre allo Sport. Parliamo di calcio e di campioni per parlare di tutto e soprattutto della nostra vita. Gol, storie, racconti, ricordi, un ambiente molto social e molto amichevole. Come in un vero Bar Sport appunto.
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Bloooog!, la parola blog urlata come Gooool!, è il popolare Bar Sport il cui autore è Fabrizio Bocca, per 39 anni giornalista a La Repubblica, sempre allo Sport. Parliamo di calcio e di campioni per parlare di tutto e soprattutto della nostra vita. Gol, storie, racconti, ricordi, un ambiente molto social e molto amichevole. Come in un vero Bar Sport appunto.
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Episodes (20/73)
Bloooog! il Bar Sport di Fabrizio Bocca
Le bandiere di Roma-Atletico Bilbao
COSA CI DICONO LE BANDIERE GIALLOROSSE DI ROMA-ATLETICO BILBAO
Bandiere. Migliaia e migliaia di bandiere. Non c’è nulla di più bello di una notte allo stadio, e non c’è sport che emotivamente equivalga il calcio. Per un semplice motivo: che nella moltitudine smettiamo di essere noi stessi per diventare parte di un universo. Come un astronauta che nello spazio crede di essere una stella e di comporre il sistema universale ben oltre il granello di sabbia che realmente rappresenta.   
  Osservo lo Stadio Olimpico in uno sventolio di bandiere giallorosse come raramente si è visto e non se ne può rimanere indifferenti. Non ho più tempo né forse voglia di sapere o di comprendere una certa sociologia o anche composizione chimica del calcio che è finito col diventare tanta parte di noi stessi. Lo accetto così, senza una spiegazione metafisica, tanto complessa, pervasiva, profonda è diventata la sua intrusione.  
  Si va dal tifo più semplice e passionale (“Febbre a 90” di Nick Hornby) alla sua degenerazione violenta, becera e criminale (“La tribù del calcio” di Desmond Morris). Si parte da un amore puro e tutt’al più carnale per finire agli hooligans o ai recenti omicidi di mafia da stadio a Milano, perdendo così qualsiasi connessione tra punto di partenza e di arrivo.  
  A me francamente non sta bene già certo estremismo, il tifo portato a religione. Né voglio fare confronti tra le varie tifoserie - Napoli o Juventus, Milan o Inter - vale per tutti. La bandiera sventolata a un certo punto ci dice che il tifo va semplificato e riportato all’origine primordiale, per riscoprirne il valore, come se si dovesse ricominciare da capo. E per disconnetterlo totalmente dalle sue deviazioni. 
  L’aspetto più sorprendente e affascinante è che Roma-Atletico Bilbao valeva per l’andata di un ottavo di finale di Europa League, cioè sostanzialmente nulla. La partecipazione era/è totalmente disinteressata, emozione e basta, un sentirsi come un puntino luminoso parte dell’universo. La perfezione nell’infinitamente piccolo.
***
BLOOOOG! IL BAR SPORT DI FABRIZIO BOCCA - www.bloooog.it
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8 months ago
2 minutes

Bloooog! il Bar Sport di Fabrizio Bocca
Il Milan, Fonseca e L'Arbitro: commedia sexy all'italiana
Il Milan, Fonseca e l’Arbitro (col Var nell’ombra e per complice), rappresentano il classico triangolo tipico della commedia all’italiana. Una "certa" commedia all’italiana, non il neorealismo di Rossellini, Germi o De Sica. Non mi permetterei mai. Nel cinema lo schema classico è Lui, Lei e l’Altro (o l’Altra), con la figura del Cornuto o della Cornuta a seconda del canevaccio. Volgare e rozzo, lo ammetto, ma è così.  
 
  Nella lunga teoria di grandissimi attori e attrici che si sono cimentati col genere dò la mia preferenza al grande Renzo Montagnani, che sulla commedia scollacciata e porchereccia vicino a straordinarie bellezze come Edwige Fenech o Barbara Bouchet, costruì la sua notorietà. E anche il conto in banca, che ammise lui stesso, si gonfiava così assai più che non andando a recitare in teatro, in modo ancor più ispirato, “La Coscienza di Zeno” di Italo Svevo.  

  Il grande Renzo ne era cosciente e pur soffrendone professionalmente per l'etichetta che si ritrovava appiccicata, non si sottraeva all’ingrato ma ben remunerato compito - anche per un serio problema  familiare che lo angosciò purtroppo tutta la vita - di girare tra tette e culi al vento. Sapendo che quello comunque era il suo destino e se non c’erano altre strade, vabbè sarebbe anche potuta andar peggio. La gente riempiva i cinema, faceva il pieno agli occhi, e si faceva pure quattro facili risate. Western, cinema sexy e calcio, eravamo fatti di questo strano blob.  

  Ecco se oggi tutti avessimo consapevolezza che più o meno il quadro di fondo in cui il calcio si agita è questo, e non quello della geopolitica internazionale o della macroeconomia sovranazionale, riporteremmo tutto alla giusta dimensione. Ridando così a un rigore o un gol contestato, lo stesso effetto di quando al cinema inquadravano le tette della Edwige e il grande Renzo mugolava in fiorentino davanti a esse.  

  Ogni volta che vedo tifosi e addetti ai lavori accalorarsi così tanto per un fatto di campo, vorrei dir loro: “Guarda che ti stai scaldando non per la giustizia dei popoli ma perché sei dentro “La moglie in vacanza… e l’amante in città”. “ Insomma sei da quelle parti, dunque vola basso.  

  Se proprio vogliamo completare la sempre meritoria opera di dissacrazione del football asceso a un mix di religione, intrigo e guerra di potere, sappiate allora che nel caso del triangolo “Milan-Fonseca-Arbitro” abbiamo più o meno lo stesso schema della commedia cinematografica all’italiana, solo che la trama ancora non ci ha svelato chi sia il Cornuto. Ruolo fondamentale nella facile e popolaresca sceneggiatura. Se Fonseca, tradito dall’arbitro e per questo in forte difficoltà davanti al Milan con cui divide il tetto coniufgale. Se lo sia il Milan perculato da Fonseca stesso, il quale scarica sull’arbitro le colpe del suo fallimento. Se l’arbitro terzo incomodo stesso il quale l’avrebbe combinata talmente grossa e adesso subisce la vendetta di moglie e marito alleati. E via così in mille altri possibili intrecci e finali.     
  
  Credo che quando fu introdotto il Var, alias moviola in campo, nessuno di noi immaginasse una tale mole di danni collaterali, di equivoci, strumentalizzazioni, illusioni, perfezionismi, negazionismi, cavillosità, turbolenze. Ogni domenica sera in tv sento teorizzare di giustizia, compatibilità, omogeneità, uniformità. Come se fossimo dentro un drama giudiziario americano. Gestire una partita di calcio oggi, dal prima al dopo, è assai più complicato di istruire un processo penale vero, con gli imputati che alla fine entrano in galera o si salvano dall'iniezione letale..  

  Ecco la figura di Fonseca che si è costruito negli anni l’immagine di Zorro, giustizierie mascherato e difensore dei diseredati, non coincide affatto con quella improvvisa di allenatore...
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11 months ago
6 minutes

Bloooog! il Bar Sport di Fabrizio Bocca
Manchester City e Psg, lacrime di petrolio
Anche i ricchi piangono lacrime di petrolio e forse gli sceicchi si staranno chiedendo adesso che c’azzeccano loro con il calcio.
  Le crisi sconvolgenti del Manchester City e del Paris Saint Germain, facenti capo ai grandi potentati economici degli Emirati Arabi e del Qatar, non vanno spiegate e argomentate, ma contemplate con reverenza religiosa. E anche sottile e perfida goduria. Come se il buon dio del calcio avesse finalmente scatenato un diluvio universale a riportare giustizia e a vendicare lo scempio di chi ha fatto del denaro un totem assoluto, il gol più importante. E trasformato il calcio in un’arena per lupi di Wall Street.   
  Non si contano più i gol, ma i miliardi investiti per campioni, e passi, ma anche per solenni mezze sòle. Di fatto proiettando il football degli ultraricchi in un universo parallelo e inaccessibile, dal prezzo di ingresso proibitivo.  
  Se il calcio oggi è diventato una questione di alta finanza internazionale, se ormai sul mercato non si vendono e comprano più solo calciatori ma club interi, facendo shopping di sentimenti, storia e tradizione centenaria, ebbene in parte è anche colpa loro che hanno aperto la strada ai raider del football e ai famigerati CEO che di calcio non capiscono un tubo ma sono lì solo per puro ed esclusivo business, propaganda politica e perfino il cosiddetto sportwashing.   
  Ma arriva un momento in cui sul grande castello si aprono crepe e tutto sembra venire giù. Il Manchester City è di fronte a un clamoroso e storico processo sportivo che investirà la sua condotta negli ultimi anni, incolpato di aver barato sui limiti finanziari imposti dalla Premier League.
  Pep Guardiola c’è finito in mezzo  perdendo anche se stesso. Dopo i 3 gol rimontati dal Feyenoord in Champions League ha praticato sul suo corpo addirittura atti di masochismo, per la prima volta in vita sua conosce l’onta delle sconfitte pesanti, degli schiaffoni e delle umiliazioni. Pensate allo shock se il City fosse condannato addirittura alla Serie B.  
  Il Paris Saint Germain non ha accettato l’affronto di essere stato tradito da Mbappé per il Real, Luis Enrique porta sempre dentro di sé l’idea di un un calcio troppo cerebrale e non certo per tutti. Luis è un clamoroso separato in casa nel grande mondo del football: un incompreso che non capisce gli altri e gli altri non capiscono lui.   
  I miliardi investiti dal Qatar non sono stati sufficienti ancora a vincere la Champions League, anzi dalla Champions il Psg ha preso spesso cazzotti e pernacchie. Nemmeno con Messi, Neymar e Mbappé tutti insieme ci sono riusciti. Accumulare campioni e grandi nomi così come vengono a cosa è servito  rispetto alla colossali cifre investite? A franare in basso da sempre più in alto.  
  In questi anni di calcio finanza si calcola che gli sceicchi di Manchester City e Psg abbiano investito nei loro club almeno cinque miliardi di dollari in calciatori, ma più per interessi politico finanziari che reale interesse per il football. Che è soltanto una delle tante rotelle della grande macchina mediatica e comunicativa di certi paesi dove la democrazia è solo un fastidio.  
  E adesso che il football presenta il vero conto a questi ultra ricchi del pallone noi che veniamo dal calcio popolare e di strada, non possiamo che perfidamente  sghignazzare e accogliere a braccia aperte la grazia ricevuta. 
BLOOOOG! il BAR SPORT DI FABRIZIO BOCCA
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11 months ago
4 minutes

Bloooog! il Bar Sport di Fabrizio Bocca
O Ammazziamo il Tiki Taka o il Tiki Taka Ammazzerà il calcio
O AMMAZZIAMO IL TIKI TAKA O IL TIKI TAKA AMMAZZERA' IL CALCIO
L’orrendo Milan-Juventus 0-0 nella gelida notte di campionato a San Siro è stato bollata inevitabilmente come la partita più brutta e noiosa dell’anno.
 
  Una grande fregatura per come era stata presentata e ci era stata servita dalla tradizionale propaganda del football.
 
  Il problema però è che non esiste un calcio bello o brutto in assoluto. Se brutto e indecoroso poteva essere il preistorico catenaccio e contropiede che fu un marchio del calcio italiano - ma attenzione solo quando non si vinceva, perché nessuno si sognava di rinfacciarlo a Herrera per l’Inter e a Rocco per il Milan quando piovevano scudetti e Coppe dei Campioni -  altrettanto brutto e indecoroso è però questo Tiki Taka patacca che i nostri allenatori cercano di scopiazzare dal genio di Guardiola e del fu Barcellona di Messi e Iniesta.   
 
Siamo di fronte a un gigantesco equivoco storico, per non dire addirittura una colossale presa per il culo. Il Tiki Taka fatto così, ostentato e insistito, origina solo calcio lento, orizzontale e mortifero; che può piacere e forse anche avere un senso per agli allenatori, ma non può certo accendere il pubblico.
  
  Si arriva al paradosso che catenaccio e TiKi Taka, che sono i due poli opposti dell’ideologia tattica, alla fine si ricongiungono. Non c’è più differenza, è lo stesso mezzo per arrivare allo stesso traguardo.   
  Non può essere che tutte le volte tu allenatore alla moda, e faccio particolarmente riferimento a Fonseca e Motta che hanno comandato le leve della partita di San Siro, mi riproponi la stessa identica trama. E’ come andare ogni sera al cinema ma a vedere sempre e solo Blow Up di Michelangelo Antonioni.

  Ci vuole una fede assoluta, altrimenti la maggior parte cambierà canale e i giovani continueranno ad avere più motivazione nel guardare una partita di Sinner o Berrettini, che una grande partita di calcio che di fatto è una "sòla".   

  Dai tempi di Arrigo Sacchi, altro genio del calcio e lo dico senza ironia, abbiamo introdotto nel football il possesso palla, le diagonali e altri mille spartiti o formule scientifiche che si ritiene possano far spettacolo e generare vittorie in provetta.
 
  Poi se la vittoria non arriva c’è sempre un alibi, un numeretto di qualche match analyst che scoverà il bug che ha inceppato questo calcio tutto intelligenza artificiale, e la colpa sarà quasi sempre di qualcun altro. Molto più semplicemente invece bisognerebbe inchiodare gli allenatori ossessionati dal Tiki Taka: hai giocato male e noi ci siamo pure rintontiti a guardare ‘sta roba che tu mi spacci per scienza.   
 
  Non esiste in assoluto, dicevamo, un calcio bello e un calcio brutto, noioso o divertente. Però esiste sicuramente un calcio legato all’emozione e al sentimento. E’ quello che noi vogliamo.  

  Anche uno 0-0 può essere straordinario, se vale uno scudetto o una salvezza, se ottenuto da una squadra clamorosamente inferiore all’altra, se guadagnato col famigerato pullman davanti alla porta perché l’altro è più bravo e ti ha schiacciato in area.

  Ma chi guida una grande squadra come il Milan o la Juventus ha il dovere di non anestetizzare il football, di provarci, di sbilanciarsi, di richiare. Insomma di non barare, spacciando per calcio quello che calcio non è. 
 
  Fonseca col Milan e soprattutto Motta con la Juventus propongono oggi un calcio entusiasmante quando un merluzzo lesso. Noi non siamo allenatori, noi non siamo match analyst, non ci frega niente delle statistiche sui passaggi o sul possesso palla,, siamo tifosi o comuni spettatori.

  Noi da una squadra...
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11 months ago
4 minutes

Bloooog! il Bar Sport di Fabrizio Bocca
Var Games
VAR GAMES
Arbitri, Var e sospetti. Il ritorno del campionato ci pone davanti alle accuse eternamente irrisolte e che Antonio Conte ha rinnovato: i retropensieri sulla moviola in campo. l’applicazione del famigerato protocollo, chi ricorre al Var e chi no, quando lo si fa e quando lo si ignora.
  Insomma sperduti dentro un labirinto. Paolo Casarin, mitico ex arbitro, propone il ritorno dell’arbitro sceriffo a evitare che il Var vada a caccia del nulla e inventi rigorini a magnificare il ruolo di chi sta davanti a un monitor e non in campo.   
  Altri invece, a svelenire il calcio, auspicano che l’Intelligenza Artificiale intervenga a sostituire del tutto l’arbitro per evitare errori e manipolazioni. E’ fantascienza? Beh, a dire il vero non è poi un futuro così lontano.   
  Tutto quello che c’è da sapere e l’accesa discussione, su Bloooog.it, il Bar Sport di Fabrizio Bocca. Hasta Luego!
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11 months ago
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Bloooog! il Bar Sport di Fabrizio Bocca
Lele Supercazzola
IL CATTIVO - LELE SUPERCAZZOLA
Se Daniele Adani ha grande successo come commentatore, ma dico di più come maitre a penser di calcio in TV, ci sarà un motivo.
  Evidentemente affabula, come ha potuto farlo, in un certo lasso di tempo, Grillo in politica, e i suoi "vaffanculo day"; Oscar Farinetti nei food che significa un etto di prosciutto euro 6,50; Bruno Barbieri nell’ “hôtellerie”, che prima che arrivasse “4 Hotel”, manco si sapeva cz..o fosse l’ “hôtellerie”; o la Ferragni nel fashion, che è un mondo di maglioncini di cashmere da 500 euro fino al massimo della taglia 50; oppure ancora Vittorio Sgarbi, straordinario critico d’arte rinascimentale e prodigo distributore di epiteti e “capra!” ai malcapitati… 
  Poi finita la finzione, passata la moda, girata la telecamera altrove, esaurito il booster dei social, il Movimento 5 Stelle precipita al 3%, anche Fico Eataly World può chiudere, l’egocentrico Barbieri sbatte nella stroncatura di Aldo Grasso, la Ferragni finisce nell’impastatrice del pandoro, Sgarbi incappa in un quadro rubato e - oops - ritrovato e pure falsificato tra le sue collezioni.   
  Insomma un certo tipo di fama e di prestigio che cresce esponenzialmente può essere assai infido, effimero e traditore. Se Daniele Adani, la superstar dei commentatori del football tv, così manicheo da dividere il football in bene e male, inventore di un pittoresco grammelot calcistico alla Dario Fo, un giorno ci restituirà il calcio nel suo mistero e nella sua ineluttabilità, senza pretendere ogni volta di illuminarcelo come Sant’Agostino o Galileo, forse si salverà dalla rovinosa capitolazione dall’alto della sua presuntuosa Supercazzola.
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BLOOOOG! il BAR SPORT DI FABRIZIO BOCCA
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11 months ago
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Bloooog! il Bar Sport di Fabrizio Bocca
I Robinson e la terza volta di Ranieri "Core de Roma"
"Zio Claudio salvaci tu". Dunque, Claudio Ranieri, in Inghilterra detto “tinkerman”, praticamente l’aggiustatutto come la vecchia colla Artiglio degli scomparsi calzolai, sulla panchina della Roma. E chi altri se no?  Perché è un grande allenatore - di 73 anni, s’era già ritirato ufficialmente dopo aver salvato il Cagliari - ma pure perché è “Core de Roma”, viene da Testaccio, è romanista, non ha inconfessabili contaminazioni laziali, nella Roma ha cominciato da ragazzino e l’ha pure già allenata due volte. Facciamo tre e non se ne parli più. Praticamente il Sor Claudio riassume perfettamente tutti gli stereotipi e i luoghi comuni che il calcio, essendo pratica stregonesca più che strategica, richiede. In particolar modo a Roma, dove il football è antico rito pagano.
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Bloooog! il Bar Sport di Fabrizio Bocca
Qui l'articolo sul ritorno di Ranieri alla Roma
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12 months ago
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Bloooog! il Bar Sport di Fabrizio Bocca
Mancini, lo Sceicco Biondo torna a casa
La notizia che lo Sceicco Biondo Roberto Mancini ha già perso il suo regno nel deserto va accolta con un certo spudorato, svergognato e compiaciuto sadismo...
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Bloooog! il Bar Sport di Fabrizio Bocca
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1 year ago
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Bloooog! il Bar Sport di Fabrizio Bocca
Il Leao Addormentato, un grande alibi per il Milan
Rafael Leao, talentuoso attaccante del Milan ormai dal 2019, è un perfetto capro espiatorio. Inteso, secondo Treccani e non la Gazzetta dello Sport, come essere animato capace di accogliere sopra di sé tutti i mali e le colpe di una comunità. E sostanzialmente pagarne il conto lui, per tutti quanti....
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BLOOOOG! - Il podcast di Bloooog! il Bar Sport di Fabrizio Bocca, un bar come quelli di una volta dove si parla di calcio per parlare della vita. Ci trovi al sito internet Bloooog.it, ricorda sempre con quattro o. Passa al nostro Bar Sport a prendere un caffè, offro io: è tutto gratis. Ciao!
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1 year ago
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Bloooog! il Bar Sport di Fabrizio Bocca
Inter-Juve 1-0, Inter a +4 e svolta scudetto (ep. 60, 5 febb 2024)
Bloooog.it, il Bar Sport di Fabrizio Bocca. Per l'articolo e il podcast su Inter-Juve CLICCA QUI
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Gatti che se la butta dentro di petto, lui che addirittura qualche gol pesante per la Juve lo aveva pure segnato, e amen. La frittata è fatta e l’Inter se la divora. Inzaghiani a +4 sugli allegriani e una bella, robusta opzione sullo scudetto. Se l’Inter vincesse a Bergamo anche il recupero con l’Atalanta, sarebbe +7 e la storia comincerebbe a indirizzarsi seriamente e trionfalmente nel senso che tutti immaginiamo...
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1 year ago
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Bloooog! il Bar Sport di Fabrizio Bocca
Inter-Juventus in un minuto e in 3 duelli (ep. 59, 29 genn 2024)
Bloooog! il Bar Sport di Fabrizio Bocca. Per articolo, podcast e commenti su Inter-Juventus CLICCA QUI.
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Inter-Juve in un minuto. La partita decisiva per lo scudetto, nei tre fondamentali duelli
hang contro Elkann
dico John Elkann, anche se troppo algido e distaccato, ma Zhang dà proprio l’idea di essere di passaggio. In ogni caso entrambi non sono Massimo Moratti e Gianni Agnelli, non hanno football nelle vene.
Inzaghi contro Allegri
dico Allegri proprio perché passa da dinosauro difensivista, ma è pragmatico, fuori moda, fumantino. Inzaghi è preciso, scientifico, forse addirittura più bravo e aggiornato ma meno caldo e coinvolto.
Lautaro contro Vlahovic dico Lautaro, perché è argentino fuori schema, prototipo lontanissimo da Maradona, molto poco irregolare, soldato fedelissimo98999. Da spalla di altri primattori, come Lukaku, a protagonista lui stesso, esecutore micidiale e implacabile. Uno da un gol sicuro e pure pesante a partita. Vlahovic potrebbe essere davvero tornato quello della Fiorentina, ma soffre troppo le partite e i riflettori puntati addosso.
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1 year ago
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Bloooog! il Bar Sport di Fabrizio Bocca
In morte di Gigi Riva, un grande italiano
BLOOOOG!, IL BAR SPORT DI FABRIZIO BOCCA. PER L'ARTICOLO SU GIGI RIVA, PODCAST E COMMENTI CLICCA QUI.
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Non ci ha lasciato il tempo di soffrire e tremare per lui, solo quello di piangere.
Se ne è andato Gigi Riva - Gigirriva, Rombo di Tuono come lo chiamò magnificamente Gianni Brera, di cui era amico - se ne è andato in silenzio, da uomo aspro ma generoso, ombroso ma passionale, grande, enorme, chiuso in se stesso e proprio per questo molto, ma molto umano. Poteva essere Dio e non si comportò mai come tale, rimase uguale agli altri perché sostanzialmente dentro era convintamente un pastore, un pescatore, un minatore sardo. Un uomo di popolo, nato povero, e rimasto sempre tenacemente attaccato a quella tradizione. Orgoglioso e molto geloso della sua solitudine. Il grande campione che è stato non lo dirò certo io, tutto ciò che ha fatto fa parte dell'epopea del calcio, cosa ha fatto lo ha detto la storia del nostro calcio e non solo quella. Io vi dirò che Gigi Riva è stato davvero un pezzo d’Italia, cui dette in sacrificio entrambe le gambe, è stato un attaccante come nessun altro (35 gol in 42 partite della nazionale è ancora un record imbattuto), è stato il suo sinistro, la botta fortissima, la rovesciata, il colpo di testa, è stato la nostra bandiera, Italia-Germania 4-3, la nostra gioventù, il Cagliari dello scudetto più ricordato ed esaltante (1970), la Sardegna, il suo popolo, la sua gente, la sua vita, quel mondo così lontano e di provincia per cui disse no al grande calcio, alla Juventus, ai soldi. Gigi Riva è stato la parte migliore di noi stessi. Avesse avuto un Coppi come compagno di strada direi Gino Bartali. Ma forse è stato anche di più. Non ho potuto conoscerlo da giocatore, l’ho conosciuto bene da dirigente della Nazionale. Ed era una persona straordinaria, immensa, che sapeva commuovere. Indispensabile e fondamentale per i giocatori, che gli volevano un bene da moritre, e riconoscevano in lui una grande autorità morale. Per noi tutti italiani Gigi Riva è stato come Pertini, Don Milani, De André: un grande italiano. Negli anni 90 eravamo insieme a Bari, una sera tardi su un marciapiede della città vecchia, mentre si stava chiacchierando in gruppo, un uomo anziano, molto malandato che zoppicava e camminava a fatica, attraverso’ la strada per assicurarsi dell'impressione che aveva avuto: “Ma sei Riva? Tu sei Gigi Riva?”. E si mise a piangere per la commozione e i ricordi che quell’uomo gli scatenava, Riva suscitava gli stessi sentimenti che anni dopo avrebbe suscitato Maradona. Qualcosa di molto oltre il calcio, molto vicino alla religione e al culto. Ogni incontro per lui era un pezzo di vita degli altri che gli veniva addosso, sentiva il dovere di ascoltare e di darsi a ognuno per quel che era possibile. Si è dato talmente che la sua anima è rimasta segnata, consumata. La depressione gli aveva lasciato un buco dentro.
Mi ha colpito che abbia rifiutato l'operazione al cuore che probabilmente lo avrebbe salvato, ma non mi ha stupito del tutto. Il nostro io profondo è misterioso, imperscrutabile. E’ morto Gigirriva, Rombo di Tuono però non è morto, il rombo non si spegne, quello si sente ancora.
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1 year ago
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Bloooog! il Bar Sport di Fabrizio Bocca
Ribaltone guardie e ladri. Il sorpasso (virtuale) della Juve sull'Inter. (ep. 57, 22 gennaio 2024)
Un golpe di stato, non appena l’Inter si assenta dal suolo patrio per impegni inderogabili, la Juventus sovverte la classifica e si piazza al comando. I due gol di un Vlahovic a Lecce all’improvviso diventato implacabile - 11 gol totali, 5 nelle ultime tre partite: cos’è successo? quale segreto c’è alla base della rinascita del centravantone serbo? - danno origine a una classifica e a un primato ufficialmente solo virtuale, ma che adesso fa da pungolo e potrebbe persino mettere un po’ d’ansia addosso all’ Inter. Ammesso che una squadra così forte soffra anche di debolezze umane del genere. Da adesso in poi la differenza, scontro diretto a parte del 4 febbraio a San Siro, la farà il recupero dell’Inter con l’Atalanta fissato addirittura a più di un mese di distanza (28 febbraio). Senza cavalcare troppo con la fantasia è ovvio che i nerazzurri non possano non andare con la testa al campionato di due anni fa, quello poi vinto dal Milan, con la famosa partita col Bologna rinviata causa Covid e spostata 4 mesi dopo gennaio e alla fine persa malamente. Non so adesso quanto l’Inter benedirà questo impegno per la Supercoppa con una settimana di trasferta forzata a Riad. Restando alla nota parabola di Allegri, e al richiamo cinematografico di Totò e Aldo Fabrizi, ora le guardie diventano ladri e i ladri diventano guardie, in un grottesco ribaltone dei ruoli e dei copioni della sceneggiatura. Era da tre anni e mezzo, e cioè dai tempi dello scudetto epoca Sarri, che la Juventus non era prima in classifica da sola. Sarà anche un mondo tutto virtuale, ma fino a certo punto. E’ ormai più che evidente che tutta questa differenza tra Inter e Juventus non esiste. E’ una sfida totale, di gambe e soprattutto di testa. Chi sia il ladro e chi sia la guardia adesso è perfino più complicato capirlo.
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Bloooog! il Bar Sport di Fabrizio Bocca. Per l'articolo, il podcast e i commenti su Lecce-Juventus e il sorpasso all'Inter CLICCA QUI.
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Bloooog! il Bar Sport di Fabrizio Bocca
Supercoppa a Riad, l'Inter fa 3 gol alla Lazio, finale col Napoli (ep. 56, 19 genn. 2024)
Se avessimo evitato di costruirci altre due inutili partite sopra saremmo arrivati allo stesso risultato, come quando la Supercoppa si giocava in una partita secca: la vincente dello scudetto contro la vincente della Coppa Italia. La Supercoppa Italiana a Riad se la giocheranno l’Inter e il Napoli, finale abbastanza scontata e secondo pronostico dopo che le due finaliste si sono liberate fin troppo comodamente e con lo stesso risultato (3-0) delle proprie avversarie in semifinale: Lazio e Fiorentina. Le due intruse di questa Supercoppa, che infatti non l'hanno giocata proprio. Thuram subito, raddoppio di Çalhanoğlu su rigore, chiusura di Frattesi: ci sono partite in cui l’Inter dà ampia dimostrazione della sua superiorità, negli uomini e nel gioco. Alla Lazio non ha dato spazio alcuno e preso con sicurezza il controllo della situazione da Thuram a Çalhanoğlu, da Dimarco a Lautaro. A Sarri questa carnevalata nel deserto non piaceva affatto e si è visto benissimo. Non è partita su cui si possono fare bilanci o tirare conclusioni, la differenza la farà la conquista della Supercoppa, trofeo che vale sportivamente poco ma alla fine un bel gruzzolo di soldi per chi lo vince (circa 7 milioni), ma proprio per questo il lasciarlo agli altri fa fare la figura dei fregnoni. Già l’Inter aveva pagato il prezzo del suo snobismo facendosi eliminare in Coppa Italia dal Bologna, e per quest’anno, secondo Inzaghi, dovrebbe bastare. Possiamo considerare la gita in carovana in Arabia Saudita propedeutica alla sfida con la Juventus del 4 febbraio. Dovendo l’Inter recuperare la partita con l’Atalanta c’è forte rischio che debba guardare la Juventus dal basso verso l’alto, sia pure solo virtualmente. Uno di quei casi in cui si innescano quelle inquietudini poi difficili da scacciare se non con ingestione di ansiolitici, ovviamente proibiti.
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Bloooog! Il Bar Sport di Fabrizio Bocca. Per articolo, podcast e commenti su Supercoppa e Inter-Lazio 3-0 CLICCA QUI
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Riad, Napoli in finale di Supercoppa. Il trionfo del calcio di plastica (ep.55, 18 genn. 2024)
Il Napoli in carrozza alla finale della Supercoppa di plastica in corso in quel di Riad, lì dove il calcio è generato dai soldi (tanti) e dall’intelligenza artificiale degli organizzatori, che rubacchiano campioni in declino, partite e finanche tornei interi alla vecchia e incartapecorita Europa del football. Mentre i poveri pensionati italiani tentano la sorte andando a godersi una vita senza tasse al sole del Portogallo o della Tunisia, i pensionati del pallone si fanno un triennio in Arabia Saudita che basterebbe, da solo, ad azzerare le nostre manovre economiche lacrime e sangue. Beati loro. Per chi avesse avuto la pazienza di soffermarsi sulla spettacolare legnata che il Napoli di Mazzarri ha inflitto alla Fiorentina avrà notato che la partita si è giocata all’ Al Awwal Stadium di Riad, perfetto e stupefacente nella sua modernità. Ma anche colloso e gelido, nonostante si sia in Arabia Saudita, come uno spaghetto alla pummarola consumato in un improbabile italian restaurant in qualche remota parte del mondo. Si fanno cinque ore di volo per andare a giocare in uno stadio vuoto e silenzioso, sarà anche business ma insomma… Del pubblico in fin dei conti chissenefrega, si va a giocare in Arabia Saudita non per soldi ma per denaro. E dunque i gol del Cholito Simeone e addirittura la straordinaria e sorprendente doppietta di Alessio Zerbin vale tantissimo, finanche 7 milioni di euro se il Napoli riuscisse a vincere il trofeo conquistando dopo la semi anche la finale di lunedì contro la vincente di Inter-Lazio. Lo sceicco bianco Aurelio De Laurentiis, e che inizialmente a Riad nemmeno voleva mettere piede per principi etici, già si gode il flebile ritorno alla luce del suo Napoli, dopo questi mesi di tregenda e sangue amaro. A me resta l’idea che un torneo del genere, deportato a Riad, sia più che altro una clamorosa sottrazione ai tifosi italiani delle quattro squadre coinvolte. Posso immaginare che festa avrebbero fatto i napoletani in uno stadio italiano a loro accessibile. Chissà comunque che a Riad non sia almeno cominciato il risveglio di Mazzarri dal sonno dei giusti. In Italia forse non si sarebbe riusciti a generare lo stesso business di Riad, ma almeno avremmo riempito gli stadi di bandiere e di cuori. Ma vaglielo a spiegare, questi son ragionamenti che fanno le ragnatele, vaglielo a spiegare a questi qua. Salam!
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Inter e Juventus, chi è la guardia e chi è il ladro? (ep. 54, 17 genn 2024)
“Guardie e ladri”. Adesso mettetevi nei panni di Totò che scappa e Aldo Fabrizi che faticosamente insegue. E dunque l’Inter è Totò il ladro e la Juventus, Aldo Fabrizi la guardia. Figuriamoci cosa possa scatenare, un paragone cinematografico del genere, nell’eterno scontro tra Inter e Juve. Per alcuni la realtà è questa e per altri è il mondo sottosopra. Chi è la guardia e chi è il ladro? Massimiliano Allegri ha messo il sale sulla coda dell’ Inter, citando l’epopea del grande cinema italiano (il film è di Mario Monicelli e risale al 1951), rispondendo furbamente a Marotta che aveva parlato di “lepre e cacciatore”, un paragone più asettico, il livornese invece ci ha messo un surplus velenoso di suo, e soprattutto contando, Allegri, di arrivare al prossimo Inter-Juventus di domenica 4 febbraio (23a giornata) guardando i rivali dall’alto in basso, sia pure solo virtualmente, a causa del rinvio del prossimo turno dell’ Inter contro l’Atalanta e del suo impegno in Supercoppa. L’idea è quella di mandare l’Inter nel pallone, e spargere qualche seme di psicodramma in stile campionato di due anni fa. Insomma il gioco comincia a farsi duro e il duello dal campo si sta rovesciando, secondo copione, nell’arena mediatica. Allegri e Marotta, ex sodali bianconeri, i protagonisti del braccio di ferro verbale. La Juventus ha avuto il grande pregio di essere rimasta attaccata all’ Inter, gestendo in silenzio e con grande efficacia tutti i problemi di una squadra non sempre cresciuta in maniera armonica e ora rinforzata con un bell’innesto di giovani speranze. Agli improvvisi e ritrovati gol di Vlahovic, che evidentemente comincia a sentire i pungoli della panchina e dello scalpitare di Yildiz, adesso si sta unendo il necessario apparato di supporto. Quando il gioco si fa duro servono i gol, ma non solo. Anche le parole allora vanno affilate e allenate. Inter e Juventus è solo all’inizio, preparatevi al mega scontro dei rispettivi Minculpop. Chi è la guardia e chi è il ladro?
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Mourinho esonerato, Roma a De Rossi: storia di un'allucinazione di massa (ep. 53, 16 gen 2024)
Ora che Josè Mourinho è stato brutalmente esonerato - e siamo al quarto consecutivo della sua straordinaria carriera di allenatore vincente, Chelsea (rescissione consensuale), Manchester Utd, Tottenham, Roma - presto qualcuno scriverà un saggio sull’allucinazione di massa di cui quello che si fa chiamare lo Special One è stato al centro. Intoccabile, indiscutibile, venerato come un dio pagano. Un po’ come Marte, dio della guerra, e un po’ come le apparizioni della Madonna, che si trasformano in mercato di piazza, lì dove la credenza popolare coagula il culto e il rito (vedi appunto la già citata Madonna di Trevignano). La fine era nota, se non completamente, quasi nella sua interezza. Quella di Mourinho era una storia finita ormai per consunzione e per eccesso di tutto, ma soprattutto per evidente fallimento delle promesse e delle aspettative. Mourinho pretendeva di vivere sull’eterno paradosso, se tu lo hai come allenatore, pensi che sia venuta l’ora di vincere degli scudetti e magari pure delle Champions League, e se anche così non fosse perché l'asticella è davvero troppo alta, dovresti almeno tener vive quelle promesse, coltivare quelle illusioni, farle sembrare possibili, se invece sei sempre a distanza siderale, se sei sempre troppo sotto la linea di galleggiamento, alla fine non c’è show mediatico che tenga. Mourinho pretendeva di essere riconosciuto come un grandissimo, ma di non essere nelle condizioni per dimostrare la sua grandezza. Insomma a quel punto, puoi dire, fare, urlare, ballare, scomplottare quel che ti pare, offrire corpi di arbitri in sacrificio al dio del football, ma alla fine vieni giù. L’ingaggio di Mourinho fu mossa cinematografica e populista da parte degli ineffabili Friedkin, a lora volta protagonisti di un loro singolarissimo film muto ormai fuori tempo, e la sua sostituzione con Daniele De Rossi, il dioscuro capitolino gemello di Totti, è altrettanto cinematografica e populista. Insomma dal culto usciamo e nel culto rischiamo di rientrare… Quello dei Friedkin, per adesso, resta solo il titolo di una fantastica comedy americana perfetta per gli studi di Cinecittà: “I Friedkin”. Quarta stagione, episodio 32… Non perdetevi le prossime puntate.
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Milan-Roma 3-1, Pioli è salvo, Mourinho no (ep. 52, 15 gennaio 2024)
Il Milan non sai mai da che parte prenderlo, ma insomma quando lo dai per morto risorge e si ricorda di cosa è stato. E’ tutto l’anno che funziona così, anzi forse funziona così proprio dall’ultimo scudetto, c’è stato uno scarto in basso, un ridimensionamento ma non proprio totale e assoluto. Appena finita la partita con la Roma, quella specie di rivincita o di match di consolazione per le due eliminate illustri della Coppa Italia, e vinta ampiamente dai rossoneri per 3-1, sento fare subito discorsi fantascientifici, tipo: dobbiamo considerare il Milan in corsa per lo scudetto? Tanto che penso di essermi sbagliato e devo andare a rileggere la classifica e mi accorgo che no, sono davvero 9 punti in meno dall’Inter prima e dunque si sta facendo cabaret. Mi sembrano molto più concreti e utili i 9 punti che il Milan terzo ha sulla Lazio quinta. Ma va bene fa parte del grande circo e forse sono anche io troppo attaccato alla poltrona, alla classifica e a un certo crudo realismo. I tre gol di Adli, Giroud e Theo Hernandez cancellano la botta della Coppa Italia, della quale nessuno sentirà la mancanza, il futuro è ancora tutto da giocare. Compreso quello di Pioli, che ha ancora tutto il tempo per dare un senso compiuto a questa stagione. Intanto però è giusto che su quella panchina sia rimasto, nonostante che con l’arrivo di Ibrahimovic si fosse parlato di tutor o addirittura di commissariamento. O nel peggiore dei casi di un corvo roteante sulla testa. Una caccia al colpevole senza quartiere avrebbe potuto anche farne il capro espiatorio, ma per fortuna non è successo e finora Pioli si è meritato ampiamente di stare dove sta.
Ma non è così per Harry Potter Mourinho, così come lui ha voluto darci a intendere per dire che più di quello che lui ha fatto non sarebbe possibile se non con la bacchetta del maghetto. Soprattutto infatti quei tre gol sono un altro schiaffo in faccia a Mourinho e alla sua Roma nona in classifica. Squadra che spesso fa fatica a uscire dalla sua metà campo e che pur avendo Lukaku (e a volte pure Dybala…) in attacco non riesce nemmeno a mandargli lo straccio di un pallone da mettere dentro. Sai quante ce ne dirà adesso Harry Potter Mourinho? Sai quanti arbitri squarterà ancora? Avremo tempo e modo per raccogliere i pezzi di questa storia sbagliata. L’allucinazione generale che a Roma si è vissuta con Mourinho è paragonabile ormai soltanto alle apparizioni recenti della Madonna di Trevignano.
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"Oh, ma chi sei Beckenbauer?" (ep. 51, 9 genn 2024)
Nel rivedere il film della vita di Franz Beckenbauer l’immagine che mi ha portato più indietro sono stati i pali quadrati delle porte.
Era quello che mi diceva che eravamo in un'altra epoca. Il resto no, era come se fosse tutto molto vicino, familiare, presente e non sbiadito dal tempo. Del Kaiser Franz Beckenbauer nessuno ha mai avuto un’immagine antica e sorpassata, perché lui era un marziano sceso sul football per portarlo a viaggiare in avanti nel tempo.
Era un libero talmente moderno, da essere dieci o venti anni in anticipo. Formidabile, concreto, di un'eleganza assoluta. Nato attaccante e passato mano mano ad allungare il raggio di azione, come se avesse avuto bisogno del campo per intero, venendo all'indietro, e non solo dell'ultima parte.
Da Bobby Charlton a Joahan Cruyff, da Riva a Rivera, Beckenbauer ha vissuto l’epoca delle leggende, un calcio diventato presto favola. Nessuno lo ha mai catalogato semplicemente come un difensore, ma come un leader, un capitano, un trascinatore, un grandissimo calciatore, uno che era un mito già in vita e da contemporaneo.
Capace infatti di vincere due Mondiali (uno da giocatore e uno da Ct come hanno saputo fare solo Zagallo col Brasile e Deschamps con la Francia) e due Palloni d’Oro. E sappiamo tutti che per un difensore è particolarmente difficile.
Beckenbauer è stato la Germania, è stato il Bayern Monaco ed è stato soprattutto il calcio degli anni 70 e non solo. E’ stato le nostre figurine Panini, è stato la nostra Italia - Germania 4-3, quello con una spalla lussata che non esce dal campo per il dolore (fallo di Cera ai limiti dell’area di rigore, ma per i tedeschi era dentro…) e che continua a giocare per tutto il secondo tempo supplementare con una vistosa fasciatura che blocca il braccio sinistro. Era talmente forte da non poter essere considerato menomato.
OItre i Mondiali ha vinto praticamente tutto, 3 Coppe dei Campioni comprese. Per tutti era il Kaiser, l’Imperataore. I tedeschi sostenevano che Franz stava tra Dio e il Cancelliere. Beckenbauer è stato l’eleganza fatta persona, da giocatore, da ct e anche da dirigente, Franco Baresi che in suo omaggio diventa anche lui Kaiser Franz.
E soprattutto ognuno di noi, quell’unica volta che nella vita capitava di uscire dall’area palla al piede sorprendendo tutti, è stato lui per soli tre secondi: “Oh, ma chi sei Beckenbauer?”.
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Juventus, Rabiot Divin Codino come Baggio. E Allegri insegue Ancelotti (ep. 50, 31 dic 2023)
L’ultimo gol del 2023 viene da un giocatore della Juventus che dopo averne fatto uno pesantissimo alla Roma si aggiusta il codino a favore di telecamera. E’ impossibile e irriverente ovviamente fare un accostamento a Baggio, ma il pensiero impertinente passa comunque per la testa e il richiamo ci dice che il francese Rabiot è un giocatore ben più importante e più bravo dello stereotipo che ci eravamo fatti.
Ormai questo è il quinto campionato di Rabiot alla Juventus, il centrocampista ne è diventato un colonna e oggi come oggi forse ne è anche il leader, il giocatore principale. Ha preso lui cioè quel ruolo che prima aveva Chiellini, per statura, anzianità, carisma. Rabiot ha faticato molto a strapparsi di dosso l’etichetta di bidone, in quanto anche lui finito nel tritacarne di anni sbagliati e troppo complicati.
Un personaggio molto facile da attaccare: poco simpatico, altezzoso, narcisista, una madre manager che lo ha sempre presentato come Platini e fatto pagare, tanto, di conseguenza. Alla prima che sbagli, stanne sicuro, tutti addosso. Ed effettivamente per un lungo periodo di tempo Rabiot bidone lo è effettivamente stato.
Rabiot oggi è la bacchetta magica di una squadra che alla sofferenza di un attacco fin troppo stitico e quasi mai all’altezza del compito, lui sopperisce interpretando perfettamente molte delle Variazioni Goldberg di Allegri. Che possono andare da Gatti a Rabiot appunto.
Il gol di Rabiot alla Roma porta la Juventus direttamente a ridosso dell’ Inter. Di fatto azzerando tutte le chiacchiere che sono state fatte sulla superiorità della rosa interista: potrà anche esserlo da un punto di vista formale, forse dell’ampiezza e forse del picco di un giocatore o due, ma nei fatti poi le due squadre lì stanno e sostanzialmente si equivalgono. Dalla teoria insomma si passa alla pratica, su un terreno dove Allegri gioca meglio e con molto più cinismo.
Già perché alla fine anche i discorsi sulla Juventus di Allegri che vince di corto muso e pensa solo ai risultati e l’Inter di Inzaghi che invece ha un gioco più ricercato e corale, mostrano tutta la debolezza del ragionamento teoretico applicato al calcio. Che per natura è invece uno strano mix, mai perfettamente replicabile in provetta, e che comprende un po’ tutto, anche e soprattutto una certa indefinita percentuale di casualità. In questo momento alla Juve gira meglio ed è come il ciclista che ti si appiccica alla ruota e ti mette pressione.
Qualcuno dice che se Allegri vincesse questo scudetto raggiungerebbe il vertice della sua sapienza calcistica, sarebbe insomma l’impresa più alta tra le tante compiute in bianconero. Il suo mestiere è stato messo duramente alla prova da infortuni, assenze e dal dover, per forza, gettarsi sul lancio di nuovi giovani, cosa per cui non andava certo famoso.
Ben informati sostengono che la sua segreta voglia sia quella di vincere e andarsene, nonostante il contratto in scadenza nel 2025 e che la sua panchina sia destinata ad Antonio Conte. Ma ammetto che qui siamo con un piede dentro al Fantacalcio. Comunque vada a fine stagione è probabile che si debbano rivedere categorie e giudizi e ricollocare Allegri in una diversa posizione della nostra ideale graduatoria degli allenatori italiani. Posto che in cima alla classifica c’è sicuramente Ancelotti, che infatti il Real Madrid si è ben preoccupato di chiudere nella sua prigione dorata, subito dietro chi ci mettiamo? Spalletti, Conte, Mancini o appunto Allegri?
Un gol ormai fa la differenza, anche se può pesare in maniera molto diversa. Del gol di Rabiot si è detto. Ma che differenza c’è con quello di Pulisic, che ha avuto lo stesso effetto e permesso al Milan...
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Bloooog! il Bar Sport di Fabrizio Bocca
Bloooog!, la parola blog urlata come Gooool!, è il popolare Bar Sport il cui autore è Fabrizio Bocca, per 39 anni giornalista a La Repubblica, sempre allo Sport. Parliamo di calcio e di campioni per parlare di tutto e soprattutto della nostra vita. Gol, storie, racconti, ricordi, un ambiente molto social e molto amichevole. Come in un vero Bar Sport appunto.