Questa è una breve storia delle risate in musica. Con questo intendiamo proprio il fenomeno delle risate (ah, ah, ah, ah!), non degli scherzi musicali o dell’umorismo. Il ridere è da sempre un qualcosa di ambiguamente umano, legato alla tecnica e all'intelligenza come alla follia e alla stupidità, al potere come alla disperata mancanza di potere, al trasporto erotico come al distacco razionale. In un tour de force di sei puntate, userò la storia della musica (dal 1560 al 1960 circa) come un archivio sonoro di rappresentazioni di risate, per interpretare poi volta per volta questo archivio in senso storico, filosofico, e politico.
Attraverso la musica, e da ben prima dell’invenzione del fonografo, possiamo infatti ascoltare la risata in tutta la sua infinita complessità narrativa, sonora, psicologica, e politica, dalla risata madrigalesca alla risata isterica operistica, dalla risata della maschera teatrale alla crudeltà dissacrante di folle impazzite e automatizzate. Si esplicitano e dipanano, attraverso questa cascata di voci sghignazzanti, rapporti di potere incentrati su genere, razza, specie e classe, in bilico tra il dire e non dire, tra il grido e il nodo in gola, tra il favellare umano e le espressioni di tutto ciò che - in un modo o nell’altro - escludiamo dalla categoria del propriamente umano.
Immagine: un particolare da The Laughing Audience di William Hogarth (1733), conservato al Metropolitan Art Museum di New York.
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Questa è una breve storia delle risate in musica. Con questo intendiamo proprio il fenomeno delle risate (ah, ah, ah, ah!), non degli scherzi musicali o dell’umorismo. Il ridere è da sempre un qualcosa di ambiguamente umano, legato alla tecnica e all'intelligenza come alla follia e alla stupidità, al potere come alla disperata mancanza di potere, al trasporto erotico come al distacco razionale. In un tour de force di sei puntate, userò la storia della musica (dal 1560 al 1960 circa) come un archivio sonoro di rappresentazioni di risate, per interpretare poi volta per volta questo archivio in senso storico, filosofico, e politico.
Attraverso la musica, e da ben prima dell’invenzione del fonografo, possiamo infatti ascoltare la risata in tutta la sua infinita complessità narrativa, sonora, psicologica, e politica, dalla risata madrigalesca alla risata isterica operistica, dalla risata della maschera teatrale alla crudeltà dissacrante di folle impazzite e automatizzate. Si esplicitano e dipanano, attraverso questa cascata di voci sghignazzanti, rapporti di potere incentrati su genere, razza, specie e classe, in bilico tra il dire e non dire, tra il grido e il nodo in gola, tra il favellare umano e le espressioni di tutto ciò che - in un modo o nell’altro - escludiamo dalla categoria del propriamente umano.
Immagine: un particolare da The Laughing Audience di William Hogarth (1733), conservato al Metropolitan Art Museum di New York.
In ambito elettronico e sperimentale, la risata ha un posto importante nella storia della musica elettronica in Italia. In questa puntata parleremo dello Studio di Fonologia – primo studio italiano di musica elettronica, fondato nel 1955 nella sede Rai di Corso Sempione a Milano, e dedito allo studio della manipolazione elettronica del linguaggio e della voce. Nella storia dello Studio di Fonologia, la risata emerge al termine di una fase di ricerca del limite tra voce umana e macchina, tra linguaggio parlato e puro suono, e tra voce “naturale” e voce riprodotta artificialmente. Lo storico della musica Luigi Rognoni racconta che fu lui a suggerire il titolo “Le rire” a Maderna: “gli dissi che mi sembrava una dimostrazione di ciò che Henri Bergson aveva detto del riso: ‘quelque chose de mécanique plaquée sur du vivant.’ Un qualcosa di meccanico incrostato su ciò che è vivo. Articolare e disarticolare il parlato, ripetere, copiare, riprodurre e proliferare il suono: questo è il mondo della risata. Non è un caso, in effetti, che la risata dello Studio di Fonologia sia una risata di tessitura prettamente femminile – ossia una voce di registro acuto – invece che maschile. Spesso questa risata viene associata direttamente a Cathy Berberian, forse la più grande soprano del modernismo musicale europeo, e in quel periodo compagna e collaboratrice di Luciano Berio e dello Studio di Fonologia tutto. Il musicologo inglese David Osmond-Smith chiamò Berberian “il decimo oscillatore dello studio di Fonologia”, riferendosi alle nove macchine (oscillatori) che producevano, allo Studio, suoni sinusoidali da registrare su nastro per poi essere elaborati attraverso varie tecniche di playback e montaggio. E sarà, per molti versi, Berberian, nel suo ruolo sia di cantante che di compositrice, arrangiatrice e performer a tutto tondo, non solo l’origine, ma la vera erede di questa sperimentazione con la voce.
È scherzo od è follia
Questa è una breve storia delle risate in musica. Con questo intendiamo proprio il fenomeno delle risate (ah, ah, ah, ah!), non degli scherzi musicali o dell’umorismo. Il ridere è da sempre un qualcosa di ambiguamente umano, legato alla tecnica e all'intelligenza come alla follia e alla stupidità, al potere come alla disperata mancanza di potere, al trasporto erotico come al distacco razionale. In un tour de force di sei puntate, userò la storia della musica (dal 1560 al 1960 circa) come un archivio sonoro di rappresentazioni di risate, per interpretare poi volta per volta questo archivio in senso storico, filosofico, e politico.
Attraverso la musica, e da ben prima dell’invenzione del fonografo, possiamo infatti ascoltare la risata in tutta la sua infinita complessità narrativa, sonora, psicologica, e politica, dalla risata madrigalesca alla risata isterica operistica, dalla risata della maschera teatrale alla crudeltà dissacrante di folle impazzite e automatizzate. Si esplicitano e dipanano, attraverso questa cascata di voci sghignazzanti, rapporti di potere incentrati su genere, razza, specie e classe, in bilico tra il dire e non dire, tra il grido e il nodo in gola, tra il favellare umano e le espressioni di tutto ciò che - in un modo o nell’altro - escludiamo dalla categoria del propriamente umano.
Immagine: un particolare da The Laughing Audience di William Hogarth (1733), conservato al Metropolitan Art Museum di New York.